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11 Luglio 2023


Normativa sugli stupefacenti ed esecuzione penale: pubblicato il XIII Libro Bianco sulle Droghe


1. Segnaliamo ai lettori la pubblicazione della XIII edizione del Libro Bianco sulle Droghe (intitolato “La traversata nel deserto”), un rapporto promosso, tra gli altri, da Forum Droghe, Antigone, Associazione Luca Coscioni e Arci, che analizza l’impatto delle politiche criminali di contrasto al traffico di stupefacenti sul sistema di esecuzione penale e penitenziaria, in base a dati e statistiche forniti dal Ministero della Giustizia (in particolare, dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e dal Ministero degli Interni. Come avevamo già fatto con l’edizione del 2020, sintetizziamo qui alcuni dei principali dati statistici contenuti nel report, che confermano come i reati connessi al traffico di stupefacenti continuino ad essere il principale veicolo di ingresso nel sistema penitenziario.

Il documento contiene, altresì, interventi di più ampio respiro sul rapporto tra carcere e stupefacenti, con un focus sull’applicazione giurisprudenziale dell’art. 73, co. 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, c.d. T.U. stup. (fatto di lieve entità)[1], e, in appendice, alcune proposte di legge presentate in Parlamento, volte a modificare il T.U. stup. e a regolamentare il consumo, la produzione e il commercio di cannabis.

 

2. Si segnala, innanzitutto, un dato in lieve controtendenza rispetto al passato. Il rapporto tra gli ingressi in carcere per violazione dell’art. 73 T.U. stup. (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) e il totale degli ingressi, in esecuzione di condanne definitive o misure cautelari, registra il dato più basso – sia in termini assoluti, sia in termini percentualidella serie storica considerata (che ha inizio nel 2005)[2]. Per limitarci soltanto agli ultimi anni, si è passati dai 10.852 ingressi del 2020 (il 30,8% sul totale degli ingressi), ai 10.350 del 2021 (il 28,3%), ai 9.961 del 2022 (il 26,1% dei 38.125 nuovi ingressi – ingressi che, complessivamente, sono 1.586 in più rispetto all’anno precedente).

In ogni caso, troppo poco, ci pare, per poter parlare di una vera e propria inversione di tendenza nel rapporto, ormai consolidato, tra reati connessi al traffico di stupefacenti ed esecuzione carceraria della pena. A confermarlo è il dato sulle presenze complessive negli istituti penitenziari[3]. Su 56.196 persone private della libertà personale al 31 dicembre 2022 – un dato di per sé in aumento, per il secondo anno consecutivo, rispetto alla “tregua” imposta dalla pandemia sui numeri della popolazione carceraria – 19.283 lo erano per reati connessi al traffico di stupefacenti (il 34,3% del totale dei detenuti). Il dato, in questo caso, aumenta in termini assoluti (+399 rispetto al 2021), ma non si discosta in maniera rilevante dalle rilevazioni percentuali degli ultimi anni, che hanno sempre oscillato tra il 34 e il 35% (34,88% nel 2021): una percentuale altissima, quasi il doppio rispetto alla media europea (18%[4]), e che comprende, per quasi due terzi, persone condannate o imputate per la sola violazione dell’art. 73 del T.U. stup., e non anche per la più grave fattispecie di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74 del T.U.).

 

3. Quanto alla fase di cognizione, il Dipartimento Politiche Antidroga non aveva ancora fornito, alla data di pubblicazione del Libro Bianco, i dati relativi alle persone con procedimenti penali pendenti, in data 31 dicembre 2022, per violazione degli articoli 73 e 74 T.U. stup. Gli ultimi dati disponibili, relativi all’anno 2021, parlano tuttavia di un carico piuttosto gravoso per i tribunali penali, con 186.517 procedimenti pendenti per violazione dell’art. 73 T.U. stup. e 45.142 per il reato di cui all’art. 74.

 

4. A destare una certa preoccupazione è poi l’aumento dei soggetti tossicodipendenti detenuti, sia in termini di nuovi ingressi[5], sia in termini di presenze complessive negli istituti penitenziari[6]: un dato particolarmente drammatico, se si tiene conto delle fragili condizioni di salute in cui tali persone spesso versano e, di converso, dei non sempre ottimali servizi socio-assistenziali e sanitari presenti nelle case di reclusione.

Nello specifico, si attesta tra i livelli più alti dall’inizio della serie storica (2006) la presenza di persone tossicodipendenti in carcere (16.845, il 29,98% del totale), alimentata da continui nuovi ingressi (nel 2022 sono stati il 40,7% degli ingressi). Dal 2006, solo una volta sono stati registrati più detenuti tossicodipendenti (era il 31 dicembre 2019, e i tossicodipendenti in carcere erano 16.934), ma quest’anno per la prima volta è stata sfiorata la soglia del 30% dei detenuti totali.

Colpisce, in modo particolare, la differenza tra il dato assoluto degli ingressi di persone tossicodipendenti del 2021 e quello del 2022, che fa registrare un aumento del 18,4% (+2.410). Colpisce, altresì, la discrasia tra gli affidamenti in prova ordinari e gli affidamenti in prova per i tossicodipendenti (art. 94, T.U. stup.). A fronte dei circa tre quarti dei beneficiari dell’affidamento ordinario (13.498 su 17.613) che sono affidati in prova dallo stato di libertà, la proporzione si inverte per i tossicodipendenti: quasi tre su quattro (2.051 su 2.918) scontano una parte della pena in carcere prima di accedere alla misura alternativa.

In questo contesto, va certamente salutato con favore l’incremento applicativo del lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 73, commi 5-bis e 5-ter, T.U. stup., per i soggetti tossicodipendenti che abbiano commesso un fatto di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990): si passa dai 597 beneficiari del 2021 ai 694 del 2022 (+97; +16,2%)[7]. Tuttavia, come avevamo già rilevato nel commentare il Libro Bianco del 2020, il paragone con l’applicazione dell’istituto in relazione alle violazioni del Codice della Strada (8.185 persone nel 2022, con un aumento del 4,9% rispetto all’anno precedente) fa comprendere quanto sia ancora inespresso il potenziale dello strumento con riferimento agli autori di reati ex D.P.R. 309/1990, specialmente se si considera che le contestazioni per tali fattispecie superano ampiamente quelle per violazione del Codice della Strada.

 

4.1. Va comunque rilevato che la centralità che le pene sostitutive hanno acquisito nel sistema dell’esecuzione penale – a seguito dell’entrata in vigore della riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150)[8] – dovrebbe favorire, per il futuro, un’estensione della platea di tossicodipendenti beneficiari del lavoro di pubblica utilità e, più in generale, delle sanzioni sostitutive. In particolare, oltre a realizzare un complessivo ampliamento del campo di applicazione delle pene sostitutive – portando, come noto, da due a quattro anni il limite massimo entro il quale la pena detentiva potrà essere sostituita dal giudice –, il d.lgs. 150/2022 attribuisce specifico rilievo alla condizione di tossicodipendenza del condannato, sia per quanto concerne la decisione sull’an della sostituzione, sia in relazione alla scelta della pena sostitutiva più adeguata e alle eventuali determinazioni sul trattamento terapeutico.

Il nuovo art. 545-bis c.p.p. stabilisce infatti, al comma 2, che il giudice – nel decidere sulla sostituibilità della pena detentiva, sulla scelta della pena e sulla determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative – può acquisire, dai soggetti indicati dall'art. 94 D.P.R. 309/1990 (strutture sanitarie pubbliche e strutture private accreditate per l'attività di diagnosi), «la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d'azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi». Parallelamente, il novellato art. 58 della l. 689/1981 prevede, al quarto comma, che, nella scelta tra la semilibertà, la detenzione domiciliare o il lavoro di pubblica utilità, il giudice debba tenere conto anche «delle condizioni di disturbo da uso di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche».

Nell’auspicare un vasto successo applicativo delle pene sostitutive – valido passo avanti nella direzione di un’esecuzione penale ispirata a logiche special-preventive e di sussidiarietà – ci auguriamo, in particolare, che l’esecuzione extramuraria della pena – accompagnata da prescrizioni sul trattamento terapeutico – diventi la norma, per le persone tossicodipendenti condannate a pene inferiori ai quattro anni di detenzione.

 

5. Ma torniamo ai dati contenuti nel report. Dalle tabelle fornite dal Ministero degli Interni, sembrerebbero diminuire le segnalazioni al Prefetto per detenzione di sostanze stupefacenti ad uso esclusivamente personale (art. 75, T.U. stup.), per un totale di 32.588 persone segnalate nel 2022, a fronte delle 36.336 del 2021 e delle 41.083 del 2020[9]: un sostanziale crollo rispetto al resto della serie storica (2007-2019), in cui si registravano tra le 47mila e le 54mila segnalazioni all’anno (con il picco di 54mila registrato negli anni 2017, 2018 e 2019). Il dato, tuttavia, come suggeriscono gli autori del report[10], è da prendere con cautela, dal momento che – come accade ogni anno – le serie storiche inviate dal Ministero evidenziano diversi scostamenti rispetto alle rilevazioni fornite negli anni precedenti, frutto del successivo consolidamento dei dati: così, ad esempio, lo scorso anno risultava un totale di 31.914 segnalazioni, mentre nelle serie storiche fornite quest’anno le segnalazioni effettuate nel 2021 risultano 36.336 (con uno scostamento, dunque, del 13,9%; +4.422 segnalazioni).

In ogni caso, stando ai dati forniti quest’anno dal Ministero, il numero delle sanzioni amministrative applicate (12.329, circa un terzo dei casi di segnalazioni), resta invariato rispetto all’anno scorso, rimanendo ancora al di sotto della media degli anni precedenti (escluso il 2020, quando si è registrato un brusco calo del 40% rispetto al 2019, dovuto, con tutta probabilità, al periodo pandemico). Restano, poi, ancora isolate – seppur in lieve crescitale sollecitazioni, da parte del prefetto, a partecipare a programmi di trattamento socio-sanitario ai sensi dell’art. 75, comma 2, D.P.R. 309/1990 (si registrano 215 richieste, a fronte delle 193 del 2021 e delle 94 del 2020; nel 2007 erano 3.008). A dispetto della sua vocazione asseritamente preventiva e “terapeutica”, dunque, la segnalazione al Prefetto raramente si traduce in un percorso riabilitativo volto a favorire il recupero di consumatori abituali e tossicodipendenti. Più spesso, come abbiamo già sottolineato, si limita ad aprire le porte alle sanzioni previste dall’art. 75, comma 1, T.U. stup. (ritiro della patente, del passaporto, del porto d'armi, del permesso di soggiorno per motivi di turismo, o comunque divieto di conseguirli): sanzioni che la stessa Corte Costituzionale, pur non riconducendole all’alveo della matière pénale, riconosce come caratterizzate da “elevata carica di afflittività”[11].

L’approccio repressivo – anche in assenza di qualsivoglia accertamento circa la pericolosità sociale del consumatore – è ancora più allarmante se si considera che tra i segnalati ai Prefetti vi è un numero non trascurabile di minori, che rischiano di essere sottoposti a percorsi sanzionatori stigmatizzanti e desocializzanti per comportamenti che richiederebbero, piuttosto, un approccio riabilitativo. Sulle 32.588 persone segnalate quest’anno, 3.526 hanno meno di diciotto anni (quasi l’11% del totale): un dato in aumento rispetto all’anno scorso, sia in termini percentuali, sia in termini assoluti.

 

6. Uno sguardo, infine, alla tipologia di sostanze che sono state maggiormente oggetto di repressione da parte delle forze dell’ordine[12]. Dai dati annuali forniti dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga emerge che il 2022 è stato l’anno contraddistinto dai più alti quantitativi di cocaina mai sequestrati in Italia (26,10 tonnellate), nel 78,28% dei casi intercettati in aree frontaliere, secondo un trend decennale in continua ascesa. L’attività di contrasto al mercato dell’eroina – che ha portato al sequestro di 548,08 kg di stupefacenti – rimane invece in linea con l’ultimo quadriennio, in cui la media annuale di quantitativi sequestrati si è attestata sulla mezza tonnellata.

Una lieve inversione di tendenza si registra invece in relazione alla cannabis: i quantitativi sequestrati, pari a 47,02 tonnellate, risultano ben al di sotto della media decennale, attestatasi attorno alle 77 tonnellate. Il calo dei sequestri, in ogni caso, non inficia il quadro complessivo, in cui alla cannabis è riconducibile il 60% del totale dei sequestri avvenuti in Italia.

La centralità dei cannabinoidi nell’attività di contrasto si coglie anche per quanto riguarda le segnalazioni al Prefetto ex art. 75, T.U. stup., che concernono, nel 75,4% dei casi, l’uso di cannabis (e la percentuale sale al 97,5% con riferimento ai minorenni segnalati); seguono, a distanza, quelle che riguardano l’uso di cocaina e crack (18,1%) e di eroina (4,2%).

Un simile sforzo nell’attività di contrasto al consumo di cannabinoidi non può non far riflettere, soprattutto alla luce di un evidente mutamento della percezione socio-culturale del fenomeno, testimoniato, nel nostro Paese, dalla poderosa raccolta di firme che ha consentito di presentare la richiesta di referendum popolare per depenalizzare la coltivazione della cannabis (607.627 firme, secondo i dati degli organizzatori)[13]. Al di là delle motivazioni che hanno indotto la Corte Costituzionale a dichiarare inammissibile il quesito (vd. Corte cost., sent. 2 marzo 2022, pubblicata in questa Rivista[14]), resta il dato di fondo di una disciplina proibizionista che, anche in relazione alle c.d. “droghe leggere”, è largamente concentrata sul côté repressivo, sanzionando condotte di consumo che rientrano nelle abitudini di vita di molti cittadini, e che non necessariamente sfociano in comportamenti devianti.

 

 

 

[1] Si segnala, in particolare, un’indagine empirica sull’applicazione, nella giurisprudenza di legittimità (triennio 2020-2022), dell’art. 73, co. 5, T.U. stup., da cui emerge un quadro interpretativo estremamente frammentato e incerto. Lo studio – predisposto dall'Ufficio per il Processo presso la Sesta sezione penale della Corte di Cassazione – era stato pubblicato anche su questa Rivista, vd. A. Lancia – F. Pacella, Il fatto di lieve entità ex art. 73, quinto comma, d.p.r. 309/1990: alla ricerca di un’interpretazione tassativizzante, 22 novembre 2022.

[2] Libro Bianco sulle Droghe, “La traversata nel deserto”, XIII ed., 2023, p. 13.

[3] Libro Bianco sulle Droghe, cit., p. 14.

[4] Vd. le stime contenute nel report elaborato dal European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction, Prison and drugs in Europe Current and future challenges, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2022, p. 14.

[5] Libro Bianco sulle Droghe, cit., p. 13.

[6] Libro Bianco sulle Droghe, cit., p. 14.

[7] Libro Bianco sulle Droghe, cit., p. 19.

[8] In argomento vd., per tutti, E. Dolcini, Dalla riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive, in questa Rivista, 30 agosto 2022.

[9] Libro Bianco sulle Droghe, cit., p. 20-21.

[10] Libro Bianco sulle Droghe, cit., p. 20-21.

[11] Corte cost., sent. 14 giugno 2022, § 4.2.3, pubblicata in questa Rivista, con nota critica di L. Masera.

[12] Libro Bianco sulle Droghe, cit., p. 23 ss.

[13] I dati sono forniti dall’Associazione Luca Coscioni, uno degli enti che hanno fatto parte del Comitato Promotore del Referendum, e sono liberamente consultabili a questo link.

[14] Per un’analisi delle motivazioni della sentenza vd. D. Martire, Inammissibilità del referendum e struttura della fattispecie. A proposito di Corte cost., sent. n. 51 del 2022, in Giur. cost., 2022, n. 2, p. 661 ss.