Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 3 marzo 2020, C-717/18, X
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Segnaliamo ai lettori una sentenza della Grande Sezione della Corte di giustizia dell’UE (C-717/18, pubblicata in data 3 marzo) che si pronuncia sui rapporti tra successione di leggi penali nel tempo e presupposti di esecuzione del mandato d’arresto europeo.
Con la questione oggetto di rinvio pregiudiziale, in estrema sintesi, si chiedeva alla Corte se la soglia di pena che consente di prescindere dal controllo di “doppia incriminazione” ai fini dell’esecuzione del MAE (pena massima non inferiore a tre anni) debba essere verificato con riferimento alla disciplina vigente al momento del fatto o a quello di emissione del MAE – quando, come nel caso di specie, sia medio tempore sopravvenuta una modifica normativa con effetti peggiorativi (innalzamento della pena massima e conseguente inoperatività del suddetto requisito di “doppio incriminazione”).
La Corte di giustizia, tramite una interpretazione sistematica che valorizza, in particolare, l’esigenza di coerenza tra le norme che disciplinano i presupposti di emissione e quelli di esecuzione del MAE, ha stabilito che debba farsi riferimento alla pena che può essere inflitta oppure che è stata concretamente inflitta in base alla legge vigente al tempo del fatto; legge che, si osserva, è anche quella più facilmente verificabile dall’autorità preposta all’esecuzione, dovendo essere contenuta tra le informazioni di corredo al singolo mandato d’arresto, nel rispetto così del principio di certezza del diritto e delle finalità di cooperazione semplificata che ispirano la disciplina del MAE.
Riportiamo di seguito il dettagliato comunicato stampa (n. 22/20) pubblicato sul sito della Corte di giustizia (curia.europa.eu).
«Nella sentenza X (Mandato d’arresto europeo – Doppia incriminazione) (C-717/18), del 3 marzo 2020, la Grande Sezione della Corte ha dichiarato che l’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1) (in prosieguo: la «decisione quadro») – esige che, al fine di verificare se il reato per il quale è stato emesso un mandato d’arresto europeo sia punito dallo Stato membro emittente con una pena o una misura di sicurezza privative della libertà di durata massima non inferiore a tre anni, come definita dalla legge di tale Stato membro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve prendere in considerazione la legge di detto Stato membro nella versione applicabile ai fatti che hanno dato luogo al procedimento nell’ambito del quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo, e non nella versione in vigore al momento dell’emissione di tale mandato d’arresto. Tale verifica risulta necessaria in quanto, ai sensi di detta disposizione, l’esecuzione di mandati d’arresto europei emessi per determinati reati puniti con una pena o una misura di sicurezza privative della libertà di durata massima non inferiore a tre anni non può essere subordinata al controllo della doppia incriminazione del fatto, ossia alla condizione che tali reati siano puniti anche dalla legge dello Stato membro di esecuzione.
Nel 2017, l’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna) ha condannato X, segnatamente, per fatti, commessi nel 2012 e nel 2013, configuranti il reato di apologia del terrorismo e di umiliazione delle vittime di quest’ultimo, previsto dall’articolo 578 del codice penale spagnolo nel testo vigente al momento dei fatti stessi. Essa gli ha pertanto inflitto la pena detentiva massima di due anni derivante da tale versione della disposizione penale spagnola. Tuttavia, nel 2015, tale disposizione è stata modificata e prevede oramai una pena detentiva di durata massima di tre anni.
Poiché X aveva lasciato la Spagna trasferendosi in Belgio, l’Audiencia Nacional (Corte centrale) ha emesso, nel 2018, un mandato d’arresto europeo nei suoi confronti per il reato di «terrorismo», che figura nell’elenco dei reati oggetto della soppressione del controllo della doppia incriminazione del fatto. L’Hof van beroep te Gent (Corte d’appello di Gand, Belgio), investito dell’appello nell’ambito della procedura di esecuzione di tale mandato d’arresto, ha deciso di proporre rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte a causa dei dubbi che nutriva riguardo alla versione dell’articolo 578 del codice penale spagnolo da prendere in considerazione (quella applicabile ai fatti che hanno dato luogo al procedimento principale o quella in vigore alla data di emissione del mandato d’arresto europeo) per stabilire se sia soddisfatto, nel caso di specie, il presupposto che esige una pena privativa della libertà di durata massima non inferiore a tre anni.
La Corte ha anzitutto rilevato che il tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro non specifica quale versione della legge dello Stato membro emittente debba essere presa in considerazione qualora la legge suddetta abbia subito modifiche tra la data dei fatti in discussione e la data di emissione, o addirittura di esecuzione, del mandato d’arresto europeo. In particolare, non si può desumere dall’impiego dell’indicativo presente in tale disposizione che la versione da prendere in considerazione sia quella in vigore al momento dell’emissione di detto mandato d’arresto.
Per quanto riguarda, poi, il contesto nel quale si inscrive tale disposizione, la Corte ha rilevato che l’articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro prevede, segnatamente, che un mandato d’arresto europeo può essere emesso per condanne pronunciate di durata non inferiore a quattro mesi. Orbene, tale soglia minima non può che fare riferimento alla pena concretamente pronunciata nella decisione di condanna conformemente alla legge dello Stato membro emittente applicabile ai fatti che hanno dato luogo alla decisione stessa, e non alla pena che avrebbe potuto essere pronunciata in virtù della legge di tale Stato membro applicabile alla data di emissione del suddetto mandato d’arresto. La soluzione non può essere diversa ove si tratti dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro. Infatti, l’interpretazione secondo cui l’autorità giudiziaria dell’esecuzione dovrebbe prendere in considerazione la legge dello Stato membro emittente applicabile ad una data differente, a seconda che essa verifichi se il mandato d’arresto europeo possa essere emesso conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro, oppure se tale mandato d’arresto debba essere eseguito senza controllo della doppia incriminazione del fatto in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro, pregiudicherebbe l’applicazione coerente di queste due disposizioni.
Inoltre, l’interpretazione secondo cui la versione della legge dello Stato membro emittente da prendere in considerazione è quella applicabile ai fatti in discussione è suffragata dall’articolo 8 della decisione quadro. In particolare, ai sensi di tale disposizione, il mandato d’arresto europeo contiene le informazioni concernenti la pena inflitta ovvero la pena minima e quella massima stabilite dalla legge dello Stato membro emittente, tenendo presente che tali informazioni devono essere fornite nella presentazione stabilita dal modello allegato alla decisione quadro. Risulta dal suddetto modello che tali informazioni riguardano la pena «inflitta», sicché tale pena è quella che, a seconda dei casi, può essere inflitta oppure è stata concretamente inflitta con la decisione di condanna, e dunque quella risultante dalla versione della legge dello Stato membro emittente che è applicabile ai fatti considerati.
La Corte ha altresì rilevato che tale interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro è corroborata dalla finalità di quest’ultima, ossia facilitare e accelerare la cooperazione giudiziaria mediante l’istituzione di un nuovo sistema semplificato e più efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale. Pertanto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve potersi fondare sulle informazioni relative alla durata della pena contenute nel mandato d’arresto europeo stesso. Esigere da detta autorità che essa verifichi se la legge dello Stato membro emittente applicabile ai fatti in discussione non sia stata modificata successivamente alla data di tali fatti, da un lato, si porrebbe in contrasto con la finalità della decisione quadro e, dall’altro, sarebbe contrario al principio della certezza del diritto, tenuto conto delle difficoltà che tale autorità potrebbe incontrare nell’identificare le diverse versioni eventualmente pertinenti di tale legge.
Infine, la Corte ha sottolineato che il fatto che il reato in questione non possa dar luogo a consegna senza verifica della doppia incriminazione del fatto in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro non significa per questo che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo debba essere rifiutata. Infatti, incombe all’autorità giudiziaria dell’esecuzione esaminare il criterio della doppia incriminazione del fatto enunciato all’articolo 2, paragrafo 4, della decisione quadro con riguardo a tale reato».
(Francesco Lazzeri)