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15 Marzo 2022


Peculato dell’albergatore: la giurisprudenza esclude l’illegittimità costituzionale della legge di interpretazione autentica, rimuovendo l’ultimo limite alla retroattività della depenalizzazione

Trib. Trapani, sent. 2 febbraio 2022, Est. Corso, Imp. B. e altri



1. Con il provvedimento che si annota cala definitivamente il sipario sulla vicenda del peculato dell’albergatore.

Com’è noto, il serrato e caotico dialogo tra potere legislativo e giudiziario generatosi attorno alla perdurante rilevanza penale ai sensi dell’art. 314 c.p. dei casi di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte del gestore di una struttura ricettiva commessi prima della loro depenalizzazione del 2020[1] era stato chiuso in termini negativi dalla disposizione di interpretazione autentica contenuta nell’articolo 5-quinquies del c.d. decreto fiscale 2021, aggiunto dal Parlamento in fase di conversione del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, con la legge n. 215/2021[2].

A suggellare l’efficacia retroattiva di questa depenalizzazione era poi prontamente intervenuta una pronuncia della Corte di Cassazione del 15 febbraio 2022 che aveva recepito le indicazioni della recente novella interpretativa[3].

Residuava solamente un ultimo, remoto, dubbio che, se concretizzatosi, avrebbe potuto far franare l’edificio faticosamente plasmato dal legislatore ponendo nel nulla i suoi sforzi più o meno condivisibili: la fonte di produzione del diritto prescelta nell’occasione per attuare questa riforma favorevole e retroattiva – la legge di interpretazione autentica è legittima costituzionalmente?

 

2. Il Tribunale di Trapani, con la sentenza in epigrafe, fornisce una risposta affermativa a tale interrogativo, affrancando così la questione dall’ultima ipoteca che la gravava ed aprendo le porte alla effettiva depenalizzazione di tutti i fatti pregressi di omesso versamento della imposta di soggiorno, con contestuale remissione degli atti alla autorità amministrativa competente per l’irrogazione delle sanzioni amministrative tributarie divenute oggi applicabili.

Ed infatti, prima di pronunciarsi sul non luogo a procedere rispetto a dei casi di peculato dell’albergatore ante 19 maggio 2020, il giudice siciliano si è dedicato a diradare le perplessità relative proprio alla legittimità costituzionale della legge di interpretazione autentica del 2021 con cui si è chiarito che la revisione della disciplina tributaria di settore aveva efficacia retroattiva, così come quella dettata per il nuovo illecito amministrativo di natura riscossiva.

In primo luogo, nella premessa maggiore, ha ricordato che, in generale, le leggi di interpretazione autentica dotate di portata innovativa e retroattiva non rappresentano una zona franca rispetto al controllo di costituzionalità, ben potendo essere oggetto di sindacato da parte della Corte costituzionale tutte le volte in cui oltrepassino il limite del principio di ragionevolezza ed introducano ingiustificate disparità di trattamento a favore di talune categorie di situazioni; oppure, quando travalichino i limiti della tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti in uno Stato di diritto, della coerenza e certezza dell’ordinamento giuridico e del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario[4].

Successivamente, passando alla vicenda concreta e dando per scontata la premessa minore della natura interpretativa della riforma in esame[5], con un lineare sillogismo deduttivo, è giunto alla conclusione che la ‘norma interpretante’ contenuta nel decreto fiscale per il peculato dell’albergatore non presenta alcun profilo di illegittimità costituzionale, non introducendo una disciplina in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

L’art. 5 quinquies d.l. n. 146/20221, convertito in l. 215/2021, risulta invero immune da censure di questo genere dal momento che non si limita a statuire la retroazione ai fatti antecedenti la depenalizzazione del 2020 della disciplina precettiva di carattere tributario ed extra-penale, con una opzione dichiarativa tipica di una norma di interpretazione autentica, ma si premura anche di precisare la retroattività della nuova disciplina sanzionatoria amministrativa, con una scelta costitutiva di una regola prima inesistente.

Diversamente, se al suo interno non fosse stata prevista anche la contestuale possibilità di riqualificare i fatti pregressi ai sensi del nuovo illecito depenalizzato di natura amministrativa ripristinatoria – ribadiamo, non contemplata dal decreto rilancio di depenalizzazione che non aveva recato una simile disciplina transitoria – forse sarebbe stato più agevole attribuirgli una natura giuridica più schiettamente interpretativa, ma sicuramente sarebbero sorti problemi sul versante della manifesta irragionevolezza.

In tal modo si sarebbe, infatti, consentito agli autori delle condotte ante 19 maggio 2020 di omesso o ritardato versamento parziale o totale dell’imposta di soggiorno di godere di un trattamento di favore rispetto agli autori del medesimo fatto post maggio 2020, non andando incontro né alle severissime pene previste per il delitto di peculato, né alle sanzioni tributarie comminate per il neo-istituito illecito amministrativo.

Così facendo, invece, si è raggiunta una soluzione equitativa che assimila le posizioni di tutti gli autori del medesimo fatto, non producendo né l’effetto irragionevole contra reum di qualificare come peculato le condotte antecedenti alla depenalizzazione del 2020, né quello altrettanto irragionevole pro reo di qualificarle come fatto non sanzionato in alcun modo, neanche sul versante amministrativo.

 

3. È appena il caso di rilevare che, anche laddove si rinvenga come pare più corretto nell’art. 5 quinquies una funzione non solamente ricognitiva di significati di concetti polisenso, tipica delle leggi di interpretazione autentica, ma anche costitutiva di una nuova regola intertemporale ‘omessa colpevolmente’ dal legislatore per i nuovi illeciti amministrativi, non ci sarebbero comunque altri problemi di compatibilità costituzionale questa volta con il principio di irretroattività.

Infatti, questo principio assume rango costituzionale ai sensi dell’art. 25, comma 2, Cost. solo ed esclusivamente per le sanzioni penali in senso formale o, al più, ad avviso della giurisprudenza convenzionale e costituzionale più recente, per le sanzioni penali in senso sostanziale secondo i c.d. Engel criteria; certamente non si riferisce anche alle sanzioni amministrative dotate di una funzione meramente riparatoria o ripristinatoria (non affilittivo-repressiva) come quelle attualmente comminate in materia di imposta di soggiorno nei termini di sovratassa per ragioni erariali di carattere ristorativo del pregiudizio arrecato all’ente riscossore.

La statuizione della retroattività di queste nuove sanzioni amministrative può, dunque, essere considerata come una semplice deroga rispetto alla regola generale dei rapporti intertemporali in materia di illeciti amministrativi sancita dall’art. 9 della l. n. 689/1981, alla stregua del principio lex posterior derogat priori.

 

4. Una volta appianate anche le restanti incertezze circa la possibilità di continuare a considerare penalmente rilevanti ai sensi dell’art. 314 c.p. le condotte di mancato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno commesse prima della depenalizzazione del 2020, il Tribunale conclude agevolmente il suo ragionamento pronunciando una sentenza di non luogo a procedere ai sensi degli artt. 129 e 425 c.p.p. e, contestualmente, rimettendo gli atti al Sindaco del Comune territorialmente competente per l’applicazione delle nuove sanzioni amministrative contemplate all’art. 4, comma 1 ter d.lgs. n. 23/2001, tracciando così una linea direttrice molto utile per tutti i tribunali che si trovano oggi iscritte in ruolo situazioni analoghe.

Resta però lo sconcerto per una vicenda che compendia icasticamente lo stato di crisi della giustizia e della legalità penale, palesando, da un lato, l’immagine di un legislatore incapace di fare il legislatore, che prima ‘dimentica’ di inserire una disciplina transitoria in una legge di depenalizzazione e poi ripara il danno con una legge sulla carta di interpretazione autentica, ma nella sostanza costitutiva (almeno in parte) di una disciplina prima inesistente; dall’altro, l’effige di un giudice che non si limita a fare il giudice e offre una strenua resistenza a scelte politico-criminali del legislatore, discutibili forse, ma non manifestamente irragionevoli, optando per soluzioni ermeneutiche che precludono l’operatività retroattiva di riforme in bonam partem.

La speranza è che, una volta toccato il fondo – gettando peraltro nell’agone penale una fonte di produzione del diritto delicatissima e particolarissima come la legge di interpretazione autentica che, per come è conformata nel caso di specie, parrebbe celare una cripto-amnistia senza però rispettarne gli stringenti requisiti formali – si possa iniziare la risalita verso una superficie in cui il legislatore parlamentare torni a legiferare in maniera chiara, precisa e completa ed il giudice penale a interpretare o, al massimo, co-definire il significato delle disposizioni di legge senza mai travalicarne o, addirittura, negarne l’ambito di operatività.

 

 

[1] Per una ricostruzione delle diverse tappe della vicenda si rinvia a tutti i contributi pubblicati su questa Rivista.

[2] Sul punto sia consentito rinviare al nostro commento consultabile nella colonna a lato.

[4] In argomento, sulle leggi di interpretative e i loro limiti di legittimità costituzionale, si rinvia per tutti ad A. Pugiotto, La legge interpretativa e i suoi giudici: strategie argomentative e rimedi giurisdizionali, Milano, 2003.

[5] Aspetto questo in realtà non così scontato, data la natura parzialmente costitutiva di una disciplina prima inesistente come quella sulla retroattività dei nuovi illeciti amministrativi.