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25 Gennaio 2024


La Corte d'Assise di Monza dispone l'invio al Centro per la Giustizia Riparativa dell'autore di un parricidio

Corte d'Assise di Monza, ord. 8 novembre 2023, Pres. De Marchi, giud. Cavallini



Pubblichiamo in allegato l'ordinanza con cui la Corte d’Assise di Monza ha disposto l’invio al Centro per la Giustizia Riparativa e la Mediazione penale del Comune di Milano - per la verifica della fattibilità di un programma di giustizia riparativa - di un uomo imputato per l'efferato omicidio del padre, seguito dalla distruzione del cadavere. L’imputato, che fin dalla fase delle indagini aveva collaborato con l'autorità giudiziaria, ammettendo gli addebiti e acconsentendo, tramite i propri difensori, all’acquisizione di tutti gli atti d’indagine, aveva sin da subito espresso il proprio pentimento per il fatto compiuto, mostrando la volontà di risarcire il danno (rinunciando all’eredità prima che intervenisse la pronuncia di indegnità) e di riconciliarsi coi familiari superstiti (fratelli della vittima), nonché di proseguire un percorso psicoterapico già intrapreso. L'atteggiamento dell’imputato risultava affine a quello serbato dal presunto autore dell’omicidio di Carol Maltesi; il procedimento instaurato di fronte alla Corte d’Appello di Monza aveva inoltre in comune col caso Maltesi il fermo rifiuto dei familiari della vittima di prendere parte al programma di mediazione eventualmente instaurato a seguito dell’istanza dell’imputato. Anche le due ordinanze con cui veniva disposto il rinvio ai Centri per la Giustizia Riparativa – quella qui riassunta e quella della Corte d’Assise di Busto Arsizio – appaiono per certi aspetti simili: oltre a escludere la sussistenza di un pericolo per le persone coinvolte (nel caso di Monza, il collegio valorizzava la circostanza che l’imputato era detenuto) e per l’accertamento dei fatti (data la piena collaborazione offerta dalla difesa), entrambe le Corti sottolineano la natura “pubblicistica” della giustizia riparativa[1], che avrebbe (anche) lo scopo di riparare la frattura sociale creata dal reato e contribuire garantire la sicurezza collettiva, anche attraverso esperienze di mediazione con vittima “aspecifica”.

(Cecilia Pagella)