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23 Gennaio 2023


Sollevata la questione di costituzionalità della norma istitutiva di un Fondo (italiano) per le vittime dei crimini nazisti

Trib. Roma, IV Sezione Civile, ord. 1° dicembre 2022, n. 154



1. Con l’ordinanza n. 154/22 del 1° dicembre 2022 (G. M.T. C/ Repubblica Federale di Germania ed altri 3) una Giudice dell’esecuzione della IV Sezione civile del Tribunale di Roma ha sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 43 c. 3 del d.l. 30 aprile 2002, n. 36 e della l. 29 giugno 2022 n. 79Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – entrata in vigore il 30 giugno. Tale intervento normativo, relativo ai risarcimenti per i crimini nazisti a danno della popolazione italiana, era sorto in via d’urgenza al fine di evitare che la Repubblica Federale di Germania subisse la perdita di un assetto immobiliare in ragione di un procedimento esecutivo davanti al Tribunale di Roma, che vedeva l’udienza per l’autorizzazione alla vendita dei beni pignorati fissata per il 25 maggio scorso. Tuttavia, con il decreto-legge poi convertito, si è poi giunti al singolare risultato per cui lo Stato italiano terrà indenne la Germania dalle pretese delle vittime italiane degli eccidi nazisti e pagherà tutti i risarcimenti in luogo dello Stato tedesco, a mezzo di un apposito Fondo costituendo.

L’ordinanza paventa una possibile violazione degli artt. 2, 3, 24 e 111 Cost., dando così nuovamente la parola alla Corte Costituzionale.

 

2. Si tratta, infatti, di un ulteriore capitolo della annosa saga dei risarcimenti per i crimini nazisti, sorta in anni recenti, molto dopo la scarsa persecuzione penale postbellica, frenata prevalentemente da motivazioni politiche. È una vicenda sviluppatasi parallelamente alla persecuzione penale conseguente alla scoperta dell’armadio della vergogna, terminata nel 2013 e seguita dalla mancata consegna dei condannati da parte della Germania.[1] La responsabilità civile della Repubblica Federale di Germania viene affermata dalla Cassazione per la prima volta in sede civile, nella sentenza Ferrini del 2004,[2] ove si ritiene che l’immunità di diritto internazionale degli Stati dalle giurisdizioni straniere non si estenda a fatti qualificabili come crimini internazionali. Nel processo penale militare la chiamata in giudizio della Germania viene ammessa nel 2006, nel processo per la strage di Civitella in Val di Chiana davanti al Tribunale militare di La Spezia.[3] Nel 2012 si cerca prima una soluzione diplomatica fra i due governi, con l’istituzione di una Commissione di storici italo-tedesca, cui segue la creazione del Fondo italo-tedesco per il futuro.[4] La Germania adisce parallelamente la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), la quale nel 2012 afferma che l’Italia ha violato l’immunità di diritto internazionale della Germania.[5] Dopo un’iniziale conformazione dello Stato italiano, anche a mezzo dell’art. 3 della l. 14 gennaio 2013, n. 5 – che consente l’impugnabilità per revocazione delle sentenze già passate in giudicato – il Tribunale di Firenze, con ordinanza d.d. 21 gennaio 2014, solleva la questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 2 e 24 Cost.[6] Con l’ormai storica sentenza del 23 ottobre 2014, n. 238, la Corte Costituzionale accoglie la questione sollevata, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle norme di diritto interno che impediscono al giudice italiano di accertare l’eventuale responsabilità civile di un altro Stato per la commissione di crimini internazionali nel territorio nazionale a danno di cittadini italiani. Si afferma espressamente che il principio di immunità degli Stati non opera con riferimento a «atti ritenuti iure imperii in violazione del diritto internazionale e dei diritti fondamentali della persona» garantiti dalla Costituzione.

Dal 2014 al 2022 si realizza la situazione paradossale per cui a seguito delle condanne in fase di cognizione,[7] in mancanza di un pagamento spontaneo, le norme sulla fase esecutiva impediscono l’esecuzione forzata su beni di proprietà della Repubblica Federale di Germania collocati in Italia. Ci si riferisce, da un lato, alla norma di diritto internazionale consuetudinario che preclude l’esecuzione sui beni aventi una funzione pubblica,[8] e, dall’altro, all’art. 19 bis del d.l. 12 settembre 2014 n. 132.[9] Introdotta proprio per evitare una crisi diplomatica con la Germania, questa norma impedisce l’esecuzione forzata su conti bancari intestati a uno Stato estero, laddove quest’ultimo presenti una dichiarazione attestante che tali somme sono destinate esclusivamente all’espletamento di funzioni diplomatiche. Nel 2021, tuttavia, in seguito a un tentativo di pignoramento di diversi beni di proprietà della Germania siti in Roma – l’Istituto Archeologico Tedesco, il Goethe Institut, l’Istituto Storico Tedesco e la Scuola Germanica – il Tribunale di Roma rigetta l’opposizione agli atti esecutivi, estendendo alla fase esecutiva i principi elaborati dalla Corte Costituzionale nel 2014.[10]

In seguito alla fissazione dell’udienza per l’autorizzazione alla vendita per il 25 maggio 2022, la Germania presenta un nuovo ricorso alla CIG, lo scorso 29 aprile, chiedendo congiuntamente l’applicazione di misure provvisore.[11] Il giorno successivo al ricorso, il governo italiano adotta il d.l. n. 36, entrato in vigore il 1° maggio. L’art. 43 del d.l. istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze «un Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945, assicurando continuità all’Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica Federale di Germania reso esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica 14 aprile 1962, n. 1263, con una dotazione di euro 20.000.000 per l’anno 2023, di euro 11.808.000 per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026».

Il secondo comma prevede due requisiti alternativi per l’accesso al Fondo: 1) avere ottenuto una sentenza passata in giudicato avente ad oggetto l’accertamento e la liquidazione dei danni a seguito  di azioni giudiziarie avviate alla data di entrata in vigore del decreto (1° maggio) ovvero nei 30 giorni successivi; 2) una definizione transattiva (riferibile anche a giudizi instaurati successivamente al 1° maggio).

L’intervento normativo comporta anche il blocco delle procedure esecutive – compresa quella di Roma all’origine della vicenda – in quanto, il co. 3 prevede che «in deroga all’articolo 282 del codice di procedura civile, anche nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le sentenze aventi ad oggetto l’accertamento e la liquidazione dei danni di cui al comma 1 acquistano efficacia esecutiva al momento del passaggio in giudicato. Le procedure esecutive basate sui titoli aventi ad oggetto la liquidazione dei danni di cui al comma 1 non possono essere iniziate o proseguite e i giudizi di esecuzione eventualmente intrapresi sono estinti».

Come conseguenza dell’adozione del decreto, la Germania ritira la propria richiesta di misure provvisorie,[12] mentre il ricorso principale resta pendente.[13]

La legge di conversione del 29 giugno introduce alcuni emendamenti. Il nuovo co. 3 sancisce che le procedure esecutive «sono eseguite esclusivamente a valere sul Fondo di cui al medesimo comma 1». Con questa modifica, lo Stato italiano manleva e mantiene indenne definitivamente la Repubblica Federale di Germania. Si interviene poi espressamente anche per evitare che l’Italia diventi sede prescelta per una giurisdizione universale in ragione della sentenza del 2014. Sempre nel nuovo co. 3, infatti, si prevede: «Le procedure esecutive basate sui titoli aventi ad oggetto la liquidazione dei danni di cui al comma 1 o derivanti da sentenze straniere recanti la condanna della Germania per il risarcimento di danni provocati dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945 non possono essere iniziate o proseguite e i giudizi di esecuzione eventualmente intrapresi sono estinti». Ancora, si specifica che dall’erogazione degli importi aventi diritto saranno «detratte le somme eventualmente già ricevute dalla Repubblica italiana a titoli di benefici o indennizzi ai sensi della legge 10 marzo 1955, n. 96, del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1963, n. 2043, della legge 18 novembre 1980, n. 791, e della legge 29 gennaio 1994, n. 94».

Infine, il termine di 30 giorni per l’avvio di un procedimento nei confronti della Germania viene esteso a 180 giorni, spostando così la data – tenendo conto della sospensione processuale – al 28 novembre scorso. Ad oggi, tuttavia, il nuovo governo non ha ancora emanato il decreto attuativo, prodromico alla creazione del Fondo

 

3. L’ordinanza in commento si concentra su due profili principali di incostituzionalità, per poi menzionarne brevemente un terzo.

In primo luogo, la Giudice a quo evidenzia una violazione del «principio di insopprimibile garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti di cui agli artt. 2 e 24 Cost., che è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia». Si sottolinea infatti che «Il diritto del creditore a soddisfarsi in sede esecutiva costituisce componente essenziale del diritto di accesso al giudice, sancito dall’art. 24 Cost. […]. L’azione esecutiva è, invero, fattore complementare e necessario dell’effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa anche in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore […]. La fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia deve ritenersi costituzionalmente necessaria». Ciò premesso, l’ordinanza evidenza come la norma in parola «nega sine die il diritto di una categoria specifica di creditori […] di accedere al G.E. al fine rendere effettiva l’attuazione del provvedimento del giudice ottenuto in sede di cognizione in caso di inadempimento spontaneo da parte del debitore». Si evidenzia dunque il paradosso per cui, dopo che con la sentenza del 2014 «la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto a vedere accertata in un ordinario processo di cognizione instaurato dinanzi ad un giudice italiano la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich, […i creditori] subirebbero ora, in ragione dell'art. 43 cit., la soppressione incondizionata del loro diritto di procedere ad esecuzione forzata in ragione di titoli di condanna ottenuti all’esito dei suddetti giudizi di accertamento. Essi sarebbero privati del diritto inviolabile alla tutela giurisdizionale in sede esecutiva e di vedere effettivamente attuato, anche in via coattiva, il diritto al risarcimento del danno già accertato in sede di cognizione».

In secondo luogo, la Giudice paventa una violazione dell’art. 111 Cost., in relazione al principio di parità delle parti nel processo, in quanto «Il Legislatore statale sembra aver creato una fattispecie di ius singulare, che, spiegando i suoi effetti in un processo già iniziato, determina un evidente sbilanciamento a favore della parte esecutata del presente procedimento, esentando il solo Stato della Repubblica Federale di Germania dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria ed, in particolare, dal suo eventuale adempimento forzoso. Questo squilibrio fra le parti processuali non pare trovare un contrappeso idoneo nella costituzione di un fondo di ristoro presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze previsto dal primo comma della norma».

Questo passaggio risulta di particolare interesse, perché l’ordinanza non sembra rinvenire un’incostituzionalità della soluzione proposta dal legislatore in sé e per e sé, ma solo in ragione del fatto che si riconosce ai creditori «un diritto di mero accesso al fondo, senza che sia attualmente prevista la disciplina del procedimento amministrativo ad esso relativo, l’entità parziale o totale del futuro ristoro, le modalità di erogazione di quanto sia loro eventualmente riconosciuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’istituzione del fondo non sembra costituire, quindi, una modalità di soddisfazione fungibile rispetto a quella che può essere ottenuta nel procedimento esecutivo». Non si tratta di un passaggio di poco conto, come confermano le affermazioni immediatamente successive. A giudizio della Giudice, infatti, «lo Stato Italiano ha piena facoltà di adempiere alle obbligazioni gravanti sulla Repubblica Federale di Germania a favore dei propri cittadini, cosi come qualunque terzo può estinguere i debiti altrui in virtù di negozi fra essi stipulati», tuttavia, ad oggi, «la posizione processuale degli eredi di xxx non è posta in una situazione di temporanea quiescenza in attesa dell’adempimento da parte dello Stato Italiano delle obbligazioni gravanti sulla Repubblica Federale di Germania – come sarebbe avvenuto se il Legislatore avesse previsto un’ipotesi di improcedibilità temporanea del procedimento o di sospensione ex lege ex art. 623 c.p.c. – ma appare essere irrimediabilmente travolta dalla espressa individuazione di una causa di estinzione tipica. […] L’obbligo assunto dalla Repubblica Italiana di tenere indenne la Repubblica Federale di Germania dalla responsabilità per crimini di guerra accertata dalla giurisdizione italiana – che rientra nella piena discrezionalità del Legislatore – […]  si traduce nella estinzione incondizionata del diritto di procedere ad esecuzione forzata sulla scorta di titoli esecutivi che consacrano diritti di credito, che il Legislatore stesso si propone di soddisfare».

Infine e brevemente, l’ordinanza fa anche riferimento al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in relazione al fatto che l’accesso al Fondo è limitato «a coloro che siano cittadini italiani ovvero a coloro che abbiano subito danni per crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano». Il criterio adottato dal legislatore, secondo l’ordinanza, «non sembra ancorato a un criterio di ragionevolezza». Si evidenzia, tuttavia, come, fatta questa premessa, l’ordinanza ometta di sollevare la questione di costituzionalità con riferimento alla seconda parte dell’art. 43 c. 3, così come modificata in sede di conversione, che preclude l’esecuzione di sentenze straniere. Questo aspetto rimane pertanto estraneo al giudizio di costituzionalità.

 

4. In attesa di conoscere come la Consulta si pronuncerà, si può innanzitutto evidenziare che l’ordinanza in questione fa riferimento solo ad alcuni dei possibili profili di incostituzionalità dell’intervento legislativo.[14] Fra gli altri, si può menzionare l’argomentazione facente leva sul diritto internazionale. Essa, tuttavia, non pare convincente, in quanto, se è vero che per i crimini internazionali è riconosciuta l’imprescrittibilità in sede penale (e comunque ivi poi limitata dal termine naturale della morte dell’imputato), non pare sussistere una norma cogente equivalente in relazione alle azioni civili per i danni derivanti da crimini internazionali. Si potrebbero poi ipotizzare altre forme di disparità di trattamento fondate sull’art. 3 Cost., in primo luogo con riferimento al termine perentorio entro cui instaurare il procedimento per cui accedere al Fondo. Come evidenziato dalle associazioni delle vittime nella loro lettera ai Presidenti di Camera e Senato,[15] ciò demanda al giudice l’accertamento della qualifica di vittima e crea una disparità fra le vittime che hanno agito giudizialmente e quelle che non hanno voluto o potuto farlo. È poi evidente la disparità di trattamento nei confronti delle vittime straniere del nazismo, che avevano già avviato dei procedimenti esecutivi in Italia, ora bloccati espressamente dal legislatore e senza nemmeno la possibilità di rivalersi sul Fondo italiano.[16] Profili di violazione dell’art. 3 Cost. possono essere ipotizzati anche rispetto ai casi di condanna per danni derivanti da crimini di guerra o crimini contro l’umanità, pronunciate nei confronti di Stati diversi dalla Germania, come Serbia e l’Iran.[17] Queste sentenze potrebbero infatti ancora venire eseguite in futuro. Si può poi immaginare una disparità nei confronti delle vittime del fascismo e della Repubblica Sociale Italiana (RSI), le quali non sono state risarcite su base individuale a seguito di un’azione giudiziale; ciò anche perché pare complessa la questione della continuità fra lo Stato monarchico-fascista e la Repubblica italiana antifascista.[18] Al contrario, una continuità viene totalmente esclusa fra la RSI – stato fantoccio e illegittimo, secondo la dottrina maggioritaria[19] – e la Repubblica Italiana. Con il Fondo costituendo, lo Stato va a fornire alle vittime di crimini nazisti una compensazione sulla base di un accertamento giudiziale del danno subito, che non è mai stata riconosciuta alle vittime di crimini del fascismo e della RSI. È parimenti lecito domandarsi che cosa potrebbe accadere in caso di una possibile futura azione civile nei confronti dello Stato italiano da parte delle molte popolazioni straniere che hanno subito gravissime violazioni da parte dell’esercito italiano, dall’Etiopia alla Libia, dalla Spagna alla Jugoslavia e alla Grecia. Verosimilmente, nessun giudice italiano potrebbe mai negare un loro diritto al risarcimento alla luce della sentenza del 2014. E in quel caso, si darebbe esecuzione alle sentenze? In caso di risposta negativa, le vittime straniere del fascismo sarebbero irragionevolmente soggette a disparità di trattamento, per di più senza avere accesso al Fondo.

La Corte costituzionale sembra dunque trovarsi ora in una posizione molto scomoda, frutto della sentenza del 2014, di cui forse non si erano considerate tutte le possibili implicazioni. L’ordinanza sceglie un approccio soft e decisamente dialogante – maliziosamente lo si potrebbe definire financo furbo –, lasciando intendere che i profili di costituzionalità potrebbero essere facilmente risolti con un intervento del legislatore che, da un lato, renda effettivo e rapido il pagamento a mezzo del Fondo e, dall’altro, lo estenda anche alle vittime straniere che abbiano instaurato un giudizio in Italia entro il termine. In realtà, al di là della logica “politica” che ispira questo provvedimento, la questione sembra essere molto più radicale e profonda di quanto l’ordinanza non voglia ammettere. Si tratta di chiedersi se la sentenza del 2014 abbia messo la Corte Costituzionale in un vicolo cieco. In altre parole, posto quanto affermato e in maniera così radicale e altisonante nel 2014, con un’eco mondiale, può oggi la Corte ammettere una soluzione “politica” diversa dalla strada giudiziale,[20] senza contraddire se stessa e tornare sui suoi passi?

 

 

 

 

[1] Sia consentito il rinvio a P. Caroli, Transitional Justice in Italy and the Crimes of Fascism and Nazism, Abingdon, 2022, p. 67 ss.; cfr. anche M. De Paolis - P. Pezzino, La difficile giustizia. I processi per crimini di guerra tedeschi in Italia 1943–2013, Roma, 2016.

[2] Cfr. ex plurimis, A. Giannelli, Crimini internazionali ed immunità degli Stati dalla giurisdizione nella sentenza Ferrini, in RDInt, 2004, pp. 643-684; P. De Sena – F. De Vittor, State Immunity and Human Rights: The Italian Supreme Court Decision on the Ferrini Case, in EJIL, 16, 1, 2005, pp. 89-112; A. Gattini, War Crimes and State Immunity in the Ferrini Decision, in JICJ, 3, 1, 2005, pp. 224-242. In senso contrario e sulle problematicità sollevate dalle pretese degli IMI (Internati militari italiani), che non si fonderebbero su reati puniti con l’ergastolo e quindi imprescrittibili, cfr. Trib. Torino, 20.10. 2009, N. 7137 Mantelli; P. Actis Perinetto - L. Pasquet, Immunità e prescrizione come estreme difese degli stati autori di gravi crimini internazionali: il caso dei deportati italiani, in ISPI Analysis, 2, 2010, pp. 1-9.

[3] M. Frulli, La ‘derogabilità’ della norma sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione in caso di crimini internazionali: la decisione della Corte di Cassazione sulla strage di Civitella della Chiana, in Dir. um. dir. int., 3, 2, 2009, pp. 442 ss.; A. Ciampi, The Italian Court of Cassation Asserts Civil Jurisdiction Over Germany in a Criminal Case Relating to the Second World War: The Civitella Case, in JICJ, 7, 3, 2009, pp. 597-615.

[5]  ICJ, Jurisdictional Immunities of the State (Germany v. Italy: Greece intervening), 3.02.2012; cfr. F. Viganò, La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sui crimini nazisti: illegittime le sentenze di condanna dello Stato tedesco, in Dir. Pen. Cont., 7.02.2012; S. Negri, Sovereign Immunity v. Redress for War Crimes: The Judgment of the International Court of Justice in the Case Concerning Jurisdictional Immunities of the State (Germany v. Italy), in ICLR, 16, 1, 2014, pp. 123-137.

[6] L’elaborazione dottrinale su tale storica sentenza è troppo estesa per essere qui citata; per tutti, si veda una recente riflessione collettiva e transnazionale realizzata dal Max Planck Institute for Comparative Public Law and International Law di Heidelberg: V. Volpe, A. Peters, S. Battini (a cura di), Remedies against Immunity?, Heidelberg, 2021.

[7] Cfr. G. Berrino, Cala ancora una volta la scure delle Sezioni Unite sull’esenzione della Germania dalla giurisdizione italiana per crimini internazionali perpetrati dal regime nazista, in questa Rivista, 27.10.2020; C.M. Mariottini, Deutsche Bahn AG v. Regione Stereá Ellada, in AJIL, 114, 3, 2020, pp. 486-493.

[8] Si veda in particolare l’art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni del 2004, ritenuto espressione di una norma internazionale cogente. Sul tema, P. Palchetti, Right of Access to (Italian) Courts über alles? Legal Implications Beyond Germany’s Jurisdictional Immunity, in Remedies against Immunity?, cit., pp. 39-53.

[9] A mezzo dell’art. 19-bis del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 132, inserito in sede di conversione (l. 162 del 10 novembre 2014). Cfr. B. Conforti, Il legislatore torna indietro di circa novant’anni: la nuova norma sull’esecuzione sui conti correnti di Stati stranieri, in RIDInt, 98, 2015, pp. 558-561.

[10] Trib. Roma, IV, 12.7.2021.

[13] Cfr. https://www.icj-cij.org/en/case/183. Sui possibili sviluppi, K. Oellers-Frahm, Questions relating to the request for the indication of provisional measures in the case Germany v Italy, in QIL Zoom-in 2022,  pp. 5-17; R. Pavoni, Germany versus Italy reloaded: Whither a human rights limitation to State immunity?, in QIL Zoom-in, 2022, pp. 19-40.

[14] Per un’analisi più compiuta sia consentito rinviare a P. Caroli, Crimini tedeschi e soldi italiani? Osservazioni sull’epilogo della triste saga dei risarcimenti alle vittime degli eccidi nazisti, in LP, 15.9.2022.

[15] La lettera inviata da diverse associazioni il 20 maggio è pubblicata sulla pagina Facebook dell’Associazione Martiri Sant’Anna di Stazzema 12 agosto 1944.

[16] Si pensi ad esempio al caso Distomo relativo a crimini commessi in Grecia, cfr. G. Boggero - K. Oellers-Frahm, Between Cynicism and Idealism: Is the Italian Constitutional Court Passing the Buck to the Italian Judiciary?, in Remedies against Immunity?, cit., pp. 281-309.

[17] Ivi, p. 292.

[18] Si segnala una causa civile pendente relativa alla confisca di un libretto di risparmio in virtù delle leggi razziali, cfr. M. Preve, Genova, Mussolini fece confiscare il suo conto: dopo 70 anni fa causa alla banca e allo Stato, in La Repubblica, 24.11.2022.

[19] Cfr. P. Caroli, Transitional Justice, cit., p. 108.

[20] Cfr. P. Palchetti, op. cit., p. 50.