Cass., Sez. VI, sent. 28 settembre 2021, dep. 12 ottobre 2021, n. 37085, Pres. Mogini, Est. Aprile
1. Con la pronuncia che qui si segnala i giudici della Sesta Sezione tornano ad interrogarsi sull’effettiva estensione del reato di indebita compensazione disciplinato all’art. 10 quater d.lgs. 74/2000, riconoscendo chiaramente la rilevanza penale della c.d. “compensazione orizzontale”.
La vicenda sottoposta allo scrutinio dei giudici di legittimità traeva origine da un’ordinanza del Gip di Reggio Calabria, con cui era stata disposta la misura cautelare del sequestro preventivo nei confronti dell’imputato, in relazione ai reati di cui agli artt. 81 e 316 ter c.p., per avere quest’ultimo indebitamente percepito dallo Stato erogazioni in termini di risparmio di spesa, portando a conguaglio, negli anni 2013, 2014 e 2015, importi per assegni nucleo familiare, invero mai corrisposti ai propri dipendenti né da questi richiesti. Successivamente, l’imputato proponeva richiesta di riesame (ex art. 322 c.p.p.) presso il Tribunale reggino, il quale riformava parzialmente il provvedimento, riducendo la misura del vincolo fino alla concorrenza di un nuovo importo, per il resto confermando il medesimo decreto. Avverso l’ordinanza del Riesame, pertanto, la difesa dell’imputato proponeva ricorso – per violazione di legge – lamentando come il Tribunale avesse erroneamente qualificato i fatti accertati come delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (ex art. 316-ter c.p.) invece che, più correttamente, come delitto di indebita compensazione (ex art. 10 quater d.lgs. 74/2000) (che sarebbe stato in concreto insussistente per il mancato superamento della soglia di punibilità, oltre che per intervenuta prescrizione).
I giudici di legittimità hanno deciso per l’accoglimento del ricorso, assumendo una chiara posizione su alcuni dubbi interpretativi in merito alla estensione tipica del delitto tributario di cui all’art. 10 quater, oltre a soffermarsi sui rapporti intercorrenti tra detta fattispecie e il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
2. Un sintetico inquadramento della fattispecie incriminatrice in esame: come noto, il reato di indebita compensazione è stato introdotto nel nostro ordinamento per il tramite del d.l. 223/2006, al fine di rafforzare la tutela penale dell’interesse erariale in sede di riscossione dei tributi, con lo scopo dichiarato di arginare il fenomeno tipico dell’evasione da riscossione[1]. Nella sua versione originaria, però, l’art. 10 quater sanzionava la condotta del contribuente che provvedeva a portare in compensazione (ai sensi del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17) nel mod. F24 crediti non spettanti o inesistenti, omettendo in tal modo i versamenti delle “somme dovute”. La norma prevedeva un rinvio alla fattispecie di cui all’art. 10 bis, da intendersi limitato al trattamento sanzionatorio e alla soglia di punibilità. L’assetto normativo attualmente in vigore è, invece, frutto delle modifiche intervenute con il d.lgs. 150/2015, con cui il legislatore ha provveduto ad eliminare il discutibile rinvio all’art. 10 bis e a scindere la fattispecie in due autonome figure di reato, prospettando in particolare un diverso trattamento sanzionatorio a seconda che la condotta di indebita compensazione afferisca a crediti non spettanti (comma 1) o a crediti inesistenti (comma 2)[2].
3. In giurisprudenza e in dottrina è tuttavia riscontrabile un contrasto interpretativo in ordine alla definizione dell'ambito di configurabilità del reato in questione con particolare riguardo al significato tipico attribuibile al sintagma “somme dovute”.
Secondo un primo orientamento, la formulazione letterale, infatti, sembra configurare le ipotesi delittuose di cui all’art. 10 quater come strumento di tutela concernente tutte le tipologie di tributi erariali e locali, così come i contributi previdenziali, cui si riferisce l’art. 17 del d.lgs. 241/1997[3]. Secondo una diversa e contraria opinione, invece, in ragione della sua collocazione all'interno di un testo normativo concernente i soli reati attinenti dette imposte e con la speciale causa di non punibilità del pagamento del debito tributario disciplinata dall’art. 13, comma 1 del d.lgs. 74/2000, la condotta di omesso versamento ex art. 10 quater concernerebbe esclusivamente le somme dovute a titolo di imposte sui redditi e sul valore aggiunto[4].
Al di là, comunque, della discussione sulla portata da attribuire al concetto di “somme dovute” (e, dunque, alla natura dei debiti nei confronti dell’orario), la dottrina ritiene pacifico che i crediti opposti in compensazione possano essere tutti quelli menzionati dall’art. 17 del d.lgs. 241/1997, ivi compresi anche quelli previdenziali[5].
Inoltre, mentre è indubitabile il fatto di essere in presenza di un reato commissivo[6], costituisce ulteriore punto di controversia l’esatto perimetro applicativo da attribuire alla fattispecie: ci si interroga, infatti, se la condotta sanzionata si riferisca solo alla compensazione orizzontale[7] (ossia tra crediti e debiti riconducibili a tributi o imposte di diversa natura) o anche alla compensazione verticale (ossia tra crediti e debiti relativi alla medesima imposta)[8].
4. La Corte di Cassazione, però, con la pronuncia in epigrafe, ha risolto la questione a favore dell’orientamento più estensivo, facendo appello a due ordini di ragioni: uno di tipo letterale, l’altro di ordine teleologico.
4.1. Quanto al primo motivo, si sottolinea come l’art. 10 quater faccia espresso rinvio alla compensazione tributaria, così come disciplinata dall’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, la quale ha introdotto la possibilità per ciascun contribuente che intenda utilizzare un modello di versamento unitario delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, di operare la compensazione dei crediti e dei debiti riguardanti lo stesso periodo, anche nel caso in cui i crediti e i debiti concernano tributi di natura diversa ovvero prestazioni di natura non tributaria. D’altro canto, osservano sempre i giudici della VI sezione, a nulla rileva – come invece fa notare la tesi restrittiva – che il d.lgs. 74/2000 faccia riferimento alla sola disciplina delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, posto che “è ben noto come si tratti di un ‘contenitore' avente ad oggetto anche violazioni rilevanti penalmente concernenti altri tributi”[9]. Né, tantomeno, rileva il fatto che la causa di non punibilità prevista all’art. 13 del medesimo decreto parifichi il reato dell'art. 10 quater a quello degli artt. 10 bis e 10 ter che attengono all'omesso versamento di ritenute dovute ai fini delle imposte dirette o all'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto[10], trattandosi quest’ultime di ipotesi che hanno come presupposto comune la differente condotta di chi abbia correttamente dichiarato il proprio debito tributario.
4.2. Ad ulteriore sostegno di questa tesi milita peraltro – sempre nell’ottica del ragionamento seguito dalla sentenza in commento - la lettura che dell’art. 10 quater ha fornito il giudice delle leggi nell’affermare l’infondatezza di una q.l.c. con riferimento alla predetta norma[11]. In quell’occasione, infatti, la Corte Costituzionale aveva ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 quater, nel testo anteriore alla riforma del 2015, censurato per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui, con riguardo al delitto di indebita compensazione, indicava il limite di punibilità in 50.000 euro annui anziché in 150.000 euro, ossia il “massimale” riservato al reato di dichiarazione infedele di cui all'art. 4 del d.lgs. 74/2000. Il reato di indebita compensazione – come affermato dalla Consulta per giustificare la ragionevolezza di una simile distinzione - “accoppia al disvalore di evento (omesso versamento di somme dovute) uno specifico disvalore di azione, consistente nell'abusiva utilizzazione dell'istituto della compensazione in materia tributaria” disciplinato dall’art. 17[12]. Norma, quest’ultima, con cui il legislatore, superando una concezione restrittiva per cui l'istituto della compensazione in materia tributaria era ritenuto applicabile ai crediti nei soli casi eccezionalmente previsti e solo per l’ipotesi di compensazione verticale, avrebbe proposto una concezione innovativa, "consentendo al contribuente di effettuare un versamento unitario delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, […] in deroga al requisito dell'identità dei soggetti titolari delle reciproche posizioni debitorie e creditorie, previsto dal codice civile".
5. Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, la Corte di Cassazione ha riaffermato il principio di diritto secondo il quale il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti (art. 10 quater d.lgs. 74/2000) “è configurabile, alla luce dell'ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dalle norme tributarie disposto dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, sia nel caso di compensazione "verticale", riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione "orizzontale", concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, purché previste dal predetto d.lgs”.
6. Da ultimo, la Corte si è soffermata sui rapporti intercorrenti tra reato tributario (ex art. 10 quater) e indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter c.p.), sancendo – in ossequio al principio di specialità di cui all’art. 15 c.p.[13] – la prevalenza del reato tributario rispetto alla fattispecie codicistica. Riqualificati pertanto i fatti in termini di indebita compensazione (anziché di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) e non risultando agli atti il superamento della soglia di punibilità di 50.000 euro (per ciascun periodo annuale), la Corte ha riconosciuto l’assenza delle esigenze cautelari (in particolare, il fumus commissi delicti) per l’applicazione del sequestro preventivo, conseguentemente annullando – senza rinvio – sia l’ordinanza impugnata sia il decreto genetico della misura reale.
[1] Cfr. Relazione governativa al d.l. 223/2006.
[2] Già la dottrina, in vigenza del citato assetto normativo, aveva censurato l’irragionevolezza di un’equiparazione, agli effetti penali, di due condotte di tipo diverso e disomogenee: fraudolenta l’una (compensazione di crediti inesistenti), inerente all’errore su norma tributaria l’altra (compensazione di crediti non spettanti). Sul punto cfr. C. Manduchi, sub art. 10 quater d.lgs. 74/2000, in T. Padovani (a cura di) Leggi penali complementari, Milano, 2007, p. 1130
[3] In questo senso Circolare dell’Agenzia delle entrate 28/E del 2 agosto 2006. In giurisprudenza, a sostegno della tesi estensiva vedi Cass. pen., sez. III, 21/01/2015, n. 5177; Cass. Pen., sez. II, 20/05/2009, n. 35968 (per cui l’utilizzo della dizione “somme dovute” si presenta priva di qualsiasi richiamo al titolo del debito, proprio perché la compensazione avviene tra crediti e debiti con titoli promiscui); Cass. Pen., sez. II, 16/03/2016, n. 15989; Cass. Pen., sez. III, 18/09/2020, n. 389; Cass. pen., sez. III, 16/02/2021, n. 30032. In dottrina cfr. G. Cernuto, F. D’Arcangelo, I reati omissivi e di indebita compensazione, in A. Giarda., A. Perini, G. Varraso (a cura di) La nuova giustizia penale tributaria, p. 387; D. Badodi, Indebita compensazione, in C. Nocerino -S. Putinati (a cura di), La riforma dei reati tributari, Torino, 2015, p. 237 e ss.
[4] In giurisprudenza v. Cass. pen., sez. I, 10/05/2019, n. 38042. Propende per questa tesi essenzialmente la dottrina maggioritaria, per cui v. A. Perini, Diritto penale tributario, in A. Cianci, A. Perini, C. Santoriello (a cura di) La disciplina penale dell’economia, II, Torino, 2008, p. 174; E. Musco, Ardito F., Diritto penale tributario, III ed., Bologna, 2016, p. 320; Di Siena M., La nuova fattispecie criminosa di indebita compensazione, in Fisco, 2006, I, p. 5647.
[5] Su tutti v. A. Lanzi, P. Aldrovandi, Diritto penale tributario, Milano, 2017, p. 464.
[6] G. L. Soana, I reati tributari, Milano, 2009, p. 325; D. Badodi, op. cit., p. 245. In giurisprudenza v. Cass. pen., sez. III, 15/01/2015, n. 15326.
[7] Ritengono possa operare solo con riferimento alla compensazione orizzontale M. Basilavecchia., Credito “riportato” ma inesistente: rilevanza penale dell’utilizzo, in Corr. Trib., 2001, p. 3 e ss.; A. Traversi, Aspetti controversi sul reato di indebita compensazione, in Corr. Trib., 2011, p. 2666 e ss.; C. Todini, L’equivoco sulla compensazione mette a rischio il meccanismo della detrazione?, in Rass. Trib., 2011, p. 1011.
[8] Per questo orientamento v. Cass. pen., sez. III, 11/11/2010, n. 42462; Cass. pen., sez. III, 03/03/2020, n. 13149 per cui “la compensazione di cui al reato ex art. 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, ricomprende sia quella c.d. verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omogenea, sia quella c.d. orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, anche non afferenti alle imposte dirette od all'i.v.a. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'art.10-quater, d.lg. n.74 del 2000, richiamando espressamente l'art.17, d.lg. 9 luglio 1997, n.241, risulta applicabile anche alle ipotesi di indebita compensazione tra crediti risultanti da dichiarazioni fiscali ed altre imposte, contributi previdenziali ed assistenziali, premi Inail ed altre somme dovute allo Stato, alle Regioni, agli enti locali od altri enti)”; Cass. pen., sez. III, 30/10/2018, n. 8689; Cass. pen., sez. III, 12/09/2018, n. 5934.
[9] Cass. pen., sez. VI, 28/09/2021, n.37085, cit., p. 3.
[10] In questo senso Cass. pen., sez. I, 10/05/2019, n.38042 per cui questa “lettura non è semplicemente coerente con la collocazione della fattispecie all'interno di un Decreto Legislativo, che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ma appare la sola in linea, sul piano sistematico, con le "Disposizioni comuni" contenute nel Titolo III, che, quando specificano gli importi dovuti così come presi in considerazione dalle previsioni incriminatrici, si confrontano unicamente con debiti tributari e imposte evase. A tal proposito risultano particolarmente indicative le disposizioni contenute nell'art. 13, comma 1, che, riferendosi indistintamente alle fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, disciplinano la speciale causa di non punibilità del pagamento del debito tributario in termini che non possono avere alcuna compatibilità con obblighi come quelli relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, ossia con quei debiti che, seguendo il sopracitato orientamento di legittimità, potrebbero rappresentare i soli ai quali riferire il mancato pagamento che vale a integrare il reato previsto dall'art. 10-quater citato. Una parificazione fra le tre predette fattispecie da cui può, quindi, trarsi la conferma che quella contemplata dalla norma appena menzionata, come le altre due, punisce sempre e solo l'omesso versamento delle succitate imposte”.
[11] C. Cost., 21/02/2018, n.35 con nota di A. Termine, Infondata la questione di legittimità costituzionale relativa alla soglia di punibilità di 50.000 euro del delitto di indebita compensazione ex art. 10-quater d.lgs. 74/2000, in Dir. pen. contemporaneo, 4/2018, p. 147 e ss.
[12] A parere della Consulta, infatti, mentre nel reato di dichiarazione infedele l’oggetto materiale restringe la possibilità di commettere il reato ai soli casi di compensazione verticale, ossia di inserimento di elementi passivi inesistenti della stessa natura del tributo la cui dichiarazione si sta compilando, nel reato di indebita compensazione il fatto di utilizzare un modello di versamento unitario, nel quale confluiscono tributi della più svariata natura consentirebbe di ritenere tipica sia la condotta consumatasi mediante una compensazione verticale, sia quella consumatasi attraverso una compensazione orizzontale, ossia tra crediti e debiti di imposta di natura diversa.
[13] Come, peraltro, già risolto in una precedente pronuncia, ossia Cass. pen., sez. III, 14/12/2011, n.7662.