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  Scheda  
09 Giugno 2023


Sul regime di procedibilità del furto di energia elettrica a seguito della riforma Cartabia

Cass. sent. 8 febbraio 2023 (dep. 7 marzo 2023), n. 9452, Pres. Dovere, rel. Pavich



1. Premessa. La riforma Cartabia ha drasticamente ridotto le ipotesi di furto aggravato procedibili d’ufficio; vi è, però, la possibilità, pur all’indomani dell’entrata in vigore della riforma, di continuare a ritenere procedibile d’ufficio il reato di furto di energia elettrica se ed in quanto vi sia una contestazione formale e specifica delle circostanze aggravanti di cui all’art. 625 n. 7 e n. 7 bis c.p., sub specie di cose destinate a pubblico servizio (e sul punto, si è già pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9452/2023) o di componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia.

 

2. La Riforma Cartabia e il reato di furto. Come è noto la Riforma Cartabia ha inciso profondamente sulla procedibilità del reato di furto, nel senso che le ipotesi di reato di furto procedibili d’ufficio sono state, sensibilmente e drasticamente, ridotte, circoscrivendole, come si legge nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022, a quelle che “connettono il maggior disvalore penale del fatto all’offesa al patrimonio pubblico e, comunque, a una dimensione pubblicistica dell’oggetto materiale della condotta”.

A partire dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della Riforma Cartabia, in particolare, il reato di furto resta procedibile d’ufficio solo se aggravato perché commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza (art. 625, n. 7, c.p., con esclusione dell’ipotesi dell’esposizione della res alla pubblica fede) o perché commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica (art. 625, n. 7 bis, c.p.), oltre che nelle ipotesi, sia semplici che aggravate, in cui la persona offesa è incapace, per età o per infermità.

L’introdotta procedibilità a querela della maggior parte dei reati di furto ha, in primo luogo, evidenti e importanti, riflessi in tema di arresto in flagranza per tali reati.

È noto, infatti, che per il furto non aggravato è previsto l’arresto facoltativo ex art. 381, comma 2, lett. g), c.p.p. e per le ipotesi di furto aggravate ai sensi e per gli effetti dell’art. 625, comma 1, n. 2, prima ipotesi, n. 3), n. 5) e n. 7 bis) c.p., salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 4, c.p. è previsto l’arresto obbligatorio ex art. 380, comma 2, lett. e), c.p.p., ma, in forza delle modifiche introdotte in tema di procedibilità del reato di furto, non sarà più possibile eseguire l’arresto, senza la querela, anche solo orale, della vittima presente nel luogo.

Ciò significa che, ad esempio, il ladro sorpreso a rubare un’automobile con manomissione della serratura o parcheggiata sulla pubblica via, ove il proprietario dell’autovettura non sia presente sul luogo e non sia facilmente raggiungibile, in conseguenza dell’attuale procedibilità a querela del reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose o dall’esposizione alla pubblica fede, non potrà più essere arrestato e, anche se bloccato, dovrà essere rilasciato, con tutte le intuibili difficoltà in termini di successivo rintraccio dello stesso, ove ad esempio si tratti di uno straniero irregolarmente presente sul territorio italiano, privo di documenti di identificazione e senza fissa dimora, e in termini di salvaguardia delle esigenze cautelari, ove lo stesso ladro continui a rubare con le medesime modalità altre autovetture i cui proprietari non siano presenti sul luogo e non siano facilmente raggiungibili.

E ciò significa, altresì, che per poter arrestare colui che sta abusivamente sottraendo energia elettrica o, comunque, per poter agire penalmente nei confronti dello stesso sarà necessario previamente interpellare le società di distribuzione dell’energia elettrica in merito alla volontà di proporre o meno querela, almeno nelle ipotesi in cui, come sovente accade, vengano contestate le norme di cui agli artt. 624 e 625 n. 2 e 7 c.p., vale a dire a seconda dei casi del furto aggravato dalla violenza sulle cose, quando vi è manomissione del contatore, del furto aggravato dal mezzo fraudolento, allorquando ad esempio vi è l’allacciamento diretto e abusivo alla rete esterna a monte del contatore e bypassando quest’ultimo e del furto aggravato dell’esposizione della cosa alla pubblica fede, quando il contatore è posizionato in un luogo accessibile a tutti, non importa se pubblico o privato. Il reato di furto di energia elettrica, infatti, ove ricorrano tali circostanze aggravanti, è, oggi, con la Riforma Cartabia, divenuto procedibile a querela, di qui, quindi, la necessità della querela da parte delle società di distribuzione dell’energia elettrica.

Tali ipotesi, è bene precisarlo, saranno tutt’altro che infrequenti nella pratica ed è già pronto un intervento normativo finalizzato a porvi rimedio. Trattasi della legge del 24 maggio 2023 n. 60, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 127 dell’1° giugno 2023, la quale entrerà in vigore il 16 giugno 2023. Tale legge, su tale specifico aspetto, all’art. 3, modifica l’art. 380, comma 3, c.p.p., consentendo l’arresto in flagranza obbligatorio, anche in mancanza di querela, nel caso in cui la persona offesa non risulti prontamente reperibile, ma, in questi casi, la querela deve, comunque, essere presentata entro il termine di quarantotto ore dall’arresto all’agente di polizia giudiziaria, anche con dichiarazione orale (ferma la necessità, in caso di dichiarazione orale, di rendere alla persona offesa, anche con atto successivo, le informazioni di cui all’articolo 90-bis c.p.p.) e, se non è proposta, l’arrestato deve essere immediatamente liberato e modifica, altresì, gli artt. 449, comma 3, c.p.p. e 558, comma 6, c.p.p., in tema di giudizio direttissimo, stabilendo che se l’arresto è convalidato, ma la querela manca e può sopravvenire, il processo viene sospeso e tale sospensione viene revocata appena sopravviene la querela o la rinuncia a proporla oppure decorre il termine per proporla.

 

3. La Riforma Cartabia e, nello specifico, il reato di furto di energia elettrica. L’introdotta procedibilità a querela della maggior parte dei reati di furto ha, come già anticipato, evidenti e importanti, riflessi anche per quanto concerne il reato di furto di energia elettrica.

Può, però, in questa sede, essere utile verificare se e quando il furto di energia elettrica possa essere fatto rientrare nell’alveo degli artt. 624 e 625 n. 7 c.p., sub specie di cose destinate a pubblico servizio (sul punto, invero, all’indomani della Riforma Cartabia, si è già pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9452/2023 – che può leggersi in allegato –, sulla quale ci si soffermerà nel dettaglio in seguito) o in quello di cui agli artt. 624 e 625 n. 7 bis c.p., sub specie di componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, al fine di ritenerlo tuttora procedibile d’ufficio e, quindi, di poter procedere anche all’arresto obbligatorio in flagranza del reo, a prescindere dalla querela, sporta dalla persona offesa presente sul luogo nell’immediatezza, in base alla situazione normativa attuale, o sopravvenuta della persona offesa prontamente ritracciata nelle quarantotto ore dall’arresto, in forza dell’intervento normativo di prossima entrata in vigore.

Tale opzione ermeneutica, che sinora si è registrata assai raramente in concreto (nel senso che sono davvero poche le ipotesi di reato di furto di energia elettrica in cui è stata contestata la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p., sub specie di cose destinate a pubblico servizio, o quella di cui all’art. 625 n. 7-bis c.p., sub specie di componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia), è quella che è stata sposata dalle società di distribuzione dell’energia elettrica, le quali hanno fatto arrivare a tutti i Tribunali, di tutto il territorio nazionale, un documento, con il quale hanno, sostanzialmente, sollecitato la contestazione nei procedimenti per furto di energia elettrica, al fine evidente di non dover di volta in volta proporre la querela, anche in considerazione dei numeri imponenti di tali procedimenti, della circostanza aggravante delle cose destinate a pubblico servizio così argomentando: “è indubbio che gli impianti di distribuzione ed i contatori che ne costituiscono la parte terminale verso il cliente finale siano apparati destinati all’esercizio del servizio pubblico di cui le società di distribuzione sono titolari nei singoli territori” e ancora “un fenomeno così esteso, come i furti di energia (…), ha dirette ripercussioni sullo stesso interesse generale ad un corretto ed equilibrato funzionamento del sistema elettrico, che si basa proprio sull’esatto raffronto tra l’energia immessa nel sistema e quella rilevata presso i clienti finali, anche ai fini dell’applicazione delle relative imposte” e inoltre “la repressione di tali illeciti, pertanto, non è unicamente posta a tutela del patrimonio delle società di vendita (…) ma anche dello Stato e dei clienti che adempiono regolarmente al pagamento dei propri corrispettivi e sui quali finiscono per gravare anche gli oneri di chi non paga” e infine “con la repressione di questi reati si contrastano anche quei pericoli per la incolumità personale, provocati da chi opera le manomissioni, anche nei riguardi di terzi che vengano successivamente a contatto con le apparecchiature manomesse e rese insicure dai primi” e così concludendo: “ricondurre i furti di energia nell’ambito dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p. risulta conforme sia alla lettera della norma che allo spirito della riforma Cartabia, che ha mantenuto la procedibilità d’ufficio per tutti quei furti in cui si ledano interessi più ampi (come appunto, nel caso specifico, il pubblico servizio afferente all’erogazione dell’energia elettrica)”.

Il furto di energia elettrica, quando sia realizzato ad esempio manomettendo cavi elettrici dell’impianto di illuminazione della rete pubblica, per prelevare abusivamente energia elettrica, e, dunque, cose che abbiano un preciso, innegabile e quasi per così dire intuitivo vincolo di destinazione all’erogazione di un servizio pubblico, può sicuramente essere fatto rientrare nell’alveo degli artt. 624 e 625 n. 7 c.p., sub specie di cose destinate a pubblico servizio, ma potrà, in alternativa, essere fatto rientrare anche nell’alveo degli artt. 624 e 625 n. 7 bis c.p., sub specie di componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, che è ipotesi speciale rispetto a quella di cui agli artt. 624 e 625 n. 7 c.p., quando ricorra il quid pluris, sul piano soggettivo, consistente in ciò che il soggetto passivo del reato è il soggetto pubblico o quello privato che gestisce il servizio pubblico in regime di concessione e, sul piano oggettivo, consistente in ciò che il bene oggetto di furto è proprio parte integrante di un’infrastruttura effettivamente destinata all’erogazione del servizio pubblico, non essendo sufficiente a perfezionare la circostanza aggravante un collegamento tra l’uno e l’altra di carattere occasionale (cfr. Cass., Sez. V, n. 26447 del 6.4.2017).

In queste ipotesi, quindi, ove risultino contestate tali circostanze aggravanti, potrà sicuramente procedersi all’arresto in flagranza, senza previamente acquisire la querela delle società di distribuzione dell’energia elettrica.

Un fattore di complicazione sussiste, però, nell’ipotesi in cui il furto abbia a oggetto contatori o cavi destinati a servire una singola utenza o un singolo appartamento. In questo caso occorre, in primo luogo, verificare quale sia il significato di cose destinate al pubblico servizio. Sono, per giurisprudenza consolidata e più recente, qualificabili tali quelle la cui destinazione è per un servizio fruibile dal pubblico, ovvero accessibile da parte della generalità dei consociati ovvero destinate alla soddisfazione di un bisogno riferibile alla generalità dei consociati (cfr. Cass., Sez. VI, n. 698 del 3.12.2013, in tema di danneggiamento di cosa destinata a pubblico servizio, ma anche Cass., Sez. IV, n. 1850 del 7.1.2016, in tema proprio di furto di energia elettrica). È questa, dunque, un’interpretazione circa la ricorrenza di tale qualifica in senso oggettivo, che prescinde dagli effetti provocati dall’azione delittuosa sul bene ritenuto meritevole di tutela, nel senso che l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p., relativamente al furto su cose destinate a pubblico servizio, non richiede affatto che il fatto del colpevole abbia anche pregiudicato o esposto a pericolo di pregiudizio il servizio pubblico. Una volta chiarito cosa si intenda per cosa destinata a pubblico servizio occorre, in secondo luogo, stabilire se l’energia elettrica conservi la sua indubbia connotazione pubblicistica anche quando alimenti un’utenza privata. Al riguardo, può essere utile richiamare ciò che ha statuito la Suprema Corte in un’ipotesi in cui la sottrazione era avvenuta proprio mediante allacciamento abusivamente effettuato ai terminali della rete elettrica collocati in una proprietà privata. In particolare, la Corte di Cassazione, in tale sentenza, ha stabilito che “ciò che rileva nella fattispecie contestata non è l’esposizione alla pubblica fede dell’energia mentre transita nella rete, bensì e per l’appunto la destinazione della stessa ad un pubblico servizio. Carattere che l’energia elettrica non perde solo perché sottratta dai terminali intranei ad una proprietà privata, posto che la sua destinazione finale non è quella di alimentare l’utenza privata che l’ha richiamata deviandola dalla rete generale e distogliendola dunque dalla fruizione degli altri utenti” (così Cass., Sez. V, n. 1094 del 3.11.2021). Dunque, condividendo tale statuizione e proseguendo lungo la stessa scia, può solo aggiungersi che l’energia elettrica o ha una natura pubblicistica o ne è priva, in considerazione della sostanziale unicità della rete di distribuzione e tale connotazione pubblicistica sicuramente sussiste, in ragione dell’interesse squisitamente pubblico che persegue e prescinde, quindi, del tutto, dalla collocazione in concreto del cavo al quale si è realizzato l’allaccio abusivo. Ciò anche perché, a ragionare diversamente, si giungerebbe a trattare diversamente situazioni sostanzialmente similari e che si differenziano unicamente per una circostanza che potrebbe anche essere del tutto casuale, come appunto quella della collocazione del cavo sul quale il reo decide di agire per realizzare l’allaccio abusivo alla rete elettrica.

Del resto, tale indirizzo sembra sia stato ripreso e confermato dalla Suprema Corte, Sez. IV, con la sentenza n. 9452 dell’8.2.2023, menzionata in precedenza, anche all’indomani della Riforma Cartabia, ritenendo che il reato di furto di energia elettrica, aggravato sub specie di cose destinate a pubblico servizio, sia tuttora procedibile d’ufficio, pur a fronte delle modifiche di favore introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022al regime di procedibilità dei delitti di furto, perché l’energia elettrica è un bene destinato a servizio pubblico. Il caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione riguardava un’ipotesi di sottrazione di energia elettrica dai bagni di proprietà di un ente comunale da parte di un soggetto, al fine di poter illuminare la propria bancarella per la vendita di fiori e utilizzando una prolunga, ma la Suprema Corte ha affermato, in maniera decisa, che l’energia elettrica è un bene destinato a servizio pubblico, sempre e comunque, e, quindi, a prescindere dalla natura dell’utenza alimentata.

Dunque, anche nell’ipotesi in cui il furto abbia a oggetto contatori o cavi destinati a servire una singola utenza o un singolo appartamento, ove risulti contestata la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p., sub specie di cose destinate a pubblico servizio (quella di cui all’art. 625 n. 7 bis c.p., sub specie di componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, invece, non appare configurabile facendo difetto il quid pluris, sul piano oggettivo soprattutto, necessario per ritenerla sussistente), potrà sicuramente procedersi all’arresto in flagranza, senza previamente acquisire la querela delle società di distruzione dell’energia elettrica.

Un ulteriore fattore di complicazione sussiste in termini di contestazione e rileva anche ove ci si trovi in presenza di procedimenti penali per furto di energia elettrica già in corso, prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia. La circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p., sub specie di cose destinate a pubblico servizio, rientra, infatti, sicuramente nel novero delle circostanze aggravanti a contenuto “valutativo”. Di queste circostanze si è occupata in maniera specifica la Suprema Corte, Sezioni Unite, con la sentenza n. 24906 del 19/4/2019, Sorge. In particolare, la Corte di Cassazione, in tale sentenza ed esprimendosi in tema di falso in atto pubblico, ha affermato che non può ritenersi legittimamente contestata, e quindi non può essere ritenuta in sentenza dal giudice, la fattispecie aggravata di cui all’art. 476, comma 2, c.p., qualora nel capo d’imputazione non sia esposta la natura fidefacente dell’atto, o direttamente, o mediante l’impiego di formule equivalenti, ovvero attraverso l’indicazione della relativa norma. Le Sezioni Unite hanno, dunque, escluso che la mera indicazione dell’atto, in relazione al quale la condotta di falso è contestata, sia sufficiente al fine di ritenere adeguatamente garantita la necessità che l’imputato conosca compiutamente dell’imputazione elevata nei suoi confronti, in quanto l’attribuzione ad esso della qualità di documento fidefacente costituisce il risultato di una valutazione. La sentenza Sorge ha, altresì, chiarito che la necessaria contestazione formale di un aggravante a contenuto “valutativo” deriva dalla considerazione del diritto dell’imputato a vedersi correttamente contestato il fatto di reato e le sue circostanze -e non attiene alla questione della diversa qualificazione giuridica del fatto-, desumibile dal sistema processuale penale interno e dai principi dettati dalla stessa Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che, all’art. 6, comma 3, lett. a), dispone che “ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico”, da cui deriva la necessità, perché l'esercizio dei diritti di difesa possa dirsi pienamente garantito, che la natura fidefacente dell’atto, oggetto del falso, sia adeguatamente e correttamente esplicitata nell’imputazione. I principi dettati dalla Suprema Corte devono trovare applicazione anche nelle ipotesi qui in esame, perché la contestazione dell’aggravante delle cose destinate a pubblico servizio è sicuramente differente da quella prevista dall’art. 476, comma 2, c.p., ma comunque omogenea nella natura “valutativa” che la caratterizza. Quindi, certamente, non basta che nel capo d’imputazione sia indicata solo la mera tipologia del bene sottratto, ad esempio discorrendo di energia elettrica sic et sempliciter, perché possa ritenersi contestata in fatto l’aggravante delle cose destinate a pubblico servizio, dal momento che la destinazione delle cose a pubblico servizio implica necessariamente l’esercizio di un’opzione valutativa che si radica su elementi di fatto ma impone una verifica di ordine giuridico sulla natura della res e, appunto, sulla sua specifica destinazione. Ma non basta neppure che nel capo d’imputazione sia indicata la mera norma di legge violata sub specie di art. 625 n. 7 c.p., dal momento che la disposizione di cui all’art. 625 n. 7 c.p., configura plurime fattispecie, che, per consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, possono concorrere tra loro e, tra le diverse ipotesi contemplate dalla norma, vi sono sia quella dell’esposizione della cosa alla pubblica fede, che quella della sua destinazione a pubblico servizio o a pubblica utilità, sicché ci potrebbe essere equivoco su quale circostanza aggravante sia stata contestata in concreto e in fatto. Occorre, invece, che vi sia una contestazione formale e specifica, nel senso che nel capo d’imputazione deve essere esposta esplicitamente la natura dei beni sottratti, vale a dire che le cose oggetto di furto, ovvero l’energia elettrica sottratta, sono destinate a pubblico servizio, o direttamente o mediante l’impiego di formule equivalenti.

Dunque, solo in presenza di contestazione formale e specifica dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 c.p., sub specie di cose destinate a pubblico servizio, potrà sicuramente procedersi all’arresto in flagranza, senza previamente acquisire la querela delle società di distribuzione dell’energia elettrica e, in caso di procedimenti in corso, non sarà necessario acquisire la querela delle società di distribuzione dell’energia elettrica, entro l’ordinario termine di tre mesi, decorrente dall’entrata in vigore della Riforma ex art. 85 d.lgs. n. 150 del 2022, come modificato dall’art. 5-bis d.l. n. 162 del 2022, convertito con modificazioni nella l. n. 199 del 2022.