Si stanno moltiplicando in queste ore le prese di posizione pubbliche volte ad esprimere solidarietà al Procuratore capo e ai giudici della Corte penale internazionale (Cpi), tra cui in particolare il Presidente della Camera preliminare II, il giudice italiano Rosario Aitala, perseguiti da parte della Federazione russa per avere spiccato due mandati di arresto per crimini di guerra nel contesto delle indagini in corso sulla situazione in Ucraina. Da ultimo, segnaliamo il comunicato dell'Esecutivo di Magistratura democratica, e il comunicato del Consiglio scientifico regionale del Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights, presieduto dal Prof. Militello (entrambi consultabili anche in allegato).
Come si ricorderà, il 17 marzo scorso la Cpi ha annunciato di aver emesso due mandati di arresto per il Presidente russo Vladimir Putin e la sua Commissaria per i diritti dei fanciulli, Maria Alekseyevna Lvova-Belova. Con l’emissione di tali mandati, la Corte, ed in particolare i giudici della Camera preliminare II, hanno confermato di avere «ragionevoli motivi per ritenere» che Putin e Lvova-Belova siano penalmente responsabili dei crimini di guerra di deportazione illegale e trasferimento illegale di bambini dall’Ucraina occupata alla Russia, rispettivamente ai sensi degli articoli 8(2)(a)(vii) e 8(2)(b)(viii) dello Statuto della Cpi.
Come è evidente, il significato di tali mandati di arresto, in particolare per quanto concerne il Presidente in carica della Federazione russa, è enorme tanto sul piano giuridico quanto su quello politico e le opinioni sul loro impatto nell’ottica di un’auspicabile risoluzione del conflitto non mancano né in un senso né nell’altro. Da un punto di vista strettamente giuridico, occorre notare che, ai sensi dell’art. 27 dello Statuto della Cpi, nessuna immunità (né funzionale, né personale) è riconosciuta davanti alla Corte. Il Presidente Putin qualora viaggiasse fuori dalla Russia potrebbe essere arrestato. Per i 123 Stati-parte della Cpi, tra cui l’Italia, si tratta di un preciso obbligo, derivante direttamente dall’avere ratificato il trattato istitutivo, che include dettagliati obblighi di cooperazione degli Stati con la Corte.
Le reazioni da parte degli esponenti del governo russo a seguito della emissione di tali mandati non si sono fatte attendere.
Come si apprende ora da agenzia di stampa russe, inoltre, il “Comitato Investigativo russo” avrebbe dichiarato di aver messo in stato di accusa in contumacia il Procuratore Karim Khan e i giudici, Rosario Aitala, Tomoko Akane e Sergio Gerardo Ugalde Godinez, che hanno emesso i mandato di arresto per il Presidente Vladimir Putin e la commissaria per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova. Tale Comitato avrebbe avviato un procedimento penale nei loro confronti. Le accuse sarebbero basate su reati previsti dalla legislazione penale russa relativi al perseguimento penale di una persona notoriamente innocente, nonché preparazione di un attacco a un rappresentante di uno Stato straniero che gode di protezione internazionale al fine di complicare le relazioni internazionali.
Sia il giudice Aitala che il procuratore Khan sarebbero stati inseriti in una lista di ricercati.
La stessa Corte penale internazionale ha emesso il seguente comunicato in data 20 maggio 2023:
“La Corte penale internazionale (“Cpi” o “Corte”) è a conoscenza e profondamente preoccupata per le misure coercitive ingiustificate e ingiustificabili che sarebbero state adottate dalle autorità della Federazione russa nei confronti di funzionari della Cpi, in particolare del Procuratore della Corte e dei giudici della Camera preliminare II.
La Cpi ritiene tali misure inaccettabili. La Corte continuerà imperterrita a svolgere il suo legittimo mandato al fine di assicurare alla giustizia i responsabili dei crimini più gravi che interessano l'intera comunità internazionale.
La Cpi è fermamente al fianco del suo personale e dei suoi funzionari e, in linea con la dichiarazione rilasciata oggi dalla Presidenza dell’Assemblea degli Stati Parte, invita tutti gli Stati Parte e le parti interessate allo Statuto di Roma a intensificare gli sforzi per proteggere la Corte, i suoi funzionari e il suo personale, e garantire che essa sia in grado di continuare a svolgere il suo mandato indipendente”.
L‘originale della dichiarazione in inglese è consultabile sul sito della Corte, qui.