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30 Novembre 2020


Perquisizioni autorizzate oralmente dal pubblico ministero: la Consulta introduce l’obbligo di successiva convalida nel doppio termine di quarantotto ore

Corte cost., sent. 26 novembre 2020, n. 252, Pres. Morelli, Red. Modugno



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Diamo sollecita notizia, in attesa di un commento critico, della sentenza della Corte costituzionale n. 252 del 2020, deliberata il 21 ottobre e depositata il 26 novembre 2020.

Si tratta di una dichiarazione di illegittimità costituzionale del tipo additivo, concernente l’art. 103 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.u. stupefacenti).

 

La disposizione, com’è noto, conferisce alla polizia giudiziaria poteri investigativi particolarmente penetranti, allo scopo di prevenire e reprimere il fenomeno del narcotraffico. Al comma 3 – con riferimento, secondo l’opinione comune, alle perquisizioni tanto personali quanto domiciliari – è delineato un modello intermedio di controllo dell’Autorità giudiziaria sull’atto invasivo. La norma infatti stabilisce che, qualora non possa per ragioni di urgenza chiedere al pubblico ministero una previa autorizzazione telefonica, la polizia giudiziaria è legittimata a procedere alle perquisizioni, ma in tal caso dovrà chiedere la convalida dell’atto entro il termine di quarantotto ore. Dunque, in una sorta di posizione intermedia tra la perquisizione disposta dal P.M. e la perquisizione d’iniziativa della P.G. (per la quale il controllo dell’A.G. è necessario ma successivo), è stata collocata la perquisizione autorizzata oralmente, che non è disposta (men che meno con un provvedimento motivato) dall’Autorità giudiziaria, e però, al tempo stesso, non richiede convalida.

 

Questo meccanismo era stato sottoposto a censura con varie ordinanze del Tribunale di Lecce. Le critiche per vero si innestavano su uno sfondo più complesso, nel quale veniva sindacata la legittimità dell’art. 191 c.p.p. Il rimettente aveva mirato, in particolare, ad ottenere un’addizione tale da rendere concreta ed attuale una regola di inutilizzabilità della prova acquisita mediante perquisizione illegittima, secondo la logica del cd. “frutto dell’albero avvelenato”. Sennonché la Consulta si era già pronunciata, di recente, su analoghe questioni sollevate dallo stesso Tribunale, con la nota sent. 219 del 2019: una decisione di inammissibilità, in larga parte fondata sulla pertinenza del regime della “invalidità derivata” all’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nella conformazione degli istituti processuali.  Questa volta, dunque, le questioni sono state dichiarate inammissibili in modo manifesto.

 

È residuata così la sola questione sull’art. 103 del T.u. stupefacenti, accolta dalla Corte in riferimento agli artt. 13, secondo comma, e 14, secondo comma, della Costituzione.

La prima norma stabilisce che le perquisizioni personali – al pari delle ispezioni personali e di ogni altra restrizione della libertà personale – possono essere disposte solo «per atto motivato» dell’autorità giudiziaria; la seconda norma estende la medesima garanzia – oltre che alle ispezioni e ai sequestri – alle perquisizioni domiciliari.

L’autorizzazione orale – secondo la Corte – non può ricondursi alla nozione di «atto motivato», con la conseguenza che l’attuale meccanismo risulta incompatibile con gli indicati parametri costituzionali.

In astratto, diverse scelte di regolazione potrebbero assicurare l’osservanza del precetto costituzionale (tanto che il rimettente ne proponeva una diversa da quella poi adottata con la sentenza in commento). Tuttavia la Consulta, in sintonia con la sua giurisprudenza più recente, non ha concluso per la inammissibilità della questione, cercando piuttosto una o più soluzioni costituzionalmente adeguate, che si inserissero nel tessuto normativo coerentemente con la logica perseguita dal legislatore e risultassero idonee, quindi, a porre rimedio nell’immediato al vulnus riscontrato, ferma restando la facoltà del legislatore di intervenire con scelte diverse.

Nella specie, la “soluzione pre-data” è stata individuata nel meccanismo di convalida che si attiva nel caso di perquisizione ad iniziativa della P.G.

Certo – riconosce la Corte – può sembrare anomalo che il pubblico ministero sia chiamato a convalidare un atto da lui stesso autorizzato. Tuttavia la convalida ex post servirà ad integrare quel provvedimento motivato imposto dalla Costituzione, e sarà per inciso occasione per una verifica del magistrato circa la corretta sequenza di fatti e provvedimenti.

In sostanza, con l’addizione, il meccanismo registra un aumento delle garanzie, visto che la perquisizione dovrà essere prima autorizzata per le vie brevi e poi convalidata.

(Guglielmo Leo)