CGUE, sent. 17 marzo 2021, JR, C-488/19
1. La sentenza della Corte di giustizia, 17 marzo 2021, JR, C-488/19, presenta un duplice motivo di interesse. Da un lato, infatti, risolve la questione se un m.a.e. esecutivo possa concernere una sentenza pronunciata in uno Stato terzo e riconosciuta nello Stato membro emittente in forza di un accordo bilaterale che lo lega al primo; dall’altro, con specifico riguardo al motivo di rifiuto facoltativo contemplato dall’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro 2002/584/GAI (riferito a reati «che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro emittente, se la legge dello Stato membro di esecuzione non consente l’azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio»), si occupa dell’ipotesi concreta in cui, sebbene il reato sia stato commesso in uno Stato terzo, sono stati compiuti atti preparatori nello Stato membro emittente.
Prima di esporre i fatti che hanno condotto il giudice del rinvio a rivolgersi alla Corte di giustizia, va premesso che le questioni pregiudiziali sono state formulate nell’ambito del procedimento di esecuzione, in Irlanda, di un m.a.e. emesso dalla Lituania nei confronti di JR affinché egli scontasse in Lituania una pena privativa della libertà alla quale era stato condannato da un giudice norvegese per traffico di stupefacenti. La sentenza di condanna è stata riconosciuta dalla Lituania sulla base «dell’accordo bilaterale sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze penali che impongono pene detentive o misure di privazione della libertà, concluso il 5 aprile 2011 tra il Regno di Norvegia e la Repubblica di Lituania»[1]. Va aggiunto che il Regno di Norvegia ricopre una posizione “privilegiata”: è parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo (2 maggio 1992)[2], il Consiglio dell’Unione europea ha concluso con la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia l’accordo sulla loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen (18 maggio 1999)[3] e l’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia relativo alla procedura di consegna tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’Islanda e la Norvegia[4] è entrato in vigore il 1° novembre 2019[5].
Venendo a tratteggiare i fatti, JR, cittadino lituano, è stato arrestato in Norvegia, essendo in possesso di una ingente quantità di sostanze stupefacenti che si era impegnato a consegnare a fronte di un compenso in denaro. Con sentenza del 28 novembre 2014 egli è stato condannato dal Tribunale distrettuale di Heggen e Frøland (Norvegia) a una pena detentiva di quattro anni e sei mesi per il reato di «illecita fornitura di una ingente quantità di sostanze stupefacenti», punito dal codice penale norvegese. La sentenza è passata in giudicato e il Tribunale distrettuale di Jurbarkas (Lituania) l’ha riconosciuta con sentenza del 18 giugno 2015, in virtù del ricordato accordo bilaterale del 2011[6], in modo che la condanna potesse venire eseguita in Lituania. Il 17 aprile 2016 JR è stato consegnato alle autorità lituane; nel novembre dello stesso anno le autorità competenti hanno proceduto alla sua liberazione condizionale, accompagnata da misure di «stretta sorveglianza», ma, non avendo egli rispettato le prescrizioni imposte, il Tribunale distrettuale di Marijampolė, Sezione di Jurbarkas, ha disposto, con decisione del 5 febbraio 2018, l’esecuzione della pena detentiva residua (un anno, sette mesi e 24 giorni)[7].
A questo punto, JR è fuggito, recandosi in Irlanda, e il 24 maggio 2018 le autorità lituane hanno emesso un m.a.e. nei suoi riguardi: nel gennaio del 2019 egli è stato arrestato in Irlanda e condannato a una pena detentiva per reati commessi in tale Stato, sempre relativi al possesso di stupefacenti[8]. Nel frattempo, è stato attivato il procedimento di esecuzione del m.a.e.: dinanzi al giudice del rinvio, la High Court irlandese, JR ha contestato la sua consegna alle autorità lituane, affermando, da un canto, che solo il Regno di Norvegia poteva chiedere la sua estradizione e, dall’altro, che, data la extraterritorialità del reato, commesso in uno Stato terzo (la Norvegia) diverso dallo Stato membro emittente il m.a.e. (la Lituania), l’Irlanda avrebbe dovuto rifiutarsi di eseguire il mandato[9].
La High Court irlandese ha ritenuto che la decisione quadro sul m.a.e. debba essere applicata nel caso concreto, perché la condanna in discorso, pur pronunciata in uno Stato terzo, è stata riconosciuta ed eseguita in uno Stato membro dell’Unione[10]. Ha peraltro reputato di dovere esaminare le condizioni previste dall’art. 4 n. 1 e n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e.: sul primo versante, ove lo Stato membro emittente non abbia precisato che il reato in oggetto rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 2 § 2 decisione quadro sul m.a.e., «sarebbe necessario dimostrare la doppia incriminazione»; sul secondo, occorrerebbe verificare, in primis, se il reato de quo, commesso in uno Stato terzo, debba essere qualificato come extraterritoriale e, in secondo luogo, se la legge irlandese consenta l’azione penale per tali reati commessi al di fuori del suo territorio[11]. Per quanto attiene all’extraterritorialità, il giudice del rinvio si è altresì domandato quale rilievo possa assumere la circostanza che JR abbia proceduto ad atti preparatori del reato in Lituania, ossia nello Stato membro di emissione del m.a.e., perché, se tali atti dovessero venire considerati ai fini dell’applicazione della decisione quadro, «il reato non sarebbe extraterritoriale» e, di conseguenza, il motivo di non esecuzione facoltativa ex art. 4 n. 7 lett. b dell’atto europeo non sarebbe applicabile[12].
Per dirimere i suddetti dubbi, la High Court irlandese ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali[13]: 1) se la decisione quadro sul m.a.e. «si applichi alla fattispecie in cui la persona ricercata sia stata dichiarata colpevole e condannata in uno Stato terzo ma, in forza di un trattato bilaterale tra tale Stato terzo e lo Stato emittente, la sentenza nello Stato terzo sia stata riconosciuta nello Stato emittente ed eseguita secondo la normativa di quest’ultimo»; 2) se, in caso di risposta affermativa alla prima questione, laddove lo Stato membro di esecuzione abbia attuato nella propria normativa nazionale i motivi di rifiuto facoltativo stabiliti nell’art. 4 n. 1 e n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e., «in qual modo l’autorità giudiziaria dell’esecuzione debba pronunciarsi in merito ad un reato che risulti commesso nello Stato terzo, dalle cui circostanze emerga tuttavia che atti preparatori abbiano avuto luogo nello Stato emittente».
2. La Corte di giustizia ha riformulato lievemente la prima questione pregiudiziale, affermando che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 1 § 1 e 8 § 1 lett. c decisione quadro sul m.a.e. debbano essere interpretati nel senso che un euromandato «può essere emesso sulla base di una decisione giudiziaria dello Stato membro emittente che ordini l’esecuzione, in tale Stato membro, di una pena inflitta da un giudice di uno Stato terzo qualora, in applicazione di un accordo bilaterale tra tali Stati, la sentenza in questione sia stata riconosciuta con decisione di un giudice dello Stato membro emittente»[14].
In via preliminare, la Corte, dopo aver rammentato che, ai sensi dell’art. 8 § 1 lett. c decisione quadro sul m.a.e., il mandato deve fondarsi «su una decisione giudiziaria nazionale, il che implica che si tratti di una decisione distinta rispetto alla decisione di emissione»[15] del m.a.e., puntualizza come la decisione in parola, che sia una sentenza esecutiva o un’altra decisione giudiziaria esecutiva che abbia la stessa forza, «deve necessariamente provenire da un giudice o da un’altra autorità giudiziaria di uno Stato membro»[16], posto che la decisione quadro «si applica solo agli Stati membri e non agli Stati terzi»[17].
Subito dopo, però, riassunte le circostanze di fatto emergenti dal fascicolo a disposizione della Corte e già illustrate[18], i giudici di Lussemburgo osservano che «un atto di un giudice dello Stato membro emittente nonché le successive decisioni adottate dalle autorità giudiziarie di tale Stato ai fini dell’esecuzione della sentenza» soddisfano i requisiti prescritti dagli artt. 1 § 1, 2 § 1 e 8 § 1 lett. c decisione quadro sul m.a.e.[19] per tre ordini di ragioni. Innanzitutto, gli atti di riconoscimento e di esecuzione «costituiscono decisioni giudiziarie ai sensi di tali disposizioni, quando sono stati adottati dalle autorità giudiziarie di uno Stato membro ai fini dell’esecuzione di una condanna a una pena privativa della libertà»[20]; in secondo luogo, se tali atti consentono l’esecuzione, nel medesimo Stato membro, di una sentenza, «occorre qualificarli come “sentenza esecutiva” o “decisione esecutiva”»[21]; in terzo luogo, «dalla finalità e dall’oggetto» degli atti de quibus emerge che essi ricadono nella sfera di applicazione degli artt. 1 e 2 decisione quadro sul m.a.e., «a condizione che la condanna in questione preveda una pena privativa della libertà non inferiore a quattro mesi»[22]. In ordine a quest’ultimo aspetto, la Corte, richiamando le conclusioni dell’avvocato generale[23], rileva, da una parte, che l’ambito di applicazione degli artt. 1 e 2 decisione quadro sul m.a.e. «è definito in funzione della finalità e dell’oggetto della decisione giudiziaria destinata a servire da fondamento a un mandato d’arresto»[24] e, dall’altra, che le suddette disposizioni «non richiedono che la pena da eseguire derivi da una sentenza pronunciata dai giudici dello Stato membro emittente o da quelli di un altro Stato membro»: ne consegue che esse non ostano all’emissione di un m.a.e. ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà non inferiore a quattro mesi sulla base di atti di riconoscimento o di esecuzione della condanna pronunciata da un giudice di uno Stato terzo[25].
3. Risolta in punto di diritto la prima questione, la Corte non si dedica immediatamente ad affrontare la seconda, ma si sofferma – in maniera del tutto condivisibile – sulla problematica del rispetto dei diritti fondamentali, che deve essere “calata” nella specifica situazione relativa al procedimento principale.
La Corte si rifà anzitutto alla propria costante giurisprudenza, per la quale le norme di diritto derivato dell’Unione devono essere interpretate e applicate nel rispetto dei diritti fondamentali, «di cui fa parte integrante il rispetto dei diritti della difesa, che derivano dal diritto a un processo equo» sancito dagli artt. 47 e 48 c.d.f.u.e.[26]. In linea con le conclusioni dell’avvocato generale, non v’è dubbio che anche la decisione quadro sul m.a.e. va interpretata in modo da garantire il rispetto dei diritti fondamentali dell’interessato, salvaguardando al contempo l’efficacia del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, che rinviene nel meccanismo del m.a.e. uno dei suoi pilastri[27]. Nella evenienza portata all’attenzione della Corte, pertanto, le autorità dello Stato membro emittente «sono tenute a vigilare sul rispetto dei requisiti inerenti al sistema del mandato d’arresto europeo in materia procedurale e di diritti fondamentali»[28].
E qui i giudici di Lussemburgo replicano l’ormai consolidata giurisprudenza sulla cui scorta il sistema del m.a.e. esige un duplice livello di tutela per la persona ricercata: alla tutela giudiziaria di primo livello, collegata all’adozione di una decisione nazionale, si somma quella di secondo livello, da garantire in sede di emissione dell’euromandato, «la quale può eventualmente intervenire in tempi brevi dopo l’adozione della suddetta decisione nazionale»[29]. Quanto meno a uno dei due livelli di tutela va adottata «una decisione conforme ai requisiti inerenti alla tutela giurisdizionale effettiva»[30].
Trasponendo tale giurisprudenza al caso di specie, nell’ipotesi in cui le autorità giudiziarie dello Stato membro di emissione abbiano riconosciuto una sentenza con la quale un giudice di uno Stato terzo ha pronunciato una condanna a una pena privativa della libertà e, in seguito al predetto riconoscimento, abbiano emesso un m.a.e., è necessario che la legge di tale Stato membro preveda, almeno a uno dei due descriiti livelli di tutela, «un controllo giurisdizionale che consenta di verificare che, nell’ambito del procedimento che ha portato all’adozione, nello Stato terzo, della sentenza successivamente riconosciuta nello Stato emittente, siano stati rispettati i diritti fondamentali della persona condannata e, in particolare, gli obblighi» derivanti dagli artt. 47 e 48 c.d.f.u.e.[31]. A sua volta, l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione, qualora dubiti del rispetto di tali obblighi, dovrà rivolgersi, ex art. 15 § 2 decisione quadro sul m.a.e., allo Stato membro emittente perché quest’ultimo le fornisca «le precisazioni necessarie»[32] per consentirle di decidere sulla consegna.
Infine, la Corte aggiunge una notazione sulla Norvegia[33], Stato terzo che, come si è detto, gode di una posizione “privilegiata”, intrattenendo con l’Unione europea relazioni che non attengono soltanto all’aspetto economico e commerciale. Esso infatti è parte dell’accordo SEE, partecipa al sistema europeo comune di asilo, attua e applica l’acquis di Schengen e, soprattutto, ha concluso con l’Unione l’accordo relativo alla procedura di consegna tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’Islanda e la Norvegia, nel quale le parti contraenti hanno espresso reciproca fiducia nella struttura e nel funzionamento dei loro sistemi giuridici e nella loro capacità di garantire un processo equo.
Basandosi su queste considerazioni, la Corte di giustizia risponde positivamente alla prima questione pregiudiziale, ampliando così la sfera di applicazione della decisione quadro sul m.a.e. Pone però due condizioni, una formale, l’altra sostanziale[34]: 1) la persona ricercata deve essere stata condannata a una pena privativa della libertà non inferiore a quattro mesi; 2) il procedimento che nello Stato terzo ha portato alla pronuncia della sentenza di condanna, poi riconosciuta nello Stato membro emittente, deve avere rispettato i diritti fondamentali e, in particolare, gli obblighi derivanti dagli artt. 47 e 48 c.d.f.u.e.
4. La Corte passa poi ad esaminare la seconda questione pregiudiziale, con cui il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e. debba essere interpretato nel senso che, in presenza di un m.a.e. «emesso sulla base di una decisione giudiziaria dello Stato membro emittente la quale consente l’esecuzione in tale Stato membro di una pena inflitta da un giudice di uno Stato terzo, in un caso in cui il reato oggetto di detto mandato d’arresto è stato commesso nel territorio di quest’ultimo Stato, per stabilire se tale reato sia stato commesso “al di fuori del territorio dello Stato membro emittente” occorre prendere in considerazione la circostanza che taluni atti preparatori abbiano avuto luogo nello Stato membro emittente»[35]. La questione è parzialmente riformulata, non operandosi alcun richiamo al motivo di non esecuzione facoltativa ex art. 4 n. 1 decisione quadro sul m.a.e., menzionato invece dal giudice del rinvio: la Corte rimarca che tale motivo non è applicabile nel procedimento principale, perché il reato de quo «rientra nella categoria dei reati contemplati» dall’art. 2 § 2 quinto trattino decisione quadro sul m.a.e., «ossia il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope»; inoltre, risulta che i fatti commessi da JR sono puniti «in Lituania e in Norvegia con una pena privativa della libertà il cui massimo è pari o superiore a tre anni» e dunque, conformemente alla disposizione in discorso, «la consegna della persona ricercata deve avvenire indipendentemente dalla doppia incriminazione per il reato»[36].
Analizzando l’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e., emerge che esso consente di rifiutare l’esecuzione di un euromandato «se sono soddisfatte due condizioni cumulative»: a) il reato oggetto del m.a.e. «è stato commesso al di fuori del territorio dello Stato membro emittente»; b) «la legge dello Stato membro di esecuzione non consentirebbe l’azione penale per un siffatto reato qualora quest’ultimo fosse stato commesso al di fuori del territorio di tale Stato membro»[37].
Quanto alla prima condizione, la sola che interessa al giudice del rinvio, la Corte rileva che la nozione di «reato commesso al di fuori del territorio dello Stato membro emittente» non contiene «alcun riferimento né al diritto dello Stato membro emittente né a quello dello Stato di esecuzione»: ne deriva che «essa non può essere lasciata alla discrezionalità delle autorità giudiziarie dei singoli Stati membri sulla base del loro diritto nazionale» e che, per «garantire l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione», i termini contenuti nell’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e. «devono essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme»[38].
Per addivenirvi, bisogna tenere conto sia della finalità del motivo di non esecuzione facoltativa sia della finalità della decisione quadro sul m.a.e: dal primo punto di vista, l’art. 4 n. 7 lett. b dell’atto europeo intende garantire che l’autorità dello Stato membro di esecuzione non sia obbligata a eseguire un m.a.e. «emesso ai fini dell’esecuzione di una pena inflitta per un reato perseguito sulla base di una competenza internazionale più ampia di quella riconosciuta dalla legge di tale Stato»[39]. A parere dei giudici di Lussemburgo, una simile finalità non è compromessa quando, come è accaduto nel procedimento principale, l’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente emette un m.a.e. «fondato su una decisione di un giudice di tale Stato membro che riconosce e rende esecutiva una sentenza pronunciata da un giudice di un altro Stato, laddove quest’ultimo, sulla base della propria competenza penale territoriale, abbia condannato la persona ricercata ad una pena privativa della libertà»[40]. Dal secondo punto di vista, la decisione quadro sul m.a.e., imperniata sul principio del mutuo riconoscimento, «mira a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire alla realizzazione dell’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri»[41], e, in particolare, vuole evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato[42]. Il raggiungimento di questi obiettivi sarebbe compromesso se lo Stato di esecuzione, in una fattispecie come quella verificatasi nel procedimento principale, potesse rifiutare di procedere alla consegna della persona ricercata, perché «un simile rifiuto potrebbe non solo ritardare l’esecuzione della pena, ma rischierebbe altresì di determinare l’impunità» di tale persona[43].
Ad adiuvandum, la Corte evidenzia che se lo Stato membro di esecuzione, nel contesto del procedimento principale, potesse rifiutare di eseguire il m.a.e., si rischierebbe di «nuocere al funzionamento degli strumenti di cooperazione giudiziaria finalizzati a favorire il reinserimento delle persone condannate»[44], come la decisione quadro 2008/909/GAI[45] e la decisione quadro 2008/947/GAI[46].
Alla luce delle argomentazioni esposte, la Corte conclude – risolvendo la seconda questione pregiudiziale e interpretando l’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e. – che per stabilire «se il reato all’origine della condanna pronunciata in uno Stato terzo e riconosciuta dal giudice dello Stato membro che ha emesso un mandato d’arresto europeo al fine di eseguire tale condanna sia stato commesso “al di fuori del territorio dello Stato membro emittente” occorre prendere in considerazione la competenza penale di tale Stato terzo, nella specie il Regno di Norvegia, che ha consentito di perseguire detto reato, e non quella dello Stato membro emittente»[47]. Irrilevante, perciò, la circostanza – evidenziata viceversa dal giudice del rinvio – che taluni atti preparatori del reato siano stati compiuti nel territorio dello Stato membro emittente (cioè la Lituania), poiché quest’ultimo «non ha perseguito direttamente il reato, ma ha riconosciuto una sentenza di un giudice di un altro Stato, emessa da tale giudice sulla base della sua competenza penale territoriale»[48].
[1] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, punto 2.
[2] L’accordo SEE è pubblicato in G.U.C.E., 3 gennaio 1994, L 1/3.
[3] Consultabile in G.U.C.E., 10 luglio 1999, L 176/36.
[4] Il testo dell’accordo è pubblicato in G.U.U.E., 21 ottobre 2006, L 292/2. La firma dell’accordo era stata approvata con decisione del Consiglio del 27 giugno 2006 (in G.U.U.E., 21 ottobre 2006, L 292/1); dopo l’entrata in forza del trattato di Lisbona, l’accordo è stato approvato con decisione del Consiglio del 27 novembre 2014 (in G.U.U.E., 28 novembre 2014, L 343/1).
[5] Cfr. Avviso riguardante l’entrata in vigore dell’accordo relativo alla consegna tra l’Unione europea, l’Islanda e la Norvegia, in G.U.U.E., 6 settembre 2019, L 230/1. Per alcune considerazioni sull’accordo de quo v. M. Bargis, L’attuazione della direttiva (UE) 2016/1919 nei procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo fra scelte positive e lacune strutturali, in questa Rivista, 11/2019, p. 81 ss.
[6] Dato che l’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia relativo alla procedura di consegna non era ancora entrato in vigore (v. supra, nota 5), la Lituania era senz’altro legittimata ad applicare il proprio accordo bilaterale del 2011 con la Norvegia.
[7] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punti 24-27.
[8] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punti 28 e 29 (secondo il giudice del rinvio, l’esecuzione di tale pena avrebbe dovuto concludersi il 21 ottobre 2019).
[9] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 30.
[10] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 31.
[11] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punti 32 e 33.
[12] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 34.
[13]Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 35.
[14] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 41.
[15] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 43. Cfr. Corte giust., 1° giugno 2016, Bob-Dogi, C-241/15, punti 44 e 49, sulla quale v. M. Bargis, Mandato di arresto europeo e diritti fondamentali: recenti itinerari “virtuosi” della Corte di giustizia tra compromessi e nodi irrisolti, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2/2017, p. 207-211; M. Daniele, Habeas Corpus. Manipolazioni di una garanzia, Giappichelli, 2017, p. 207 s.
[16] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 43. Cfr. Corte giust., 10 novembre 2016, Özçelik, C-453/16, punti 32 e 33, su cui v. M. Bargis, Libertà personale e consegna, in Manuale di procedura penale europea, a cura di R.E. Kostoris, IV ed., Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, p. 389. Sulla nozione di «autorità giudiziaria emittente» (art. 6 § 1 decisione quadro sul m.a.e.), elaborata dalla Corte di giustizia come «nozione autonoma» del diritto dell’Unione, v. Corte giust., 10 novembre 2016, Poltorak, C-452/16 PPU; Corte giust., 10 novembre 2016, Kovalkovas, C-477/16 PPU; Corte giust. (Grande Sezione), 27 maggio 2019, cause riunite OG e PI, C-508/18 e C-82/19 PPU; Corte giust., 27 maggio 2019, PF, C-509/18; Corte giust., 9 ottobre 2019, NJ, C-489/19 PPU; Corte giust., 12 dicembre 2019, JR e YC, cause riunite C-566/19 PPU e C-626/19 PPU (v. anche Corte giust. [ord.], 21 gennaio 2020, MN, C-813/19 PPU); Corte giust., 12 dicembre 2019, XD, C-625/19. In proposito v. COM(2020) 270 final, 2 luglio 2020, Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, p. 5 s.; in dottrina, ex multis, K. Ambos, The German Public Prosecutor as (no) judicial authority within the meaning of the European Arrest Warrant: A case note on the CJEU’s judgment in OG (C-508/18) and PI (C-82/19 PPU), in New Journal of European Criminal Law, 2019, p. 399 ss.; M. Böse, The European arrest warrant and the independence of public prosecutors: OG & PI, PF, JR & YC, in Common Market Law Review, 2020, p. 1259 ss.; L. Cecchetti, MAE e tutela giurisdizionale effettiva: alcune precisazioni in relazione al sistema austriaco, in Cass. pen., 2020, p. 784 ss.; A. Ferrari, MAE e autorità giudiziaria dello Stato emittente, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2019, p. 1765 ss.; C. Heimrich, European arrest warrants and the independence of the issuing judicial authority – How much independence is required? (Case note on joined cases C-508/18 and C-82/19 PPU OG and PI), in New Journal of European Criminal Law, 2019, p. 389 ss.; A. Klip, Eroding Mutual Trust in an European Criminal Justice Area without Added Value, in European Journal of Crime, Criminal Law and Criminal Justice, 2020, p. 109 ss. (in specie p. 113 ss.); M.L. Mandelli, Il concetto di «autorità giudiziaria emittente» nella disciplina del mandato d’arresto europeo alla luce di una recente pronuncia della Corte di giustizia, in Cass. pen., 2019, p. 4512 ss.; V. Oddi, La Corte interpreta se stessa: nuove riflessioni in tema di MAE e di «autorità giudiziaria emittente», in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, p. 1178 ss.; A. Rosanò, The road not taken? Recenti sviluppi sulla nozione di autorità giudiziaria emittente nell’ambito del MAE, in lalegislazionepenale.eu, 9 marzo 2021 (in particolare p. 4-8); L. Scollo, La Corte di Giustizia UE si pronuncia sulla legittimità del procedimento di emissione del M.A.E. da parte del P.M. francese, in questa Rivista, 22 gennaio 2020.
La Risoluzione del Parlamento europeo del 20 gennaio 2021 sull’attuazione del mandato d’arresto europeo e delle procedure di consegna tra Stati membri (2019/2207[INI]) ritiene (punto 18) che «qualsiasi riesame della decisione quadro relativa al MAE debba istituire una procedura nell’ambito della quale un MAE possa, se necessario, essere convalidato da un giudice, un organo giurisdizionale, un magistrato inquirente o un pubblico ministero nello Stato di emissione, conformemente alla giurisprudenza della CGUE, al fine di superare le interpretazioni divergenti del termine “autorità giudiziaria”».
[17] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 44, richiamando Corte giust. (Grande Sezione), I.N., C-897/19 PPU, con l’intervento di Ruska Federacija, punto 42: su quest’ultima pronuncia v. M. Bargis, Estradizione e cittadino di uno Stato dell’Associazione europea di libero scambio (AELS): la Corte di giustizia applica per analogia la sentenza Petruhhin, in questa Rivista, 7 luglio 2020.
[18] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 45. V. più ampiamente supra, § 1.
[19] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 47.
[20] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 48, rinviando, per analogia, a Corte giust., 13 gennaio 2021, MM, C-414/20 PPU, punti 53 e 57, sulla quale, per alcuni cenni, v. M. Bargis, La Corte di giustizia delinea i rapporti fra la direttiva 2012/13/UE sul diritto all’informazione nei procedimenti penali e la decisione quadro relativa al mandato di arresto europeo, in questa Rivista, 30 marzo 2021.
[21] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 49.
[22] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 50.
[23] Cfr. Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, presentate il 17 settembre 2020, nella causa C-488/19, Minister for Justice and Equality c. JR, § 44.
[24] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 51.
[25] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 52, anche per la precedente citazione. Cfr. Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., §§ 45 e 46.
[26] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 53, richiamando Corte giust., 10 agosto 2017, Tupikas, C-270/17 PPU, punto 60.
[27] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 54, con riferimento alle Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., § 49.
[28] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 55.
[29] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 56. Cfr. Corte giust., 1° giugno 2016, Bob-Dogi, C-241/15, cit., punto 56.
[30] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 57. In senso conforme Corte giust., 12 dicembre 2019, ZB, C-627/19 PPU, punto 30. In quest’ultima pronuncia la Corte di giustizia ha ritenuto che, quando il m.a.e. trae origine «da una sentenza esecutiva che dispone una pena privativa della libertà nei confronti dell’interessato», «il sindacato giurisdizionale, che risponde alla necessità di garantire alla persona ricercata» sulla base di un m.a.e. «emesso ai fini dell’esecuzione di una pena una tutela giurisdizionale effettiva, è realizzato mediante la sentenza esecutiva» (punti 34 e 35); perciò, l’esistenza di «un procedimento giurisdizionale anteriore che decide sulla colpevolezza della persona ricercata consente all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di presumere che la decisione di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione di una pena sia scaturita da un procedimento nazionale nell’ambito del quale la persona oggetto della sentenza esecutiva ha beneficiato di tutte le garanzie proprie dell’adozione di questo tipo di decisione, in particolare di quelle risultanti dai diritti fondamentali e dai principi giuridici fondamentali menzionati» all’art. 1 § 3 decisione quadro sul m.a.e. (punto 36). Nelle Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., § 52, si nota che, nel caso specifico, «la Lituania ha riconosciuto la sentenza norvegese ai sensi del proprio accordo con la Norvegia e la persona condannata poteva beneficiare della protezione giudiziaria impugnando il riconoscimento. Sulla base della fiducia reciproca tra gli Stati membri, può ritenersi che in detto procedimento i diritti in materia procedurale e i diritti fondamentali della persona condannata siano stati rispettati dallo Stato membro richiedente» (nei successivi §§ 53-59 l’avvocato generale ripercorre l’itinerario compiuto dalla Corte di giustizia nell’individuare le «circostanze eccezionali» che legittimano «restrizioni ai principi del riconoscimento e della fiducia reciproci tra gli Stati membri», concludendo, al § 60, che nella specie, «tuttavia, non sono stati finora dedotti elementi che depongano nel senso di una violazione dei diritti fondamentali, a fortiori di una loro grave violazione» nello Stato terzo (la Norvegia), la cui sentenza è stata riconosciuta dalla Lituania.
[31] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 58.
[32] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 59. Cfr. le Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., § 59.
[33] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 60. V. pure le Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., § 61, dove si osserva che, considerato l’accordo con l’Unione europea sulla procedura di consegna, «l’Unione ha espresso nei confronti della Norvegia una fiducia equivalente alla fiducia reciproca tra gli Stati membri» e, quindi, per tale Stato terzo «vi è una presunzione iuris tantum che i diritti fondamentali siano stati rispettati in precedenza e che continueranno ad esserlo anche in futuro».
[34] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 61.
[35] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 62.
[36] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 63. Cfr. le Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., §§ 66 e 67.
[37] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 65 (v. anche le Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., § 69). La Corte ricorda (punto 64) che l’Irlanda ha adottato una disposizione volta a recepire nel suo ordinamento interno l’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e: si tratta dell’art. 44 dell’European Arrest Warrant Act 2003 (cfr. punto 22), ove si dispone, «in sostanza, che la consegna è rifiutata se, da un lato, l’atto costitutivo del reato oggetto» del m.a.e. «è stato commesso in un luogo diverso dallo Stato emittente e, dall’altro, un simile atto non comporta un reato ai sensi della legge irlandese quando sia stato commesso in un luogo diverso dall’Irlanda».
[38] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 66, richiamando Corte giust. (Grande Sezione), 16 novembre 2010, Mantello, C‑261/09, punto 38. Sulla «nozione autonoma del diritto dell’Unione» v. L. Mancano, Judicial harmonisation through autonomous concepts of European Union Law. The example of the European Arrest Warrant Framework Decision, in European Law Rewiew, 2018, p. 69 ss.; V. Mitsilegas, Autonomous concepts, diversity management and mutual trust in Europe’s area of criminal justice, in Common Market Law Review, 2020, p. 45 ss.
[39] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 68.
[40] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 69.
[41] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 71, rinviando a Corte giust., 1° giugno 2016, Bob-Dogi, C-241/15, cit., punto 32.
[42] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 72. In tal senso v. Corte giust., 29 giugno 2017, Poplawski, C-579/15, punto 23 e Corte giust., 25 luglio 2018, ML, C-220/18 PPU, punto 86.
[43] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 73.
[44] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 74.
[45] Decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, in G.U.U.E., 5 dicembre 2008, L 327/27. In merito v. Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punti 75 e 76, dove la Corte pone in risalto che «l’esecuzione della pena include l’adozione di decisioni che prevedono la liberazione condizionale della persona condannata» (art. 17 § 1 decisione quadro 2008/909/GAI): se si potesse rifiutare l’esecuzione del mandato ai sensi dell’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e., «la liberazione condizionale della persona condannata potrebbe consentire a quest’ultima di sottrarsi all’esecuzione del residuo di pena nello Stato membro che ha riconosciuto e che esegue la condanna trasferendosi in un altro Stato membro che abbia recepito, nel proprio ordinamento nazionale, il motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione» e il rischio di impunità che ne deriverebbe «può, al tempo stesso, dissuadere gli Stati membri dal richiedere il riconoscimento delle sentenze e indurre le autorità competenti dello Stato di esecuzione di una sentenza riconosciuta a limitare il ricorso agli strumenti di liberazione condizionale».
[46] Decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, in G.U.U.E., 16 dicembre 2008, L 337/102. In proposito v. Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 77.
[47] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punti 78 e 80.
[48] Corte giust., 17 marzo 2021, JR, C-488/19, cit., punto 79. L’avvocato generale aveva invece sottoposto ad analisi la questione degli atti preparatori del reato compiuti nel territorio dello Stato membro emittente, concludendo che il giudice dell’esecuzione non può rifiutare di eseguire un mandato, ai sensi dell’art. 4 n. 7 lett. b decisione quadro sul m.a.e., «laddove risulti acclarato che la persona ricercata abbia compiuto nello Stato emittente atti preparatori punibili concretamente ed inscindibilmente connessi al reato per il quale la persona ricercata sia stata condannata» (cfr. Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott, cit., § 90 e, per i passaggi del ragionamento, §§ 72-85).