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30 Giugno 2023


Impugnazione per i soli interessi civili: il nuovo comma 1-bis dell’art. 573 c.p.p.


1. La novità della disposizione del comma 1-bis dell’art. 573 c.p.p. è dirompente e potrebbe preludere a più ampi mutamenti dei rapporti tra impugnazioni penali e statuizioni civili. Ne daremo conto dopo avere rapidamente inquadrato il tema dell’impugnazione per gli interessi civili.

 

2. L’impugnazione per gli interessi civili. Impugnare una sentenza per gli interessi civili significa impugnare i capi della sentenza, di condanna o di assoluzione, che riguardano restituzioni, risarcimento del danno e rifusione delle spese processuali.

L’assetto delle relazioni tra processo civile e processo penale è informato ai principi dell’autonomia e della separazione.

In particolare[1]:

a) nel caso in cui, in pendenza di un processo penale per lo stesso fatto, l’azione per le restituzioni o il risarcimento sia esercitata nella sede propria del giudizio civile, il processo civile prosegue, di norma, autonomamente (principio dell’autonomia: art. 75, comma 2), salve le ipotesi eccezionali in cui la persona danneggiata dal reato abbia proposto la domanda in sede civile dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado (art. 75, comma 3). In tal caso il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge (v. ad es. artt. 71, comma 6, 88, comma 3, 441, comma 4, 444, comma 2, 464-quater, comma 8, c.p.p. 141, comma 4, disp. att. c.p.p.).

Del pari, il codice stabilisce la regola per cui la sentenza penale irrevocabile di assoluzione non ha efficacia di giudicato nel processo civile se il danneggiato ha esercitato l’azione in sede civile a norma dell’art. 75, comma 2 (art. 652, comma 1);

 

b) nel caso  in cui la domanda risarcitoria sia, invece, proposta con la dichiarazione di costituzione di parte civile nel processo penale (art. 78), i rapporti tra azione civile e poteri cognitivi del giudice penale sono informati al principio dell’accessorietà dell’azione civile rispetto a quella penale, principio che trova fondamento nelle «esigenze, di interesse pubblico, connesse all’accertamento dei reati e alla rapida definizione dei processi» e che ha quale naturale implicazione quella per cui l’azione civile, ove esercitata all’interno del processo penale, «è destinata a subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura» di questo processo[2].

 

3. Il principio di accessorietà. Il principio di accessorietà trova la sua principale espressione nella regola secondo la quale il giudice penale «decide» sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta con la costituzione di parte civile, «quando pronuncia sentenza di condanna» (art. 538, comma 1) o sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p.[3], sentenza il cui giudicato, modellato su quello tipico delle sentenze di condanna e non già su quello delle sentenze di assoluzione, ha efficacia quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile restitutorio o risarcitorio promosso nei confronti dell’imputato, nonché del responsabile civile che sia stato citato o sia intervenuto nel processo penale (art. 651-bis c.p.p.). Se emette una diversa sentenza di proscioglimento, il giudice non deve provvedere sulla domanda civile. Regola, questa, che trova applicazione senza alcuna deroga nel giudizio penale di primo grado, ma che, nei giudizi di impugnazione, talora deflette a tutela del diritto di azione della parte civile (art. 24, secondo comma, Cost.).

La disciplina delle impugnazioni conosce, infatti, disposizioni particolari, che attribuiscono al giudice del gravame o al giudice del rinvio in seguito ad annullamento ad opera della Corte di cassazione, il potere-dovere di provvedere sulla domanda civile, pur in presenza di una pronuncia di proscioglimento e quindi in assenza dell’accertamento della responsabilità penale (v. in particolare: art. 576, comma 1, in relazione all’impugnazione della parte civile, anche ai soli effetti della responsabilità civile,  contro le sentenze di proscioglimento pronunciate nel giudizio di assoluzione; art. 578, con riguardo, quanto al comma 1, alla sentenza di non doversi procedere perché il reato è estinto per amnistia o prescrizione, e, quanto al comma 1-bis, alla dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale ex art. 344-bis).

Una marcata deviazione dal principio generale di accessorietà dell’azione civile nel processo penale è poi quella recata dall’art. 622 c.p.p., secondo cui, nel giudizio di cassazione, se gli effetti penali della sentenza di merito sono ormai cristallizzati per essersi formato il giudicato sui relativi capi, la cognizione sulla pretesa risarcitoria e restitutoria si scinde dalla statuizione sulla responsabilità penale e viene compiuta, in sede rescindente, dal giudice di legittimità e, in sede rescissoria, dal giudice civile di merito competente per valore in grado di appello, all’esito di rinvio.

L’art. 622 prescrive che, «fermi gli effetti penali della sentenza», la Corte di cassazione, se annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l’azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato, rinvia, quando occorre, al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l’annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione[4] hanno ribadito che, nella fattispecie contemplata dal primo ordine di ipotesi considerato dalla norma (che presuppone il ricorso dell’imputato o del pubblico ministero), rientrano non solo i casi in cui la responsabilità penale sia stata definitivamente accertata con esito positivo e l’annullamento disposto dalla Corte di cassazione riguardi le statuizioni civili censurate dall’imputato ai sensi dell’art. 574 c.p.p., ma anche i casi di annullamento delle statuizioni civili, rese dal giudice di appello all’esito dell’applicazione dell’art. 576 e dell’art. 578.

Sempre le Sezioni unite penali[5] hanno successivamente riaffermato che nel giudizio rescissorio di “rinvio” dinanzi al giudice civile, avente in realtà natura di autonomo giudizio civile (non vincolato dal principio di diritto eventualmente enunciato dal giudice penale di legittimità in sede rescindente), trovano applicazione le regole processuali e probatorie proprie del processo civile e che l’accertamento richiesto al giudice del “rinvio” ha ad oggetto gli elementi costitutivi dell’illecito civile, prescindendosi da ogni apprezzamento, sia pure incidentale, sulla responsabilità penale dell’imputato.

Altra, ancor più marcata, deviazione dal principio generale di accessorietà dell’azione civile nel processo penale è ora prevista dal nuovo comma 1-bis dell’art. 573, inserito dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.

Su di esso e sulle impugnazioni “ai soli” effetti civili si tornerà più avanti (v. infra 6).

Prima è opportuno dar conto dei tratti salienti dell’impugnazione per gli interessi civili dell’imputato (art. 574), del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria (art. 575), della parte civile e del querelante (art. 576).

 

4. L’impugnazione dell’imputato per gli interessi civili. Premesso che l’impugnazione per gli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale (art. 573, comma 1), l’art. 574 disciplina l’impugnazione dell’imputato per gli interessi civili.

Con il medesimo mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza (comma 3), ossia appello o ricorso per cassazione (l’imputato incontra, pertanto, gli stessi limiti all’appello che gli artt. 443, comma 1, 448, comma 2 e 593 c.p.p. gli impongono agli effetti penali), l’imputato può proporre impugnazione per gli interessi civili (congiuntamente a quella per gli interessi penali oppure in via autonoma ed esclusiva, nel qual caso il capo penale interessato, qualora non formi oggetto di impugnazione presentata da altre parti legittimate, acquisirà irrevocabilità ed esecutività ai sensi del comma 2 dell’art. 573).

Può, in altre parole, proporre impugnazione contro:

a) i capi della sentenza che riguardano la sua condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno (comma 1), in particolare:

- condanna con liquidazione dei danni (art. 538, comma 2);

- condanna generica ai danni (art. 539, comma 1);

- condanna al pagamento di una provvisionale (art. 539, commi 2 e 2-bis), immediatamente esecutiva ex lege (art. 540, comma 2);

- declaratoria di provvisoria esecutività della sentenza di condanna (art. 540, comma 1);

- ordine di pubblicazione della sentenza di condanna come riparazione (art. 543);

b) i capi della sentenza[6] relativi alla rifusione delle spese processuali (comma 1): condanna alla rifusione delle spese processuali che siano state sostenute dalla parte civile e relativa liquidazione o compensazione ex art. 541, comma 1;

c) le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande da lui proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali (comma 2); in particolare proposte nei confronti della parte civile o del querelante per la rifusione delle spese processuali e il risarcimento del danno derivante da lite temeraria ai sensi degli artt. 541, comma 2, e 542.

La disposizione del comma 2, che si riferisce solo alla sentenza di assoluzione, va necessariamente coordinata con il comma 2 dell’art. 541 che stabilisce che il giudice, se ne è fatta richiesta, condanna la parte civile alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato e dal responsabile civile per effetto dell’azione civile, sempre che non ricorrano giustificati motivi per la compensazione totale o parziale e se vi è colpa grave (art. 96 c.p.c.) può, inoltre, condannare la parte civile al risarcimento dei danni (da lite temeraria) causati all’imputato o al responsabile civile sia con la sentenza che rigetta la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, sia con la sentenza che assolve l’imputato per cause diverse dal difetto di imputabilità.

Le statuizioni civili possano formare oggetto – come si ribadirà – di una sentenza di proscioglimento.

Così nell’ipotesi di cui all’art. 578, secondo il quale il giudice di secondo grado o la corte di cassazione, ove l’imputato sia stato già condannato alle restituzioni o al risarcimento di danni in favore della parte civile, dichiarata l’estinzione del reato per amnistia o per prescrizione, si pronuncia sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni civili o nel caso in cui la sentenza di proscioglimento sia impugnata dalla parte civile ai sensi dell’art. 576, comma 1, e il giudice dell’impugnazione affermi la responsabilità civile dell’imputato, ferma restando la possibilità della pronuncia del proscioglimento ai fini penali qualora difetti l’impugnazione del pubblico ministero[7].

Stabilisce, infine, il comma 4 dell’art. 574 che l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato.

La disposizione estende, dunque, al capo civile gli effetti dell'impugnazione dell'imputato nei confronti della decisione di condanna, con una disciplina che può considerarsi simmetrica a quella che comporta l'estensione alla domanda della parte civile degli effetti dell'impugnazione del pubblico ministero contro la decisione di proscioglimento[8].

 

5. L’impugnazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. L’art. 575 disciplina l’impugnazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.

Premesso che il responsabile civile, ai sensi dell’art. 87, comma 3, è escluso dal giudizio abbreviato (l’art. 89, comma 2, prevede che la disposizione non si applichi al civilmente obbligato per la pena pecuniaria), queste parti possono proporre impugnazione col mezzo che la legge attribuisce all’imputato contro:

a) le disposizioni della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato.

Al responsabile civile e al civilmente obbligato per la pena pecuniaria è riconosciuta la facoltà di impugnare la sentenza, non solo nelle statuizioni civili che li riguardino in via diretta, ma anche nei capi penali riguardanti l’imputato.

La legittimazione ad impugnare del responsabile civile ha carattere autonomo rispetto a quella dell’imputato; pertanto, egli può esercitare il relativo potere anche qualora quest’ultimo resti inerte o la sua impugnazione venga dichiarata inammissibile per rinuncia o per altre cause;

b) le disposizioni relative alla condanna dell’imputato e del responsabile civile alle restituzioni, al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali (comma 1);

c) le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali (comma 3).

 

6. Impugnazione della parte civile. L’art. 576, comma 1, disciplina l’impugnazione della parte civile.

La parte civile può proporre impugnazione:

a) contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile.

Deve trattarsi di sentenza di condanna che abbia i) omesso di pronunciarsi sulle domande civili, ii) rigettato, totalmente o parzialmente, la richiesta di risarcimento, iii) proceduto all’accoglimento di questa in misura inferiore a quanto domandato, iv) negato la provvisionale nell’ipotesi di condanna generica al risarcimento, v) negato la provvisoria esecuzione delle disposizioni civili, vi) stabilito la compensazione delle spese;

b) ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato pronunciata nel giudizio[9].

Sentenza di proscioglimento è anche la «dichiarazione di estinzione del reato» di cui all'art. 531.[10]

La parte civile può, dunque, proporre impugnazione, sia pure ai soli effetti civili, anche nei confronti:

b.1.) della sentenza di primo grado che abbia dichiarato l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Qualora il giudice d’appello confermi la decisione di primo grado dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione, resta ferma, perché corretta, la mancata decisione in ordine alle statuizioni civili.

Qualora, invece, ritenga erronea la dichiarazione di prescrizione, il giudice di appello, se ritiene sussistere "ora per allora" la responsabilità penale dell’imputato, deve, lasciando fermo l'epilogo penale che è insensibile alla impugnazione della sola parte civile[11], adottare le statuizioni civili secondo quanto disposto dall'art. 538, indipendentemente dall’eventuale prescrizione nel frattempo maturata.

In altre parole, il giudice dell’impugnazione, adito ai sensi dell’art. 576, ha, nei limiti del devoluto e agli effetti della devoluzione, i poteri che il giudice di primo grado avrebbe dovuto esercitare.

Se si convince che tale giudice ha sbagliato nel prosciogliere l’imputato può affermarne la responsabilità agli effetti civili e condannarlo al risarcimento o alle restituzioni, in quanto l’accertamento incidentale equivale virtualmente – oggi per allora - alla condanna di cui all’art. 538, comma 1, non pronunziata per errore.

Per effetto dell'impugnazione della parte civile si può, dunque, rinnovare l'accertamento dei fatti posto a base della decisione assolutoria, e ciò al fine di valutare l’esistenza di una responsabilità per illecito e così giungere ad una diversa pronunzia che rimuova quella pregiudizievole per gli interessi civili.

Resta, invece, esclusa la possibilità di una revisione dell’accertamento penale in assenza dell’impugnazione del pubblico ministero.

In altre parole, il codice ha scelto l’autonomia dei giudizi sui due profili di responsabilità, civile e penale, nel senso che l’impugnazione proposta dalla parte civile ai soli effetti civili non può incidere sulla decisione del giudice del grado precedente in merito alla responsabilità penale, ma il giudice penale dell'impugnazione, dovendo decidere su una domanda civile che necessariamente dipende da un accertamento sul fatto di reato e dunque sulla responsabilità dell'autore dell'illecito extracontrattuale, può, seppure in via incidentale, statuire in modo difforme sul fatto oggetto dell'imputazione, ritenendolo ascrivibile al soggetto prosciolto[12].

Il giudice di appello, nel dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l'imputato al risarcimento dei danni in favore di quest'ultima, atteso che l'art. 576 conferisce al giudice dell'impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto.

b.2.) della sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, qualora lamenti l’erroneità di detta dichiarazione[13].

In caso di accoglimento, la corte di cassazione pronuncerà annullamento con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello ai sensi dell'art. 622[14].

c) contro la sentenza pronunciata nel giudizio abbreviato (art. 442) se ha consentito all’abbreviazione del rito (v. art. 441, comma 3)[15]. Il diritto all’impugnazione era limitato al «mezzo previsto per il pubblico ministero», ma il limite è stato soppresso dall’art. 6 della legge 20 febbraio 2006, n. 46.

L’art. 576, comma 2, stabilisce, poi, che lo stesso diritto di impugnazione compete al querelante che sia stato «condannato a norma dell’art. 542».

Dalla lettura degli artt. 576, comma 2, 542 e 427, commi 1 e 3 (richiamato dall’art. 542) si desume che:

- quando si tratta di reato perseguibile a querela, nel caso in cui il giudice di primo grado emetta sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso, il querelante è condannato al pagamento delle spese anticipate dallo Stato;

- nello stesso caso, il querelante è condannato alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno in favore dell’imputato che ne abbia fatto domanda (anche a favore del responsabile civile citato o intervenuto, solo se il querelante si è costituito parte civile);

- contro il capo della sentenza assolutoria che decide in tal modo sulla sua responsabilità per le spese processuali e per i danni, il querelante può proporre impugnazione.

La disciplina si spiega razionalmente perché, nei reati perseguibili a querela, è solo il querelante in quanto tale a dare causa al processo penale, sicché è giusto (se è ravvisabile una colpa a suo carico) che gli vengano accollate le spese sopportate dallo Stato nei casi in cui l’esercizio della giurisdizione si rivela inutile; così come è giusto (sempre se ricorra una sua colpa, più o meno grave) che egli debba rimborsare all’imputato le spese processuali e i danni da questi sopportati per fronteggiare le conseguenze della querela[16].

 

6. Il comma 1-bis dell’art. 573 c.p.p. Ciò premesso, in termini generali, sull’impugnazione per gli interessi civili, è possibile prendere in esame il nuovo comma 1-bis dell’art. 573.

a) Il legislatore delegato era tenuto ad adeguare la disciplina delle impugnazioni per i soli interessi civili «assicurando una regolamentazione coerente della materia» e – come si è avuto modo di dire – il Governo è intervenuto sull’art. 573.

Ribadito che l’impugnazione per gli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale (comma 1), ha dettato, con il nuovo comma 1-bis, una diversa disciplina dell’impugnazione per i “soli” interessi civili, stabilendo che, quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, se l’impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.

La formula è riprodotta nell’art. 578, comma 1-bis.

L’impugnazione ai soli effetti civili che sia inammissibile conduce inevitabilmente alla relativa declaratoria; se ammissibile, se ne occuperà il giudice civile.

La disposizione non si applica se la stessa parte (che è poi, in sostanza, il solo imputato) impugna i capi penali e quelli civili.

Il riferimento alla «prosecuzione» del giudizio di appello davanti al giudice civile comporta che la domanda «agli effetti civili» (parole aggiunte nell’art. 78, alla lett. d), dall’art. 5, comma 1, lett. b), n. 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) contenuta nella dichiarazione di costituzione di parte civile non possa più essere mutata.

Il giudice penale deve trasmettere gli atti al giudice civile.

Prosegue il giudizio di appello. Ma serve un atto di riassunzione della parte interessata? Se si opta, nel silenzio della norma, per la risposta affermativa, l’atto (la cui presentazione non sembra, allo stato, essere sottoposta a termini di decadenza), dovrà, se del caso, contenere le eventuali richieste istruttorie, considerata la prevista possibilità di decidere sulle questioni civili sia utilizzando le prove acquisite nel processo penale, sia quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.

Se si ritenesse, invece, che un atto di riassunzione non serva[17], il giudice civile sarà tenuto a porre le parti nelle condizioni di chiedere l’acquisizione di prove.

Il giudizio si svolgerà secondo le regole del processo civile. Ma il giudice civile non potrà dichiarare, in applicazione di dette regole, l’inutilizzabilità di prove acquisite nel processo penale e in esso utilizzabili (ad es. delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa dal reato, costituita parte civile nel processo penale, e parte nel giudizio civile); lo vieta il principio contenuto nell’art. 193 c.p.p.[18]

b) In ordine all’applicabilità della nuova disposizione ai processi penali in corso al momento della sua entrata in vigore, in presenza di un contrasto interpretativo, si sono pronunciate il 25 maggio 2023 le Sezioni unite della Corte di cassazione, affermando che il comma 1-bis dell’art. 573 c.p.p. non si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili pendenti alla data della sua entrata in vigore (30 dicembre 2022), ma si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte nei giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022.

Si è in attesa del deposito della motivazione che – crediamo e speriamo – dipanerà tutte le questioni interpretative che la nuova disposizione ha sollecitato.

 

 

 

[1] V. Corte cost. 31 luglio 2021, n. 182.

[2] Corte cost. 12 luglio 2019, n. 176, con nota di B. MONZILLO, La Corte costituzionale "salva" l’art. 576 c.p.p.: legittima la facoltà per la parte civile di impugnare il proscioglimento ai soli effetti civili, in Dir. pen. cont., 24 settembre 2019; Corte cost. 29 gennaio 2016, n. 12, con nota di L. MATARRESE, La Corte costituzionale sul divieto di decidere sulla responsabilità civile in caso di assoluzione per vizio di mente, in Dir. pen. cont., 8 febbraio 2016.

[3] Corte cost. 12 luglio 2022, n. 173 ha operato una reductio ad legitimitatem dell’art. 538 c.p.p. riconoscendo al giudice penale, come necessaria deroga alla regola posta da tale disposizione, la possibilità di pronunciarsi anche sulla domanda di risarcimento del danno quando accerti che sussistono i presupposti per dichiarare la non punibilità dell’imputato in ragione della particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p.

[4] Cass. sez. un. 18 luglio 2013, n. 40109, Sciortino. RV 256087-01 («Nel caso in cui il giudice di appello dichiari non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato (o per intervenuta amnistia) senza motivare in ordine alla responsabilità dell'imputato ai fini delle statuizioni civili, l'eventuale accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall'imputato impone l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, a norma dell'art. 622 c.p.p.»).

[5] Cass. sez, un., 28 gennaio 2021, n. 22065, Cremonini, RV 281228-01 («In caso di annullamento agli effetti civili della sentenza che, in accoglimento dell'appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, abbia condannato l'imputato al risarcimento dei danni senza procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, il rinvio per il nuovo giudizio va disposto dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello.»).

[6] Anche di applicazione della pena su richiesta delle parti – art. 444, comma 2 (v. Cass. sez. un., 14 luglio 2011, n. 40288, Tizzi).

[7] V. Cass. S.U., 11 luglio 2006, n. 25083, Negri, in motivazione.

[8] Così Cass. S.U. 10 luglio 2002, n. 30327, Guadalupi, RV 222001-01: «Il giudice di appello, che su gravame del solo pubblico ministero condanni l'imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria.».

[9] V. Corte cost. 12 luglio 2019, n. 176.

[10] Cass. sez. un., 29 maggio 2008, n. 40049, Guerra.

[11] Fermo restando che il giudice di appello, che su gravame del solo pubblico ministero condanni l'imputato assolto nel giudizio di primo grado, deve provvedere anche sulla domanda della parte civile che non abbia impugnato la decisione assolutoria (Cass. sez. un. 10 luglio 2002, n. 30327, Guadalupi, RV 222001, che ha ribaltato l’opposta decisione adottata da Cass. sez. un., 25 novembre 1998, n. 5/99, Loparco, RV 212575.

[12] Cass. sez. un., 11 luglio 2006, n. 25083, Negri, RV 233918.

[13] Cass. sez. un., 28 marzo 2019, n. 28911, p.c. Massaria in proc. Papaleo, RV 275953-01.

[14] Vanno ricordati anche i principi fissati da Cass. S.U. 29 settembre 2016, n. 46688, Schirru. Nell’ordine, RV 267884: «In caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell'impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire ex novo nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l'eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile.»; RV 267885: «In caso di condanna o decreto irrevocabili, relativi ad un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell'esecuzione revoca il provvedimento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, lasciando ferme le disposizioni e i capi che concernono gli interessi civili, atteso che il venir meno della condanna non può incidere sulla cristallizzazione del giudicato riguardo ai capi civili della sentenza.»; RV 267886; «È inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile, ai soli effetti civili, avverso una sentenza di assoluzione per un reato abrogato e qualificato come illecito civile dal d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, atteso che, in assenza di efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione nel giudizio civile, non è ravvisabile un interesse della parte civile alla impugnazione finalizzata ad impedirne l'operatività. (In motivazione la Corte ha, altresì, precisato che il giudice penale non potrebbe, comunque, procedere al necessario accertamento del reato, anche se ai soli effetti civili, in considerazione della intervenuta espunzione della relativa fattispecie dall'ordinamento penale).».

[15] L’esercizio di questa facoltà, ad opera della parte civile, «conferisce al giudice dell’impugnazione il potere di decidere sulla domanda al risarcimento del danno ed alle restituzioni, pur in mancanza di una precedente statuizione sul punto», atteso che esso, una volta adìto ai sensi dell’art. 576, «ha, nei limiti del devoluto e agli effetti della devoluzione, i poteri che il giudice di primo grado avrebbe dovuto esercitare» (Cass. S.U. 11 luglio 2006, n. 25083, Negri, cit.).

[16] Cass. sez. un., 25 ottobre 2005, n. 41476, P.G. e p.c. in proc. Misiano.

[17] Secondo M. BONTEMPELLI, Verso una trattazione efficiente delle impugnazioni penali per i soli interessi civili, in questa Rivista, 23 maggio 2023, non è necessario alcun atto di impulso della parte interessata perché la prosecuzione risultare essere l’effetto, oltre che la ragione, del rinvio al giudice civile.

[18] Così M. BONTEMPELLI, cit.