Cass. Sez. 1, sent. 29 settembre 2023, n. 2629, Pres. Rocchi, rel. Casa; Cass. Sez. IV, sent. 28 giugno 2023, n. 39170, Pres. Dovere, rel. Ricci; Cass. Sez. III, sent. 27 febbraio 2024, n. 18873, Pres. Gentili, rel. Gai
1. Negli ultimi tempi è divenuta di attualità la tematica relativa all’eventuale estinzione per prescrizione dei reati commessi nel periodo che va dall’entrata in vigore della legge n. 103/2017 (c.d. legge Orlando) fino al 31 dicembre 2019.
In particolare, la questione comincia a porsi con riferimento alle contravvenzioni, che, come è noto, si prescrivono ordinariamente in quattro anni dalla data di commissione del reato e al massimo in cinque anni ai sensi degli artt. 157, comma 1, e 161, comma 2, c.p.
Invero, la legge n. 103/2017, per i reati commessi dopo la sua entrata in vigore (e, quindi, dal 3.8.2017 in poi, ai sensi dell’art. 1, comma 15, della legge citata), modificando l’art. 159, comma 2, c.p., aveva introdotto una nuova ipotesi di sospensione del termine di prescrizione decorrente dalla scadenza del termine di deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo o secondo grado sino alla pronuncia della sentenza del grado successivo o definitiva per un tempo comunque non superiore ad un anno e mesi sei per ciascun ulteriore grado di giudizio.
La legge n. 3/2019 (c.d. legge Bonafede o spazzacorrotti) aveva modificato a sua volta il comma 2 dell’art. 159 c.p. (vedi art. 1, comma 1, lett. e) n. 1) della predetta legge) stabilendo che il corso della prescrizione rimaneva sospeso dalla pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna. Questa modifica entrava in vigore dall’1.1.2020.
La legge n. 134/2021 (c.d. riforma Cartabia) ha a sua volta abrogato il comma 2 dell’art. 159 c.p. (vedi art. 2 comma 1 lett. a) citata legge); ha introdotto l’art. 161-bis c.p. (art. 2 comma 1 lett. c) predetta legge), che prevede la definitiva cessazione del corso della prescrizione del reato con la pronuncia della sentenza di primo grado; ha introdotto l’istituto della c.d. improcedibilità ai sensi dell’art. 344-bis c.p. (art. 2 comma 2, lett. a) della medesima legge) limitandone l’operatività ai soli procedimenti di impugnazioni che hanno ad oggetto reati commessi a fare data dall’1.1.2020.
La successione delle su esposte leggi ha generato problemi intertemporali di un certo rilievo, sfociati in due distinti orientamenti interpretativi, che hanno preso forma nelle allegate pronunce della Cassazione che si andranno brevemente a riassumere.
2. Il primo orientamento trae origine da due distinte pronunce della IV Sezione Penale e della I Sezione Penale della Cassazione, che giungono entrambe alla medesima conclusione, benchè con un percorso argomentativo leggermente diverso.
Cominciando dalla sentenza della IV Sezione penale[1], la Cassazione ha affermato che la legge c.d. Orlando aveva modificato il previgente art. 159, comma 2, c.p., e introdotto la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall'art. 544 c.p.p. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall'art. 544 c.p.p. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore ad un anno e sei mesi. L'art. 159, comma 2, c.p., così come introdotto dalla legge su indicata, era stato riformulato dall'art. 1, comma 1, lett. e) n. 1) della legge 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. legge Bonafede), che aveva introdotto, a decorrere dall’1.1.2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna. L'art. 159, comma 2, c.p. è stato, infine, definitivamente abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134, che ha contestualmente introdotto l'art. 161-bis c.p., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. La stessa legge ha introdotto, solo per i reati commessi a far data dall' 1.1.2020 (ai sensi dell'art. 2 comma 3), l'art. 344-bis c.p.p., l'improcedibilità dell'azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall'art. 544 c.p.p. eventualmente prorogato ai sensi dell'art. 154 disp. att. c.p.p., termini prorogabili con ordinanza nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 4, c.p.p.
Riteneva la Corte che, con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. legge Orlando e dalla c.d. legge Bonafede, non si sarebbe verificato il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, regolamentato dall'art. 2 c.p.., posto che le leggi che si sono succedute contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data. Con riferimento alla applicabilità dell'istituto della improcedibilità (istituto, peraltro, di carattere processuale), è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 344-bis c.p.p., introdotto dall'art. 2, comma 2, della legge 27 settembre 2021, n. 134, per contrasto con gli artt. 3, 25 e 111 Cost., nella parte in cui limita ai procedimenti relativi a reati commessi a far data dall’1.1.2020 l'improcedibilità delle impugnazioni per superamento del termine di durata massima del giudizio di legittimità: si è in tal senso ritenuto che la limitazione cronologica dell'applicazione di tale causa di improcedibilità, cui consegue la non punibilità delle condotte, sia frutto di una scelta discrezionale del legislatore, giustificata dalla diversità delle situazioni e risulti coerente con la riforma introdotta dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, in materia di sospensione del termine di prescrizione nei giudizi di impugnazione egualmente applicabile ai soli reati commessi a decorrere della suddetta data, essendo ragionevole la graduale introduzione dell'istituto per consentire un'adeguata organizzazione degli uffici giudiziari (Sez. 3, n. 1567 del 14/12/2021, dep. 2022, lana, Rv. 282408). Un fenomeno di successioni di leggi penali nel tempo si sarebbe, invece, verificato con riferimento alla abrogazione da parte della riforma Cartabia [art.2 comma 1 lett. a)] dell'art. 159, comma 2, c.p., così come introdotto dalla legge Orlando, e alla speculare introduzione dell'art. 161-bis c.p. che fa cessare il corso della prescrizione definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado. Più favorevole, secondo la Corte, dovrebbe ritenersi la disciplina della legge Orlando che, comunque, prevedeva, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e di grado di appello, il decorrere del termine di prescrizione, sia pure con periodi di sospensione. Ne conseguirebbe, secondo la Corte, conclusivamente, la coesistenza di diversi regimi di prescrizione, applicabili in ragione della data del commesso reato e in particolare:
- per i reati commessi fino al 2 agosto 2017 si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss c.p. così come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. legge ex Cirielli);
- per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2019, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. legge Orlando) con i periodi di sospensione previsti dall'art. 159, comma 2, c.p. nel testo introdotto da detta legge;
- per i reati commessi a far data dall’1 gennaio 2020 si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss c.p., senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all'art. 159, comma 2, c.p., essendo stata tale norma abrogata dall' art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134 e sostituita con l'art. 161-bis c.p. (c.d riforma Cartabia), e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, introdotta appunto da tale legge.
2.1. Con la sentenza della I Sezione Penale[2], la Cassazione ha preso atto che la questione involgeva il tema della successione delle leggi penali del tempo, con particolare riguardo alle disposizioni che si sono succedute, negli ultimi anni, in materia di sospensione del corso della prescrizione (art. 159 c.p.). Rammentava, pertanto, schematicamente, che, l'art. 1, comma 11, lett. b), legge 23 giugno 2017 (c.d. riforma Orlando) aveva inserito, dopo il primo comma dell'art. 159 c.p., i seguenti: «Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi: 1) dal termine previsto dall'articolo 544 del c.p.p. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; 2) dal termine previsto dall'articolo 544 del c.p.p. per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi. I periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l'imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all'accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell'articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, c.p.p. Se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma si verifica un'ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente». Il successivo comma 15 dell'art. 1 richiamato aveva previsto che «Le disposizioni di cui ai commi da 10 a 14 si applicassero ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge», coincidente, come noto, con il 3.8.2017. Con l'art. 1, comma 1, lett. e), legge 9 gennaio 2019 n. 3 (c.d. riforma Bonafede), notava la Corte, il legislatore ha profondamente modificato il regime della sospensione del corso della prescrizione prevedendo che questo, oltre che per le cause espressamente previste dall'art. 159, comma primo, c.p., rimanesse sospeso «...dalla pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell'irrevocabilità del decreto di condanna». Il comma 2 dell'articolo citato ha differito all’1.1.2020 l'entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e) e f). Infine, è intervenuta sulla disciplina, sia della sospensione che dell'interruzione del corso della prescrizione, la legge 27 settembre 2021, n. 134 (c.d. riforma Cartabia). Per quanto attiene alla sospensione della prescrizione, l'art. 2, comma 1, lett. a), ha abrogato il secondo e quarto comma dell'art. 159 c.p. All'abrogazione del secondo comma, come detto introdotto dalla legge n. 3 del 2019 (a sua volta sostitutivo della disposizione introdotta dalla legge "Orlando"), si è accompagnata l'introduzione dell'art. 161-bis c.p., in forza del quale la pronuncia della sentenza di primo grado - sia essa di condanna o di assoluzione - comporta, non la sospensione, ma la definitiva cessazione del corso della prescrizione. Coerentemente con tale impostazione, il secondo comma dell'art. 161-bis c.p. ha previsto che se la sentenza di primo grado viene annullata con regressione del procedimento al primo grado o ad una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della sentenza di annullamento (la regressione del procedimento per effetto dell'annullamento della sentenza di primo grado non determina, dunque, un azzeramento del "timer" della prescrizione, ma segna il momento a partire dal quale la prescrizione ricomincia a decorrere, dal punto in cui, con l'emissione della sentenza di primo grado, si era fermato).
Rilevava la Corte che, a differenza dell'istituto dell'improcedibilità, la legge n. 134/2021 non ha previsto una specifica disciplina transitoria relativa alle modifiche in tema di prescrizione del reato. In linea generale, l'art. 2, comma 3, legge n. 134/2021 prevede che le disposizioni in materia di improcedibilità si applicano solo nei procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a partire dall’1.1.2020, ovvero, dalla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2019 che aveva, appunto, previsto la sospensione della prescrizione dalla pronuncia della sentenza di primo grado o dell'emissione del decreto penale di condanna per tutta la durata del giudizio di impugnazione. Manca, però, un'analoga disposizione relativa alle norme in tema di prescrizione, sicché va definito il loro regime temporale di applicabilità. Ribadita la natura anche «sostanziale» delle norme che afferiscono all’istituto della prescrizione del reato, secondo una pacifica giurisprudenza costituzionale e di legittimità, la Corte riteneva di poter individuare il dies a quo di applicabilità dell'istituto della cessazione del corso della prescrizione, introdotto all'art. 161-bis, primo periodo, c.p., considerandone il rapporto di continuità normativa con l'omologa causa di sospensione legata alla sola pronuncia della sentenza di primo grado, prevista dall'art. 159, comma secondo, c.p. (disposizione introdotta dalla legge n. 3 del 2019 a far data dall’1.1.2020). A fronte, infatti, dell'impropria dizione normativa quale causa di sospensione del corso della prescrizione - in realtà destinato a non riprendere più nell'ulteriore prosieguo del procedimento - entrambi gli istituti, secondo la Corte, contemplano una causa di blocco tendenzialmente definitivo (salva l'ipotesi dell'annullamento con rinvio) del decorso del tempo rilevante ai fini della prescrizione del reato. Partendo, dunque, da tale premessa ermeneutica e dalla identità strutturale dei due istituti, reputava coerente ritenere che l'istituto della cessazione del corso della prescrizione, previsto dall'art. 161-bis c.p., debba trovare applicazione, non dalla data di entrata in vigore della legge in commento, bensì, al pari della omologa causa di sospensione, in relazione ai reati commessi dall’1.1.2020. Alla luce della ricostruzione che precede, rilevato che la disciplina della sospensione prevista dalla legge "Orlando" al secondo comma dell'art. 159 c.p. - che solo qui interessa - è entrata in vigore in data 3.8.2017 ed è stata, successivamente, abrogata dalla legge n. 3/2019, in vigore dall’1.1.2020, a sua volta abrogata dalla I. n. 134/2021, il cui dies a quo è stato individuato, come detto, sempre nella data dell’1.1.2020; che il secondo comma dell'art. 159 c.p., nella versione della legge "Orlando" n. 103/2017, ha avuto, perciò, vigenza dal 3.8.2017 al 31.12.2019; che la disposizione in commento è certamente più favorevole di quelle successive che l'hanno abrogata, perché prevede un allungamento dei termini di prescrizione a fronte di una sua definitiva cessazione alla data della sentenza di primo grado, riteneva la Corte che la disciplina della sospensione del corso della prescrizione prevista dalla legge "Orlando" va applicata ai reati commessi dal 3.8.2017 al 31.12.2019.
3. Le due citate sentenze, come detto, giungono alla medesima soluzione della questione, sebbene con qualche piccola differenza nel percorso argomentativo. Invero, nella sentenza della IV Sezione penale la Cassazione ha affermato che, con riferimento alla disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. legge Orlando e dalla c.d. legge Bonafede non si sarebbe verificato un fenomeno di successione delle leggi penali nel tempo, regolamentato dall'art. 2 c.p., posto che le leggi che si sono succedute contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data. Un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo si sarebbe invece verificato con riferimento all'abrogazione ad opera della c.d. legge Cartabia dell'art. 159 comma 2 c.p. nel testo modificato dalla legge c.d. Bonafede. Nella sentenza della I Sezione penale il Supremo Consesso sembra considerare come un unico fenomeno di successione di leggi penali nel tempo il susseguirsi, quanto alla prescrizione, delle leggi cc.dd. Orlando, Bonafede e Cartabia. Quest'ultima sentenza, invece, afferma una sostanziale affinità tra l'istituto della sospensione della prescrizione previsto dall'art. 159 comma 2 c.p., come modificato dalla legge c.d. Bonafede, e quello della cessazione del corso della prescrizione previsto dall'art. 161-bis c.p., come introdotto dalla legge c.d. Cartabia (si parla, infatti, di identità strutturale dei due istituti, tanto da attribuire efficacia alla cessazione del corso della prescrizione a fare data dall'1.1.2020, benchè la legge c.d. Cartabia sia entrata in vigore dal 18.10.2021).
In realtà, la prima delle due sentenze citate non tiene conto del fatto che solo la legge c.d. Orlando aveva espressamente previsto l'applicabilità delle modifiche apportate in materia di prescrizione ai reati commessi dopo la sua entrata in vigore. La legge c.d. Bonafede aveva solo previsto l'entrata in vigore delle modifiche in tema di prescrizione a fare data dall'1.1.2020 (non aveva affatto previsto la sua applicabilità ai reati commessi dopo l'1.1.2020). Pertanto, fra le due norme si è verificato il fenomeno della successione di leggi penali nel tempo, che va disciplinato ai sensi dell'art. 2 comma 4 c.p., sicchè le modifiche apportate dalla legge c.d. Bonafede non si applicano ai fatti pregressi (anche a quelli commessi dal 3.8.2017) se ritenute meno favorevoli (e sicuramente erano meno favorevoli, prevedendo la modifica del regime di sospensione della prescrizione dopo qualunque sentenza emessa in primo grado non più entro un tetto massimo - un anno e mesi sei - ma sine die, fino all'irrevocabilità della sentenza, senza, peraltro, prevedere alcunchè in caso di annullamento con rinvio - e pertanto la sospensione continuava ad operare anche in questo caso -).
Ma anche la ritenuta analogia tra l’istituto della sospensione della prescrizione prevista dalla legge c.d. Bonafede e la cessazione del corso della prescrizione prevista dalla legge c.d. Cartabia è quantomeno opinabile. La prima, infatti, come detto, comportava la sospensione sine die della prescrizione per effetto della semplice pronuncia della sentenza di primo grado; la seconda comporta la cessazione del corso della prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado, corso che però riprende dalla data della pronuncia definitiva di annullamento in caso di annullamento con rinvio, che comporta la regressione del processo al primo grado o ad una fase anteriore. D'altra parte, l'art. 161-bis c.p. si riconnette più propriamente al neo introdotto istituto dell'improcedibilità. In buona sostanza, il legislatore Cartabia ha da un lato abrogato l'istituto della sospensione del termine di prescrizione come introdotto dalla legge c.d. Orlando e modificato dalla legge c.d. Bonafede; ha introdotto l'istituto della cessazione del corso della prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado, e ha introdotto per i giudizi di secondo e terzo grado l'istituto dell'improcedibilità.
4. Il secondo orientamento della Cassazione finora è stato affermato dalla III Sezione penale[3]. Al riguardo, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, osservava il Supremo Consesso come non fosse applicabile la disposizione di cui all'art. 159, comma 2, c.p., come modificata dalla legge n. 103/2017, c.d. legge Orlando, che ha introdotto una ulteriore causa di sospensione del corso della prescrizione durante il tempo di celebrazione del giudizio di appello e quello di cassazione, per un massimo di anni uno e mesi sei per fase, per i reati commessi dopo il 3.8.2017. Invero, rilevava la Corte, la legge n. 134/2021, all'art. 2, ha introdotto modifiche al codice penale e di procedura penale. In particolare, l'art. 2, comma 1, così stabilisce: "1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 159, il secondo e il quarto comma sono abrogati; b) all'articolo 160, primo comma, le parole: «e il decreto di citazione a giudizio» sono sostituite dalle seguenti: «, il decreto di citazione a giudizio e il decreto di condanna»; c) dopo l'articolo 161 è inserito il seguente: «Art. 161-bis (Cessazione del corso della prescrizione). - Il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la pronunzia della sentenza di primo grado. Nondimeno, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento». Il secondo comma introduce modifiche al codice di procedura penale introducendo la causa di improcedibilità per il superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione secondo le scansioni temporali previste nei successivi commi: "2. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo l'articolo 344 è inserito il seguente: «Art. 344-bis (Improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione). - 1. La mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di due anni costituisce causa di improcedibilità dell'azione penale". Al comma 3 si prevede che "Le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo si applicano ai soli procedimenti di impugnazione che hanno a oggetto reati commessi a far data dall’1.1.2020". 3. L'art. 2 comma 1, lett. a) del citato decreto ha espressamente abrogato i commi 2 e 4 dell'art. 159 c.p. che prevedevano una causa di sospensione del corso della prescrizione che era stata introdotta con la legge Orlando per i reati commessi dal 3.8.2017. Tali commi sono stati pertanto oggetto di abrogazione esplicita (e non tacita). Si è dunque verificato un fenomeno di successione delle leggi nel tempo, regolato dall'art. 2, comma 4, c.p., che comporta l'individuazione del regime di maggior favore per il reo ai sensi dell'art. 2 c.p. che, per principio consolidato, deve essere operata in concreto, comparando le diverse discipline sostanziali succedutesi nel tempo, dovendosi individuare la disciplina più favorevole previa comparazione dei due sistemi in astratto non essendo consentita l'applicazione simultanea di disposizioni diverse secondo il criterio della maggior convenienza per l'imputato, ma occorrendo invece applicare integralmente l'una o l'altra disciplina (Sez. 5, n. 26801 del 17/04/2014, Rv. 260228 - 01). Ciò premesso, sottolineava la Cassazione, l'art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 134 del 2021, che ha esplicitamente abrogato la causa di sospensione del corso della prescrizione di cui al comma 2 dell'art. 159 c.p., è una norma posteriore più favorevole e si applica a tutti i processi in corso per reati commessi dal 3.8.2017 al 31.12.2019. Ora, nella comparazione delle due discipline (quella vigente al momento della commissione del fatto e quella successiva conseguente all'abrogazione dell'art. 159 comma 2 c.p.) va individuata la norma più favorevole al fatto commesso sotto la vigenza della causa di sospensione di cui all'art. 159 comma 2 c.p. come introdotta dalla legge c.d. Orlando, ora espressamente abrogata. Orbene, nella individuazione della disciplina astratta della prescrizione si deve tenere conto della norma che ha esplicitamente abrogato l'art. 159, comma 2, c.p. (art. 2, comma 1, lett a della legge n. 134 del 2021) e che ha inciso nell'individuazione del termine di prescrizione eliminando il segmento temporale di sospensione del corso della prescrizione introdotto dalla legge c.d. Orlando. L'art. 2 comma 1, lett. a, legge n. 134 del 2021 è una norma penale posteriore più favorevole rispetto alla disciplina della prescrizione come introdotta a seguito della legge c.d. Orlando, perché elimina la sospensione che era stata introdotta nel 2017 per i fatti commessi dopo il 3.8.2017. Per effetto dell'applicazione dell'art. 2, comma 4, c.p., la disciplina della prescrizione oggi applicabile - risultante dalla espressa abrogazione della causa di sospensione della prescrizione della legge c.d. Orlando - è più favorevole rispetto a quella in vigore al momento del fatto. Ciò, secondo il giudice di legittimità, non è contraddetto dalla introduzione della causa di improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo, introdotta al comma 2, lett. a), dell'art. 2 della legge n. 134 del 2021, che ha inserito nel codice di procedura penale l'art. 344-bis c.p.p. per i reati commessi dopo l’1.1.2020. Con l'art. 344-bis c.p.p. il legislatore ha introdotto il rimedio processuale dell'improcedibilità per i soli reati commessi dopo l’1.1.2020, ha disposto la cessazione del corso della prescrizione del reato con la pronuncia della sentenza di primo grado (con l'introduzione dell'art. 161-bis c.p.), ma allo stesso tempo ha espressamente abrogato la causa di sospensione della prescrizione introdotta dalla legge c.d. Orlando sul regime prescrittivo della legge Cirielli al comma 1, applicabile, proprio perché inserita in una disposizione specifica al comma 1 dell'art. 2, a tutti i reati ivi compresi quelli commessi dal 3.8.2017 al 31.12.2019. Dunque, nella individuazione della disciplina della norma più favorevole della prescrizione, la disciplina risultante dalla espressa abrogazione, operata dall'art. 2, comma 1, lett. a), della legge n. 134 del 2021, in quanto norma penale posteriore più favorevole, comporta la reviviscenza della disciplina ante legge c.d. Orlando, norma più favorevole applicabile a tutti i reati commessi prima dell’1.1.2020, sicché per i reati commessi dal 3.8.2017 al 31.12.2019, la disciplina della prescrizione risulta regolata dalla disciplina introdotta dalla legge ex Cirielli, che non prevedeva la causa di sospensione del corso della prescrizione di cui al secondo comma dell'art. 159 (introdotta nel 2017 e successivamente esplicitamente abrogata).
5. Gli argomenti sviluppati nell’ambito dei due opposti orientamenti giurisprudenziali di cui si è dato atto, che prendono le mosse dalle stesse norme, sembrano dotati entrambi di persuasività. Essi, tuttavia, conducono a conseguenze paradossali per il comune cittadino imputato, che, a fronte della commissione del medesimo reato, nello stesso giorno, potrebbe vedersi confermare o meno la sentenza di condanna a seconda che il suo ricorso venga assegnato all’una piuttosto che all’altra Sezione della Cassazione. Auspicabile sarebbe, dunque, la rimessione della questione alle Sezioni Unite, perché facciano definitivamente chiarezza su una questione che, oltre ad avere il rilievo fondamentale di cui si è detto, ha ricadute anche pratiche sugli Uffici giudiziari, in termini di definizione dei processi, specie in un periodo come questo in cui urge raggiungere gli obbiettivi imposti dal PNRR.
6. L’orientamento in questo momento minoritario, espresso dalla III Sezione penale, si lascia preferire per le seguenti brevi annotazioni[4].
Innanzitutto, occorre considerare che le tre leggi che si sono succedute nel tempo (la legge c.d. Orlando, la legge c.d. Bonafede, la legge c.d. Cartabia) sono intervenute tutte su un istituto di nuovo conio per la disciplina della prescrizione del reato, e cioè l’istituto della sospensione del termine di prescrizione per effetto della pronuncia della sentenza di primo o di secondo grado.
Invero, la legge n. 103/2017 ha introdotto l’istituto, inserendo i commi 2, 3 e 4 nell’art. 159 c.p. (art. 1 comma 10 della legge n. 103/2017). Per espressa previsione normativa (art. 1 comma 15 legge n. 103/2017), la sospensione del termine di prescrizione per effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo o secondo grado si sarebbe applicata ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della legge.
La legge n. 3/2019 (art. 1 comma 1 lett. e, nn. 1) e 2), e lett. f) n. 1) ha modificato l’istituto, abrogando i commi 3 e 4 dell’art. 159 c.p., e, modificando il comma 2, stabilendo che il corso della prescrizione sarebbe rimasto sospeso sostanzialmente sine die dalla pronuncia della sentenza di primo grado (qualunque sentenza) o dal decreto penale di condanna (peraltro, conseguenzialmente, per effetto dell’abrogazione del comma 1 dell’art. 160 c.p., sia la sentenza, che il decreto penale di condanna, non costituivano più atti interruttivi della prescrizione) [5]. Peraltro, queste disposizioni entravano in vigore dall’1.1.2020 (art. 1, comma 2, della legge n. 3/2019).
La legge n. 134/2021 (art. 2, comma 1 lett. a), b) e c) ha definitivamente abrogato l’istituto, eliminando il comma 2 dell’art. 159 c.p.; ha modificato l’art. 160 c.p., prevedendo nuovamente il decreto penale di condanna come atto interruttivo della prescrizione[6]; ha introdotto con l’art. 161-bis c.p. il nuovo istituto della cessazione del corso della prescrizione. La legge n. 134/2021 (art. 2 comma 2 lett. a) ha poi introdotto il nuovo istituto dell’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione ai sensi dell’art. 344-bis c.p.p. Questa nuovo istituto, però, si applica ai soli procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a fare data dall’1.1.2020 (art. 2 comma 3 della legge n. 134/2021).
Orbene, con riferimento all’istituto della sospensione del termine di prescrizione del reato per effetto della pronuncia della sentenza di primo e di secondo grado, coglie nel segno la sentenza della I Sezione penale che individua un unico fenomeno successorio normativo fra le tre leggi suddette.
Invero, come precisato, la legge c.d. Orlando lo ha introdotto (per i reati commessi dopo la sua entrata in vigore), la legge c.d. Bonafede lo ha modificato (con una norma entrata in vigore dall’1.1.2020, ma non applicabile retroattivamente trattandosi di una norma di sfavore), la legge c.d. Cartabia lo ha definitivamente abrogato (con una norma entrata in vigore formalmente dal 18.10.2021).
Certo, la legge c.d. Cartabia non si è limitata all’abrogazione dell’istituto in esame. Per ovviare al potenziale effetto nefasto della legge c.d. Bonafede, cioè il rischio del processo infinito in conseguenza della sospensione sine die della prescrizione a seguito della sentenza di primo grado, e, nello stesso tempo, senza ritornare al decorso della prescrizione del reato anche nei giudizi di impugnazione, ha poi introdotto due nuovi istituti, l’uno di carattere sostanziale (la cessazione del corso della prescrizione di cui all’art. 161-bis c.p.), l’altro di tipo processuale (l’improcedibilità di cui all’art. 344-bis c.p.p.)[7]. E’ vero che solo per quest’ultimo è stata espressamente prevista la sua applicabilità ai procedimenti di impugnazione aventi ad oggetto reati commessi dall’1.1.2020 (in tale modo scongiurando l’entrata in vigore della legge c.d. Bonafede con riferimento a questi reati, ai quali la stessa sarebbe stata sicuramente applicabile), mentre per l’altro, in mancanza di specifica disposizione normativa, l’entrata in vigore coincide formalmente con l’entrata in vigore della legge n. 134/2021 (e cioè dal 18.10.2021), ma è anche vero che i due istituti, quello di tipo sostanziale (art. 161-bis c.p.) e quello di tipo processuale (art. 344-bis c.p.p.) sono strettamente connessi tra loro, poiché il primo fa cessare definitivamente la prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado (salvo farne riprendere il decorso in caso di regressione del processo al primo grado o ad una fase anteriore, e ciò a definitiva dimostrazione che la prescrizione opera solo fino all’esaurimento del primo grado di giudizio), mentre il secondo introduce l’improcedibilità per i giudizi di impugnazione. In buona sostanza, è indubbio che, sulla base di un’interpretazione logica e sistematica, l’operatività della disposizione di cui all’art. 161-bis c.p. (che, in ogni caso, determinando un trattamento in malam partem per l’imputato, non può che assumere efficacia in relazione ai reati commessi successivamente alla sua entrata in vigore) va ancorata all’operatività della norma di cui all’art. 344-bis c.p.p., e, dunque, esplica i suoi effetti con riferimento a tutti i reati commessi dall’1.1.2020 in poi, rispetto ai quali, pertanto, non è immaginabile nei giudizi di impugnazione la contemporanea decorrenza del corso della prescrizione e del termine di improcedibilità.
Volendo, in conclusione, tirare le somme: per tutti i reati commessi dall’1 gennaio 2020 in poi la prescrizione decorre fino alla sentenza di primo grado. Per i successivi gradi di giudizio cede il passo all’improcedibilità. Per tutti i reati commessi fino al 31 dicembre 2019, la norma di cui all’art. 161-bis c.p., introdotta con la legge c.d. Cartabia, non può trovare applicazione, poiché in ogni caso produttiva di effetti in malam partem; l’art. 344-bis c.p.p. è efficace solo per i procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi dall’1 gennaio 2020; il comma 2 dell’art. 159 c.p., nel testo introdotto dalla legge c.d. Orlando e poi modificato dalla legge c.d. Bonafede, è stato abrogato dalla legge c.d. Cartabia (e con esso anche i commi 3 e 4, originariamente inseriti dalla legge c.d. Orlando, per effetto già della legge c.d. Bonafede). Dunque, per tutti i reati commessi fino al 31 dicembre 2019 la prescrizione è disciplinata in toto dalla legge ex Cirielli (anche per quanto concerne il dies a quo della decorrenza per il reato continuato), poiché, nel succedersi delle leggi nel tempo, l’istituto della sospensione del termine di prescrizione per effetto della pronuncia della sentenza di primo e secondo grado è stato infine abrogato, e questa abrogazione costituisce, alla fine del percorso di modica normativa, un intervento legislativo che riverbera i suoi effetti in bonam partem retroattivamente, anche rispetto a quei reati per i quali la legge c.d. Orlando in parte qua avrebbe operato, ove non modificata ed infine abrogata. In buona sostanza, contrariamente a quanto sostenuto dall’opposto orientamento esegetico, non si è verificato alcun fenomeno successorio legislativo tra l’istituto della cessazione del corso della prescrizione di cui all’art. 161-bis c.p. e quello della sospensione del corso della prescrizione per effetto della pronuncia della sentenza di primo o secondo grado, poiché quest’ultimo, come modificato dalla legge c.d. Bonafede, è stato definitivamente abrogato dalla legge c.d. Cartabia, ed il primo, ancorato com’è alla contemporanea introduzione dell’istituto processuale dell’improcedibilità, opera solo in relazione a quei reati per i quali vige quest’ultimo istituto.
[1] Si veda Cass. pen. sez. IV, 28.6.2023, n. 39170. Questa sentenza è stata poi esplicitamente richiamata in altre pronunce della medesima IV Sezione penale (vedi Cass. n. 4932/24; Cass. n. 4933/24; Cass. 10483/24 e, da ultimo, Cass. n. 20764/24).
[2] Cass. pen. sez. I, 29.9.2023, n. 2629/24. Anche questa sentenza è stata richiamata esplicitamente in altra pronuncia della VII Sezione penale (Cass. 15729/24).
[3] Cass. pen. sez. III, 27.2.2024, n. 18873.
[4] In senso contrario si è espresso in dottrina E. Corvaglia, “Prescrizione e l. Orlando: contrasti in Cassazione o semplice svista?”, in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 6, secondo il quale sarebbe più corretta la soluzione prospettata dalla IV Sezione penale, mentre quella della III Sezione penale sarebbe frutto di una svista. Invero, secondo l’Autore, la riforma Cartabia avrebbe abrogato l’art. 159 comma 2 c.p. nel testo modificato dalla legge Bonafede, così determinando una sorta di “resurrezione” dell’art. 159, comma 2, nel testo introdotto dalla legge Orlando per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019. Tale Autore omette, però, di considerare che la legge Bonafede non aveva solo modificato l’art. 159 comma 2 c.p., ma aveva anche abrogato i commi 3 e 4 del citato articolo, come introdotti dalla legge Orlando, e sul punto la legge Cartabia nulla ha previsto, sicchè il fenomeno di “rinascita” dovrebbe riguardare anche norme definitivamente abrogate dalla legge Bonafede. In realtà, la giurisprudenza che, nell’ambito della successione delle leggi Orlando, Bonafede e Cartabia, ha finora ritenuto applicabile ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 l’art. 159 comma 2 c.p. nel testo introdotto dalla legge Orlando, lo ha fatto mettendo a confronto tale disposizione con il neo introdotto istituto della cessazione del corso della prescrizione ai sensi dell’art. 161-bis c.p., senza considerare, però, che, come del resto ammesso anche dal citato Autore, tale norma si applica solo ai fatti commessi dopo l’1 gennaio 2020. E’ evidente, pertanto, che non vi è stata alcuna vera successione di leggi nel caso di specie, trovando applicazione l’art. 161-bis c.p. solo per i fatti-reato commessi dall’1 gennaio 2020. Al contrario, come si chiarisce nel testo, il fenomeno successorio ha riguardato proprio l’art. 159 comma 2 c.p., che, come detto, introdotto dalla legge Orlando, è stato dapprima modificato dalla legge Bonafede e poi definitivamente abrogato dalla legge Cartabia. Non vi è alcuna ragione giuridica per ritenere che l’effetto abrogativo non operi anche per i fatti-reato commessi tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019.
[5] Va aggiunta anche la modifica apportata dall’art. 1 comma 1 lett. d) della legge n. 3/2019 all’art. 158, comma 1, c.p., che ha previsto nuovamente che per il reato permanente o continuato il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione. Anche questa modifica è entrata in vigore dall’1.1.2020 (art. 1 comma 2 legge n. 3/2019) e, trattandosi di modifica peggiorativa con riguardo al reato continuato, di fatto opererà per i fatti-reato commessi dopo tale data.
[6] Questa previsione va coordinata con il neo introdotto art. 161-bis c.p. Invero, con l’emissione del decreto penale di condanna non si esclude la possibilità che venga instaurato il giudizio a seguito di opposizione, sicchè la prescrizione, interrotta dall’emissione del decreto penale di condanna, può riprendere a decorrere fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, che, invece, comporta la cessazione del relativo corso.
[7] Sulla natura processuale dell’istituto vedi Cass. pen. sez. V, 5.11.2021, n. 334/22.