G.i.p. Milano, 18 gennaio 2023 (Giud. Maccora)
*Contributo destinato alla pubblicazione sulò fascicolo 1/2023.
1. L’allegata sentenza del Giudice per le indagini preliminari di Milano, resa all’esito di giudizio abbreviato, si segnala per essere una delle prime ad applicare la nuova disciplina delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, introdotta dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) attraverso una revisione organica della disciplina della legge n. 689 del 1981 e l’introduzione del nuovo art. 20-bis c.p. Nel caso di specie, relativo a un procedimento per il delitto di atti persecutori, la pena di un anno e otto mesi di reclusione è stata sostituita con la detenzione domiciliare sostitutiva, di cui all’art. 56 della l. n. 689/1981.
La sentenza si segnala per la puntuale indicazione delle prescrizioni relative alla pena sostitutiva, che sembrano ricalcate in buona parte sulla prassi seguita dal tribunale di sorveglianza rispetto alla corrispondente misura alternativa alla detenzione. Si segnala altresì quale provvedimento adottato senza che si sia reso necessario l’intervento in udienza dell’UEPE: la pena-programma è stata costruita, nelle sue linee essenziali, attraverso le prescrizioni del giudice, che potranno essere integrate dal programma dell’UEPE ed essere modificate, se necessario, dal tribunale di sorveglianza.
2. Prima della riforma, sarebbe stato possibile sostituire la pena solo con la semidetenzione, che comportava l’obbligo di permanere in carcere per almeno 10 ore al giorno: una sanzione sostitutiva talmente poco appetibile, entro l’area dei due anni di pena inflitta condizionalmente sospendibile, da essere disapplicata (al 15 gennaio 2023 risulta in esecuzione una sola condanna alla semidetenzione). Verosimilmente, fino a poche settimane fa il giudizio si sarebbe concluso con una condanna a pena detentiva e il condannato avrebbe atteso in arresti domiciliari 'esecutivi' la discussione di una misura alternativa domandata in relazione a quella pena. E probabilmente avrebbe trascorso in arresti domiciliari esecutivi tutta la pena inflitta.
Qualora fosse stata revocata la misura cautelare, l’ordine di esecuzione sarebbe stato sospeso, ai sensi dell’art. 656, co. 5 c.p.p. e il condannato avrebbe potuto richiedere, al tribunale di sorveglianza, una misura alternativa alla detenzione (il divieto di sospensione dell’ordine, ex art. 656, co. 9 c.p.p., interessa solo l’ipotesi di stalking aggravato ai sensi del terzo comma dell’art. 612-bis c.p.p., non contestata nel caso di specie): l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare o la semilibertà. Con attesa di svariati anni.
Nel nuovo scenario, reso possibile dalla riforma, la detenzione domiciliare sostitutiva sarà immediatamente esecutiva dopo il giudicato: alle pene sostitutive non si applicano, infatti, né la sospensione condizionale della pena (cfr. art. 61-bis l. n. 689/1981) né la sospensione dell’ordine di esecuzione ex art. 656, co. 5 c.p.p., finalizzata alla richiesta di una misura alternativa alla detenzione, che potrà eventualmente essere chiesta, nella forma dell’affidamento in prova al servizio sociale, dopo l’espiazione di almeno metà della pena sostitutiva (cfr. art. 67 l. n. 689/1981 e art. 47, co. 3-ter ord. penit., nella versione del d.lgs. n. 150/2022). Ciò significa che il giudice di cognizione ha irrogato la pena che sarà effettivamente espiata, ritagliando le prescrizioni sulla persona del condannato e sulle sue esigenze in vista della risocializzazione. Dovrebbe essere normale ma non lo era, prima della riforma Cartabia.
La pena prevede un programma di trattamento che dovrà essere predisposto dall’UEPE ed ampie possibilità di uscire dal domicilio durante il giorno (per 9 ore: dalle 10 alle 19), fermo il divieto di avvicinarsi alla persona offesa e ai luoghi da essa frequentati.
3. La condanna, ai sensi dell’art. 545-bis c.p.p., presuppone l’assenso dell’imputato alla sostituzione della pena con la detenzione domiciliare. Trattandosi di condanna nell’ambito di un giudizio abbreviato, in base al nuovo art. 442, co. 2-bis c.p.p. in caso di mancata impugnazione dell’imputato o del suo difensore – resa in qualche misura verosimile dal previo assenso alla sostituzione della pena – il giudice dell’esecuzione dovrà ridurre ulteriormente la pena di un sesto. Se si considera che dalla pena da espiare andranno inoltre detratti i periodi di pre-sofferto a titolo di arresti domiciliari e le eventuali riduzioni per la liberazione anticipata, ammessa anche per le pene sostitutive delle pene detentive (cfr. art. 76 l n. 689/1981, con riferimento al richiamato art. 47, co. 12-bis ord. penit.), si comprende quanto le nuove pene sostitutive, che presuppongono l’assenso del condannato, possano avere successo nella prassi applicativa.
4. Il condannato, nel caso di specie, si trovava agli arresti domiciliari. Va in proposito sottolineato come la sostituzione della pena detentiva consente la sostanziale continuità della misura, in un regime più aperto. E’ quanto non consente – a detrimento delle esigenze sia di prevenzione sociale sia di rieducazione del condannato - la sospensione dell’ordine di esecuzione della pena detentiva ex art. 656, co. 5 c.p.p., intervenuta all’esito del giudizio di impugnazione e dopo anni trascorsi dal condannato come ‘libero sospeso’, in attesa di una decisione sulla misura alternativa da parte del tribunale di sorveglianza.
Questa prima sentenza milanese mostra, in ultima analisi, le potenzialità delle nuove pene sostitutive all’interno del riformato sistema sanzionatorio; potenzialità che la prassi inizia ora a sperimentare e scoprire e che si annunciano straordinarie. La certezza della pena, con le nuove pene sostitutive, non è la certezza del carcere, ma è la certezza di alternative effettive ed efficaci, che entro l’area della pena breve meglio possono assicurare il reinserimento sociale e l’abbattimento dei tassi di recidiva, nell’interesse della collettività.