1. Il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e dei Trattamenti e delle Punizioni Inumane o Degradanti (European Committee for the Prevention of Torture and of Inhuman or Degrading Treatment or Punishment, CPT) [1], costituito nell’ambito del Consiglio d’Europa, ha pubblicato il 21 gennaio 2020 un corposo report, in lingua inglese, che fa a seguito alla visita che ha recentemente effettuato, ai sensi dell'art. 7 della Convenzione per la prevenzione della tortura e dei trattamenti e delle punizioni inumani o degradanti, presso le carceri di Biella, Milano Opera, Saluzzo e Viterbo. La visita, svoltasi tra il 12 e il 22 marzo 2019, si poneva lo scopo di verificare le condizioni: a) dei detenuti all'interno dei regimi di media e alta sicurezza; b) dei detenuti sottoposti a forme di isolamento; c) degli internati soggetti a misure di sicurezza detentive (casa di lavoro, a Biella).
2. La prima osservazione del Comitato ha ad oggetto la più nota - e probabilmente la più grave -patologia del carcere italiano: il sovraffollamento. La popolazione carceraria ammontava a marzo 2019 a 60611 persone, contro soli 50514 posti disponibili; in particolare, tra le carceri visitate, Biella ospitava 510 detenuti contro 395 posti disponibili; Milano Opera deteneva 1312 persone, a fonte di 918 posti; a Saluzzo, al contrario, solo 376 posti su 468 erano occupati; a Viterbo, infine, 615 detenuti erano stipati nello spazio previsto per 432 persone. La situazione è in netto peggioramento rispetto 2016 (data della ultima visita svolta dal CPT presso le carceri italiane), quando la popolazione carceraria ammontava a 54072 unità: l'incremento del numero di detenuti si considera dovuto alla maggior durata delle sanzioni detentive imposte a partire dal 2008, nonché all'impossibilità, per i detenuti socialmente vulnerabili, di accedere alle misure alternative alla detenzione, a causa della mancanza di personale che rivolga tempestivamente al giudice la relativa richiesta[2]. Il sovrannumero di detenuti comporta che 13800 di essi fossero ospitati in uno spazio vitale compreso tra i 3 e i 4 m2; sebbene rispettoso del limite individuato dalla sentenza Torreggiani della Corte EDU (3 m2), uno spazio così ristretto è ritenuto insufficiente dal CPT, che raccomanda di garantire a ciascun detenuto almeno 4 m2 in celle multiple. Si tratta, comunque, di un problema che non coinvolge gli istituti visitati, dove, invece, gli spazi erano adeguati, variando dai 4 m2 di Milano Opera ai 6.5 m2 di Saluzzo. Il Comitato suggerisce, al fine di ridurre il sovraffollamento, l'applicazione di misure non custodiali in fase cautelare, e di misure alternative alla detenzione, che siano disegnate sulla personalità dell'imputato e la natura della pena inflittagli.
3. Il CPT registra un'allarmante escalation di episodi violenti verificatisi sia tra i detenuti sia tra detenuti e personale, nonché di comportamenti autolesionisti dei detenuti; tale involuzione è attribuita alla recente chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e alla mancanza di posti presso le Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), nonché alla difficile interazione tra detenuti di diverse nazionalità. Il Comitato si sofferma ampiamente sulle denunce di maltrattamenti provenienti dai detenuti, in particolare - ma non solo - presso la Casa di reclusione di Viterbo: il personale è accusato di un eccessivo uso della forza, non solo in risposta ad atteggiamenti di sfida o indisciplinati dei detenuti, ma anche come espressione di violenza deliberata e gratuita, somministrata simultaneamente a provocazioni verbali (anche a sfondo razziale), spesso da parte di più persone riunite. Tra le vicende riportate, più sconcertanti: una persona denuncia di essere stata colpita alla schiena da otto agenti, che, una volta a terra, la avrebbero ripetutamente colpita con calci e pugni per poi, ricondotta nella sua cella, intimargli di "comportarsi come un uomo"; un'agente avrebbe bruciato le dita di un detenuto con un accendino, al fine di verificare che la vittima non fosse in stato catatonico. Il Comitato raccomanda all'amministrazione penitenziaria di addestrare il personale carcerario alla gestione di situazioni ad alto rischio senza l'uso della forza fisica, nonché di aumentare il controllo attraverso l'uso di telecamere posizionate in "punti ciechi". Si denuncia inoltre una grave tendenza a celare gli episodi di violenza a danno dei detenuti: gli eventi critici vengono spesso segnalati al DAP a titolo di "infortuni accidentali" ovvero senza indicazione alcuna; inoltre, l’autorità giudiziaria, quando si è occupata di casi segnalati dal Garante nazionale o regionale [3], avrebbe archiviato le notizie di reato sulla sola base delle testimonianze del personale, senza sentire la vittima e senza esaminare la documentazione medica. Nelle situazioni osservate, il personale medico segnalava i sospetti di maltrattamenti al capo della sicurezza, il quale aveva l'obbligo giuridico di trasmettere l'informazione all'autorità competente; i medici, tuttavia, redigevano resoconti spesso vaghissimi, senza alcuna allegazione delle eventuali denunce di maltrattamenti provenienti dalle vittime, né della consistenza di queste rispetto ai segni osservati sul loro corpo. È opportuno segnalare fin d'ora che l’ultima legge di riforma[4] dell'Ordinamento Penitenziario ha specificamente previsto l'obbligo per il personale medico di segnalare direttamente all'autorità competente ogni segno di abusi osservato sui detenuti [5].
Quanto alla violenza tra i detenuti, pur risultando la gestione dei conflitti rapida ed efficiente, ciò di cui il Comitato segnala la mancanza è la capacità del personale penitenziario di prevenire situazioni conflittuali: ciò si attribuisce prevalentemente all'assenza di relazioni interpersonali tra detenuti e agenti, dovuta al fraintendimento del concetto di "sicurezza dinamica". In effetti, solo a Milano Opera il personale era stato istruito a proposito di gestione dei conflitti e sicurezza dinamica, e, inoltre, non possedeva alcuna capacità specifica di relazionarsi con persone provenienti da culture differenti, pur ben rappresentate in carcere, le quali tra l'altro non potevano avvalersi di mediatori culturali - una figura che viene ritenuta pressoché assente nelle carceri italiane.
4. Il Comitato analizza le condizioni materiali di detenzione nei diversi regimi di media e massima sicurezza. Quanto al regime di media sicurezza, il CPT individua alcune carenze strutturali degli istituti esaminati, tra le quali: segni di usura delle pareti e delle docce, ambiente freddo e umido, sala comune spoglia e poco pulita (Biella), ambiente freddo, aria viziata, assenza di ripari in cortile in caso di maltempo (Opera), segni di usura di docce e pareti e ambiente freddo (Viterbo). In tutti gli istituti i cortili sono circondati da alti muri coperti da filo spinato, privi di vegetazione o di decorazioni di alcun tipo. La già citata legge di modifica dell'Ordinamento Penitenziario ha previsto, a questo proposito, l'installazione di docce nelle celle, riscaldamento adeguato alle condizioni climatiche, introduzione di migliorie nei cortili. Molti detenuti hanno denunciato altresì al comitato la scarsa qualità del cibo, servito in ritardo e senza tener conto delle loro esigenze religiose. Quanto al regime detentivo in vigore, secondo la legge di modifica dell'ordinamento penitenziario, le celle restano aperte ogni giorno dalle 9 alle 19, con possibilità di trascorrere due ore all'aperto due volte al giorno, e di muoversi liberamente e senza controllo attraverso il carcere. Questo tipo di regime viene definito di "sorveglianza dinamica"; tale concetto sembra essere stato male interpretato dal personale, che si limita ad osservare i detenuti e ad aprire o chiudere le celle, senza in effetti intrattenere con loro alcun tipo di relazione. Proseguendo con l'offerta di lavoro, corsi e attività professionalizzanti, nelle carceri di Biella, Saluzzo e Viterbo questa viene ritenuta inadeguata alle esigenze dei detenuti, anche a causa della carenza di educatori in servizio, e si osserva come i detenuti non siano di solito effettivamente remunerati per tutte le ore svolte. Quanto alle condizioni materiali degli internati (sottoposti a misure di sicurezza) presso la casa di lavoro - in realtà un'ala del carcere - di Biella, il Comitato le ha trovate nettamente deteriori. Agli internati non era poi offerta alcuna significativa opportunità di lavoro o istruzione. Il Provveditore di Piemonte, Liguria e Val d'Aosta sembra aver preso atto della situazione disagevole, e ha deciso di ricollocare gli internati presso il carcere di Alessandria, ritenendolo più idoneo al soddisfacimento delle loro esigenze. In particolare, come puntualizzato dal Governo italiano nella sua risposta al presente report, la posizione di quel carcere, situato in centro città, favorisce la progressiva reintegrazione dei detenuti nel consorzio sociale. I sottoposti a misure cautelari, infine, non godevano di alcun supporto psicologico, di cui pure avrebbero avuto a maggior ragione bisogno.
Quanto al regime di alta sicurezza, esso è previsto per tre categorie di soggetti, tutti sospettati o condannati per fatti di criminalità organizzata: detenuti per i quali è stato revocato il regime di 41-bis; autori - anche sospettati - di fatti di terrorismo internazionale o di eversione; autori - anche sospettati - di crimini organizzati, rapimento, estorsione, traffico di droga. Il Comitato, nella sua visita del 2019, si è recato a Opera e a Saluzzo. Le carenze materiali di queste aree degli istituti coincidono, sostanzialmente, con quelle riscontrate per il medio regime (carenza di acqua calda, riscaldamento, luce naturale..); lo stesso si può dire sul regime detentivo, nonostante una maggiore difficoltà di accesso alle attività istruttive o ricreative (ma una maggiore attenzione è dedicata ai trattamenti individuali). Il Comitato è critico rispetto alla procedura di assegnazione di un detenuto al regime di alta sicurezza: tale assegnazione è decisa dal DAP sulla base delle informazioni fornite dalle autorità in merito al mantenimento di legami con l'organizzazione criminale di appartenenza, senza tenere conto della personalità o delle esigenze rieducative del detenuto, e senza chiarire in quale modo il suo rapporto con i detenuti in regime ordinario rappresenti un rischio; la decisione del DAP è inappellabile di fronte al Giudice di Sorveglianza.
5. Il report del CPT riferisce anche in merito a quanto rilevato sulla condizione dei detenuti in isolamento. Preliminarmente, il Comitato puntualizza che qualsiasi misura di isolamento è suscettibile di avere un effetto dannoso sulla salute del detenuto, venendo a costituire, in alcuni casi, un trattamento inumano e degradante; tale misura, pertanto, dovrebbe essere imposta soltanto in assenza di possibili alternative, e per il più breve tempo possibile. Quanto all'isolamento diurno (che interessava, al momento della visita, 272 persone), esso è applicabile per un periodo che varia da due mesi a tre anni al condannato per più delitti, per ognuno dei quali sia prevista la pena dell'ergastolo [6], e comporta che il condannato trascorra - in solitudine - un'unica ora al giorno all'aperto, e che possa accedere ad attività lavorative o educative solo qualora queste non comportino il contatto con altre persone; nelle carceri visitate (Opera, Viterbo e Saluzzo) era tollerato che i detenuti nel medesimo regime conversassero tra di loro. Si tratta, ad avviso del Comitato, di una misura anacronistica, priva di alcuna giustificazione, che dovrebbe essere abolita.
Il regime di sorveglianza particolare è applicabile a quei detenuti che turbano, con il loro comportamento, l'ordine del carcere [7]. La misura ha la durata di sei mesi, prorogabile di tre mesi in tre mesi; viene applicata raramente (attualmente, a 20 detenuti in Italia) attraverso una procedura assistita delle garanzie necessarie (il DAP, sentita la Commissione disciplinare del carcere di appartenenza, assume in merito una decisione motivata e appellabile); tuttavia, le condizioni dei detenuti, ospitati in celle singole, senza alcun contatto con gli altri detenuti né la possibilità di svolgere attività, accompagnati durante le loro giornate soltanto dalla radio o dai libri, mostrano evidenti segni di confusione. Le carenze materiali dei locali adibite ad ospitare detenuti in isolamento sono sostanzialmente le stesse osservate per il regime ordinario, con alcune situazioni di particolare gravità riscontrate a Saluzzo e Biella.
Durante la sua visita in Italia, il Comitato ha visitato i detenuti in regime di 41-bis [8] presso le carceri di Milano Opera e Viterbo; gli istituti ospitano rispettivamente 94 e 47 persone in quel regime, mentre il numero totale in Italia ammonta a 748 detenuti. Esso comporta la suddivisione in gruppi di 4 persone, che possono riunirsi per un massimo di due ore al giorno. Le maggiori limitazioni sono imposte sul piano dei rapporti con l'esterno: solo una telefonata mensile di dieci minuti o una visita mensile al mese della durata di un'ora è concessa con un familiare, sotto stretta sorveglianza del personale. Ai detenuti sono poi concessi incontri mensili di dieci minuti con i figli o i nipoti minori di dodici anni. Nessuna attività formativa è offerta, i contatti con gli educatori sono sporadici (Milano Opera) o inesistenti (Viterbo), le visite mediche sono svolte in presenza di un agente. La proroga del regime, poi, viene disposta quasi in automatico, sulla sola base dell'assenza di informazioni circa lo scioglimento del vincolo associativo nei confronti del detenuto. Esiste inoltre un regime "più duro del carcere duro": la c.d. "area riservata" [9], imposta nei confronti di quei detenuti in regime di 41-bis per i quali si voglia assicurare un'impossibilità assoluta di comunicare con altri detenuti nel medesimo regime; essa comporta il quasi isolamento (i detenuti sono riuniti in gruppi di due) in celle perlopiù buie, e un controllo ininterrotto, esercitato mediante telecamere e buchi nei muri, su ogni momento - anche il più intimo - della vita del detenuto. L'applicazione di tale misura non è sindacabile di fronte al Tribunale di Sorveglianza. Il Comitato rivolge alle autorità italiane un invito a riflettere sulla possibile non conformità del regime qui in esame all'art. 27 c. 3 della Costituzione: la sua fortissima afflittività e la recisione di qualsiasi legame tra il detenuto e il mondo esterno sembrano far pendere la bilancia dalla parte della lotta senza quartiere al fenomeno mafioso, con pregiudizio del principio di rieducazione del condannato.
6. Quanto alla tutela della salute nelle carceri visitate (Biella, Saluzzo, Viterbo e SAI di Milano Opera, specializzata nel trattamento di detenuti con esigenze particolari), il Comitato osserva che la più volte citata riforma dell'Ordinamento Penitenziario prevede: a) l'attribuzione di maggiori competenze alle ASL, b) criteri più stringenti per la definizione dei controlli ai quali possono essere sottoposti i detenuti in ingresso, c) il diritto dei detenuti a essere visitati a proprie spese da un medico di fiducia, d) l'esclusione dei medici dalle Commissioni disciplinari, e) procedure più rapide per il trasferimento dei detenuti in ospedali esterni al carcere. Complessivamente, il Comitato ricava un'impressione positiva di questo aspetto della vita del carcere (controlli, anche psichiatrici, svolti entro le 24 ore successive all'ingresso; attrezzature e spazi adeguati, con l'eccezione di Saluzzo; sufficiente numero di operatori sanitari e soddisfacente livello del loro operato; documentazione dettagliata e correttamente conservata). Criticità sono emerse, soprattutto a Biella e Viterbo, con riguardo alla gestione dei detenuti affetti da problemi psichiatrici: a causa dell'assenza di posti disponibili presso le REMS o presso le strutture specializzate all'interno delle carceri (Articolazioni per la Tutela della Salute Mentale - ATSM), essi vengono ospitati per lunghi periodi nelle aree destinate ai detenuti in isolamento, o nelle fatiscenti infermerie. Il Comitato si preoccupa di segnalare - peraltro in accordo con la Commissione Nazionale di Bioetica e con la Corte costituzionale[10] - la necessità di ospitare i detenuti con problemi psichiatrici in ospedali specializzati, civili oppure all'interno dell'ospedale, purché adeguatamente equipaggiati a gestire le specifiche patologie affliggenti queste persone particolarmente vulnerabili. Inoltre, il Comitato segnala che le visite mediche vengono svolte a portata visiva e uditiva del personale penitenziario, ciò che ostacola, tra l'altro, la possibilità, per il detenuto, di rivolgersi al medico per denunciare gli abusi subiti.
7. L'ultimo tema affrontato riguarda la prevenzione dei suicidi. Il numero di suicidi nelle carceri italiane è in crescita e nel 2018 ha raggiunto le 63 unità, a cui vanno sommati 9000 episodi di autolesionismo e 1178 interventi di prevenzione. Una direttiva del Ministero della Giustizia del 3 maggio 2016, i cui effetti sul campo la Commissione non è ancora stata in grado di apprezzare, ha previsto un "Piano nazionale di intervento per la prevenzione dei suicidi in carcere", che pone l'accento sul training rivolto al personale penitenziario, al fine di garantire la corretta individuazione dei segni premonitori di condotta suicidaria. Il CPT osserva che tutti gli istituti eccetto Saluzzo sono dotati di un protocollo sul suicidio; eppure, le persone ritenute a rischio in base alla valutazione di un medico interno vengono normalmente isolate in infermeria, private di tutti gli oggetti ritenuti pericolosi e sottoposti a stretta sorveglianza da parte del personale; non viene offerta alcuna attività da svolgere, né alcun contatto con altri detenuti. Questo trattamento è l'esatto opposto di quanto necessario ad assicurare assistenza a una persona vulnerabile.
8. Il Comitato fornisce alcune indicazioni conclusive su vari aspetti non ancora trattati; per esigenze di sintesi, si elencheranno brevemente le più significative:
§§§
La replica del Governo italiano
9. Riportiamo sinteticamente la replica del Governo italiano (Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale - Comitato interministeriale per i diritti umani) alle osservazioni formulate dal CPT dopo la sua visita.
10. Affrontando il tema del sovraffollamento, il Governo conferma che sono in corso opere di trasformazione in carceri di vecchie caserme inutilizzate, grazie alle quali saranno disponibili ulteriori 1500 posti a Casale Monferrato, Grosseto, Napoli e Bari; si prevede inoltre la costruzione di nuovi edifici, che offriranno 3000 nuovi posti. Inoltre, il Ministero delle Infrastrutture è al lavoro per programmare la costruzione di nuove carceri e il recupero di altri edifici inutilizzati. Lo spazio disponibile per ciascun detenuto è ininterrottamente monitorato grazie al Detention Places Software (ASD 15).
11. Rispondendo sui rilievi formulati a proposito degli episodi di violenza, si osserva in primo luogo che al personale penitenziario in posizione apicale sono rivolti periodici corsi sui temi della gestione delle emergenze e delle situazioni critiche, durante i quali gli agenti vengono addestrati a prevenire gli episodi violenti o a gestirli senza usare la forza fisica. L'instaurazione di legami con la popolazione carceraria e la conoscenza più profonda di ogni detenuto sono fortemente incoraggiati, e oggetto di corsi rivolti tanto agli agenti quanto agli educatori. Il CPT attribuiva la violenza tra detenuti anche all'assenza di mediatori culturali; sul punto, il Governo risponde che il bando pubblico per la loro assunzione è stato pubblicato il 30 settembre, e inoltre la Regione Piemonte ha concluso le procedure di selezione di nuovi esperti esterni, tra i quali figurano i mediatori culturali. Anche il Comune di Viterbo ha stanziato dei fondi per il servizio di mediazione culturale all'interno del carcere. Per quanto riguarda le comunicazioni relative agli eventi critici, la risposta del Governo si limita a puntualizzare che il DAP riceve quotidianamente circa 300 comunicazioni, necessariamente sintetiche, a proposito di incidenti violenti occorsi; a seguito di tali comunicazioni, vengono svolte le analisi del caso, che possono condurre all'adozione di sanzioni disciplinari, ed è allertata l'autorità giudiziaria. Il Governo non affronta la principale criticità rilevata dal Comitato, ossia la superficialità e l'incompletezza di molte delle informazioni trasmesse al DAP: si limita infatti ad affermare laconicamente che è il l’istituto penitenziario l'unico ente in possesso delle informazioni rilevanti. Come richiesto dal CPT, il Governo trasmette i dati relativi ai procedimenti disciplinari e penali avviati in seguito alle denunce di maltrattamenti: quanto ai primi, ad essi sono attualmente soggetti 11 agenti, per 7 eventi rilevati; 8 procedimenti si sono conclusi, alcuni con una sanzione pecuniaria (2), altri con un ammonimento (1), una sospensione dall'incarico (4) o un'interdizione dai pubblici uffici (1). Quanto ai procedimenti penali, ne sono stati avviati 52 per 18 eventi, ma solo 4 di essi sono giunti a conclusione, peraltro con richieste di archiviazione (per uno degli agenti le cui accuse sono cadute in sede penale, è stato formulato un formale rimprovero in sede disciplinare).
12. Quanto alle carenze materiali osservate dal Comitato, tra le migliorie apportate o in programma, si ricordano il ripristino del riscaldamento, la fornitura di acqua calda, l'inserimento di bagni nelle celle, la rimozione della copertura in Plexiglas dalle finestre delle celle del 41-bis (Milano Opera), il restauro dei cortili (Saluzzo), la manutenzione delle docce comuni (Biella). Per quanto riguarda l'offerta di lavoro e di attività educative, si segnala che, fin dal 2016, grazie a un protocollo d'intesa firmato con il MIUR, si è rafforzata la cooperazione inter-istituzionale, con l'obiettivo di implementare l'offerta di possibilità educative e lavorative all'interno del carcere. Ad oggi, i detenuti sono implicati in attività quali il giardinaggio e i servizi di pulizie, la produzione di uniformi per la Polizia penitenziaria e il lavoro in fattoria (Biella), cucina, pasticceria, falegnameria e produzione di birra (Saluzzo), falegnameria, edilizia, lavanderia, sartoria, fattoria (Viterbo). In totale, al 30 giugno 2019 l'Amministrazione Penitenziaria impiegava 143 detenuti. Preme sottolineare che lo sforzo in favore della rieducazione proviene anche, in grande parte, da Cooperative sociali operanti in particolare in Lombardia, che promuovono la partecipazione dei detenuti a numerose attività professionalizzanti, e dal mondo delle imprese (99 detenuti svolgono laboratori gestiti da aziende esterne). Il salario è calcolato sulla base dell'inquadramento e del numero di ore lavorate, e non può essere inferiore a 2/3 di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro. Quanto alla segnalata carenza di educatori, l'Amministrazione Penitenziaria è stata autorizzata a bandire un concorso per l'assunzione di 50 nuovi educatori.
Il CPT lamentava l'opacità della procedura di assegnazione di un detenuto al regime di alta sicurezza; il Governo replica facendo presente come, dal combinato disposto degli art. 14 e 42 ord. pen., si evinca che il criterio seguito per il raggruppamento dei detenuti è quello dei "gravi e comprovati motivi di sicurezza". La sussistenza di tali motivi è periodicamente rivista, tenendo conto del comportamento del detenuto, delle sue condizioni familiari, dei progressi effettuati e dei legami eventualmente ancora sussistenti con l'organizzazione criminale di appartenenza. In ogni caso, le sole limitazioni imposte al detenuto sono quelle stabilite dal giudice. La decisione circa l'assegnazione è appellabile di fronte al Giudice di Sorveglianza.
13. Quanto alle diverse forme di isolamento, parlando della sorveglianza particolare (14-bis), il Governo dimostra di non prendere nemmeno in considerazione la possibilità di un serio ripensamento di tale misura, la quale implica l'isolamento del detenuto in ogni momento della vita del carcere; inoltre, l'applicazione di tale misura è soggetta al controllo della Magistratura di Sorveglianza, alla quale il detenuto è libero di rivolgersi quando ritiene sussistente una violazione dei propri diritti, ed è soggetto a una periodica revisione da parte di una Commissione dedicata, che ha a cuore il reinserimento del detenuto nella vita del carcere. L'isolamento previsto dall'art. 33 ord. pen., così come riformato dal d.lgs. 123 del 2 ottobre 2018, non può essere disposto fuori dei casi espressamente previsti, implica le sole restrizioni ritenute strettamente necessarie al suo scopo, non può comportare limitazioni nella possibilità di ricevere visite dai familiari e deve essere imposto con una decisione motivata.
Quanto ai detenuti in regime di 41-bis, il Governo, dopo aver sottolineato le peculiarità della mafia italiana e la necessità di garantire un controllo constante sui suoi esponenti, anche all'interno del carcere, spiega che il regime in oggetto viene applicato qualora le indagini svolte da una pluralità di enti, e in particolare dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Direzione Nazionale Antimafia, svelino la persistenza di contatti con le organizzazione criminali di appartenenza; l'attività di indagine così coordinata non si interrompe neppure durante la detenzione, ciò che permette di individuare tempestivamente la cessazione di quei legami che rendevano necessaria la misura. In ogni caso, contro l'applicazione e la proroga di tale regime il detenuto può ricorrere di fronte al Tribunale di Sorveglianza. La particolare pericolosità dei detenuti per reati di mafia comporta la necessaria imposizione di misure gravose: tra queste, le gelosie alle finestre, che impediscono il contatto, anche visivo, del detenuto con altri appartenenti alla medesima organizzazione criminale, detenuti e non, e lo svolgimento non confidenziale delle visite mediche, a cui il personale penitenziario è tenuto ad assistere (seppur a distanza tale da non poter udire quanto detto fra il detenuto e il medico).
14. Per ciò che riguarda la tutela della salute, e in particolare la cura dei pazienti con problemi psichici, il Governo rende noto che sono in corso di costruzione nuovi ATSM all'interno delle carceri di Padova, Palermo, Roma (femminile), Civitavecchia e Viterbo, e che l'obiettivo è promuovere, attraverso la cooperazione tra autorità sanitarie locali e nazionali, un unico modello di ATSM su tutto il territorio nazionale. Quanto al carattere confidenziale delle visite, quanto osservato dal CPT è in effetti contrario a quanto previsto dalla nota del 26 maggio 2017, relativa a "Riservatezza nelle visite mediche dei detenuti".
15. Il Governo risponde alle osservazioni formulate a proposito della prevenzione dei suicidi in carcere: nell'ottobre 2017 è stata diffusa una circolare avente ad oggetto il sopra citato "Piano nazionale per la prevenzione dei suicidi in carcere", con lo scopo di diffonderne la conoscenza e di promuovere la cooperazione con il servizio sanitario regionale e locale. In molte carceri sono stati inoltre redatti piani per la prevenzione dei suicidi, che insistono sulla conoscenza dei singoli detenuti e sulla formulazione di programmi di assistenza individuali, con lo scopo di prevenire e gestire efficacemente situazioni di pericolo. Alle persone in stato di isolamento è assicurata l'assistenza costante di esperti in materia di trattamento e riabilitazione, nonché di psicologi e psichiatri; in ogni caso, il massimo sforzo è rivolto ad evitare che le persone riconosciute a rischio di commettere suicidi vengano isolate.
16. Quanto, infine, alle sanzioni disciplinari, il Governo specifica che le linee guida emanate dall'Amministrazione Penitenziaria nel 2015 e rivolte a tutte le prigioni prevedono che, qualora più sanzioni disciplinari debbano essere applicate consecutivamente, il periodo di isolamento debba in ogni caso essere interrotto decorsi 15 giorni. Non esistono, ad avviso del Governo, le zone grigie denunciate dal Comitato: la sanzione disciplinare dell'isolamento può essere applicata anche in via preventiva, per un massimo di dieci giorni, per i fatti per i quali essa sia prevista, e in presenza di situazioni di pericolo per le cose o le persone, di disturbo ovvero di eventi che mettano a rischio l'ordine e la sicurezza. Ad avviso del Governo, esiste sempre una base legale per l'inflizione della sanzione disciplinare, e la decisione della Commissione disciplinare è sempre motivata e notificata al Giudice di Sorveglianza, a cui può anche essere rivolto un reclamo contro l'applicazione della misura ai sensi degli art. 666 e 678 del c.p.p. e dell'art. 35-bis ord. pen.
[1] Organo del Consiglio d'Europa che si occupa di svolgere visite nei luoghi di detenzione, per verificare le condizioni di trattamento delle persone private della libertà.
[2] La generica locuzione "staff" ci concede un'osservazione: i ritardi e le omissioni in merito alle richieste di concessione delle misure alternative sono spesso dovute sia alla difficoltà di accesso a un difensore, sia al malfunzionamento degli UEPE (Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna). In entrambi i casi, preme segnalare che tali inefficienze causano la gravissima sottoposizione dei detenuti socialmente vulnerabili a condizioni più gravose di quelle che affliggono il resto della popolazione carceraria.
[3] Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale è un'Autorità di garanzia, collegiale e indipendente, non giurisdizionale, che ha la funzione di vigilare su tutte le forme di privazione della libertà, dagli istituti di pena, alla custodia nei luoghi di polizia, alla permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione, alle residenze di esecuzione delle misure di sicurezza psichiatriche (Rems), ai trattamenti sanitari obbligatori.
[4] D.lgs. 2 ottobre 2018, n. 123
[5] Art. 11 c. 7 ord. pen.
[6] Art. 72 c. 1 c.p.
[7] Art. 14-bis ord. pen.
[8] Il regime, previsto dall'art. 41-bis, c. 2, ord. pen., è applicato dal Ministro della Giustizia in casi di reati di mafia, terrorismo o eversione, quando vi siano elementi tali da far ritenere che rimangano collegamenti con l'organizzazione di appartenenza. Il provvedimento ha durata di 4 anni, prorogabile per periodi successivi, ciascuno pari a due anni; contro di esso può essere presentato reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Roma.
[9] Si tratta di un atto amministrativo che non ha alcun fondamento normativo
[10] sent. n. 99 del 19 aprile 2019