Scheda  
16 Maggio 2020


Il giudice per i rimedi straordinari di San Marino riconosce e applica il principio del ne bis in idem internazionale


Novella Galantini

Trib. San Marino, sent. 5 aprile 2020 – dep. 14 aprile 2020, giud. Esposito


1. Con una sentenza estremamente articolata, resa il 5 aprile scorso[1], il Giudice per i rimedi straordinari del Tribunale di San Marino, ha accolto per ne bis in idem internazionale la richiesta di revisione presentata da un soggetto condannato in via definitiva in sede di appello e già prima oggetto di sentenza di patteggiamento per gli stessi fatti pronunciata in Italia. Si trattava di un procedimento per associazione a delinquere commesso in parte in territorio italiano. In sede di appello, con la conferma della sentenza di condanna resa in primo grado, era stata riconosciuta l'identità dei fatti trattati nei due processi, sanmarinese e italiano, non tale peraltro da assurgere a presupposto per l'applicazione del ne bis in idem.

Il Giudice per i rimedi straordinari, decidendo sulla istanza di revisione, ha revocato la sentenza di appello, annullato la pronuncia di condanna resa in primo grado e dichiarato non doversi procedere “poiché l'azione penale non doveva essere proseguita essendo stata pronunciata in Italia, per gli stessi fatti, sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta.

È stato così riconosciuto e applicato il principio del ne bis in idem internazionale, del quale si è sostenuta argomentatamente la valenza di diritto della persona.

 

2. Senza poter scendere nel dettaglio della disciplina processual-penalistica sanmarinese, regolata dal codice di rito[2], ci si limita ad osservare che il giudizio di revisione risulta attribuito al giudice per i rimedi straordinari in base alla legge costituzionale n. 144 del 2003 (art. 2 comma 4) per le ipotesi stabilite dall'art. 200 c.p.p.

Sul punto della ricevibilità della richiesta di revisione la sentenza svolge un ampio esame, che già connota in esordio le peculiarità della pronuncia. In assenza di uno specifico caso di revisione che consenta il radicarsi della competenza funzionale, il Giudice richiama le sentenze del Collegio garante della costituzionalità delle norme – l'organo di giustizia costituzionale (art. 16 Dichiarazione dei diritti dei cittadini)[3] – là dove consacra il principio “della sussistenza, per il tramite del rimedio straordinario del giudizio di revisione, di un diritto di accesso alla giustizia (droit au juge – the right of access) a favore di colui che, attraverso la prospettazione dell'avvenuta violazione nel procedimento di un diritto fondamentale della persona, abbia dedotto la sussistenza di una ingiustizia sostanziale di una pronuncia giudiziaria definitiva contrastante con l'attuale coscienza dei diritti fondamentali della persona” (sentenza, p. 3)[4]. In sostanza, qualsiasi ipotesi di ingiustizia sostanziale, “in forza del principio della preminenza del diritto contro l'arbitrio”, deve poter fondare la legittimazione del Giudice dei rimedi straordinari, al fine di garantire il “principio di diritto internazionale che proibisce il diniego di giustizia” (sentenza, p. 10). Premesso che eventuali profili di incostituzionalità che il Giudice ravvisi in ordine alle norme da applicare lo obbligherebbero a ricorrere al Collegio costituzionale – dotato di competenza generale, accentrata ed esclusiva[5] – la revisione assume in ogni caso il ruolo di strumento di tutela al quale accedere in ultima istanza, dopo il giudicato, per eliminare le lesioni di diritti fondamentali[6]. In questo specifico caso, il mezzo straordinario si atteggia ad unico rimedio posto che un eventuale ricorso alla Corte europea non avrebbe potuto sortire un esito positivo, dovendosi ritenere che l'art. 4 Protocollo 7 Cedu sia inteso a garantire il divieto di doppio processo in idem sul solo piano interno.

Il Giudice, sulla base di queste premesse ed esclusa la necessità di un vaglio di costituzionalità delle norme applicabili – superata dalla pregiudiziale tutela del diritto di accesso alla giustizia per il riconoscimento della lesione di un diritto fondamentale – ha quindi ritenuto ricevibile la richiesta di revisione, ritenendo che la ipotizzata 'ingiustizia sostanziale' derivante dalla duplicazione dei giudizi in idem rendesse necessario il vaglio di merito.

 

3. Su questa linea si innesta la seconda parte della sentenza, dedicata all'analisi del ne bis in idem internazionale, che viene sviluppata su più piani, tutti peraltro nel quadro complessivo della indiscutibile dimensione di un principio che svela la sua natura più autentica nell'essere un diritto della persona.

Dalla astrattezza del diritto era necessario tuttavia approdare alla individuazione di una sua portata che ne sancisse la concretezza, anche in termini di parametri condivisi. La sentenza si è dunque impegnata in un approfondito confronto con le fonti sovranazionali al fine di trarne gli elementi utili a dimostrare che al diritto in astratto è riconosciuta l'effettività in concreto. Uno spunto a questa ricerca era fornito dalla sentenza di appello secondo cui, il fatto che San Marino non sia parte dell'Unione europea, “non esclude, in verità, che nell'ordinamento sanmarimese … si possa ritenere operante, a determinate condizioni, il principio consacrato a livello eurounitario nell’art. 50 della Carta di Nizza, secondo cui, come è noto, nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge” (sentenza, p. 14).

Da un percorso di ricerca e confronto, inteso a valutare se nell’incrociarsi, sovrapporsi e integrarsi delle fonti, potesse risultare effettivamente operante quel principio, è sortito l'articolato iter argomentativo a supporto dell'accoglimento della richiesta di revisione.

Dalle risalenti convenzioni adottate in sede comunitaria[7] e, ancora prima, dal Consiglio d'Europa [8], fino alla Convenzione applicativa dell'Accordo di Schengen[9], nessuna fonte è stata tralasciata nell'intento di riscontrare “l'eventuale effetto nazionale di un giudicato reso in Italia per l'imputazione di un fatto-reato che risulti commesso anche in territorio sanmarimese” (sentenza, p. 14). Da qui in effetti è iniziata la ricerca che, se pure nel non facile raccordo tra le disposizioni sul tema e nella altrettanto complessa individuazione del rapporto tra le fonti, primaria (art. 50 CDFUE) e secondaria (art. 54 Conv. Schengen), è giunta intanto a ritenere fissato un criterio per il quale il ne bis in idem internazionale – se può cedere a fronte della territorialità della giurisdizione – ritrova semmai la sua espansione quando i fatti sono avvenuti in tutto o in parte sul territorio della Parte contraente nel quale la sentenza è stata pronunciata (art. 55 comma 1 lett. a) Conv. Schengen). Le eventuali riserve alla applicazione del ne bis in idem non risultano in effetti ammesse quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono avvenuti in parte sul territorio dello Stato nel quale la sentenza è stata pronunciata (sentenza, p. 32 e nota 47)[10]. Il che ha portato a sostenere, già in altra precedente pronuncia in tema che, “qualora la sentenza riguardi fatti non interamente commessi nel territorio della Repubblica di San Marino”, la materia del divieto di giudizio in idem di persona già processata in via definitiva da autorità straniera, “si sottrae alle valutazioni politiche proprie degli strumenti convenzionali e appartiene al novero dei diritti fondamentali”[11].

Il gioco degli specchi tra le fonti (sentenza, p. 30 ss.) ha consentito dunque di rivelare l'essenza del principio nella sua natura di diritto fondamentale che ne implica l'osservanza da parte degli Stati aderenti all'Unione europea ovvero al Consiglio d'Europa, accomunati dal rispetto dei diritti umani nella logica della “preminenza del diritto (rule of law) contro l'arbitrio” (sentenza, p. 35).

Calato in un contesto costituzionale aperto a questa dimensione, così come attestato dai contenuti dell'art. 1 Dichiarazione dei diritti[12] e intriso dei fondamenti del diritto comune, il ne bis in idem internazionale può allora trovare un suo spazio virtuale ma concreto nel primato della rule of law cui il Giudice si appella affinché il sistema processuale si armonizzi con i principi avanzati della sua Carta costituzionale[13]. Da un caso concreto la sentenza trae dunque spunti tanto innovativi quanto proficui per la individuazione di un metodo che possa aprire a più avanzate linee interpretative ancora non del tutto[14] coltivate dalla giurisprudenza[15].

Sullo sfondo, ma non a margine, si pone il più ampio tema della diretta applicabilità delle disposizioni convenzionali sui diritti, suggerito dal Giudice estensore nella logica di un processo improntato ai canoni della fairness, che peraltro non esclude un praticabile confronto con la fonte sovranazionale, tale da consentire le giuste e fisiologiche applicazioni dei diritti fondamentali della persona.

 

 

 

[1] La pubblicazione della sentenza è stata autorizzata dal Giudice estensore, dr. Vitaliano Esposito.

[2] Il testo del codice di procedura penale, aggiornato al 2018, è consultabile in consigliograndeegenerale.sm, Archivio leggi, Testi coordinati.

[3] Il testo della Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali del'ordinamento sanmarinese, aggiornato al 2019, è consultabile in consigliograndegenerale.sm., Archivio leggi, Testi coordinati.

[4] La pronuncia richiama la sentenza n. 6 del 2007 e la sentenza n. 13 del 20 dicembre 2019 del Collegio garante della costituzionalità delle norme.

[5] Collegio garante della costituzionalità delle norme (sentenza 20 dicembre 2019, cit.): “l'organo competente in via generale ed esclusiva alla verifica della costituzionalità delle norme, vale a dire della conformità alla Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell'Ordinamento sammarinese – in una parola la Carta costituzionale di essa Repubblica – è il Collegio Garante della costituzionalità delle norme cosi come sancito dall'art. 16 della Dichiarazione dei Diritti.

[6] Collegio garante della costituzionalità delle norme (sentenza 20 dicembre 2019, cit.): “il rimedio principale è appunto quello dei rimedi straordinari in materia penale (art. 2, quarto comma della legge costituzionale n. 144/2003, modificato dalla legge costituzionale n. 2/2011) e, a seguire, se sussistono dubbi della costituzionalità delle norme da applicare per eliminare la lesione, il rimedio della verifica di costituzionalità ai sensi dell'art. 16, terzo comma, letto a della Dichiarazione, nonché dell'art. 13 della legge qualificata n. 55/2003” (punto 2.10).

[7] Convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee relativa all' applicazione del principio del ne bis in idem, Bruxelles 25 maggio 1987, art. 1.

[8] V., tra le altre, la Convenzione europea sulla validità internazionale dei giudizi repressivi, L'Aja 1970 (artt. 53-55) e la Convenzione europea sul trasferimento delle procedure, Strasburgo, 1972 (artt. 35-37). Sul punto, sentenza p. 24 ss.

[9] Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985. Secondo l'art. 54 “una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un'altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita”.

[10] Secondo l'art. 55 comma 1 lett. a) Conv. Schengen) “una Parte contraente può, al momento della ratifica, dell'accettazione o dell'approvazione della presente convenzione dichiarare di non essere vincolata dall'articolo 54 in uno o più dei seguenti casi: a) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono avvenuti sul suo territorio in tutto o in parte. In quest'ultimo caso questa eccezione non si applica se i fatti sono avvenuti in parte sul territorio della Parte contraente nel quale la sentenza è stata pronunciata”.

[11] Sentenza Appello n. 86 del 2016, richiamata a p. 36.

[12] Art. 1 comma 1: La Repubblica di San Marino riconosce, come parte integrante del proprio ordinamento, le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e conforma ad esse i suoi atti e la condotta. Si uniforma alle norme contenute nelle dichiarazioni internazionali in tema di diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Art. 1 comma 3: L’ordinamento sammarinese riconosce, garantisce ed attua i diritti e le libertà fondamentali enunciate nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Art. 1 comma 4: Gli accordi internazionali in tema di protezione delle libertà e dei diritti dell’uomo, regolarmente stipulati e resi esecutivi, prevalgono in caso di contrasto sulle norme interne.

[13] Sul tema della riforma del processo penale sanmarinese, O. Mazza, Il modello dell’equo processo europeo per il nuovo codice di procedura penale di San Marino, in Dir. pen. e proc., 2016, p. 1265. E' noto il Progetto per un codice processuale penale sanmarinese, elaborato da M. Nobili, Progetto per un codice processuale penale sanmarinese, in M. Nobili, Scenari e trasformazioni del processo penale, Cedam, 1998, p. 209. V., inoltre, gli Atti del Seminario di studi 'Per il nuovo processo penale sanmarinese: tradizione e innovazione', in Istituto Giuridico Sanmarinese, Miscellanea, fascicolo n. 7/2001, con le relazioni di M. Nobili, Linee portanti del progetto di un codice di procedura penale per la Repubblica di San Marino, pag. 15; P. Gualtieri, Profili attuali e futuri del giudizio d'appello, pag. 33; G. Conso, Il progetto Nobili di fronte alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti del1 'uomo e delle libertà fondamentali, pag. 45; P.L. Vigna, Il progetto di un codice di procedura penale per la Repubblica di San Marino ed i fenomeni di criminalità organizzata, pag. 55.

[14] Per un aggiornamento, volendo, N. Galantini, Il principio del ne bis in idem internazionale e i limiti alla sua applicazione, in Proc. pen. e giust., 2020, p. 537.

Per un ulteriore caso di non accoglimento del principio, Cass. Sez. I 8.4.2020 n. 11664.

Il tema tocca inoltre l'art. 4 d.lgs. n 231/2001, sulla responsabilità degli enti, su cui Cass. Sez. VI, 7 aprile 2020 n. 11626, in questa Rivista, 6 maggio 2020, con scheda di G. Principato – G. Cassinari, La imperfetta sovrapponibilità della giurisdizione per le persone fisiche e gli enti stranieri: riflessioni a margine di una sentenza della cassazione sull'art. 4 d.lgs. 231/2001.

[15] Per un caso particolare di applicazione dell'art. 50 CDFUE, Cass. Sez. VI, 15 novembre 2016 n. 54467, in Dir. pen. cont., 7 aprile 2017, con nota di I. Gittardi, La miccia è accesa: la Corte di cassazione fa diretta applicazione dei principi della Carta di Nizza in materia di ne bis in idem, ivi.