*Il presente contributo è destinato al fascicolo 4/2023.
1. A poco più di due anni dall’entrata in vigore della legge 14 agosto 2020, n. 113, recante "Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni", il legislatore, con l’art. 16 del d.l. 30 marzo 2023, n. 34 (c.d. decreto bollette), interviene nuovamente per inasprire il quadro sanzionatorio in relazione alle aggressioni ai danni del personale sanitario e socio-sanitario[1].
Alla circostanza aggravante introdotta, in quell’occasione, all’art. 583-quater, co. 2, c.p., per le lesioni gravi e gravissime commesse ai danni di medici e sanitari, il d.l. 34/2023 aggiunge, riformulando la medesima disposizione, un inasprimento delle pene per le lesioni personali semplici commesse ai danni delle medesime persone[2]. Questo il nuovo testo dell’art. 583-quater, co. 2, c.p.: «[n]ell’ipotesi di lesioni cagionate al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell'esercizio o a causa di tali attività, si applica la reclusione da due a cinque anni. In caso di lesioni personali gravi o gravissime si applicano le pene di cui al comma primo» – ossia la reclusione da quattro a dieci anni, per le lesioni gravi, e la reclusione da otto a sedici anni, per le lesioni gravissime: pene che il comma primo dell’art. 583-quater, invariato, prevede per le lesioni cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive. Contestualmente viene espunto il riferimento alla “gravità” delle lesioni dalla rubrica dell’articolo 583-quater c.p., che ora reca «[l]esioni personali a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, nonché a personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali».
Non è questa la sede per tornare sulle criticità – già espresse in occasione dell’entrata in vigore della già citata legge 14 agosto 2020, n. 113 (v. B. Fragasso, Aggressioni ai danni del personale sanitario: di fronte all’allarme sociale, la legge 113/2020 inasprisce le pene, in questa Rivista, 2 febbraio 2021) – in ordine all’approccio emergenziale e simbolico utilizzato dal legislatore per rispondere ad un fenomeno, quello delle aggressioni ai danni del personale sanitario, che necessiterebbe forse di un maggiore impegno sul fronte della prevenzione piuttosto che su quello della repressione.
Non è nemmeno la sede per discutere se sussistessero, in relazione a tale intervento, i requisiti di necessità ed urgenza che dovrebbero giustificare il ricorso al decreto legge – questione che, tra l’altro, si pone anche in relazione alla nuova causa di non punibilità per i reati di omesso versamento e indebita compensazione, introdotta dal medesimo d.l. 34/2023, all’art. 23 (v., a tal proposito, i commenti di G.L. Gatta[3] e di S. Prandi[4], già pubblicati su questa Rivista).
Ci limiteremo qui ad esaminare la nuova disposizione introdotta all’art. 583-quater, co. 2, c.p., cercando, in particolare, di identificarne, nel silenzio della legge e dei lavori preparatori[5], la natura – se si tratti di figura autonoma di reato o di circostanza aggravante delle lesioni personali (art. 582 c.p.).
La risposta a tale interrogativo – oltre ad avere evidenti implicazioni in ordine al giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. e all’applicabilità del criterio di imputazione soggettiva di cui all’art. 59, c. 2, c.p. in luogo di quello previsto dall’art. 43 c.p. – potrebbe determinare infatti conseguenze anche in relazione al regime di procedibilità, alla competenza del giudice penale ratione materiae, e all’interpretazione complessiva delle disposizioni contenute nell’art. 583-quater c.p. Anticipiamo fin da subito che una netta presa di posizione da parte del Parlamento, in sede di conversione del d.l. 34/2023, sarebbe auspicabile, così da dirimere le molte questioni che scaturiscono dall’attuale situazione di incertezza.
2. Nel commentare l’entrata in vigore della legge 14 agosto 2020, n. 113, ci eravamo già interrogati sulla natura degli inasprimenti di pena per le lesioni gravi e gravissime previsti dall’art. 583-quater c.p.[6]. In particolare, nella sua versione precedente, l’art. 583-quater c.p. prevedeva due ipotesi simmetriche di aggravamento della pena: al comma 1, si punivano le lesioni gravi e gravissime commesse ai danni di un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive; al comma 2 (introdotto, come già accennato, con la legge 14 agosto 2020, n. 113) si punivano, con le medesime pene previste al comma 1, le lesioni gravi e gravissime commesse ai danni del personale sanitario.
Parte della dottrina individua, in tali fattispecie, delle figure autonome di reato, facendo leva sulla collocazione in un articolo diverso rispetto alla disciplina delle lesioni gravi e gravissime (art. 583 c.p.), sull’autonomo nomen iuris assegnato nella rubrica, nonché sulla ratio degli interventi legislativi, che sarebbe da individuarsi proprio nella volontà di sottrarre l’aumento di pena al giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p. Come avevamo sottolineato allora[7], tuttavia, tali considerazioni non sembrano superare l’opposto – e decisivo – rilievo, fondato sul carattere speciale dell’art. 583-quater rispetto all’art. 583 c.p. – norma, quest’ultima, che riteniamo essere riconducibile all’alveo delle circostanze aggravanti (rispetto alla fattispecie di lesioni personali, di cui all’art. 582 c.p.) per esplicita qualificazione nella rubrica (e nel comma 2 dell’art. 582 c.p.) e per costante interpretazione giurisprudenziale[8] e dottrinale[9]. In questa prospettiva, l’art. 583-quater c.p. si limiterebbe così a sottrarre le ipotesi di lesioni gravi e gravissime commesse nei confronti di p.u. in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (co. 1) e nei confronti del personale sanitario (co. 2) alla disciplina contenuta nell’art. 583 c.p.: tali ipotesi, di conseguenza, manterrebbero la natura circostanziale che avevano prima dell’introduzione dell’art. 583-quater c.p. Non potrebbe immaginarsi, d’altra parte, una fattispecie autonoma che – per la descrizione di parte del fatto tipico (le lesioni gravi e gravissime) – rinvii ad una circostanza aggravante.
Lo stesso ragionamento, com’è evidente, non può agevolmente essere trasposto con riferimento alla disposizione introdotta dal d.l. 30 marzo 2023, n. 34, che inserisce, all’art. 583-quater, co. 2, c.p., una norma speciale rispetto ad una fattispecie incriminatrice (art. 582 c.p., che punisce le lesioni personali) e non rispetto ad una circostanza aggravante, con la conseguenza che – in assenza dell’argomento che ritenevamo decisivo in relazione alle norme sulle lesioni gravi e gravissime – sembrerebbero prevalere gli indici che fanno propendere per un’interpretazione della nuova disposizione in chiave di autonomia: collocazione in un articolo diverso; cornice edittale indipendente; nomen iuris autonomo.
2.1. Va considerato, inoltre, che prima dell’entrata in vigore del d.l. 34/2023, alle lesioni semplici commesse nei confronti del personale medico e sanitario si applicava l’aggravante comune di cui all’art. 61 c.p., n. 11-octies, introdotta dalla già citata legge 113/2020 e consistente nell’«avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di tali professioni o attività».
Il fatto che il legislatore abbia sottratto l’ipotesi di lesioni semplici alla disciplina di cui all’art. 61 c.p., n. 11-octies, riservandole una disposizione ad hoc, dovrebbe costituire un’ulteriore conferma della natura autonoma della nuova fattispecie. L’intento pare qui assimilabile a quello perseguito con l’introduzione, ad opera della l. 26 marzo 2011, n. 128, di una specifica disciplina per il furto in abitazione e per il furto con strappo (art. 624-bis c.p.), con contestuale abrogazione delle circostanze precedentemente previste all’art. 625 c.p., n. 1 e 4, o, ancora, con l’introduzione, ad opera della l. 19 luglio 2019 n. 69, dell’art. 583-quinquies c.p., che enuclea un’apposita disciplina per la deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, espungendo dall’art. 583, co. 2, la corrispondente circostanza aggravante (n. 4). In queste ipotesi – pacificamente considerate, in giurisprudenza e in dottrina, come volte ad introdurre due figure di reato autonome[10] – la novella legislativa mirava a sottrarre l’aumento di pena al giudizio di bilanciamento ex art. 69 c.p., introducendo altresì un inasprimento sanzionatorio.
Nonostante il d.l. 34/2023 non abbia abrogato l’aggravante comune prevista all’art. 61 c.p., n. 11-octies – che resta applicabile a tutti gli altri delitti commessi con violenza o minaccia, tra cui, ad esempio, le percosse – ci pare che il medesimo ragionamento sia replicabile in relazione al nuovo art. 583-quater, co. 2, c.p., che trasferisce alcune delle ipotesi precedentemente riconducibili all’art. 61 c.p., n. 11-octies, in un apposito articolo, dotato di autonomo nomen iuris.
3. D’altra parte, la chiave ermeneutica da noi proposta – che considera l’art. 583-quater, co. 2, c.p., primo periodo, come figura autonoma di reato – sembrerebbe la sola che consenta di considerare – in conformità alla presumibile voluntas legis – la fattispecie procedibile d’ufficio, così come già accadeva prima dell’approvazione del d.l. 34/2023.
Qualora la nuova disposizione venisse qualificata come circostanza aggravante rispetto all’art. 582 c.p., si applicherebbe infatti il regime di procedibilità previsto da quest’ultima norma, ovverosia la procedibilità a querela, senza che sia possibile fare leva – come invece era possibile fare, prima del d.l. 34/2023, e anche a seguito dell’entrata in vigore della riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) – sul richiamo che l’art. 582, co. 2, c.p. fa all’art. 61 c.p., n. 11-octies, come circostanza che rende il reato procedibile d’ufficio[11]. L’art. 582 c.p., infatti, sarebbe, in ipotesi, aggravato dalla circostanza speciale di cui al nuovo art. 583-quater, co. 2, c.p., e l’aggravante comune prevista dall’art. 61 c.p., n. 11-octies sarebbe di conseguenza inapplicabile, ai sensi dell’art. 61, primo periodo, c.p.
Una simile conclusione – che introdurrebbe, per le lesioni semplici commesse ai danni del personale sanitario, la condizione di procedibilità della querela, che prima non era prevista – è evidentemente incompatibile con la finalità della novella, che, nelle intenzioni del legislatore, è quella di «rafforzare il sistema normativo penale posto a tutela del personale sanitario e socio-sanitario nonché del personale ausiliario nell'esercizio delle proprie funzioni o servizio o attività, in considerazione degli episodi di violenza più volte verificatisi nelle strutture sanitarie»[12].
D’altra parte, tale soluzione parrebbe altresì porre profili di irragionevolezza, in punto di procedibilità, tra il regime delle lesioni personali e quello delle percosse. A fronte, infatti, di lesioni semplici ai danni del personale sanitario procedibili a querela, resterebbe invece procedibile d’ufficio il reato di percosse, in forza del medesimo richiamo che l’art. 581 c.p. fa all’aggravante dell’art. 61 c.p., n. 11-octies, come circostanza che rende il reato procedibile d’ufficio: ci si troverebbe, insomma, nella situazione irragionevole in cui il reato di percosse, se commesso a danno del personale sanitario, sarebbe procedibile d’ufficio, mentre il più grave reato di lesioni personali, se commesso a danno delle medesime persone, sarebbe invece procedibile a querela.
La qualificazione delle lesioni semplici commesse ai danni del personale sanitario (art. 583-quater, co. 2, primo per.) come reato autonomo consente invece di continuare a considerare tale fattispecie come procedibile d’ufficio, stante l’assenza, nella nuova disposizione, del riferimento alla necessità della querela; si supererebbe, in questo modo, anche la disparità con il regime previsto per le percosse realizzate contro medici e personale sanitario (art. 581 c.p.),
Va tuttavia sottolineato che il Parlamento potrà intervenire sul punto in sede di conversione del d.l. 34/2023, eventualmente inserendo, al comma 2 dell’art. 582 c.p., il riferimento all’art. 583-quater, co. 2: in questo modo, il legislatore qualificherebbe esplicitamente la nuova fattispecie di lesioni semplici a danni del personale sanitario come circostanza aggravante – la cui sussistenza, in conformità con quanto accade in relazione alle percosse aggravate dall’61 c.p., n. 11-octies, renderebbe il reato procedibile d’ufficio.
In ogni caso, il mantenimento, all’art. 582, co. 2, c.p., del richiamo all’art. 61, n. 11-octies, c.p., come circostanza che rende il reato procedibile d’ufficio, pare una svista del Governo, alla quale sarebbe auspicabile che il Parlamento ponesse rimedio in sede di conversione: sia che si consideri l’art. 583-quater, co. 2, come una fattispecie autonoma, sia che la si consideri come circostanza aggravante, in ogni caso l’introduzione della nuova disposizione rende infatti inapplicabile l’art. 61 c.p., n. 11-octies ai casi di lesioni semplici, in forza del principio stabilito dall’art. 61 c.p., primo periodo («Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti […]»).
3.1. Va comunque considerato che – secondo una diversa prospettiva ermeneutica – il richiamo che l’art. 582, co. 2, c.p. fa all’art. 61 c.p., n. 11-octies, come circostanza che rende il reato di lesioni personali procedibile d’ufficio, potrebbe comunque indurre a riconoscere la non necessarietà della querela anche in relazione alla nuova fattispecie (in ipotesi, circostanziale) di cui all’art. 583-quater, co. 2, primo per. Infatti, così come il richiamo che l’art. 582, co. 2, c.p. fa all’art. 583 c.p. (lesioni gravi e gravissime) parrebbe sufficiente a sancire la procedibilità d’ufficio anche dell’aggravante speciale di cui all’art. 583-quater, co. 1, c.p., (lesioni gravi e gravissime ai danni di p.u. in servizio di ordine pubblico operanti nel corso di manifestazioni sportive), allo stesso modo, il riferimento, nel medesimo comma dell’art. 582 c.p., all’art. 61, n. 11-octies c.p., sembrerebbe evidenziare la volontà del legislatore di sottoporre la fattispecie speciale di lesioni semplici ai danni del personale sanitario al regime di procedibilità d’ufficio.
Nonostante la volontà del legislatore sia manifesta, riteniamo che sarebbe comunque necessario un intervento chiarificatore del Parlamento, volto a specificare con maggiore precisione i confini del regime di procedibilità d’ufficio delle lesioni di cui all’art. 582, co. 2, c.p., attraverso l'indicazione anche delle circostanze aggravanti speciali la cui sussistenza rende il reato procedibile d'ufficio (art. 583-quater, co. 1 e co. 2, secondo periodo – che l'orientamento maggioritario ritiene pacificamente delle aggravanti – e art. 583-quater, co. 2, primo periodo, qualora il Parlamento decida di qualificare espressamente tale disposizione come circostanza aggravante).
4. Dalla posizione che si assume in ordine al regime di procedibilità della nuova fattispecie dipende altresì l’individuazione del giudice penale competente per materia.
A tal proposito, va sottolineato che la riforma Cartabia – a dispetto della volontà, esplicitata nella relazione illustrativa, di ampliare la competenza del giudice di pace[13], in corrispondenza con l’estensione del regime di procedibilità a querela del diritto di lesioni personali – non è specificamente intervenuta sulle norme che determinano la competenza penale per materia del giudice di pace.
In particolare, non è stato modificato l’art. 4, co. 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, che tuttora sancisce la competenza del giudice di pace per il reato di cui all’art. 582 c.p. «limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte». Se prima della riforma Cartabia il citato secondo comma prevedeva la procedibilità a querela nel caso di durata della malattia non superiore ai venti giorni (c.d. lesioni lievissime), oggi, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022, il medesimo comma contempla le limitate ipotesi in cui le lesioni semplici sono procedibili d’ufficio, salve le eccezioni ivi stabilite («Si procede tuttavia d'ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 61, numero 11-octies), 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell'articolo 577. Si procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità»).
Stante l’evidente mancanza di coordinamento tra la modifica del regime di procedibilità dell’art. 582 c.p. e la norma che disciplina la competenza del giudice di pace (art. 4, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, spec. co. 1, lett. a), le alternative ermeneutiche che si presentano sono due:
(i) se si adotta un’interpretazione strettamente letterale – ma palesemente difforme rispetto alla voluntas legis di ampliare la competenza del giudice di pace, esplicitata nella relazione illustrativa – la competenza del giudice di pace dovrebbe essere limitata alle ipotesi di procedibilità a querela effettivamente previste dall’art. 582, co. 2, c.p., ossia le eccezioni al regime di procedibilità d’ufficio;
(ii) se si valorizza, al contrario, la volontà del legislatore, la mancata modifica dell’art. 4, co. 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, dovrebbe essere considerata alla stregua di un difetto di coordinamento e bisognerebbe ritenere competente il giudice di pace per tutte le ipotesi di lesioni procedibili a querela, sia per quelle previste al primo comma dell’art. 582 c.p., sia per quelle previste al secondo comma.
Recentemente, la Corte di Cassazione[14] ha adottato – a nostro parere, in maniera condivisibile – la seconda impostazione, ritenendo che l’opposta interpretazione letterale «si tradurrebbe in un evidente “passo indietro” rispetto agli obiettivi, non solo della riforma Cartabia, ma anche della stessa legge attributiva della competenza penale al giudice di pace, contemplanti, tra l’altro, nell’art. 15 della legge delega n. 468/99 la devoluzione al giudice di pace della competenza per il delitto di cui all’art. 582 c.p. di “lesione personale” “punibile a querela della persona offesa”»[15].
Ecco che, allora, alla luce dell’opzione ermeneutica fatta propria dalla Cassazione, la qualificazione dell’art. 583-quater, co. 2, primo per., c.p. come circostanza aggravante dell’art. 582 c.p. potrebbe comportare, insieme all’applicabilità del regime di procedibilità a querela, anche la competenza del giudice di pace: una soluzione in assoluto contrasto, ci pare, con gli obiettivi perseguiti dall’art. 16, d.l. 34/2023.
Sottolineiamo, ancora una volta, che il Parlamento, in sede di conversione, potrebbe agevolmente esprimersi sulla natura di circostanza aggravante dell’art. 583-quater, co. 2, primo per., evitando d’altra parte le conseguenze paradossali, descritte in questo paragrafo e nel precedente, in punto di procedibilità e competenza ratione materiae: a tal fine, dovrebbe richiamare, all’art. 582, co. 2, c.p., l’art. 583-quater, co. 2, c.p. come circostanza aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio. In assenza di tale intervento, ci pare che esigenze di sistematicità e di razionalità della materia dovrebbero imporre di considerare la nuova disposizione come figura autonoma di reato.
5. Infine, la riformulazione del comma 2 dell’art. 583-quater c.p. potrebbe determinare altresì una modifica nella qualificazione delle fattispecie già previste dal medesimo articolo.
In particolare, l’interpolazione introdotta dal d.l. 34/2023 spezza il rapporto simmetrico tra i due commi che caratterizzava l’articolo 583-quater c.p.: da un lato, prevedendo un inasprimento della pena per le lesioni semplici commesse ai danni del personale sanitario, ma non per quelle commesse ai danni dei pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico operanti nel corso di manifestazioni sportive, e, dall’altro, riformulando la circostanza aggravante già esistente delle lesioni gravi e gravissime ai danni di medici e personale sanitario.
Quanto a quest’ultimo aspetto, la nuova formulazione («In caso di lesioni personali gravi o gravissime si applicano le pene di cui al comma primo») non lascia ora alcun dubbio sulla natura di circostanza della norma, rimandando in toto ad altre disposizioni per l’individuazione del campo di applicazione: agli artt. 582 e 583 c.p. per la definizione delle “lesioni” e delle “lesioni gravi”; al periodo precedente del medesimo comma in cui è inserita (art. 583-quater, co. 2, c.p.) per l’identificazione dei soggetti ai danni dei quali sono commesse le lesioni gravi; infine, al primo comma del medesimo articolo per l’individuazione della cornice edittale applicabile.
Per essere più precisi, la fattispecie di lesioni gravi e gravissime ai danni dei sanitari appare speciale sia rispetto agli artt. 582 e 583 c.p., sia rispetto alla nuova disposizione che aggrava la pena per le lesioni semplici ai danni dei medesimi soggetti. Di qui la questione se si tratti di una circostanza aggravante dell’art. 582 c.p. o del nuovo art. 583-quater, co. 2, primo periodo (che, come abbiamo evidenziato, a meno di un intervento risolutore del Parlamento in sede di conversione, riteniamo più opportuno qualificare come figura autonoma di reato): da un lato, esigenze di continuità nell’interpretazione della norma e di conformità con la chiave esegetica che si ritiene preferibile in relazione al primo comma dovrebbero far propendere per la prima soluzione; dall’altro lato, tuttavia, la formulazione e la collocazione topografica dell’aggravante – posta subito dopo l’inasprimento della pena previsto per le lesioni semplici ai danni del personale sanitario – potrebbe indurre a aderire all’orientamento opposto.
Ragioni di ordine sistematico, ci pare, militano a favore di quest’ultima interpretazione: si perverrebbe, altrimenti, ad una situazione in cui il secondo comma dell’art. 583-quater c.p. disciplinerebbe, al primo periodo, una fattispecie autonoma, e, al secondo periodo, che rinvia al primo per l’identificazione delle persone offese, una circostanza aggravante di una diversa norma incriminatrice (l’art. 582 c.p., per l’appunto).
Va d’altra parte sottolineato che, qualora il Parlamento, in sede di conversione, esplicitamente qualificasse la fattispecie di lesioni semplici ai danni dei sanitari come circostanza aggravante dell’art. 582 c.p., la medesima qualificazione dovrebbe allora attribuirsi anche alle lesioni gravi e gravissime ai danni dei medesimi soggetti.
6. In conclusione, de jure condito, la soluzione che ci pare preferibile è quella di mantenere invariata la qualificazione del primo comma dell’art. 583-quater c.p., come circostanza aggravante dell’art. 582 c.p., e di considerare, invece, la nuova disposizione in materia di lesioni personali ai danni del personale sanitario come fattispecie autonoma, aggravata qualora le lesioni siano gravi o gravissime.
La molteplicità delle ripercussioni che la qualificazione della nuova disposizione ha sul sistema delle aggressioni ai danni del personale sanitario, tuttavia, richiederebbe – lo ribadiamo – un’esplicita presa di posizione del Parlamento, in sede di conversione del d.l. 34/2023.
In particolare, si rende sicuramente necessaria la soppressione del riferimento, ormai obsoleto, all’art. 61 c.p., n. 11-octies, quale circostanza che, ai sensi dell’art. 582, co. 2, c.p., rende il reato di lesioni personali procedibile d’ufficio. Qualora il Parlamento sostituisse il richiamo all’art. 61 c.p., n. 11-octies con il riferimento all’art. 583-quater c.p., co. 2, primo per. (o, eventualmente, a tutte le ipotesi circostanziali previste all'art. 583-quater c.p.) la natura circostanziale della nuova fattispecie sarebbe manifesta. Al contrario, la mera espunzione del riferimento all’art. 61 c.p., n. 11-octies dovrebbe confermare la tesi della figura autonoma di reato, dal momento che la soluzione contraria – che vede nell’art. 583-quater c.p., co. 2, primo per., un’ipotesi circostanziale – renderebbe il reato procedibile a querela: una conclusione che, come già sottolineato, parrebbe incompatibile con la finalità repressiva della novella.
[1] Per le definizioni di professioni sanitarie e socio-sanitarie si può fare riferimento, nel silenzio del legislatore, all’art. 1, legge 14 agosto 2020, n. 113, che a sua volta rinvia alle disposizioni contenute nella legge 11 gennaio 2018, n. 3 (c.d. legge Lorenzin). In particolare, svolgono professioni sanitarie coloro che appartengono agli Ordini «dei medici-chirurghi e degli odontoiatri, dei veterinari, dei farmacisti, dei biologi, dei fisici, dei chimici, delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica e dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione» (art. 4, l. n. 3/2018), nonché gli osteopati e chiropratici (art. 7), i chimici e i fisici (art. 8), gli psicologi (art. 9). Svolgono invece professioni socio-sanitarie gli assistenti sociali, i sociologi e gli educatori professionali (art. 5, l. n. 113/2020). Si consenta il rinvio, a tal proposito, a quanto evidenziato in occasione dell’entrata in vigore della l. 113/2020, vd. B. Fragasso, Aggressioni ai danni del personale sanitario: di fronte all’allarme sociale, la legge 113/2020 inasprisce le pene, in questa Rivista, 2 febbraio 2021.
[2] Utilizziamo l’espressione “lesioni semplici” per riferirci alle ipotesi disciplinate all’art. 582 c.p.– in luogo di quella, più comune, di “lesioni lievi e lievissime”, contrapposte alle lesioni gravi e gravissime (art. 583 c.p.) – poiché a seguito della riforma Cartabia (d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) è scomparsa la differenza, in ordine al regime di procedibilità, tra le lesioni dalle quali deriva una malattia fino ai venti giorni (lesioni c.d. lievissime, da sempre procedibili a querela) e le lesioni dalle quali deriva una malattia di durata compresa tra i 21 e i 40 giorni (lesioni c.d. lievi). Con la riforma Cartabia, infatti, le lesioni fino ai 40 giorni sono sempre perseguibili d’ufficio, a meno che non ricorrano le circostanze citate al comma secondo dell’art. 582 c.p. Una differenza di disciplina, in punto di procedibilità, basata sulla durata della malattia (se inferiore o superiore ai 20 giorni) resta con riferimento ai fatti commessi contro persona incapace, per età o per infermità: l’art. 582, co. 2, ult. per., c.p. stabilisce infatti che «[s]i procede altresì d'ufficio se la malattia ha una durata superiore a venti giorni quando il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità».
[3] G.L. Gatta, "Tregua fiscale" e nuova causa di non punibilità dei reati tributari attivabile fino al giudizio d'appello. E il PNRR?, in questa Rivista, 12 aprile 2023.
[4] S. Prandi, D.l. 30 marzo 2023, n. 34: una nuova causa di non punibilità per i reati di omesso versamento e indebita compensazione, in questa Rivista, 5 aprile 2023.
[5] Il dossier predisposto dal Centro Studi del Senato si limita ad affermare che: «Il decreto legge in conversione, nel confermare le pene previste per le lesioni gravi e gravissime, prevede un inasprimento sanzionatorio con riguardo alle lesioni semplici» (p. 61-62).
[6] Si consenta ancora il rinvio a B. Fragasso, Aggressioni ai danni del personale sanitario: di fronte all’allarme sociale, la legge 113/2020 inasprisce le pene, cit.
[7] B. Fragasso, Aggressioni ai danni del personale sanitario: di fronte all’allarme sociale, la legge 113/2020 inasprisce le pene, cit., a cui rinviamo anche per la bibliografia rilevante.
[8] Ex multis vd. Cass., sez. V, 25 gennaio 2021, n. 14864; Cass., sez. IV, 12 gennaio 2018, n. 13313; Cass., sez. V, 2 marzo 2017, n. 22685;
[9] Vd. per tutti F. Basile, sub art. 583, in E. Dolcini – G.L. Gatta (a cura di), Codice penale commentato, Wolters Kluwer, V ed., 2021, tomo III, p. 999; L. Masera, Delitti contro l’integrità fisica. Lesioni personali, in F. Viganò – C. Piergallini (a cura di), Reati contro la persona e contro il patrimonio, Giappichelli, 2015, p. 99. Come noto, una parte minoritaria della dottrina ritiene invece che le lesioni gravi e gravissime previste dall’art. 583 c.p. costituiscano – a dispetto della rubrica – figure autonome di reato, in quanto l’aggravamento della pena ivi stabilito opererebbe anche in assenza di una malattia, che è elemento costitutivo della figura del delitto di lesioni ex art. 582 c.p., vd. in tal senso G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale. Parte Generale, Zanichelli, 2019, VIII ed., p. 440.
[10] Si vd. per tutti G. Marinucci – E. Dolcini – G.L. Gatta, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè, XI ed., 2022, p. 657-658, a cui rinviamo anche per la giurisprudenza rilevante.
[11] La riforma Cartabia, infatti, pur generalizzando, per le lesioni semplici, il regime di procedibilità a querela, ha mantenuto, al comma 2 dell’art. 582 c.p., alcune eccezioni, tra cui i casi in cui ricorra la circostanza prevista all’art. 61 c.p., n. 11-octies.
[12] Vd. il dossier predisposto dal Centro Studi del Senato, p. 62.
[13] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (GU Serie Generale n.245 del 19-10-2022 - Suppl. Straordinario n. 5): «L’intervento di riforma comporta indirettamente un ampliamento della competenza del giudice di pace in virtù della disciplina di cui all’art. 4, co. 1, lett. a), d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, che attribuisce al giudice di pace la competenza per le lesioni perso» (p. 488).
[14] Cass., sez. V, 10 gennaio 2023, n. 12517.
[15] In forza di tale interpretazione, la Cassazione annullava la sentenza con cui la Corte d’Appello di Roma confermava la pena di sei mesi di reclusione e 1000 euro che il Tribunale di Roma aveva irrogato nei confronti dell’autore di lesioni lievi, dovendosi applicare – in applicazione del principio di retroattività in bonam partem – le più miti sanzioni pecuniarie previste dall’art. 52, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, per i reati di competenza del giudice di pace.