Relazione al Parlamento ai sensi della legge 16 aprile 2015, n. 47
Nella seduta di ieri la Camera, a margine della conversione in legge del c.d. decreto carcere (d.l. n. 92/2024), ha approvato, riformulandolo, un ordine del giorno presentato dall'On. Enrico Costa, qui allegato, che impegna il Governo "anche tenuto conto degli effetti che l'applicazione delle misure di custodia cautelare può produrre sulla consistenza della popolazione carceraria, a valutare, nel solco delle iniziative già adottate con il ddl Nordio, un intervento normativo finalizzato alla rimodulazione delle norme sulla custodia cautelare, con particolare riferimento alle esigenze cautelari di cui all'art. 274, comma 1, lett. c) c.p.p., finalizzato a un puntuale bilanciamento tra presunzione di non colpevolezza e garanzie di sicurezza". Ci si propone, dunque, di intervenire sulla disciplina delle esigenze cautelari e, in particolare, su quelle relative al pericolo di commissione di reati o di reiterazione del reato. Come si ricorderà, un tentativo, nella stessa direzione, fu fatto nel 2022 con un quesito referendario che non raggiunse il quorum richiesto. Rinviamo sul punto alla scheda allora pubblicata sulla nostra Rivista, a firma di Francesco Lazzeri (ivi, § 5). Non è dato sapere se e come questo ordine del giorno avrà un seguito. Certo è che l'emergenza carcere e sovraffollamento, richiamata nell'incipit dell'ordine del giorno, potrebbe dare nuovo impulso, come fu in passato, a interventi sulla disciplina della custodia cautelare. Avremo modo, se e nel caso, di approfondire il tema sulle pagine della nostra Rivista. Per il momento crediamo di fare cosa utile al dibattito pubblico segnalando alcuni dati statistici di particolare rilievo, che ci sembra debbano essere tenuti in considerazione nel valutare possibili interventi come quelli auspicati dall'ordine del giorno approvato dalla Camera.
A questo fine pubblichiamo in allegato l'ultima relazione del Governo al Parlamento, curata dal Ministero della Giustizia in tema di misure cautelari personali e di riparazione per l'ingiusta detenzione.
Va tuttavia precisato che la relazione, per quanto ricca di interessanti dati statistici, non dà purtroppo conto della tipologia dei reati contestati: un dato che, nell'attuale dibattito sulla giustizia penale, alimentato da notizie di cronaca di grande rilievo mediatico, sarebbe importante conoscere per valutare se e quanto incida sul dato complessivo delle misure cautelari personali quello relativo a reati contro la pubblica amministrazione o, comunque, a reati diversi da quelli di criminalità organizzata, a quelli violenti o "di strada" usualmente ricondotti alla pur vaghe categorie della sicurezza e dell'allarme sociale. Verosimilmente non molto, se si considera il dato, arcinoto per quanto non disaggregato tra condannati definitivi e detenuti ancora presunti innocenti, che vede la popolazione penitenziaria composta per lo più da autori di reati contro la persona, contro il patrimonio, in materia di droga, di criminalità organizzata e di armi. Gli ultimi dati del Ministero della Giustizia sono reperibili qui. Quanto ai delitti contro la pubblica amministrazione, andrebbe anche considerata la necessità di disaggregare il dato dei delitti dei pubblici ufficiali da quelli dei privati contro la p.a. Il numero delle misure adottate per resistenza o violenza a pubblico ufficiale è verosimilmente più alto di quelle adottate per corruzione o peculato.
La relazione non dà conto nemmeno dei dati relativi all'incidenza della custodia in carcere sul complessivo numero della popolazione penitenziaria. Tali dati, tuttavia, sono reperibili attraverso le statistiche relative ai detenuti, pubblicate sul sito del Ministero della Giustizia. Da queste risulta che, al 31 luglio 2024, i detenuti presenti nelle carceri italiane sono 61.133, a fronte di una capienza regolamentare di 51.207 posti. I detenuti presenti in carcere a titolo di custodia cautelare sono il 25% del totale, pari a 15285. Di questi la maggior parte 8.934 (il 54%) sono in attesa di primo giudizio; 6.251 sono gli appellanti o i ricorrenti, cioè coloro che sono stati già giudicati in primo grado o in appello. Il 33% di coloro che si trovano in carcere oggi a titolo di misura cautelare è rappresentato da stranieri: sono 5.934. Come è noto e come conferma la relazione al Parlamento, per effetto di riforme successive alla sentenza Torreggiani, volte a contrastare il problema dello strutturale sovraffollamento delle nostre carceri, il numero complessivo delle misure custodiali si è significativamente e progressivamente ridotto negli ultimi decenni. Un dato che parla da sè non è presente nella Relazione al Parlamento ma è ricavabile dai dati relativi alla popolazione penitenziaria: nel 2010, annus horribilis per il sovraffollamento carcerario censurato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con la sentenza Torreggiani, su 67.968 detenuti ben 28.692 erano quelli sottoposti alla c.d. carcerazione preventiva. Se nel 2010 erano il 42% oggi sono il 25%, segno che l'ordinamento ha già puntato fortemente sulla riduzione della custodia in carcere per arginare il sovraffollamento, senza però evidentemente riuscirci, purtroppo. Le cause, verosimilmente, sono da ricercarsi altrove. Questo suggeriscono i numeri, almeno.
Ma veniamo ora a ciò che può leggersi nella relazione, aggiornata ad aprile di quest'anno, che è stata predisposta dal Ministero della Giustizia ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 2015, n. 47, che prevede che "il Governo, entro il 31 gennaio di ogni anno, presenta alle Camere una relazione contenente dati, rilevazioni e statistiche relativi all'applicazione, nell'anno precedente, delle misure cautelari personali, distinte per tipologie, con l'indicazione dell'esito dei relativi procedimenti, ove conclusi. La relazione contiene inoltre i dati relativi alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, pronunciate nell'anno precedente, con specificazione delle ragioni di accoglimento delle domande e dell'entità delle riparazioni, nonché i dati relativi al numero di procedimenti disciplinari iniziati nei riguardi dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni, con indicazione dell'esito, ove conclusi.
La relazione, corredata di tabelle con dati statistici, si compone di due parti, dedicate, rispettivamente, alle misure cautelari personali e alla riparazione per ingiusta dedizione. Riportiamo di seguito le conclusioni come riportate nella relazione, rinviando il lettore al testo del documento, pubblicato integralmente in allegato.
(Gian Luigi Gatta)
***
Conclusioni sulla Parte Prima della Relazione
1. Misure cautelari emesse in generale - Nell’anno 2023 sono state emesse 82.035 misure cautelari personali coercitive; - dal confronto dei dati relativi al quadriennio 2020-2023 con quelli del precedente biennio 2018-2019, risulta evidente una diminuzione significativa del numero totale delle misure emesse; a decorrere poi dal 2020 e fino al 2023 incluso, il numero delle misure emesse appare sostanzialmente costante e mediamente pari a circa 81.700; - non emergono significative variazioni nella distribuzione percentuale per tipologia di misura emessa nell’intero periodo esaminato; in particolare, la percentuale della custodia cautelare in carcere appare anch’essa sostanzialmente costante nell’intero periodo esaminato e pari a circa il 31% delle misure emesse; - le misure cautelari custodiali (carcere - arresti domiciliari - luogo cura) costituiscono mediamente quasi il 57% circa di tutte le misure emesse, mentre quelle non custodiali (restanti tipologie) ne costituiscono circa il 43%; - una misura cautelare coercitiva su tre emesse è quella carceraria (31%), mentre una misura cautelare coercitiva su quattro è quella degli arresti domiciliari (25%); - mediamente, il 14% degli arresti domiciliari viene applicato con procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (c.d. ‘braccialetto’), mentre il restante 86% viene applicato senza il suddetto controllo elettronico (nell’anno 2023 tali percentuali sono state, rispettivamente, 21% e 79%); -l’applicazione delle misure del divieto di espatrio e della custodia cautelare in luogo di cura appare estremamente residuale nel periodo in esame; tali misure congiuntamente considerate non raggiungono infatti neanche l’l% del totale; - le sezioni GIP e Dibattimentali ubicate presso i Tribunali capoluogo di distretto detengono da sole circa il 50% delle misure totali emesse a livello nazionale; - circa il 75% delle misure viene emesso dalle sezioni GIP, mentre il restante 25% viene emesso delle sezioni Dibattimentali; - con riferimento al periodo 2020-2023 e considerato l’elevato numero delle misure conteggiate, appare statisticamente evidente come il giudice dibattimentale utilizzi le misure dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di dimora in modo notevolmente più frequente rispetto al GIP; l’inverso avviene, invece, per le misure della custodia cautelare in carcere e per il divieto di avvicinamento. In particolare e sempre con riferimento al citato quadriennio, per la custodia cautelare in carcere la differenza appare molto significativa: si è infatti rilevato come il GIP utilizzi tale misura con frequenza quasi doppia rispetto al giudice dibattimentale (per l’anno 2023 tali percentuali sono state del 34,3% per il GIP e del 18,4% per il giudice dibattimentale); - l’80% circa delle misure emesse in un dato anno, appartiene ad un procedimento iscritto nel medesimo anno presso l’ufficio.
2. Misure cautelari emesse nei procedimenti definiti - i procedimenti ove vengono emesse misure cautelari personali di tipo coercitivo sembrano avere tempi di definizione molto ridotti (circostanza verosimilmente dovuta al fatto che già sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico della persona); ad esempio, il 40,2% (32.970) delle 82.035 misure cautelari emesse nell’anno 2023, è stato emesso in procedimenti che sono stati definiti nel medesimo anno 2023; di queste 32.970 misure, l’82,1% (27.070) appartiene a procedimenti iscritti (ed anche definiti, appunto) nel medesimo anno 2023; - sempre nell’ambito delle misure emesse nei procedimenti definiti, si è rilevato come il 76,0% delle misure sia stato emesso in un procedimento che ha poi avuto come esito la condanna (definitiva o non definitiva) senza sospensione condizionale della pena; - se si aggiunge al 76,0% sopra indicato la percentuale del 14,5 % relativa alle misure emesse in un procedimento che ha poi avuto come esito la condanna (definitiva o non definitiva) con sospensione condizionale della pena, ne consegue che in circa il 90% dei casi la modalità definitoria di un generico procedimento definito ove è stata emessa una qualche misura cautelare coercitiva è la condanna, mentre nel restante 10% circa si è avuta un’assoluzione o un proscioglimento emesso a vario titolo; - relativamente alle diverse possibili tipologie di definizione di un procedimento, non sembrano emergere significative differenze tra i provvedimenti emessi dal GIP e quelli emessi dal Dibattimento; -con riferimento al quadriennio 2020-2023, non sembra infine emergere una qualche correlazione significativa tra tipologia di provvedimento emesso e gravità del tipo di misura emessa.
3. Conclusioni sulla Parte II della Relazione La Parte II della presente Relazione svolge l’analisi dedicata ai provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, all’entità delle riparazioni e ai procedimenti disciplinari iniziati nei confronti dei magistrati, con i diversi contributi forniti dalla Direzione generale di statistica e analisi organizzativa e dall’Ispettorato generale di questo ministero, nonché dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
Quanto ai dati relativi ai provvedimenti di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione dall’analisi svolta emerge che:
✓ la serie storica del numero complessivo dei procedimenti sopravvenuti per conseguire un riconoscimento per riparazione per ingiusta detenzione negli anni 2018-2023 mostra una sostanziale stabilità, ad eccezione forse dell’anno 2020 per il quale si registra il numero più contenuto. I distretti più significativi quanto ad entità numerica sono, mediamente, quelli di Napoli, Reggio Calabria, Catanzaro e Roma;
✓ nell’anno 2023 sono stati 1.271 i procedimenti sopravvenuti e 1.120 quelli definiti; in linea generale e con riferimento all’intero periodo esaminato, 2018-2023, si osserva come le Corti di Appello riescano a definire mediamente, ogni anno, un numero di procedimenti quasi pari a quello dei sopravvenuti (la percentuale di definizione è pari al 97%);
✓ relativamente alle modalità definitorie di tali procedimenti, si osserva come le percentuali delle ordinanze di accoglimento (definitive e non) e dei rigetti si equivalgano approssimativamente (nel periodo esaminato risultano, in media e rispettivamente, del 46,7% e del 49,4%), mentre molto residuali risultano le definizioni per inammissibilità (mediamente il 3,9%);
✓ per ciò che riguarda le ragioni poste alle base degli accoglimenti definitivi classificate secondo il dettato normativo di cui all’art. 314 c.p.p., si è visto come esse derivino, sempre con riferimento al periodo 2018-2023, in circa il 75% dei casi da provvedimenti irrevocabili dichiaranti l’accertata estraneità della persona ai fatti a lei contestati e in circa il 25% dei casi dall’illegittimità della misura cautelare disposta, quale che si stato poi l’esito del procedimento.
Quanto alla entità delle riparazioni, risulta in sintesi che:
✓ l’importo complessivamente versato a titolo di riparazione per ingiusta detenzione nell’anno 2023 risulta pari a € 27.844.794 ed è riferito a 619 ordinanze con le quali le Corti di Appello hanno disposto il pagamento delle somme;
✓ relativamente all’intero periodo esaminato, 2018-2023, l’importo mediamente versato risulta pari a circa € 32 milioni a fronte di circa 730 ordinanze disposte dalle Corti; conseguentemente l’importo medio per singola ordinanza è stato di circa € 44.000;
✓ i distretti maggiormente significativi quanto ad entità di importi sono stati: Bari limitatamente al triennio 2018-2020, Catania, Catanzaro, Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Roma.
Relativamente ai procedimenti disciplinari iniziati nei confronti dei magistrati, l’analisi normativa e il monitoraggio avviato dall’Ispettorato generale sulle ordinanze di accoglimento irrevocabile delle domande di riparazione per ingiusta detenzione consentono di ritenere:
✓ l’assenza di correlazione tra il riconoscimento del diritto alla riparazione accertato nei citati provvedimenti e gli illeciti disciplinari dei magistrati;
✓ che le anomalie che possono verificarsi in correlazione con l’ingiusta compressione della libertà personale in fase cautelare sono costantemente oggetto di verifica da parte degli Uffici ministeriali, sia nel corso di ispezioni ordinarie sia a seguito di esposti e segnalazioni delle parti, dei loro difensori e di privati cittadini, sia, infine, in esito alle informative dei dirigenti degli uffici;
✓ il sistema disciplinare consente di intercettare e sanzionare condotte censurabili molto prima ed indipendentemente dalla verifica giudiziaria dei presupposti per il riconoscimento della riparazione da ingiusta detenzione.