Cass., Sez. III, 23 giugno 2020, (dep. 29 luglio 2020), n. 23027, Pres. Di Nicola, Rel. Scarcella
Segnaliamo, per l'interesse, una recente pronuncia della III sezione penale della Cassazione che, in materia reati tributari, ha – per un verso – ribadito che il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato, in cui si perfeziona la condotta decettiva del contribuente e si realizza il mancato versamento, per effetto della compensazione dei debiti verso l’Erario con crediti in realtà non spettanti secondo la normativa, e – per altro verso – ha precisato che a nulla rileva la mancata registrazione dell’operazione nel c.d. cassetto fiscale.
Nel caso di specie sussisteva la prova della compilazione e presentazione del modello F24 e la apparentemente contraria risultanza documentale rappresentata dal “cassetto fiscale” è stata ritenuta dalla Corte non idonea a dimostrare ex se l’insussistenza del fumus del reato.
Il “cassetto fiscale”, infatti, è solamente un servizio telematico attraverso il quale il contribuente può consultare le proprie informazioni fiscali e – secondo la Corte – costituisce un documento che ha una mera valenza ricognitiva del rapporto obbligatorio inter partes, ma è privo di effetti costitutivi o modificativi.
Dunque, una volta presentato il modello F24, l’eventuale mancato computo della compensazione da parte dello Stato, ed il conseguente non aggiornamento del “cassetto fiscale” non rilevano ai fini della consumazione del reato di indebita compensazione.