Cass., Sez. un., u.p. 25 maggio 2023, Pres. Diotallevi, Rel. De Marzo (informazione provvisoria)
Con ordinanza n. 693 del 18 novembre 2022 (pubblicata su questa Rivista con commenti di A. Aimi e di M. Bianchi), la V Sezione della Corte di cassazione aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite perché componessero il contrasto che divide la giurisprudenza di legittimità in ordine alla seguente questione «Se il fine di profitto, in cui si concreta il dolo specifico del delitto di furto, debba essere inteso solo come finalità dell’agente di incrementare la sfera patrimoniale, sia pure in funzione del perseguimento di ulteriori fini conseguibili, ovvero se possa anche consistere nella volontà di trarre un’utilità non patrimoniale dal bene sottratto».
All’esito dell’udienza pubblica del 25 maggio 2023, secondo quanto si apprende dall'informazione provvisoria diramata dalla Corte di cassazione, le Sezioni unite, su conclusioni conformi del Procuratore generale, hanno fornito la seguente soluzione «Il fine di profitto del reato di furto, caratterizzante il dolo specifico dello stesso, può consistere anche in un fine di natura non patrimoniale».
Pubblichiamo altresì in allegato il testo depositato della requisitoria del Procuratore generale, il dott. Pietro Gaeta, ove si ricostruiscono i profili storici e dogmatici della questione ormai da tempo oggetto di un vivo contrasto giurisprudenziale.
(G.M.)