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03 Marzo 2025


Controlli sull’imputazione e udienza di comparizione predibattimentale: una recente sentenza della Seconda sezione della Cassazione


Cass., Sez. II, 13 febbraio 2025 (dep. 19 febbraio 2025), n. 6800, Pres. Pellegrino, est. Borio


Segnaliamo ai lettori una recente pronuncia della Seconda sezione penale della Cassazione intervenuta nella cornice delle novità sull’udienza predibattimentale introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia).

Nel caso di specie, il Tribunale di Bologna aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio per mancanza nel capo di imputazione di «una chiara descrizione della condotta attribuita agli imputati» e aveva restituito gli atti al pubblico ministero. Avverso il provvedimento la pubblica accusa aveva proposto ricorso per cassazione, contestandone l’abnormità: una valutazione che è stata poi condivisa dalla Suprema corte, che ha dichiarato fondata l’impugnativa.

La sentenza si è soffermata sulla nuova previsione di cui all’art. 554-bis, comma 5, c.p.p. in materia di controlli sull’imputazione nell’udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta, per infine constatarne il mancato rispetto nel caso concreto. Il giudice aveva invero omesso di dare corso al previo potere di impulso finalizzato a ottenere dal pubblico ministero un’integrazione o una precisazione dell’imputazione. Al pari di quanto stabilito per l’udienza preliminare, l’art. 554-bis c.p.p. è chiaro in tal senso: solo in caso di inerzia del pubblico ministero al riguardo, il giudice è tenuto a dichiarare la nullità dell’imputazione e a restituire gli atti a quest’ultimo. È appena il caso di osservare che l’invito alla riformulazione – chiarisce la sentenza in esame – deve essere rivolto in modo espresso e «solo dopo avere sentito le parti, sicché l’interlocuzione del pubblico ministero in merito all’eccezione sollevata dal difensore degli imputati in punto di indeterminatezza dell’imputazione – semplice espressione dei principi generali del contradditorio che governano il processo penale – non può certo interpretarsi quale rifiuto a riformulare l’imputazione mancando, a monte, un preciso invito che lo pon[ga] nella condizione di provvedere in tal senso».

La Cassazione ha quindi ritenuto che l’ordinanza impugnata non sarebbe solo affetta da violazione di legge, ma presenterebbe anche i caratteri dell’abnormità, posto che ha provocato «un’indebita regressione del procedimento». In altre parole, si è verificata «un’alterazione dell’ordinata sequenza procedimentale con violazione dei principi di rilievo costituzionale dell’efficienza e della ragionevole durata del processo i quali, pur nel contemperamento con il diritto dell’imputato ad una contestazione chiara e completa dell’accusa a lui mossa, impongono la razionalizzazione dei tempi, dell’organizzazione del giudizio e, quindi, l’effettività della giurisdizione penale».

In allegato può leggersi il testo della sentenza.  

 

(Elisa Grisonich)