CGUE, sent. 12 dicembre 2019, cause riunite C-566/19 PPU e C-626/19 PPU
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1. Introduzione. – La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha depositato, in data 12 dicembre 2019, la decisione con cui risolve le richieste di pronuncia pregiudiziale sollevate, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, dalla Corte d’Appello del Lussemburgo e dal Tribunale di Amsterdam, aventi ad oggetto la legittimità del procedimento francese di emissione del mandato d’arresto europeo (M.A.E.) da parte del Pubblico Ministero[1].
La procedura francese di emissione del M.A.E. veniva censurata sotto il profilo soggettivo, giacché il mandato veniva emesso dal procuratore, e non dal giudice, e, sotto il profilo oggettivo, giacché la procedura di emissione sembrava prevedere sufficienti rimedi e garantire efficaci livelli di tutela giurisdizionale quanto al rispetto del principio di proporzionalità e dei diritti fondamentali del cittadino richiesto[2].
La Corte, con la sentenza in commento, ha risposto negativamente ad entrambe le censure sollevate, pronunciandosi per la piena legittimità del procedimento francese di emissione del M.A.E. da parte del Pubblico Ministero, per le ragioni che verranno di seguito esposte (§ 4), non prima di aver ricostruito i termini della vicenda e delle questioni rimesse alla CGUE (§ 2), richiamate seppur brevemente le conclusioni dell’Avvocato Generale (§ 3), per poi lasciare spazio ad alcune notazioni critiche (§ 5).
2. Le richieste di pronuncia pregiudiziale ed i dubbi oggettivi e soggettivi sulla legittimità del procedimento francese. – I giudici rimettenti, con due distinti atti di promovimento, ponevano alla Corte di Giustizia dell’Unione questioni in parte sovrapponibili. In entrambi i casi, il M.A.E. proveniente dalla Francia era stato emesso da un Pubblico Ministero e non da un Giudice.
Si dubitava, in primo luogo, che il Pubblico Ministero francese disponesse di sufficiente indipendenza, in special modo dal potere politico, per essere considerato «autorità giudiziaria emittente», nel senso dell’art. 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato d’arresto europeo (profilo soggettivo). I dubbi circa il livello di indipendenza del procuratore si fondavano, in particolare, su due constatazioni: l’organizzazione strettamente gerarchizzata dell’ufficio di procura e la sottoposizione al potere di indirizzo politico del governo, per il tramite dei poteri attribuiti al Ministro della Giustizia dalla legge sull’ordinamento giudiziario e dal codice di procedura penale[3].
Inoltre, nel rinvio pregiudiziale del Tribunale di Amsterdam, si dubitava della legittimità dell’iter processuale di emissione del M.A.E., da parte del Pubblico Ministero francese, in quanto – quand’anche potesse essere considerato «autorità giudiziaria emittente» – non sembrava assicurare un livello adeguato di tutela dei diritti fondamentali e del rispetto del principio di proporzionalità, sia durante che dopo l’emissione del provvedimento, per mancanza di rimedi effettivi di impugnazione (profilo oggettivo).
Il giudice olandese, in particolare, osservava che dal momento dell’emissione del mandato di cattura nazionale a quello di emissione del mandato di cattura europeo «può essere trascorso qualche tempo. In detto intervallo possono essersi verificati fatti e circostanze nuovi che sono rilevanti per la proporzionalità dell’emissione di un MAE. In tal caso un controllo giurisdizionale precedente non potrebbe offrire una tutela giurisdizionale effettiva», per cui «sarebbe logico porre in ogni caso la condizione che la decisione concreta di emettere il MAE deve essere adottata il più presto possibile dopo la verifica della proporzionalità». A ciò doveva aggiungersi il tema dei rimedi adeguati giacché, sebbene l’ordinamento d’oltralpe preveda che si possa invocare «l’annullamento del MAE» dinanzi al giudice francese, in caso di possibile violazione di diritti fondamentali o del principio di proporzionalità, «il ricorso in parola sembra essere a disposizione dell’interessato quando questo dopo la sua consegna viene tradotto dinanzi al giudice francese», e perciò sarebbe risultato un rimedio inadeguato per garantire un livello effettivo di tutela giurisdizionale, specie in assenza di una indicazione della Corte la quale stabilisca che «il giudice del rinvio possa esaminare sostanzialmente il MAE e pronunciarsi sulla sua esecuzione»[4].
In entrambi i procedimenti ci si chiedeva, dunque, se al M.A.E. emesso in tale contesto normativo potesse essere data esecuzione, interrogando la Corte di Giustizia per decidere, in sintesi, se il P.M. francese potesse rientrare nella qualifica di «autorità giudiziaria emittente», a norma dell’art. 6, paragrafo 1, della decisione quadro, e quindi potesse emettere il M.A.E. al posto del giudice, ed inoltre se la procedura di emissione assicurasse adeguati livelli di tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali e del principio di proporzionalità.
Gli atti di promovimento del rinvio pregiudiziale ricordavano che la Corte di Giustizia dell’Unione si era, di recente, pronunciata su una domanda analoga, concernente i mandati d’arresto europeo emessi dai Pubblici Ministeri di altri due Stati Membri, ossia la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica di Lituania. In quel caso, la CGUE aveva deciso che, mentre il procuratore generale di Lituania doveva considerarsi indipendente, le procure tedesche non erano dotate di sufficiente autonomia dal potere politico, risultando al contrario esposte al rischio di essere soggette, direttamente o indirettamente, a ordini o istruzioni individuali da parte dell’esecutivo[5].
Nella decisione relativa al Pubblico Ministero tedesco (Sentenza OG e PI), ampiamente richiamata nella pronuncia in commento e negli atti di promovimento, il giudice dell’Unione aveva osservato che, conformemente al principio di autonomia processuale, gli Stati Membri potessero determinare, in base al diritto interno, l’organo più idoneo cui demandare il compito di emettere il M.A.E., e dunque che non necessariamente dovesse trattarsi di giudici od organi giurisdizionali, bensì l’ordinamento nazionale poteva attribuire tale funzione a qualsiasi organo partecipe dell’amministrazione della giustizia penale, e dunque anche un procuratore[6].
La Corte, tuttavia, in quella sede, avvertiva che la procedura di emissione del mandato europeo presuppone una tutela su due livelli dei diritti in materia processuale e dei diritti fondamentali, il primo costituito dalla procedura di emissione del mandato di cattura nazionale, il secondo costituito proprio dalla procedura di emissione del mandato di cattura europeo, in cui è parimenti necessario assicurare l’indipendenza dell’organo emittente e che lo stesso svolga un pieno sindacato di proporzionalità della misura richiesta rispetto alle finalità ed agli scopi perseguiti dalla stessa[7].
Tale ultimo aspetto veniva messo in risalto proprio dal rinvio pregiudiziale del Tribunale di Amsterdam, il quale – come si è detto – dubitava che la procedura di emissione del M.A.E. osservata dal procuratore francese, ancorché potesse essere qualificato come organismo idoneo ed indipendente, includesse una adeguata verifica della proporzionalità, come richiesto invece dalla sentenza OG e PI della CGUE. Il Tribunale lussemburghese, invece, ricordava come l’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia imponesse, da un lato, che l’autorità emittente fosse in grado di esercitare la funzione in maniera obiettiva, e senza essere esposta al rischio di interferenze da parte del potere esecutivo, e dall’altro che potesse agire in modo indipendente, in base a regole statutarie ed organizzative idonee a garantire la genuinità della decisione, anche sotto il profilo del sindacato di proporzionalità, in relazione al quale l’ordinamento deve altresì assicurare una tutela giurisdizionale effettiva[8].
3. Le conclusioni dell’Avvocato Generale. – In data 26 novembre 2019, l’Avvocato Generale presentava le proprie conclusioni nelle quali, previa analisi delle norme sull’ordinamento giudiziario e processuale francese sopra richiamate, suggeriva alla Corte di pronunciarsi sfavorevolmente nei confronti della Francia, ed in accoglimento delle censure mosse dai giudici rimettenti[9].
L’Avvocato Generale osservava come, anche in seguito alla riforma del codice di procedura penale, il Pubblico Ministero francese non risultasse ancora dotato di sufficiente indipendenza interna ed esterna, essendo sottoposto al potere gerarchico del Procuratore capo dell’Ufficio ed al potere di indirizzo generale di politica criminale da parte del Ministro della Giustizia e, per il suo tramite, del Governo. In particolare, nelle conclusioni, l’Avvocato Generale ricordava come «in Francia, fino al 2013, il Ministro della Giustizia poteva impartire istruzioni ai procuratori in singoli procedimenti», per cui «la giurisprudenza derivante dalle sentenze OG e PI (...) indurrebbe ad affermare che, prima di tale data, il pubblico ministero di tale Stato membro non poteva essere qualificato come “autorità giudiziaria emittente”». Invero, si legge poi nelle conclusioni, «la soggezione della procura francese alle eventuali istruzioni individuali del potere esecutivo è scomparsa con la riforma del CPP a partire dal 2014. Rimane, tuttavia, la possibilità per il Ministro della Giustizia di impartire istruzioni generali (articolo 30 del CPP)»[10]. Residua il fondato timore che «anche quest’ultimo genere di istruzioni possa essere rilevante»[11], specie in un ordinamento in cui esiste una «struttura gerarchica caratteristica della procura, con la conseguenza che i suoi membri sono organicamente e funzionalmente subordinati al procuratore generale presso i rispettivi tribunali», per cui «ogni pubblico ministero è quindi “soggetto alla direzione e al controllo dei suoi superiori gerarchici”»[12], e gli orientamenti espressi dal governo, per il tramite del Ministro, «possono, legittimamente, vincolare i procuratori degli Stati Membri che scelgano di ammettere istruzioni generali di tal genere»[13].
L’Avvocato Generale, infine, osservava che l’ordinamento francese non prevedesse alcuna procedura di impugnazione del mandato di cattura europeo prima della consegna, con ciò posticipando indebitamente la tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali ad un momento successivo alla cattura, allorquando la temuta lesione dei diritti fondamentali si era già consumata con la perdita della libertà. Nelle sue conclusioni, l’Avvocato Generale avvertiva che «dato il rischio di lesione del diritto alla libertà, intrinsecamente connesso all’emissione di un MAE, la possibilità di impugnarlo con un ricorso giurisdizionale dovrà essere disponibile non appena ne sia stata disposta l’emissione», e quindi che «un sistema nazionale che preveda solo tale ricorso ex post e non consenta di impugnare il MAE all’origine non soddisfa «pienamente i requisiti inerenti a una tutela giurisdizionale effettiva» nello Stato membro emittente, cui fa riferimento la Corte di giustizia [nella sentenza OG e PI, nda]»[14].
L’Avvocato Generale, pertanto, concludeva escludendo che l’ordinamento giudiziario francese disponesse di regole sufficienti per garantire l’indipendenza del Pubblico Ministero dal potere gerarchico e dal potere politico, tale da consentirgli l’emissione del M.A.E., e che comunque lo stesso M.A.E. «sarebbe gravemente viziato se non fosse possibile contestarlo con un ricorso giurisdizionale» anche precedente alla consegna, e quindi all’arresto del ricercato[15].
4. Le conclusioni e le argomentazioni della Corte di Giustizia. – Il Giudice dell’Unione si è pronunciato in maniera difforme rispetto alle conclusioni dell’Avvocato Generale, giudicando la legislazione francese, in materia di ordinamento giudiziario e processuale, idonea ad assicurare il rispetto dei requisiti di indipendenza e proporzionalità della decisione.
La Corte di Giustizia, nella decisione in commento, ha osservato che «l’art. 64 della Costituzione garantisce l’indipendenza dell’autorità giudiziaria», e che «in forza dell’art. 30 del CPP, il pubblico ministero esercita le sue funzioni in modo obiettivo al riparo da qualsiasi istruzione individuale proveniente dal potere esecutivo, in quanto il Ministro della Giustizia può soltanto rivolgere ai magistrati della procura istruzioni generali di politica penale al fine di assicurare la coerenza di tale politica in tutto il territorio»[16].
Le sole istruzioni generali, secondo il giudice dell’Unione, concordemente a quanto sostenuto dal governo francese intervenuto nella procedura, «non possono in alcun caso avere l’effetto di impedire a un magistrato della procura di esercitare il proprio potere discrezionale riguardo alla proporzionalità dell’emissione di un mandato»[17]. Per cui, sulla base del nuovo assetto normativo risultante dalla sopra menzionata riforma del 2013, «i magistrati della procura dispongono del potere di valutare in modo indipendente, segnatamente rispetto al potere esecutivo, la necessità e la proporzionalità dell’emissione di un mandato d’arresto europeo»[18].
Irrilevanti, secondo la CGUE, sono poi le istruzioni interne, giacché «il requisito di indipendenza, che esclude che il potere decisionale dei primi formi oggetto di istruzioni esterne al potere giudiziario, provenienti in particolare dal potere esecutivo, non vieta le istruzioni interne che possono essere impartite ai magistrati della procura dai loro superiori gerarchici, essi stessi magistrati della procura»[19].
Dunque, entrambe le criticità circa l’indipendenza, interna ed esterna, del Pubblico Ministero vengono risolte dalla Corte nel senso di escludere che l’attuale conformazione dell’ordinamento processuale e giudiziario francese presenti dei dubbi sulla idoneità del Pubblico Ministero ad essere considerato «autorità giudiziaria emittente» nel senso della decisione quadro (profilo soggettivo).
Anche la seconda questione, attinente al profilo oggettivo, e cioè all’effettività della tutela giurisdizionale di secondo livello ha avuto risposta positiva per la Repubblica francese.
La Corte, difatti, dopo aver ricordato l’importanza di garantire un doppio livello di tutela dei diritti fondamentali, specie nell’ambito della procedura del M.A.E. nel quale è in gioco un bene primario come il diritto alla libertà della persona interessata dalla procedura di consegna, e quindi di garantire una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, tuttavia ritiene che «l’istituzione di un diritto al ricorso distinto contro la decisione di emettere un mandato d’arresto (...) costituisce solo una possibilità»[20], ben potendo lo Stato Membro garantire eguale tutela mediante una diversa procedura, come quella francese, in cui un primo vaglio è comunque assicurato dal giudice che emette il mandato di cattura nazionale, e sul quale il M.A.E. trova fondamento[21].
La Corte di Giustizia dell’Unione osserva, in particolare, che, in sede di emissione del mandato di cattura nazionale, il giudice francese «domanda contestualmente al pubblico ministero di emettere un mandato d’arresto europeo e compie una valutazione delle condizioni necessarie per l’emissione di un siffatto mandato (...) e in particolare della sua proporzionalità»[22]. Dunque, secondo la Corte di Giustizia, lo stesso giudice francese richiedente compie un pieno sindacato sulla proporzionalità della misura richiesta. Inoltre, la sentenza ricorda che «nell’ordinamento giuridico francese, la decisione di emettere un mandato d’arresto europeo, in quanto atto procedimentale, può essere oggetto di un’azione di nullità sul fondamento dell’art. 170 del CPP. Una siffatta azione, disponibile per tutto il tempo in cui si svolge l’istruttoria penale, consente alle parti del procedimento di far rispettare i loro diritti». «Se il mandato d’arresto europeo è emesso nei confronti di una persona che non è ancora parte del procedimento – conclude poi la Corte –, quest’ultima potrà esercitare l’azione di nullità dopo la consegna effettiva e la sua comparizione dinanzi al giudice istruttore»[23].
In conclusione, quindi, anche le criticità afferenti al profilo oggettivo sono state superate dal rilievo che la procedura ed i rimedi interni sarebbero sufficienti ad assicurare un adeguato livello di tutela dei diritti fondamentali ed il rispetto del principio di proporzionalità.
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5. Alcune notazioni critiche. – La Corte di Giustizia, con la sentenza in commento, ha reputato sufficiente in buona sostanza il livello di tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali previsto dall’ordinamento francese, nell’ambito del procedimento di emissione di un M.A.E. Ciò, sebbene il Pubblico Ministero non effettui ex novo un giudizio di proporzionalità della misura richiesta dal giudice, in sede di emanazione del M.A.E., e sebbene il consegnando indagato (non essendo ancora parte del procedimento, secondo le norme di rito) non abbia la possibilità, prima della sua consegna e comparizione davanti al giudice istruttore, di proporre azione di annullamento del mandato di cattura[24].
Il Giudice dell’Unione, in sostanza, reputa sufficiente il sindacato di proporzionalità anticipato al momento della richiesta di emissione del M.A.E., da parte del giudice, e non ravvisa conflitti con il diritto dell’unione per il fatto che l’ordinamento francese posticipa il sindacato sui diritti fondamentali al momento della cattura e contestuale consegna. La sentenza, difatti afferma che, sulla base delle predette norme processuali, «la proporzionalità della decisione del pubblico ministero di emettere un mandato d’arresto europeo può essere oggetto di un sindacato giurisdizionale preliminare, addirittura quasi contemporaneo alla sua emissione, e, in ogni caso, dopo l’emissione del mandato d’arresto europeo, potendo tale esame pertanto avvenire, a seconda dei casi, prima o dopo la consegna effettiva della persona ricercata»[25].
Tale conclusione non convince completamente. È pur vero che il giudice chiamato ad emettere il mandato di cattura nazionale ben può valutare la proporzionalità della misura richiesta al Pubblico Ministero, in maniera indipendente, realizzando così il sindacato di proporzionalità anticipato, tuttavia la lettera dell’art. 6, paragrafo 1, della decisione quadro, l’obiettivo della decisione e le esigenze derivanti da quest’ultima, sembrano escludere che il sindacato di proporzionalità possa essere anticipato al momento della richiesta, dovendosi piuttosto concludere che la tutela multilivello imponga che sia «l’autorità giudiziaria emittente» a doversi pronunciare sulla legittimità della misura richiesta nel momento dell’emissione del M.A.E., anche con riguardo alla sua proporzionalità, se non altro perché solo al momento della effettiva adozione, l’autorità giudiziaria emittente può tenere conto di eventuali motivi ostativi alla sua emissione, sopraggiunti in limine[26].
Una riflessione merita anche la scelta di consentire che la tutela giurisdizionale avverso eventuali vizi del procedimento di adozione del M.A.E. avvenga solo dopo la consegna dell’indagato all’autorità richiedente, e la contestuale esclusione che detti vizi, ad esempio, possano essere devoluti all’autorità giudiziaria dello Stato richiesto, nell’ambito della procedura di consegna. La possibilità che un soggetto venga sottoposto all’arresto, in base ad un provvedimento che viola i diritti fondamentali, dovrebbe condurre alla necessità di prevedere una procedura senza limiti temporali di accesso, o quantomeno senza che detti vizi debbano prima condurre all’illegittima compressione del diritto di libertà[27].
La sentenza della Corte di Giustizia non può dirsi pienamente convincente neppure con riguardo alla risposta al quesito sull’indipendenza del Pubblico Ministero francese. È pur vero che la riforma del 2013, come si è detto, ha novellato il secondo comma dell’art. 30 del codice di rito, eliminando la possibilità per il Ministro della Giustizia di impartire istruzioni specifiche per i singoli procedimenti[28]. Tuttavia, la riforma non è intervenuta su alcuni profili egualmente critici della normativa. In particolare, l’art. 30, primo comma, tuttora prevede che «il ministro della giustizia conduce la politica criminale decisa dal governo» ed «assicura la coerenza della sua applicazione sul territorio della Repubblica», con ciò attribuendo al Ministro un potere di indirizzo dell’organo di accusa, seppur di carattere generale, ma cogente. Inoltre, sebbene a seguito della riforma, lo stesso articolo preveda che il Ministro «non può inviare loro alcuna istruzione in singoli casi», tuttavia continua a prevedere che il Ministro, se lo ritiene, «invia istruzioni generali ai magistrati del Pubblico Ministero» proprio al fine di dirigere la politica criminale, espressa suo tramite dal governo. Tale potere di indirizzo, unitamente ai poteri di promozione e di sanzione dei procuratori, se da un lato consente di assicure l’applicazione uniforme sul territorio francese della politica criminale del governo, dall’altro pone dei pressanti interrogativi sull’effettiva indipendenza del Pubblico Ministero dal potere politico, anche dopo la novella.
Le argomentazioni della Corte, in definitiva, non sembrano fornire adeguata risposta all’interrogativo posto dall’Avvocato Generale nelle conclusioni rassegnate lo scorso 26 novembre, il quale si chiedeva «come [possa] parlarsi di indipendenza in relazione a una decisione adottata da chi deve rispettare inderogabilmente, anche contro il proprio parere, tali istruzioni (generali) del governo nel momento in cui deve emettere un MAE». Oltretutto, osserva l’Avvocato Generale, «i procuratori francesi, oltre ad agire secondo le istruzioni generali impartite dal Ministro della giustizia, devono attenersi anche agli ordini dei loro superiori gerarchici nell’ambito della struttura del pubblico ministero»[29]. Nella sentenza in commento, il giudice dell’Unione, infatti, si è limitato ad osservare che, in base alle sentenze OG e PI, e PF più volte citate, la giurisprudenza della Corte sembrerebbe attribuire rilevanza alle sole «istruzioni esterne al potere giudiziario»[30], da ciò ne deriverebbe l’irrilevanza delle altre caratteristiche della figura del pubblico ministero francese, poste in luce sia dai giudici rimettenti, sia dallo stesso Avvocato Generale.
A parere di chi scrive, se risulta pacifico che, come ha affermato la CGUE, le istruzioni esterne al potere giudiziario, di carattere specifico e relative al singolo procedimento, siano idonee a ledere l’imparzialità necessaria per attribuire al pubblico ministero la funzione di «autorità giudiziaria emittente», non può essere escluso sic et simpliciter che altre peculiarità ordinamentali, cumulativamente presenti nel caso di specie, siano egualmente idonee ad incidere sulla figura del P.M. e la sua imparzialità. L’argomentazione della Corte, sul punto, non sembra confrontarsi pienamente con le caratteristiche proprie dell’ordinamento francese. Proprio su tali caratteristiche, complessivamente considerate, e non solo sulla previsione di indicazioni specifiche dal Ministro al P.M. (non può previste), la sentenza della Corte EDU, nel caso Moulin c. Francia, già citata, aveva affermato la mancanza di imparzialità in capo al procuratore francese[31].
I beni giuridici in gioco, in primis la libertà personale, renderebbero preferibile, se non doveroso, che l’autorità emittente un mandato di cattura, sia esso nazionale od europeo, fosse immune da istruzioni tanto generali quanto specifiche, provenienti tanto dal potere politico, quanto dall’organizzazione gerarchica dell’ufficio. La decisione della Corte di Giustizia non sembra dunque convincere pienamente anche sotto tale profilo.
6. Conclusioni. – La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che le norme sull’ordinamento giudiziario e la riforma del codice di procedura penale del 2013 pongono il Pubblico Ministero francese al riparo dall’influenza del potere politico, e la sua libertà di azione non è minata dall’organizzazione gerarchica dell’Ufficio di procura, per cui può considerarsi indipendente a sufficienza da essere investito della funzione di emettere il mandato d’arresto europeo.
Inoltre, la procedura di emissione del M.A.E. prevista in Francia consente, allo stato, una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, sia con riguardo al rispetto dei diritti fondamentali, sia in merito alla proporzionalità della misura, già al momento della richiesta di adozione del M.A.E., e comunque successivamente alla comparizione del consegnando.
Tali conclusioni, tuttavia, non sembrano pienamente convincenti, perché l’inserimento del Pubblico Ministero francese all’interno di una rigida struttura gerarchica, al cui vertice ancora risiede ancora il Ministro, non sembra soddisfare pienamente il requisito di indipendenza di cui dovrebbe essere dotato l’organo che decide in materia di libertà personale, e dunque sull’emissione di un M.A.E. Inoltre, la decisione di posticipare di fatto alla consegna il sindacato sui diritti fondamentali e sulla proporzionalità del cittadino indagato non sembra perseguire, al più alto livello possibile, l’obiettivo proprio dell’Unione di costruire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
[1] Si tratta delle cause riunite C-566/19 PPU, parte: JR (sollevata dalla Corte d’appello del Lussemburgo, con riguardo al mandato d’arresto europeo emesso, in data 24 aprile 2019, dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di primo grado di Lione) e C-626/19 PPU, parte: YC (sollevata dal Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi, con riguardo al mandato d’arresto europeo emesso, in data 27 marzo 2019, dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di primo grado di Tours). In entrambi i casi si trattava di un mandato d’arresto emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale in cui i cittadini richiesti erano accusati rispettivamente di reati connessi a una organizzazione criminale e di partecipazione ad un attacco a mano armata.
[2] Cfr. Sintesi delle domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C-566/19 PPU JR e C-626/19 PPU YC, disponibili su: curia.europa.eu.
[3] In particolare, veniva censurata la normativa risultante dal combinato disposto degli artt. 30 e ss. del Codice di procedura penale francese e della legge sull’ordinamento giudiziario. Precisamente, l’art. 5 della legge sull’ordinamento giudiziario francese (Ordonnance n° 58-1270 del 22 dicembre 1958) stabilisce che “i magistrati del Pubblico Ministero sono sottoposti alla direzione ed al controllo dei rispettivi capi gerarchici e sotto l’autorità del Ministro della Giustizia”, ed inoltre spettano al Ministro sia i poteri di nomina e di promozione, ai sensi dell’art. 28 co. 2, sia il potere disciplinare, a norma dell’art. 48 della stessa legge.
[4] Cfr. punti da n. 24 a 30 della sintesi della domanda di pronuncia pregiudiziale, Causa C-626/19 PPU YC, disponibile su: curia.europa.eu.
[5] Cause riunite C-508/18 OG (procura di Lubecca) e C-82/19 PPU PI (procura di Zwickau) e causa C-509/18 PF (procuratore generale di Lituania).
[6] CGUE, Grande Sezione, 27 maggio 2019, nelle cause riunite C-508/18 e C-82/19 PPU OG e PI, punto n. 48.
[7] Ibid., punti da n. 64 a n. 71.
[8] Cfr. Sintesi delle domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C-566/19 PPU JR, pag. 7, punto n. 26, e C-626/19 PPU YC, pag. 3, IV, V e VI allinea, disponibili su: curia.europa.eu.
[9] Cfr. Conclusioni dell’Avvocato Generale, M. Campos Sànchez-Bordona, 26 novembre 2019, nelle Cause riunite C-566/19 PPU JR e C-626/19 PPU YC, pag. 12, punto n. 103.
[10] Ibid., pag. 5, nn. 32-33.
[11] Ibid., pag. 6, n. 37.
[12] Ibid., pag. 5, n. 33.
[13] Ibid., pag. 6, n. 39.
[14] Ibid., pag. 11, punti nn. 87 e 91.
[15] Ibid., pag. 11, punto n. 95.
[16] CGUE, Prima Sezione, 12 dicembre 2019, nelle cause riunite C-566/19 PPU e C-626/19 PPU JR e YC, pag. 9, punto n. 54.
[17] Ibid., pag. 9, punto n. 54.
[18] Ibid., pag. 9, punto n. 55.
[19] Ibid., pag. 10, punto n. 56.
[20] Ibid., pag. 11, punto n. 65.
[21] Ibid., pag. 11, punto n. 66.
[22] Ibid., pag. 11, punto n. 66.
[23] Ibid., pag. 11, punti nn. 69-70.
[24] La Corte, in particolare, fa riferimento alla procedura di annullamento prevista dall’art. 170 del CPP francese, in cui è stabilito che «con riferimento a tutte le categorie di reati, la Chambre de l’instruction può, nel corso dell’attività istruttoria, essere investita da parte del giudice istruttore, del procuratore della Repubblica o delle parti per l’annullamento di un atto o di una prova del procedimento».
[25] CGUE, Prima Sezione, 12 dicembre 2019, cit. supra nota 16, pag. 11, punto n. 70.
[26] Nel contesto italiano, ai sensi dell’art. 28 della l. 22 aprile 2005 n.69 (in Gazz. Uff., 29 aprile, n. 98). - Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, il M.A.E. per l’esercizio dell’azione penale è emesso «dal giudice che ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere o degli arresti domiciliari». In questo caso, sebbene si tratti dello stesso organo che ha emesso il mandato di cattura nazionale, il sindacato sulla legittimità del M.A.E. coincide temporalmente con il momento della sua emanazione.
[27] Il Tribunale di Amsterdam, nella domanda di rinvio pregiudiziale, aveva esposto la necessità, qualora il sindacato di proporzionalità eseguito dall’autorità francese non fosse risultato adeguato ai principi dell’Unione, che il giudice nazionale dello Stato membro richiesto potesse «esaminare sostanzialmente il MAE e pronunciarsi sulla sua esecuzione» (cfr. punto n. 31 della Sintesi, cit., pag. 7).
[28] Tale disciplina, peraltro, era stata aspramente criticata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nella nota sentenza Moulin c. Francia del 23.11.2010, in cui la Corte EDU aveva affermato che «i membri del pubblico ministero in Francia non soddisfano il requisito di indipendenza nei confronti dell’esecutivo”.
[29] Cfr. Conclusioni dell’Avvocato Generale, cit., pag. 6, punti n. 40 e n. 44. Va osservato, inoltre, che nel punto n. 5 della sentenza n. 2017-680 QPC, resa in data 8 dicembre 2017, il Conseil Constitutionnel ha confermato che «il governo determina e conduce la politica della nazione, in particolare per quanto riguarda gli ambiti di azione della Procura della Repubblica». L’azione del procuratore in Francia appare dunque come fortemente influenzata dalle direttive impartite dal governo per il tramite del Ministro della Giustizia, e fortemente gerarchizzata. Nel contesto italiano, criticità analoghe sono state censurate da autorevoli commentatori con riguardo alla proposta di riforma costituzionale dell’ordinamento giurisdizionale, proposta dall’Avvocatura (Cfr. Proposta di legge costituzionale d’iniziativa popolare, "Norme per l'attuazione della separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura" (14), disponibile su: camera.it). Sul punto, v. le osservazioni di C. Castelli, La fine della magistratura costituzionale: DDL sulla separazione delle carriere, in questionegiustizia.it, 22 ottobre 2019; nonché di L. Poniz, Relazione, 34^ Congresso ANM, 29 novembre 2019, disponibile su: associazionemagistrati.it.
[30] CGUE, Prima Sezione, 12 dicembre 2019, cit. supra nota 16, pag. 10, punto n. 56.
[31] Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Moulin c. Francia, cit., punto n. 56 e ss.