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24 Luglio 2024


Pene sostitutive: il protocollo applicativo ed esecutivo degli uffici giudiziari di Brindisi dopo il 'correttivo Cartabia'


Il protocollo – consultabile in allegato – si caratterizza per plurime peculiarità.

La prima è che esso ha avuto ad oggetto non solo l’applicazione delle pene sostitutive ma anche la loro esecuzione, avendo il tavolo istituzionale unanimemente condiviso la necessità di predisporre un protocollo che prevedesse non solo un accesso agevole e rapido dell’imputato alla pena sostitutiva ma anche un’interlocuzione condivisa nei contenuti tra il giudice preposto all’accertamento del reato, il pubblico ministero nella qualità di organo preposto all’esecuzione della pena e il Tribunale di Sorveglianza di Lecce.

La seconda è che il contenuto del protocollo ha recepito, con precipuo riferimento alla fase di applicazione, l’indicazione del legislatore del “Correttivo Cartabia”, che ha profondamente inciso il comma primo dell’art. 545 bis del c.p.p., prevedendo quale scenario elettivo di applicazione della pena sostitutiva quello nel quale il giudice valuta l’applicabilità di essa, anche nel concreto, già nella camera di consiglio, perché posto nella condizione di poterlo fare da un difensore che, prima che il giudice vi entri, ha posto a disposizione, oltre che il consenso dell’imputato, anche la documentazione necessaria al giudice per uscire dalla camera di consiglio con un dispositivo di già avvenuta sostituzione della pena detentiva breve.

Si è ritenuto che il materializzarsi di tale scenario elettivo potesse essere agevolato, in concreto, dalla previsione che, una volta terminata l’istruzione dibattimentale, il difensore, nell’apposita udienza di rinvio da destinarsi alla discussione del processo, ove possibile, potesse già formulare, quale richiesta subordinata, anche quella di applicazione della pena sostitutiva e tanto facesse dopo essersi reso, medio tempore, parte diligente nell’acquisire la documentazione necessaria al giudice per valutare già nella camera di consiglio l’applicabilità in concreto della pena sostitutiva richiesta.

Il ruolo strategico assunto dal difensore dell’imputato a seguito dell’entrata in vigore del “Correttivo Cartabia” è stato sottolineato dalla norma di apertura del protocollo, che è stata destinata, per l’appunto, al difensore e al centrale ruolo propositivo che è stato chiamato a svolgere dalla più recente riforma.

La terza è che la proficua collaborazione e interazione tra il giudice della cognizione e quello della Sorveglianza di Lecce ha prodotto la tipizzazione del contenuto precettivo di ciascuna delle pene sostitutive, risultato reso possibile anche grazie al contributo del locale Ufficio U.E.P.E, che ha messo a disposizione del tavolo l’esperienza e la competenza maturate nello svolgimento del servizio di esecuzione penale esterna.

La quarta è che si è ritenuto dalle parti firmatarie del protocollo che il rilancio della pena sostitutiva richiedesse anche un cambiamento culturale al quale non potessero rimanere estranei gli Uffici giudiziari, sia quello requirente che quello giudicante, uffici che hanno, quindi, inteso contribuire a tale cambiamento anche implementando il contenuto di determinati atti giurisdizionali e giudiziari e, quindi, indicando nella richiesta di rinvio a giudizio, nella richiesta di giudizio immediato, nel decreto di citazione diretta a giudizio, nel decreto penale di condanna, nel decreto che dispone il giudizio immediato e in quello di rinvio a giudizio che l’imputato ha la facoltà di richiedere al giudice che procede l’applicazione di una pena in sostituzione dell’eventuale pena detentiva di breve durata che fosse inflitta nel caso e all’esito dello svolgimento del processo nonché i benefici di tale eventuale applicazione.

L’ultima peculiarità ha interessato un aspetto centrale della fase dell’esecuzione della pena sostitutiva e, cioè, quello, attualmente ampiamente dibattuto, della necessità o meno che il pubblico ministero emetta un formale ordine di esecuzione anche della pena sostitutiva.

In attesa del formarsi di uno stabile orientamento del giudice della nomofilachia sul punto, si è convenuto che, quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a una delle pene sostitutive della semilibertà e della detenzione domiciliare, il pubblico ministero, oltre a trasmettere la sentenza al magistrato di sorveglianza ex art. 661 del c.p.p., comma primo, comunichi nel medesimo atto di trasmissione l’entità dell’eventuale presofferto, l’applicazione dell’eventuale fungibilità, l’eventuale applicazione della liberazione anticipata, nonché trasmetta il relativo certificato penale aggiornato dell’imputato e gli esiti dell’accertamento SIDET nonché, infine, comunichi, nel caso in cui il condannato sia agli arresti domiciliari, la durata e l’inizio di decorrenza della misura.

 

(Giuseppe De Nozza)