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31 Luglio 2023


Rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione europea una questione pregiudiziale sulla criminalizzazione del favoreggiamento dell’ingresso irregolare di stranieri

Trib. Bologna, Sez. I, ord. 17 luglio 2023, giud. Bolici



Mettiamo a disposizione dei lettori, in attesa di ospitare uno o più commenti alla ripresa delle pubblicazioni dopo la pausa estiva, l’ordinanza con la quale il Tribunale di Bologna, accogliendo l’istanza di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE avanzata dalla difesa dell’imputata, ha rimesso alla Corte di Giustizia UE la questione della compatibilità, sul piano della validità e dell’interpretazione, della disciplina europea recante gli obblighi di incriminazione del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare (direttiva 2002/90/CE e decisione quadro 2002/946/GAI, c.d. Facilitators package), nonchè dell’art. 12 del testo unico immigrazione, che ne rappresenta la trasposizione italiana.

Il caso a quo è lo stesso dal quale è scaturita la sentenza della Corte costituzionale n. 63/2022. Si tratta di una donna di nazionalità congolese che era stata arrestata, presso l’aeroporto di Bologna, mentre cercava di superare i controlli di frontiera esibendo passaporti falsi per se stessa e per due minorenni che viaggiavano con lei (la figlia e la nipote). La Consulta ha dichiarato incostituzionali, in quanto sproporzionate per eccesso, le aggravanti del favoreggiamento dell’ingresso irregolare realizzato mediante documenti contraffatti e l’utilizzo di servizi di trasporto internazionale (art. 12, comma 3, lett. d t.u. imm.). A seguito della declaratoria di illegittimità delle due aggravanti, la donna risulta attualmente imputata per l’ipotesi base di favoreggiamento dell’ingresso irregolare, ai sensi dell’art 12, comma 1 t.u. imm.

La questione pregiudiziale posta all’attenzione della Corte di Lussemburgo riguarda, invece, le stesse scelte di incriminazione alla base della disciplina del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, della cui legittimità si dubita alla luce della Carta dei diritti fondamentali UE. Si tratta dei diritti facenti capo sia a coloro che favoriscono l’ingresso irregolare di stranieri, segnatamente la libertà personale (art. 6 CDFUE) e il patrimonio (art. 17); sia agli stranieri stessi che, mediante l’aiuto di terzi, tentano di raggiungere irregolarmente il territorio nazionale, segnatamente il diritto alla vita (art. 2), all’integrità fisica (art. 3), a richiedere asilo (art. 18) e al rispetto della vita famigliare (art. 7). Tanto gli obblighi di incriminazione di cui al Facilitators package, quanto l’art. 12 t.u. imm. realizzerebbero, secondo la prospettazione del rimettente, una sproporzionata compressione di tali diritti, in contrasto con l’art. 52, par. 1 della Carta, nella parte in cui impongono severe sanzioni penali nei confronti di chiunque volontariamente favorisce (o tenta di favorire) l’ingresso irregolare, senza il filtro dello scopo di lucro e senza imporre di mandare esenti da responsabilità coloro che agiscono per finalità umanitarie o comunque altruistiche.

Si tratta della prima volta in cui la Corte di giustizia viene chiamata a pronunciarsi sulla validità degli obblighi di incriminazione del Facilitators package, e dunque sul fondamento normativo di quello che la dottrina europea ha ormai da molti anni ribattezzato “délit de solidarité”. Da questo angolo visuale, la questione pregiudiziale si candida a rappresentare una nuova e importante pagina del dibattito europeo sulla protezione delle frontiere mediante il diritto penale. 

Si segnala, infine, che le argomentazioni del Tribunale bolognese sono corroborate anche dal richiamo alle tesi di fondo di un contributo comparso nel 2020 su Diritto penale contemporaneo - Rivista Trimestrale, a firma di Stefano Zirulia, dal titolo “Non c’è smuggling senza ingiusto profitto. Profili di illegittimità della normativa penale italiana ed europea in materia di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare.