Abstract. Uno degli aspetti più notevoli della riforma Cartabia sta nel tentativo di incrementare l’efficienza del processo penale attraverso un approccio “ingegneristico”. Sullo sfondo vi è la volontà di governare l’accertamento giurisdizionale mediante criteri decisori e tempistiche procedimentali di tipo “automatizzato”, appositamente costruiti per ottenere determinati risultati. Questo è l'intento, in particolare, delle modifiche ai filtri giurisdizionali sull’esercizio dell’azione penale, mirate a diminuire il numero dei dibattimenti di primo grado attraverso un incremento delle archiviazioni e delle sentenze di non luogo a procedere; della restrizione del vaglio di ammissibilità delle impugnazioni, volto a ridurre il numero degli appelli; e, infine, delle modifiche alla disciplina dei tempi di durata delle indagini preliminari e delle impugnazioni, che hanno portato ad introdurre nel nostro sistema perfino un'inedita forma di prescrizione processuale. La sensazione, nondimeno, è che la riforma non sia riuscita ad attuare i propri propositi in modo sufficientemente netto, ma abbia dovuto adottare alcune soluzioni di compromesso, suscettibili di minarne l’efficacia operativa. È tutto da dimostrare, inoltre, che esista davvero la possibilità di regolare il processo in modo meccanicistico, irreggimentando spazi in cui, però, operano inevitabili margini di discrezionalità, e vi è un’esigenza di adattamento alle peculiarità del singolo caso. Tali criticità rischiano non solo di vanificare i propositi del legislatore, ma anche di aumentare il livello di entropia del sistema, mettendone in crisi l’organicità e la coerenza.
SOMMARIO: 1. Decisioni e tempistiche automatizzate. – 2. Meno dibattimenti ed appelli. – 2.1. L’algoritmo debole: la “ragionevole previsione di condanna”. – 2.2. L’algoritmo ambiguo: la “critica puntuale ed esplicita” alla decisione di primo grado. – 3. Indagini ed impugnazioni a durata prestabilita: le tagliole dell’improcedibilità e dell’inutilizzabilità. – 4. Tecniche di forzatura degli algoritmi cronologici. – 4.1. L’uso strumentale delle proroghe. – 4.2. L’iscrizione della notizia di reato ritardata e il debole rimedio della retrodatazione. – 4.3. La stasi del procedimento e lo pseudo-termine “di riflessione”. – 5. I costi dell’approccio algoritmico. – 6. Un’alternativa più flessibile: un sistema processuale “modulare”.
*Il contributo è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di un revisore esperto.
Marianna Biral
Isadora Neroni Rezende
Cosimo Emanuele Gatto
Alessandra Santangelo
Irene Milazzo
Giulia Lasagni
Laura Bartoli
Antonio Pugliese
Vanessa Maraldi
Michele Caianiello