Cass. civ., Sez. I, ord. 23 settembre 2021 (dep. 3 novembre 2021) n. 31513, Pres. Vannucci, Rel. Campese
1. Nell’ordinanza che si segnala, la Cassazione civile affronta il tema della bancarotta patrimoniale e della bancarotta preferenziale, annullando la sentenza di appello che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno ex art. 2049 c.c. presentata da un fallimento contro una banca.
In particolare, dalla lettura della decisione in commento si deduce che la banca in questione aveva concesso (nel 1992) un mutuo ipotecario ad un imprenditore individuale, successivamente fallito. L’importo mutuato era stato, in parte, trasferito al fratello del mutuatario e, in altra parte, utilizzato da quest’ultimo per saldare un pregresso debito chirografario nei confronti della stessa banca. In aggiunta, anche il beneficiario del trasferimento (il fratello dell’imprenditore direttamente finanziato) adoperava la somma ricevuta per ripagare un debito nei confronti del medesimo istituto di credito.
Successivamente al fallimento dell’imprenditore individuale, la procedura citava in giudizio la banca chiedendo il risarcimento dei danni derivanti dalle condotte del funzionario dell’istituto di credito, qualificate come concorso in bancarotta per distrazione e come concorso in bancarotta preferenziale con il fallito.
In particolare, una volta accertato l’assenso del fallito circa il trasferimento di parte della somma mutuata sul conto corrente del fratello, secondo l’attrice il comportamento del funzionario bancario interessato avrebbe integrato gli estremi del concorso in bancarotta per distrazione poiché vi era stato un atto a titolo gratuito tramite il quale si era inciso negativamente sulla funzione di garanzia del patrimonio dell’impresa finanziata; inoltre, nell’impostazione attorea, la condotta di concessione del mutuo ipotecario, con successivo rientro del debito pregresso, avrebbe costituito una forma di bancarotta preferenziale, in quanto finiva col trasformare il credito chirografario della banca in credito privilegiato.
Il giudice di primo grado, così come quello d’appello, avevano rigettato le domande del fallimento sulla base dei seguenti presupposti.
In primo luogo, in fatto, risultava provato che, al momento dell’erogazione del mutuo, l’imprenditore finanziato non era insolvente, essendosi l’insolvenza verificata in epoca successiva, per effetto della revoca dei fidi da parte della stessa banca.
In secondo luogo, circa la sussistenza della bancarotta per distrazione, si riteneva impossibile addebitare la condotta di reato al funzionario della banca – in concorso con il fallito – in quanto non vi era prova del fatto che, al momento della concessione del finanziamento, il primo fosse a conoscenza dello stato di insolvenza dell’impresa mutuata.
In terzo luogo, per quanto riguarda la bancarotta preferenziale, all’astratta tipicità oggettiva del fatto tipico, sub specie di simulazione di titolo di prelazione, non corrispondeva la colpevolezza del funzionario della banca convenuta poiché – nuovamente – non era possibile affermare che costui avesse deliberato il finanziamento nella consapevolezza dell’insolvenza del destinatario del mutuo ipotecario.
L’attore, quindi, ricorreva in Cassazione deducendo violazione di legge riguardo alle statuizioni sulla bancarotta distrattiva e su quella preferenziale, censurando l’impostazione secondo cui lo stato di insolvenza è elemento essenziale della bancarotta (sia del comma 1 che del comma 3 dell’art. 216 l. fall.) e, quindi, deve essere conosciuto dal concorrente.
2. La Cassazione accoglie il ricorso soffermandosi sul ruolo del fallimento nella tipicità dei reati di bancarotta e, soprattutto, sui requisiti del dolo dell’extraneus in caso di concorso di persone in questa tipologia di reati.
2.1. Con riferimento alla domanda attorea concernente la bancarotta per distrazione, l’ordinanza in discussione precisa, innanzitutto, il contenuto della condotta illecita addebitata dall’attore alla convenuta, come pacificamente risultante dagli atti di causa: la banca «attraverso la stipulazione del mutuo (…) da parte di un suo funzionario [ha] concorso con il suo mutuatario, già suo debitore, (…) poi fallito, nel reato di bancarotta per distrazione consistito nel pagamento, ad opera di quest’ultimo, di un debito del fratello (…) verso la medesima banca: ciò tramite l’acconsentito giroconto sul suo conto corrente della somma di L. 150.000.000»[1].
Ciò premesso, la Corte procede a criticare il ragionamento dei giudici di merito incentrato, come si è visto, sull’assenza di insolvenza al momento della stipulazione del mutuo (e della contestuale distrazione della somma a favore del fratello del mutuatario) e, comunque, sull’inesistenza della consapevolezza circa la decozione in capo al dipendente dell’istituto di credito.
L’ordinanza in esame passa, quindi, in rassegna la giurisprudenza penale di legittimità sulla quale si erano basate le decisioni dei precedenti gradi di giudizio, evidenziando come i principi di diritto in esse rinvenibili – il concorso del beneficiario della distrazione presuppone la sua consapevolezza in merito alla decozione dell’impresa da cui il denaro proviene[2]; il dolo del concorrente della distrazione richiede la consapevolezza che la ricezione sia idonea a danneggiare i creditori e siffatta situazione soggettiva è desumibile dalla conoscenza dello stato di insolvenza dell’impresa[3] – non risultano accettabili in virtù del più recente orientamento della Suprema Corte.
La Cassazione civile, quindi, ribadisce, da un lato, che il dolo monosoggettivo di distrazione è un mero dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza[4]; dall’altro lato, la decisione in esame precisa che il dolo dell’extraneus non implica la conoscenza dello stato di dissesto dell’impresa da cui proviene la distrazione, ma l’eventuale sussistenza di questo elemento rappresentativo costituisce indice dell’avvenuta comprensione della pericolosità della condotta per le ragioni creditorie[5]. In particolare, poi, l’ordinanza in esame richiama una decisione avente ad oggetto il concorso del funzionario di banca[6], ove si stabilisce che non rilevano le modalità di realizzazione della distrazione, eventualmente tramite atto negoziale, e che l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 216 comma 1 n. 1 l. fall. è il mero dolo generico, consistente nella volontà di imprimere al bene una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, senza che sia richiesta alcuna consapevolezza dello stato di insolvenza.
Alla luce degli arresti richiamati, la Cassazione civile reputa errata la ricostruzione offerta nei due precedenti gradi di giudizio perché il dolo del concorrente (il funzionario di banca) non richiede affatto la consapevolezza dell’insolvenza della società mutuataria, ma solo la rappresentazione del depauperamento del patrimonio dell’imprenditore ai danni dei creditori. L’esistenza di siffatto momento rappresentativo avrebbe dovuto essere valutato «tenendo conto proprio della natura della complessiva operazione posta in essere da [l’imprenditore fallito] con la banca concedente il mutuo, la quale era perfettamente cosciente che l’intera operazione predetta altro non era che un mero rifinanziamento ipotecario di precedenti debiti chirografari – per giunta anche di un terzo – che non trovava altra ragione che quella di favorire esclusivamente la banca erogante mediante l’estinzione, con denaro dell’imprenditore poi fallito, (anche) di una posizione debitoria di un terzo soggetto [il fratello] verso la banca stessa»[7].
2.2. Per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno conseguente la bancarotta preferenziale, la Cassazione civile individua come effetto giuridico della complessiva operazione quello della trasformazione dei crediti della banca da chirografari ad ipotecari[8].
Simile accadimento, secondo la giurisprudenza maggioritaria, integra gli estremi oggettivi della simulazione di titoli di prelazione[9], il cui elemento soggettivo è rappresentato dal dolo specifico di preferenza (rispetto al creditore favorito) e dal dolo generico – quindi anche meramente eventuale – di danno (rispetto alla massa dei creditori)[10].
Ciò premesso, anche in questo caso la Cassazione civile aderisce al prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui il dolo del creditore favorito non comprende la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore che adempie la propria obbligazione, non essendo richiesta la conoscenza dello stato di dissesto dell’autore principale del reato[11].
Di conseguenza, il dolo dell’intraneus «doveva valutarsi tenuto conto proprio della natura della complessiva operazione posta in essere da [l’imprenditore fallito] con la banca concedente il mutuo, la quale era consapevole che l’operazione in discussione altro non era che un mero rifinanziamento ipotecario di precedenti debiti chirografari, nei sui confronti, del [imprenditore] (oltre che, come si è già visto di suo fratello (…), che non trovava altra ragione che quella di favorire esclusivamente la banca erogante mediante la creazione, in suo favore, di un titolo preferenziale; in tal guisa chiaramente alterando la par condicio creditorum»[12].
2.3. Di conseguenza la Corte, in ragione di entrambi i profili, cassa la sentenza impugnata e rimette alla Corte d’appello che dovrà rivalutare la vicenda alla luce della diversa fisionomia del dolo dell’extraneus della bancarotta per distrazione e della bancarotta preferenziale individuato nell’ordinanza in discussione.
3. La pronuncia in analisi si contraddistingue per la diligenza nella ricostruzione degli esiti del dibattito giurisprudenziale su alcuni aspetti peculiari della bancarotta per distrazione e di quella preferenziale, ma, contestualmente, pone in evidenza alcuni profili problematici.
3.1. In primo luogo, appare meritevole di approfondimento l’individuazione della condotta tipica di distrazione operata dalla Corte che, inevitabilmente, influisce sul contenuto del momento rappresentativo del dolo del concorrente.
Infatti, se è indubbio che l’atto distrattivo è quello che comporta il distacco dal patrimonio di un bene dell’impresa, sottraendolo alla funzione di garanzia[13], sembra molto difficile poter qualificare in questi termini qualsiasi segmento dell’«operazione complessiva» dedotta in giudizio che risulti differente dalla fornitura della provvista dall’imprenditore mutuatario al proprio fratello (rimanendo, tra l’altro, oggettivamente irrilevante la destinazione che quest’ultimo imprimeva ai denari ricevuti[14]). Simile conclusione appare inevitabile considerando che tutto quanto si pone ‘a monte’ della dazione a titolo gratuito della somma di denaro dall’imprenditore al fratello rappresenta un finanziamento che, per definizione, non può essere considerato distrattivo in quanto destinato ad aumentare la liquidità dell’impresa (senza incidere sulla consistenza del patrimonio netto)[15].
Pertanto, se la condotta tipica di distrazione è rappresentata dal «giroconto di L. 150.000.000» dall’imprenditore finanziato al fratello, la sussistenza del concorso del funzionario della banca non può che essere legata all’individuazione di un contributo causale rispetto a questo trasferimento, sorretto dal necessario dolo di concorso.
Ne discende che l’erogazione del mutuo (unica possibile condotta materiale causalmente efficiente del dipendente della banca[16]) ai fini della colpevolezza concorsuale deve essere accompagnata dalla consapevolezza che l’importo finanziato sarà sicuramente girato dall’imprenditore ad un terzo, senza corrispettivo alcuno (il fatto principale di distrazione che rappresenta uno dei fuochi del doppio dolo del concorrente che realizza la condotta atipica).
A questo proposito, il ragionamento della Corte pare esorbitante nel cogliere la dimensione del dolo di partecipazione in relazione ai fatti di causa: per il dolo del funzionario della banca mutuante non è necessaria la consapevolezza circa il motivo dell’atto a titolo gratuito posto in essere dal proprio cliente (e di conseguenza, lo scopo ulteriore di recare un vantaggio al proprio istituto di credito)[17], ma solo la mera consapevolezza (che, secondo un verosimile id quod plerumque accidit, necessita della preordinazione dell’intera operazione) rispetto alla dazione a titolo gratuito a terzi di parte dell’importo concesso.
Per quanto riguarda, invece, la rappresentazione dell’insolvenza del proprio cliente, la decisione in commento, in maniera estremamente coerente con l’attuale panorama giurisprudenziale, ritiene superfluo il requisito della consapevolezza da parte dell’extraneus circa la situazione di decozione dell’impresa mutuante ed individua nella contraria opinione l’error iuris delle sentenze emesse nei precedenti gradi di giudizio (che, invece, avevano affermato la necessarietà di siffatto momento rappresentativo).
Tuttavia, pare lecito domandarsi se il filone giurisprudenziale su cui si è basata la Cassazione civile rappresenti una corretta soluzione del problema del dolo dell’extraneus in materia di distrazione fallimentare. In particolare, risulta più teorica che pratica la distinzione fra consapevolezza della dannosità della distrazione in capo all’extraneus (in termini di pericolosità per la funzione di garanzia del patrimonio) e consapevolezza dello stato di insolvenza dell’intraneo[18], posto che, per la bancarotta distrattiva, «la configurazione dell’elemento psicologico è agevole se riferita alla posizione dell’imprenditore: per costui è del tutto logico supporre la conoscenza della consistenza del proprio patrimonio: dunque, anche dei meccanismi produttivi di profitto nonché dei possibili benefici che l’impiego di denaro può procurare alle sorti dell’impresa, nonché del limite oltre il quale l’uscita di ricchezza rappresenta un serio rischio di insolvenza. Per questo versante è corretto ritenere completa la rappresentazione della propria realtà economica e sufficiente ad integrare la penale responsabilità, pertanto, con la dimostrazione di un dolo generico. Ma così non può dirsi per chi, non disponendo di una completa valutazione di questo compendio informativo, non necessariamente ricavi dal dato di uscita del denaro un giudizio di concreto e serio repentaglio agli interessi creditorii. Dunque, per la corretta valutazione della posizione dell’extraneus il giudice deve giovarsi di una rigorosa dimostrazione del sufficiente contenuto rappresentativo dell’elemento psicologico, focalizzato sul concreto rischio di insolvenza»[19].
A questo proposito, pare significativo che, in una delle prime decisioni che inaugurano «la più recente ed ormai consolidata giurisprudenza penale»[20] secondo cui l’extraneus non deve rappresentarsi la situazione di insolvenza, si afferma comunque che «se la conoscenza dello stato di decozione costituisce comunque un dato significativo della consapevolezza del terzo di arrecare danno ai creditori ciò non significa che quest’ultima non possa ricavarsi da diversi fattori, quali la natura fittizia o l’entità dell’operazione che incide negativamente sul patrimonio della società»[21]. Il che equivale a sostenere che, in assenza di rappresentazione dello stato di decozione, l’extraneus comunque deve aver avuto contezza dell’anomalia qualitativa o quantitativa della condotta cui ha contribuito.
In altri termini, appare poco verosimile l’ipotesi in cui il concorrente possa essere sufficientemente edotto del valore distrattivo (i.e. impattante, in termini di pericolosità, sulla garanzia del patrimonio) di una condotta dell’autore principale che non presenta evidenti profili di anomalia, pur ignorando completamente lo stato di tensione finanziaria di quest’ultimo.
3.2. In secondo luogo, il risultato cui giunge la Cassazione civile circa criteri di valutazione della sussistenza di una ipotesi di concorso del dipendente della banca nella bancarotta preferenziale dell’imprenditore finanziato sembra non tenere in considerazione tutti i requisiti di tipicità monosoggettiva di questo reato.
Orbene, prescindendo l’esattezza dell’opinione giurisprudenziale che intravede una simulazione di titoli di prelazione nel caso di estinzione di un debito chirografario con i proventi di un finanziamento privilegiato proveniente dal medesimo soggetto[22], l’ipotizzato concorso del funzionario di banca non può che innestarsi come fattore causale su di un fatto tipico preferenziale posto in essere dall’intraneo.
Pertanto, se, come giurisprudenza[23] e dottrina[24] generalmente ritengono, la condotta preferenziale monosoggettiva (anche quella di simulazione dei titoli di prelazione) risulta tipica solo se commessa in costanza di insolvenza, l’assenza di questo requisito (come risulta sia accaduto nel caso di specie[25]) impedisce la configurazione del fatto preferenziale dell’imprenditore mutuatario e, a cascata, di quello concorsuale ad opera del funzionario della banca mutuante.
In altri termini, ha poco senso interrogarsi sulla necessaria (o meno) conoscibilità dell’insolvenza come elemento costitutivo del dolo di concorso dell’extraneus nella bancarotta preferenziale[26], se questa figura di reato non può sussistere nemmeno per l’intraneus, proprio per assenza di questo requisito di fattispecie.
Pertanto, la responsabilità per risarcimento del danno da bancarotta preferenziale ipotizzata dal fallimento attore si scontra comunque con la (accertata) insussistenza dell’insolvenza al momento dell’erogazione del mutuo, nel senso che il finanziamento dell’impresa in bonis esclude la tipicità della bancarotta preferenziale dell’imprenditore e, conseguentemente, la responsabilità ex art. 110 c.p. del funzionario della banca.
[1] Par. 2.2. dei Motivi della decisione.
[2] Cass. sez. V, 27.10.2006 (dep. 18.12.2006) n. 41333, Rv. 235766.
[3] Cass. sez. V, 22.4.2004 (dep. 20.5.2004) n. 23675, Rv. 228905.
[4] A questo proposito sono richiamate: Cass. sez. V, 14.10.2019 (dep. 4.2.2020) n. 4710, Rv. 278156; Cass. sez. V, 17.5.2017 (dep. 3.8.2017) n. 38731, Rv. 228905; Cass. sez. un., 31.3.2016 (dep. 27.5.201) n. 22474, Rv. 266805; Cass. sez. V, 14.11.2014 (dep. 15.12.2014) n. 52077, Rv. 261348.
[5] Oltre alle sentenze n. 4710/2020 e 38731/2017 citate alla nota precedente, l’ordinanza in analisi richiama, fra le altre, Cass. sez. V, 3.2.2021 (dep. 8.3.2021) n. 9316, Rv. 281020; Cass. sez. V, 26.1.2016 (dep. 23.3.2016) n. 12414, Rv. 267059; Cass. sez. V, 4.7.2014 (dep. 2.10.2014) n. 41055, Rv. 260932.
[6] Cass. sez. V, 3.11.2020 (dep. 9.4.2021) n. 13382, Rv. 281031.
[7] Par. 2.8.1.1. dei Motivi della decisione.
[8] Par. 3. dei Motivi della decisione.
[9] L’ordinanza in esame richiama, Cass. sez. V, 18.5.2018 (dep. 16.11.2018) n. 51861, Rv. 274668 e Cass. sez. V, 2.3.2004 (dep. 8.4.2004) n. 16688, Rv. 228765 (ma, in questo senso v. anche, ad es., Cass. sez. V, 6.11.2012 (dep. 22.2.2013) n. 8779, in DeJure). V., tuttavia, la successiva nota 22.
[10] Sul punto la giurisprudenza è pacifica; oltre alle sentenze richiamate nell’ordinanza in esame (Cass, sez. V, 5.3.2014 (dep. 16.4.2014) n. 16983, Rv. 262904 e Cass. sez. V, 29.6.2009 (dep. 4.8.2009) n. 31894, Rv. 244498) v., ad es., Cass. sez. V, 12.3.2014 (dep. 8.4.2014) n. 15712, in Cass. pen., 2015, p. 1209; Cass. sez. V, 21.11.2013 (dep. 10.1.2014) n. 673, in DeJure.
[11] In questi termini v. le richiamate Cass, sez. V, 5.3.2014 (dep. 16.4.2014) n. 16983, cit. e Cass. sez. V, 27.3.2018 (dep. 13.6.2018) n. 27141, Rv. 273481.
[12] Par. 3.3.2.1. dei Motivi della decisione.
[13] V., per tutti, C. Pedrazzi, Art. 216, in Reati commessi dal fallito. Reati commessi da persone diverse dal fallito, in Commentario alla legge fallimentare Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Roma-Bologna, 1995, p. 54 ss.
[14] Ciò in quanto per la tipicità oggettiva della distrazione è sufficiente l’esistenza di una dazione a titolo gratuito, che comporta la fuoriuscita di un bene dal patrimonio senza adeguato corrispettivo; le ragioni della gratuità (ad es. liberalità o volontà di occultare il bene) attengono, al massimo, ai motivi a delinquere.
[15] Salvo che, eventualmente, nell’ipotesi in cui vi sia una inaccettabile sproporzione fra le prestazioni della banca mutuante e dell’impresa mutuataria. L’accensione di un’ipoteca a garanzia non è, del pari, distrattiva se risulta relativa ad un debito contestuale o, comunque, fornita di un adeguato sinallagma, come nel caso di specie (cfr. la già citata Cass. sez. V., n. 9316/2021).
[16] In astratto sarebbe immaginabile un concorso morale del funzionario in termini di ideazione dell’intera operazione e di istigazione nei confronti del proprio cliente (ma non sembra che simile ipotesi sia stata presa in considerazione nell’ordinanza in esame).
[17] Che, tuttavia, può essere inteso come elemento rivelatore del dolo di concorso in capo al soggetto privo della qualifica.
[18] Così si esprime, in sostanza e da ultimo, la già menzionata sentenza Cass. sez. v, n. 9316/2021: «il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio dell'amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’ “intraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società, la quale può rilevare sul piano probatorio, quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori» (par. 2.1. del Considerato in diritto).
[19] Cass. sez. V, 20.2.2012 (dep. 16.4.2012) n. 1600, Rv. 252309 che, su questi aspetti, non ha trovato confutazione nelle sentenze citate alla nota 5.
[20] Par. 2.4. dei Motivi della decisione.
[21] Cass. sez. V, 23.3.2010 (dep. 29.4.2010) n. 16579, Rv. 246879, p. 4 della decisione.
[22] Per alcune voci dottrinali dissenzienti v. G. Cocco, La bancarotta preferenziale, Napoli, 1987, p. 214 ss.; F. Tagliarini, Profili salienti della bancarotta preferenziale, in Ind. pen., 1982, p. 747; G. Vinciguerra, Trasformazione del credito da chirografario in privilegiato e concorso in bancarotta preferenziale, in Giur. it., 2002, p. 1260 ss. e, volendo, P. Chiaraviglio, Il favoreggiamento del creditore nel diritto penale concorsuale, Milano 2020, p. 289 ss.
[23] V., ad es., Cass. sez. V, 5.3.2014 (dep. 16.4.2014) n. 16983, cit.; Cass. sez. V, 14.2.2013 (dep. 21.3.2013) n. 13318, Rv. 254985; Cass. sez. V, 7.3.2008 (dep. 9.4.2008) n. 14908, in Cass. pen., 2008, p. 4790.
[24] V., ad es., A. Alessandri, Diritto penale commerciale, IV, I reati fallimentari, Torino, 2019, p. 79; G. Cocco, La bancarotta preferenziale, cit., p. 157 ss.; A. Perini - D. Dawan, La bancarotta fraudolenta, Padova, 2001, p. 260 ss.; P. Nuvolone, Il diritto penale del fallimento, Milano, 1952, p. 241 e, sempre che si voglia, P. Chiaraviglio, Il favoreggiamento del creditore nel diritto penale concorsuale, cit., p. 83 ss. In senso contrario, però, v. C. Pedrazzi, Art. 216, cit., p. 118 ss. che deriva la sua conclusione dalla natura di reato di pericolo assegnato alla bancarotta preferenziale.
[25] Come si desume dalla lettura del par. 2.1. dello Svolgimento del processo questa circostanza è stata acclarata nel primo e nel secondo grado del processo. La Cassazione civile, quindi, non può rimettere in discussione simile statuizione, essendole preclusa una decisione in fatto.
[26] Anche se, comunque, la soluzione affermativa trova sostegno in dottrina: v., ad es., G. Cocco, Art. 216 l. fall., in Commentario breve alle leggi penali complementari, a cura di F. Palazzo - C.E. Paliero, Padova, 2007, p. 1208.