Abstract dei contenuti (a cura di Candida Mistrorigo)
Con l'autorizzazione dell'editore Giuffrè Francis Lefebvre anticipiamo di seguito gli abstract dei lavori pubblicati nell'ultimo numero della Rivista italiana di diritto e procedura penale (n. 4/2023).
DOTTRINA
ARTICOLI
Fiandaca G., Intorno a dottrine e interpretazione penalistiche dal codice penale Rocco a oggi, p. 1279 ss.
Questo articolo delinea, in una prospettiva storico-ricostruttiva, un quadro degli orientamenti di fondo della dottrina penalistica che sono andati emergendo dall’entrata in vigore del codice Rocco in poi. L’attenzione è rivolta, nel contempo, ai profili metodologici, alle dottrine del reato e alla dimensione interpretativa. Nel ripercorrere gli sviluppi dottrinali l’Autore si preoccupa pure di coglierne i possibili risvolti politico-ideologici, anche impliciti, nel passaggio dal precedente regime autoritario al nuovo ordinamento democratico. È successivamente posta in risalto la grande portata innovativa dell’approccio costituzionale al diritto penale, di cui vengono però evidenziati anche i limiti. Nella parte conclusiva sono dedicati alcuni rilievi alla situazione dottrinale del tempo presente.
Donini M., Punire e non punire. Un pendolo storico divenuto sistema, p. 1301 ss.
A dispetto del rifiorire continuo di culture retribuzioniste a livello internazionale, da ultimo le concezioni espressive della pena, e comunque presso l’opinione pubblica, la legislazione da sempre, dalla metà dell’Ottocento, affianca a momenti punitivisti discipline del non punire. Punire e non punire si alternano come un pendolo attraverso amnistie e provvedimenti clemenziali nella storia d’Italia fino alla prima Repubblica. In seguito, l’accrescersi di molti istituti di “non punibilità” o degradazione sanzionatoria dentro al sistema ordinario ha conosciuto una applicazione non legislativa e automatica, ma affidata a momenti sempre più larghi di discrezionalità giudiziale. Il non punire si è così trasformato da ipotesi di eccezione in costante del sistema al suo stesso interno, perché non si può disciplinare il punire senza la sua riduzione, trasformazione, ed estinzione. È la prova della insufficienza a sé stessa della logica corrispettiva della proporzione retributiva, in chiave di ultima ratio. Il saggio illustra l’importanza di tale dato legislativo per una revisione della teoria della pena, la cui essenza di male aggiunto viene trasformata da istituti generali e costanti di pena agìta e di degradazione sanzionatoria umanistica verso una riduzione del male complessivo.
Cocco G., Alcuni caposaldi dell’interpretazione liberale. Insegnamenti e differenze con l’esperienza statunitense, p. 1339 ss.
Il saggio evidenzia il ruolo centrale nell’interpretazione, oltre al rispetto del tenore letterale della previsione penale, della volontà legislativa. In particolare, approfondisce il legame nel sistema statunitense della c.d. rule of lenity con la common law e la conformità ai principi della rule of law della c.d. liberal construction, che attribuisce un ruolo centrale agli scopi legislativi, mentre alla rule of lenity può essere attribuito solo un ruolo residuale. Conclusivamente, dal percorso statunitense di superamento della common law e della affermazione della rule of law trae significative conferme del divieto della interpretazione creativa da parte del giudice costituzionalmente soggetto alla legge.
Larizza S., La problematica configurazione del delitto di tortura: da delitto a circostanza aggravante?, p. 1377 ss.
Passato, presente e (possibile) futuro del delitto di tortura vengono tratteggiati in questo saggio dove emerge che la repressione della tortura ovvero la sua tolleranza è in funzione del tipo di rapporti esistenti tra Stato e individuo. Lo Stato ha tutti gli strumenti per garantire la sicurezza senza ricorrere alla violenza fisica e psichica sulla persona. La messa in discussione da parte della Proposta Vietri dell’art. 613-bis c.p. con la degradazione del delitto di tortura a circostanza aggravante è allarmante per la possibilità di non riconoscere ai fatti di tortura l’intenso disvalore che li caratterizza: ovverosia la prevaricazione dello Stato nei confronti dei diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.).
Bartoli R., Punire in libertà: le nuove pene sostitutive, p. 1399 ss.
Il contributo analizza e nuove pene sostitutive, introdotte con d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (riforma Cartabia). Dopo averne illustrato i caratteri fondamentali, l’Autore si sofferma sui loro punti di forza e di debolezza. Sotto il primo profilo, si sostiene che esse, in quanto fortemente volte alla risocializzazione del reo, risultino nettamente più efficaci ed effettive della pena detentiva carceraria, maggiormente afflittiva ma allo stesso tempo desocializzante. Sotto il secondo punto di vista, si rimarca come non sia stato del tutto ragionevole pretermettere da parte del legislatore delegato l’affidamento in prova ai servizi sociali dal novero delle nuove pene sostitutive e che averne subordinato l’applicazione al consenso del condannato rischi di mettere in discussione la concreta operatività di queste nuove forme di penalità. Nonostante questi profili critici, emerge un quadro piuttosto ottimistico, che vede l’applicazione delle nuove pene sostitutive destinata ad incrementare nel tempo.
Zacchè F., Richiesta e rinuncia nel giudizio abbreviato, p. 1423 ss.
Poiché la sua scelta implica la rinuncia allo svolgimento del dibattimento, il rito abbreviato è da sempre al centro di un vivace dibattito. Lo scritto ripercorre le sue evoluzioni e involuzioni, rileggendo gli odierni assetti alla luce del diritto di difesa. Individuati i nodi problematici, l’obiettivo perseguito è quindi di ripensare quale futuro spetti al rito nel sistema, nonché riaffermare l’importanza della difesa tecnica nella scelta autodifensiva di abbandonare l’iter processuale ordinario.
Recchia N., Il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in materia penale ovvero della doppia pregiudizialità in action, p. 1437 ss.
L’articolo analizza gli attuali tracciati nel ricorso al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in materia penale. Si chiarisce innanzitutto come le questioni più rilevanti in questo ambito siano quelle relative alla concorrente protezione dei diritti fondamentali da parte della Costituzione italiana e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con il conseguente concorso di rimedi tra sottoposizione della questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale e rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Il contributo approfondisce quindi i casi più recenti in questo ambito (dal diritto al silenzio alla disciplina del mandato d’arresto europeo, fino alle vicende relative al ne bis in idem). Infine, si tenta di trarre dai casi esaminati alcune indicazioni generali sul rapporto trilaterale tra giudice comune, giudice costituzionale e giudice dell’Unione europea.
Ruggiero G., I principi del diritto penale: controlimiti nel tempo del “disagio della democrazia” e delle revisioni costituzionali, p. 1465 ss.
Nel tempo del disagio della democrazia, in cui si mira anche con progetti di revisione costituzionale a instaurare modelli di autocrazia elettiva, e proposte di alterazione dei principi supremi per consolidare un approccio forte al diritto penale, è necessario soffermarsi sul diffuso convincimento secondo il quale, poiché la democrazia si fonda sulla sovranità popolare, e la volontà popolare si esercita tramite la produzione legislativa, l’investitura del demos conferisca agli eletti una posizione di supremazia. In questo clima di walled democracy si colloca la tentazione di ridimensionare il peso dei principi costituzionali penali: clausole di eternità basate sull’intangibilità della persona e sull’ethos costituzionale; garanzie definibili come limiti, impliciti e assoluti, posti a tutela anche dalle revisioni della Carta, talvolta, definibili come aggressioni alla continuità costituzionale.
Zerbone S., L’imputazione dell’illecito ‘periferico’ all’amministratore della capogruppo, p. 1501 ss.
Il contributo si sofferma sulla responsabilità penale dell’amministratore della capogruppo per il reato consumato dagli esponenti della società eterodiretta. L’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, tratto distintivo del gruppo, implica che il vertice della holding possa ingerirsi costantemente e ‘dall’alto’ nella sfera di autonomia delle società subordinate. Il tema è affrontato distinguendo due modelli di imputazione del reato: quello omissivo, che immagina l’attività di direzione e coordinamento quale fonte dell’obbligo di impedimento dell’illecito periferico; quello commissivo, che guarda all’ingerenza dell’amministratore della capogruppo come forma di contributo attivo al reato altrui. L’occasione si rivela utile per soffermarsi sull’unica pronuncia di legittimità che, ad oggi, si è confrontata apertamente con il tema in esame.
NOTE A SENTENZA
Pellizzone I., Misure di prevenzione personali e divieto di possesso e uso del telefono cellulare: là dove c’è un limite alla libertà di comunicazione, lì ci deve essere autorizzazione del giudice, p. 1545 ss.
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 2 del 2023, si pronuncia per la prima volta sulla misura di prevenzione personale dell'avviso orale rafforzato del questore. I nodi che la sentenza affronta attengono alla tecnica di interpretazione usata dalla giurisprudenza, appiattita sul registro tecncologico, incurante del diverso senso comune delle parole, nonché al rapporto tra divieto di un mezzo di comunicazione e limitazione della libertà di comunicazione. La Corte costituzionale, lungi dal riconoscere un diritto al telefono cellulare, fa riferimento, per dirimere il secondo problema, al concetto di nucleo essenziale della libertà stessa. La pronuncia, in linea con la giurisprudenza formatasi in tema di misure di prevenzione personali, sin dai suoi primi passi, accoglie la questione, per violazione della riserva di giurisdizione, ritenendo di non poter né, da un lato, veicolare una interpretazione conforme a Costituzione, ma di dover prendere atto del diritto vivente, né, dall’altro lato, di poter fruire dei suoi poteri manipolativi, ma di dover lasciare spazio al Parlamento per ridisciplinare eventualmente la misura. Il vuoto legislativo conseguente alla pronuncia, pertanto, potrà essere (come poi in effetti avvenuto) colmato direttamente dal legislatore.
Baroni M., Bondi G., Il caso del “Banksy veneziano”. La street art come modello culturale tra opere illecite e imbrattamento, p. 1576 ss.
Come emerso nella vicenda giudiziaria riguardante il murale realizzato dall’artista Banksy a Venezia, la street art è un fenomeno che, seppur finora relegato ai margini dell’analisi giuridico-dottrinale, pone degli interrogativi di rilievo in tale ambito. Il presente contributo intende partecipare al dibattito sul tema, approfondendo gli aspetti di diritto costituzionale e di diritto penale. Segnatamente, traendo spunto dal caso sopracitato, si considerano, inizialmente, il significato dell’“arte di strada” e i suoi riflessi nella Costituzione, con rispetto soprattutto agli artt. 33, 21 e 9 Cost. e, successivamente, l’approccio del legislatore e della giurisprudenza penali, con precipuo riferimento alle fattispecie di opere illecite e imbrattamento. Da ultimo, si tentano di individuare una sede costituzionale della street art e di delineare dei criteri ermeneutici per l’interpretazione dei reati rilevanti, nell’ottica di una compiuta esaltazione del valore artistico delle singole realizzazioni.
COMMENTI E DIBATTITI
Forti G., Un "diritto vivente": la scienza giuridica nel prisma delle scelte esistenziali. Leggendo "Giuliano Vassalli tra fascismo e democrazia" di Giandomenico Dodaro, p. 1609 ss.
Risicato L., La scelta di morire come atto di libertà. Leggendo “Il diritto di andarsene” di Giovanni Fornero, p. 1617 ss.
Partendo dall’analisi dell’ultimo volume di Giovanni Fornero, il saggio esamina la consistenza giuridica del diritto di scegliere come morire dopo le pronunce della Corte costituzionale italiana sul caso Cappato e quelle dei tribunali costituzionali tedesco, austriaco e portoghese. Il nucleo della questione investe i limiti di principio alla facoltà di una libera rinuncia alla propria vita, sul presupposto che il suicidio assistito possa essere espressione razionale di un’autodeterminazione che oltrepassa i confini della malattia irreversibile per diventare diritto pieno, liberamente esercitabile in qualunque momento della vita.
Velluzzi V., Intorno a due scritti sulla legalità penale e l’interpretazione, p. 1629 ss.
Bresciani P.F., Obblighi costituzionali di tutela e nozione autonoma di materia “penale”: come conciliare la lezione liberalpenalista e costituzionalpenalista di Franco Bricola, p. 1633 ss.
Il contributo analizza le due posizioni storicamente difese nel dibattito sugli obblighi costituzionali di tutela penale, mettendo in luce come una tensione tra i rispettivi paradigmi teorici di riferimento sia significativamente rintracciabile anche nella Teoria generale del reato di Franco Bricola. L’Autore propone quindi l’idea che tale tradizionale tensione possa essere oggi sciolta riconcettualizzando il problema degli obblighi di tutela nella prospettiva costituzionale della dottrina delle nozione autonome.
LEGGI E DOCUMENTI
Il Consiglio d’Europa vigila sulle sorti del delitto di tortura nell’ordinamento italiano, p. 1643 ss.
Tra gli ulteriori contributi presenti nel fascicolo della Rivista, oltre alle consuete rassegne di giurisprudenza costituzionale e di giustizia penale sovranazionale, si segnalano, nella Rassegna bibliografica, le recensioni delle seguenti monografie:
Camaldo L., L’udienza preliminare nel processo penale minorile, G. Giappichelli Editore, Torino, 2023, pp. 312. (Carla Pansini)
Rigoni C., Honour-based violence and forced marriages. Community and restorative practices in Europe, Routledge, Taylor and Francis Group, Oxford, 2023, pp. 263. (Cecilia Pagella)
Troncone P., Manuale di diritto penitenziario e delle misure punitive, G. Giappichelli Editore, Torino, pp. 257. (Giuseppe Amarelli)