Direttiva (UE) 2024/1260 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024 riguardante il recupero e la confisca dei beni
*Contributo pubblicato nel fascicolo 6/2024.
1. È stata finalmente adottata la nuova direttiva dell’Unione europea in materia di recupero e confisca di beni, alla quale gli Stati membri sono tenuti a conformarsi entro il 23 novembre 2026.
Le radici di tale direttiva risiedono in una proposta del Parlamento e del Consiglio del maggio 2022[1], poi sottoposta al vaglio del Parlamento nel maggio 2023[2].
Quella stessa proposta traeva origine da una riflessione pluriennale circa la necessità di rinnovare l’impianto legislativo dell’Unione in materia di confisca, per introdurre norme comuni ulteriori rispetto a quelle di cui alla direttiva 42/2014[3]. Necessità, quest’ultima, che era poi stata ribadita in un report della Commissione del giugno 2020[4], nel quale si segnalava che la ricchezza illecita generata da reati economici commessi in particolare dalla criminalità organizzata avesse assunto in Europa una portata preoccupante che superava già allora i cento miliardi di euro[5].
Non è un caso, allora, che il primo considerando della nuova direttiva esordisca rappresentando che «[a]limentata dagli ingenti introiti generati dalla criminalità organizzata, pari almeno a 139 miliardi di euro ogni anno e sempre più spesso riciclati attraverso un sistema finanziario parallelo sotterraneo, la disponibilità di proventi di attività criminali rappresenta una minaccia significativa per l’integrità dell’economia e della società, che erode lo Stato di diritto e i diritti fondamentali».
2. L’armonizzazione cui ambisce la nuova direttiva passa anche dalla sostituzione ad ogni effetto di precedenti strumenti quali l’azione comune 98/699/GAI, le decisioni quadro 2001/500/GAI e 2005/212/GAI, la decisione 2007/845/GAI e la direttiva 2014/42/UE, fatti salvi gli obblighi di tali Stati membri relativamente ai termini per il recepimento di tali strumenti nel diritto nazionale (art. 36 della direttiva), mentre resta in vigore la direttiva 2019/1153 sull’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati (art. 35 della direttiva), così come – naturalmente – il regolamento 2018/1805, che impone, con uno strumento direttamente vincolante, il mutuo riconoscimento dei provvedimenti di sequestro e confisca.
3. La direttiva si articola in otto capi, così suddivisi: I) Disposizioni generali (artt. 1-3); II) Reperimento e identificazione (artt. 4-10); III) Congelamento e confisca (artt. 11-19); IV) Gestione (artt. 20-22); V) Garanzie (artt. 23-24); VI) Quadro strategico per il recupero dei beni (artt. 24-27); VII) Cooperazione (artt. 28 e 31); VIII) Disposizioni finali (artt. 32-38).
In attesa di ospitare commenti analitici a questo nuovo provvedimento, può essere utile passarne cursoriamente in rassegna i contenuti principali.
4. Anzitutto, può evidenziarsi che – coerentemente con quella che è la sua base giuridica: gli artt. 82 § 2, 83 § 1 e § 2, 87 § 2, TFUE – la nuova direttiva stabilisce norme minime in materia di reperimento, identificazione, congelamento, confisca e gestione di beni «nel quadro di un procedimento in materia penale» (art. 1 §1), quale «concetto autonomo del diritto dell’Unione europea» (considerando n. 7), il cui contenuto non viene però esplicitato, così lasciando residuare i dubbi interpretativi che già avevano investito il regolamento 2018/1805[6], ma comunque senza pregiudizio per le normative nazionali già esistenti che prevedono forme di sequestro e confisca «nel quadro di un procedimento in materia civile o amministrativa» (art. 1 §2).
La «confisca» cui si fa riferimento è comunque solo quella «ordinata da un organo giurisdizionale in relazione a un reato» (art. 3) e il “congelamento” è un «divieto temporaneo» di disporre del bene, prodromico alla confisca stessa, come il sequestro.
Il considerando n. 21 della direttiva precisa peraltro che il congelamento e la confisca “sono concetti autonomi, che non dovrebbero impedire agli Stati membri di attuare la presente direttiva utilizzando strumenti che, in base al diritto nazionale, sarebbero considerati sanzioni o altri tipi di misure”.
Interessante è anche la nozione di «bene», suscettibile di confisca, che può essere «di qualsiasi natura, materiale o immateriale, mobile o immobile, comprese le cripto-attività, nonché atti giuridici o strumenti in qualsiasi forma, che attestano un titolo o un diritto su tale bene», innovando in tal senso la definizione che era racchiusa sia nella direttiva 2014/42 sia nel regolamento 2018/1805.
5. Di grande rilievo è senz’altro l’attenzione che viene rivolta al rafforzamento delle tecniche di reperimento e identificazione dei beni suscettibili di sequestro e confisca. Si tratta di un aspetto nevralgico dell’attuale sistema di contrasto economico della criminalità organizzata: per evitare che provvedimenti di sequestro disposti a seguito di faticose e dispendiose indagini penali rimangano mere affermazioni astratte, prive di qualsivoglia effettività concreta, è indispensabile che le autorità giudiziarie e le forze di polizia giudiziaria dispongano di strumenti in grado di rintracciare (rapidamente) i patrimoni personali trasferiti all’estero, siano essi depositati su conti correnti, investiti in attività imprenditoriali o utilizzati per acquisti immobiliari.
A tal riguardo è senza dubbio essenziale che sia assicurato il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca (direzione nella quale si è da ultimo mosso il regolamento 2018/1805), ma è parimenti indispensabile che quei provvedimenti, una volta emessi e riconosciuti dallo stato estero, possano anche essere proficuamente eseguiti, recuperando effettivamente i beni: in questo senso si muove la disciplina della nuova direttiva, con un nutrito novero di disposizioni contenute negli artt. 4-10.
A questo fine, la direttiva implementa il ruolo degli Uffici per il recupero dei beni (Asset recovery Offices: A.R.O.) la cui istituzione in ciascuno Stato membro era stata prevista già dalla decisione quadro 2007/845/GAI, e che in Italia già sono istituiti presso il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, strutturalmente incardinato presso il Ministero dell’Interno[7].
Essi dovrebbero essere in grado di reperire e identificare beni, cooperando e scambiando informazioni con gli Uffici di altri stati, con l’EPPO e con altre autorità nazionali competenti (cfr. art. 5 della direttiva)
Caratteristica, e limite, di questa forma di cooperazione è spesso che tali informazioni sono in concreto reperibili a condizione che siano contenute in banche dati o registri centralizzati o interconnessi detenuti da autorità pubbliche degli Sati a cui è rivolta la richiesta di informazioni, il che non sempre avviene. Prendendo atto di ciò, la direttiva stabilisce che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per garantire che gli uffici per il recupero dei beni possano rapidamente ottenerle dagli enti pertinenti con altri mezzi in modo semplificato e standardizzato (cfr. artt. 6, 7 e 8 della direttiva).
Più nel dettaglio è l’art. 9 ad occuparsi delle modalità con cui deve avvenire lo scambio di informazioni tra Stati membri: i dati che deve contenere la richiesta (§2) – tra cui anche il collegamento fra il procedimento e lo Stato membro – e i possibili motivi di rifiuto (§5), tra cui quello secondo cui la comunicazione appaia palesemente sproporzionata o irrilevante per lo scopo per cui è stata richiesta.
Tale scambio di informazioni ambisce poi a essere particolarmente celere, in linea con le esigenze investigative e la necessità di eseguire anche provvedimenti urgenti. I termini infatti sono fissati: a) in sette giorni, per tutte le richieste non urgenti; b) in otto ore per le richieste urgenti di informazioni di cui all'articolo 6 che sono contenute in banche dati e registri a cui tali uffici per il recupero dei beni hanno accesso diretto; c) in tre giorni per le richieste urgenti fuori dai casi precedenti.
6. Al congelamento e alla confisca sono invece dedicati gli artt. da 11 a 19, del capo III.
Il congelamento (“freezing”), comprende sia le “azioni immediate” da intraprendere, ove necessario (ed eventualmente anche da parte degli A.R.O.), al fine di conservare i beni fino all’emissione di un provvedimento di congelamento, sia il congelamento in senso stretto, essenzialmente corrispondente al nostro sequestro preventivo, volto ad assicurare l’apprensione e la conservazione temporanea dei beni suscettibili di successiva confisca, rispetto alla quale è strumentale (cfr. art. 11 della direttiva).
Le ipotesi di confisca contemplate dalla nuova direttiva sono quattro, contemplate agli artt. 12-16.
Si precisa inoltre che la confisca può colpire anche terzi, purché non in buona fede, e cioè che sapevano o avrebbero dovuto sapere che il trasferimento nei loro confronti o l’acquisizione aveva lo scopo di evitare la confisca (cfr. art. 13 della direttiva).
La norma stabilisce altresì che nel determinare se tali beni debbano essere confiscati si tiene conto di “tutte le circostanze del caso, compresi gli elementi di prova disponibili e i fatti specifici che possono comprendere:
A differenza di quanto era stato originariamente proposto dalla Commissione, non è invece indispensabile che i beni siano congelati nel contesto di un’indagine relativa a un reato commesso nel quadro di un’organizzazione criminale, presupposto questo che l’art. 16 §5 indica come meramente facoltativo, con scelta rimessa agli Stati membri.
La disposizione precisa poi che i reati-presupposto della misura (“the notion of criminal offence”), sono solo quelli elencati all’art. 2 §1-3 della direttiva stessa, qualora punibili con una pena privativa della libertà di durata massima non inferiore a quattro anni.
La norma prevede quindi un’ipotesi di ablazione patrimoniale che appare evidentemente ispirata ai modelli di confisca di prevenzione italiana e a quelli di civil forfeiture di matrice anglosassone.
Nondimeno, si legge nel considerando n. 35 che “l’oggetto della presente direttiva è limitato ai procedimenti in materia penale e pertanto la presente direttiva non si applica alle misure di confisca nei procedimenti in materia civile che gli Stati membri potrebbero aver attuato”.
La ragione della necessità di introdurre una simile misura veniva ad ogni modo spiegata efficacemente nel considerando n. 28 della proposta di direttiva avanzata dalla Commissione, ove si faceva riferimento all’esigenza di approntare uno strumento in grado di recuperare gli arricchimenti illeciti anche quando, «data la natura intrinsecamente opaca della criminalità organizzata, non è sempre possibile collegare i beni derivanti da attività criminali a uno specifico reato e confiscare tali beni». Tale esigenza viene però contemperata con l’esigenza di rispetto del principio di proporzionalità e, tal fine, il considerando n. 33 precisa che nell’applicare le norme nazionali di attuazione della presente direttiva, le autorità competenti nazionali possono scegliere di non ordinare o eseguire la confisca di patrimonio ingiustificato qualora, nel caso in questione, l’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva sia manifestamente irragionevole o sproporzionata. Gli Stati membri possono inoltre fissare un periodo di tempo entro il quale si può ritenere che i beni siano derivati da tali condotte criminose”.
7. La direttiva comprende poi una disciplina di principio in punto di gestione dei beni sequestrati e confiscati e, in particolare delle imprese (art. 20), con previsione altresì di una vendita anticipata rispetto alla confisca (art. 21); gestione da affidare anche agli “Uffici per la gestione” e, ove opportuno, agli “Uffici per il recupero”, con la predisposizione inoltre di registri centralizzati (art. 22 e 27).
Sono inoltre dedicate alcune disposizioni specificamente rivolte alle garanzie in tema di adeguata comunicazione e motivazione dei provvedimenti (art. 23) e di predisposizione di mezzi di ricorso effettivi, implicanti anche diritti di accesso, alla traduzione degli atti e a una difesa effettiva durante tutto il procedimento (art. 24)
Vengono infine dedicati alla cooperazione con gli organismi e le agenzie dell’UE e con Paesi terzi gli artt. 29-31. Anzitutto si prevede che la Commissione istituisca una rete di cooperazione per il recupero e la confisca dei beni per facilitare la cooperazione tra gli uffici per il recupero dei beni e gli uffici per la gestione dei beni e con Europol in relazione all'attuazione della direttiva, nonché per fornire consulenza alla Commissione e consentire lo scambio delle migliori pratiche in relazione all’attuazione della direttiva. Inoltre gli uffici per il recupero dei beni degli Stati membri, nei limiti delle rispettive competenze e conformemente al quadro giuridico applicabile, dovranno cooperare strettamente con l’EPPO, oltre che con Europol ed Eurojust, conformemente ai settori di loro competenza, nonché con i loro omologhi nei paesi terzi, fatto salvo il quadro giuridico applicabile in materia di protezione dei dati, il tutto per agevolare l’identificazione di beni strumentali, proventi, o beni che sono o potrebbero diventare oggetto di un provvedimento di congelamento o confisca.
[1] A questo indirizzo può consultarsi la proposta: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52022PC0245. Sul punto si veda A.M. Maugeri, La proposta di una nuova direttiva per la confisca dei beni: l’armonizzazione e l’actio in rem contro il crimine organizzato e l’illecito arricchimento, in questa Rivista, 3 aprile 2024 e, volendo, S. Finocchiaro, La confisca senza condanna nello spazio europeo: mentre a Bruxelles è in cantiere una nuova direttiva, a Strasburgo l’Italia è sotto esame nel ricorso “Cavallotti”, in questa Rivista, 7 novembre 2023.
[2] Cfr. Draft European Parliament Legislative Resolution, consultabile a questo indirizzo: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2023-0199_EN.html#_section1
[3] Si veda il documento del Consiglio n. 7329/1/14/REV 1 ADD 1, “Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on the freezing and confiscation of proceeds of crime in the European Union” (https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST%207329%202014%20REV%201%20ADD%201/EN/pdf).
[4] Report from the Commission to the European Parliament and the Council, Asset recovery and confiscation: Ensuring that crime does not pay, COM(2020) 217 final, p. 1. Già prima si veda Commission staff working document, Analysis of non-conviction based confiscation measures in the European Union, SWD (2019) 1050 final.
[5] Cfr. i dati forniti da Transcrime, From illegal markets to legitimate businesses: the portfolio of organised crime in Europe, 2015. Cfr. anche Europol, Does crime still pay? Criminal Asset Recovery in the EU – Survey of statistical information 2010-2014, 2016.
[6] Cfr. A.M. Maugeri, La proposta di una nuova direttiva, cit., 3 aprile 2024.
[7] A tale organismo possono essere rivolte eventuali richieste di attivazione del network europeo di asset recovery, secondo le modalità previste dalla decisione quadro 2006/960/GAI, attuata nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 54/2015.
[8] L’art. 240-bis, con cui si chiude il Libro I del codice penale, prevede che “nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti [dalla disposizione medesima] è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica”.
[9] Il considerando n. 15 della direttiva 42/2014, spiega peraltro: “Qualora la confisca in base a una condanna definitiva non sia possibile, in determinate circostanze dovrebbe essere comunque possibile confiscare beni strumentali e proventi da reato, almeno in caso di malattia o di fuga dell’indagato o dell’imputato. Tuttavia, in tali casi di malattia e di fuga, l’esistenza di un procedimento in contumacia negli Stati membri dovrebbe essere sufficiente per adempiere a tale obbligo. In caso di fuga dell’indagato o dell’imputato, gli Stati membri dovrebbero adottare ogni misura ragionevole e possono disporre affinché il soggetto in questione sia chiamato a comparire nel procedimento di confisca o sia informato di tale procedimento”.