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21 Marzo 2020


Coronavirus e persone private della libertà: l’Europa ci guarda. Le raccomandazioni del CPT del Consiglio d’Europa

Statement of principles relating to the treatment of persons deprived of their liberty in the context of the coronavirus disease (COVID-19) pandemic - issued on 20 March 2020



1. Segnaliamo l’allegato documento diffuso ieri dal CPT (Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle punizioni e dei trattamenti inumani e degradanti), istituito nell’ambito del Consiglio d’Europa. Nel documento sono contenute dieci raccomandazioni – formulate quali principi – indirizzate alle autorità degli stati membri e volte a ricordare – in questo particolarissimo momento emergenziale – il divieto della tortura e di trattamenti inumani e degradanti (art. 3 Cedu).

Le raccomandazioni muovono naturalmente dalla premessa delle peculiari condizioni in cui, a fronte della pandemia da COVID-19, si trovano le persone limitate a vario titolo della libertà personale: non solo nelle carceri, ma anche nei luoghi per la temporanea detenzione presso le strutture della polizia, nei centri di detenzione per gli immigrati, negli ospedali psichiatrici (le R.E.M.S., nel nostro ordinamento), nelle case di riposo per anziani e negli altri centri che ospitano soggetti deboli, nonché nelle nuove strutture realizzate per la quarantena.

Il CPT sottolinea la necessità di garantire, in quelle strutture, il rispetto dei diritti fondamentali delle persone vi si trovano, così come di quanti vi lavorano. La tutela della salute delle persone limitate della libertà contribuisce a tutelare la salute di quanti operano nelle predette strutture.  

 

2. Di particolare rilievo è l’affermazione di principio secondo cui le misure preventive (e limitative) adottate in rapporto all’emergenza COVID-19 non devono in ogni caso consistere in trattamenti inumani e degradanti, valutabili al metro dell’art. 3 Cedu, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Altresì rilevante è la raccomandazione n. 4 relativa alle misure adottate per prevenire la diffusione del COVID-19 nei confronti delle persone ristrette nella propria libertà: quelle misure devono avere una base legale ed essere necessarie, proporzionate, temporanee, rispettose della dignità umana e limitate nel tempo.

Nella raccomandazione n. 7 si legge poi che ogni limitazione al contatto col mondo esterno, incluse le visite (attualmente sospese in presenza, nelle carceri italiane, e sostituite con modalità in remoto) deve essere compensata aumentando l’accesso a mezzi di comunicazione alternativi, come il telefono o l’uso di VOIP – Voice-Over-Internet-Protocol communication).

Nella raccomandazione n. 8 si legge, ancora, che in caso di isolamento in quarantena dei detenuti (in ipotesi di accertato o sospetto contagio), deve essere garantito ogni giorno un significativo contatto umano (meaningful human contact every day).

 

3. L’attualità di questi giorni merita di riservare una considerazione a parte alla raccomandazione n. 5, che assume un particolare valore per la politica penitenziaria europea di fronte all’emergenza COVID-19. E’ una raccomandazione alla quale il legislatore italiano, in sede di conversione del decreto “cura Italia” (d.l. n. 18/2020) dovrebbe opportunamente attenersi, relativamente alle disposizioni che riguardano il carcere (artt. 123-124, sulle quali rinvio a un contributo a quattro mani con Emilio Dolcini, pubblicato ieri su questa Rivista). L’invito del CPT agli stati membri è di ricorrere il più possibile a misure alternative alla detenzione: una strada che diventa “un imperativo, in particolare, in situazioni di sovraffollamento”, quali notoriamente sono quelle italiane. Non solo, secondo il CPT gli stati membri dovrebbero fare un uso maggiore di alternative alla carcerazione preventiva (ad es. agli arresti domiciliari, come proposto con Emilio Dolcini nel citato contributo) e valutare ulteriori misure, come il rilascio anticipato (un’altra delle proposte contenute nel citato contributo, e che potrebbe essere realizzata richiamando in vita la liberazione anticipata speciale di cui all’art. 4 d.l. n. 146/2013).

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4. Il documento del CPT ha un particolare significato, anche politico: ricorda agli stati membri il necessario rispetto dei diritti fondamentali di chi, di fronte a un’epidemia, è ancor più debole trovandosi in condizioni di limitata libertà personale; e ricorda alle autorità degli stati membri che il problema non ha carattere solo nazionale, ma è un problema con una preoccupante dimensione internazionale, che deve essere affrontato – come fu con il sovraffollamento nella stagione post Torreggiani – con la consapevolezza che il Consiglio d’Europa ci guarda ed è pronto a chiederci conto di quel che avremo e non avremo fatto nei confronti delle e per le persone private della libertà. Atteggiamenti poco coraggiosi – come quelli alla base del decreto-legge cura Italia –, ovvero addirittura atteggiamenti miopi, suggeriti dall’opportunità politica di evitare di perdere consensi in parte dell’elettorato, vanno davvero messi da parte, con senso di responsabilità. Ne va del rispetto dei diritti fondamentali e della salute pubblica di tutti noi.