Tribunale di Nola, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari, ord. 23 gennaio 2024, Giud. dott. Raffaele Muzzica
1. Con l’ordinanza in epigrafe il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola ha preso posizione sulla natura facoltativa od obbligatoria della prescrizione di cui all’art. 282 ter c.p.p., che prevede, nel caso in cui venga disposta la misura cautelare non custodiale del divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi da essa frequentati, l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275 bis c.p.p. (mezzi elettronici o altri strumenti tecnici).
Nel caso di specie, il giudice nolano ha applicato all’indagato del delitto di atti persecutori punito dall’art. 612 bis c.p. la misura ex art. 282 ter c.p.p., con prescrizione di mantenersi a distanza minima di cinquecento metri dalla vittima e dai luoghi da ella frequentati e con divieto assoluto di comunicare con la stessa.
Di particolare interesse appare l’ordinanza, nella parte in cui affronta il tema dei poteri del giudice in ordine alla scelta se applicare, nell’ambito del presidio cautelare instaurato, le “particolari modalità di controllo” di cui all’art. 275 bis c.p.p. (c.d. braccialetto elettronico).
Trattasi di dispositivo il cui utilizzo, nell’ambito della misura degli arresti domiciliari, è previsto come facoltativo dall’art. 275 bis cit., il quale prevede infatti che «nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici […]».
2. Rammenta il giudice nell’ordinanza qui segnalata che con la legge n. 168 del 2023 il legislatore ha modificato il regime normativo delle misure dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla persona offesa (artt. 282 bis e 282 ter c.p.p.).
Difatti, occorre rilevare che, quanto alla prima, la novella legislativa ha modificato l’art. 282 bis co. 6, c.p.p., prevedendo nell’ambito di alcuni reati contro fasce deboli che la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 280, «con le modalità di controllo previste dall’art. 275 bis […]». Balza all’occhio dell’attento lettore la rimozione del lemma «anche», che precedeva il testo virgolettato. Proprio l’esistenza della parola «anche» aveva indotto gli interpreti a ritenere che l’applicazione delle modalità di controllo di cui all’art. 275 bis c.p.p. fosse facoltativa.
Lo stesso tipo di chirurgia normativa ha trovato attuazione con riferimento alla misura del divieto di avvicinamento ex art. 282 ter c.p.p., che ora prevede che il giudice prescriva «all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa, disponendo l’applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall’art. 275 bis».
Anche in questo caso, il legislatore ha rimosso il lemma «anche», precedentemente collocato prima della parola «disponendo». L’esistenza del lemma – parimenti a quanto già riferito con riguardo alla misura dell’allontanamento dalla casa familiare – consentiva di assumere come facoltativa l’applicazione delle modalità di controllo di cui all’art. 275 bis c.p.p. anche per la misura del divieto di avvicinamento.
Che lo scopo legislativo, e dunque la intentio legis, sia quella di coniugare, in maniera obbligatoria, le modalità di controllo ex art. 275 bis c.p.p. con le misure non custodiali in discorso, è ben attestato dal giudice nell’ordinanza in epigrafe, nella parte in cui fa riferimento ai lavori preparatori, in particolare al dossier di accompagnamento del disegno di legge. Nella relazione si legge infatti che la volontà del legislatore è quella di accompagnare sempre le misure cautelari citate alla imposizione «attualmente facoltativa» degli strumenti tecnici di controllo (cfr. pp. 6-7 dell’ordinanza).
3. Il giudice ritiene superabile la vocazione del legislatore all’inasprimento incondizionato delle modalità esecutive delle misure non custodiali in esame, mediante una «interpretazione costituzionalmente orientata della nuova norma, parimenti resa possibile dall’ordito normativo» (p. 7 dell’ordinanza).
Si osserva infatti nel provvedimento allegato che, mentre per le misure non custodiali dell’allontanamento e del divieto di avvicinamento (artt. 282 bis e 282 ter c.p.p.) è stata portata l’applicazione delle modalità di controllo da facoltativa ad obbligatoria, tanto non è stato previsto per la più grave misura custodiale degli arresti domiciliari, per la quale perdura la discrezionalità del giudice in ordine all’adozione del dispositivo.
Sotto questo versante, si paleserebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti sottoposti agli arresti domiciliari, per i quali il giudice manterrebbe inalterata la possibilità di scelta adeguandola alle esigenze cautelari concrete, e i soggetti sottoposti alle misure non custodiali ex artt. 282 bis e 282 ter c.p.p., per i quali sarebbe prevista una presunzione (astrattamente assoluta) della necessità di coniugare le ordinarie prescrizioni cautelari alle modalità tecniche di controllo. Tale assunto si porrebbe in contrasto con i principi sanciti dalla Corte costituzionale secondo cui vanno espunti dal generale regime cautelare automatismi e presunzioni, con dovere di valorizzazione della situazione concreta e individualizzazione della coercizione cautelare (in termini, viene richiamata la sentenza Corte cost. n. 265 del 2010).
A suffragare questa lettura costituzionalmente orientata, che imporrebbe al più di considerare “relativa” la presunzione iscritta dal legislatore nel compendio normativo cennato, sarebbe – secondo il giudice per le indagini preliminari – il rinvio integrale che gli articoli 282 bis e 282 ter c.p.p. effettua all’art. 275 bis c.p.p., il quale a propria volta esclude l’applicazione del braccialetto elettronico quando il giudice non lo ritenga necessario «in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto».
4. L’ordinanza in esame appare di particolare interesse, in quanto analizza un tema estremamente attuale e dibattuto. La soluzione fornita appare apprezzabile sul piano degli effetti in quanto, mediante una lettura sistematica operata nel prisma dei principi costituzionali, realizza un bilanciamento e un’armonizzazione dei regimi cautelari custodiali e non custodiali, nell’ambito dei quali la modalità di controllo prevista dall’art. 275 bis c.p.p. (richiamato dagli artt. 282 bis e 282 ter c.p.p.) dovrebbe ragionevolmente assumere una funzione meramente ausiliare, la cui predisposizione trova la propria ragion d’essere soltanto in relazione alla pericolosità concreta del soggetto e alle esigenze effettive di adottare un più invasivo controllo a suo carico.
A parere di chi scrive, resta aperta la questione se l’applicazione “sempre e comunque” delle modalità tecniche di controllo nei casi di allontanamento dalla casa familiare e divieto di avvicinamento alla persona offesa sia prevista dall’attuale sistema normativo quale tratto genetico delle misure in questione, avuto riguardo alla gradazione di afflittività che l’ordinamento giuridico insinua nei regimi cautelari. Detto altrimenti, ci si dovrebbe chiedere se possa invece ritenersi non manifestamente irragionevole l’adozione incondizionata del cd. braccialetto elettronico nell’ambito di una misura non custodiale la cui intensità afflittiva si collocherebbe comunque ad uno stadio inferiore rispetto agli arresti domiciliari, siano essi applicati da soli o cumulativamente alle particolari modalità di controllo.
Infatti, si potrebbe in alternativa ritenere che per gli arresti domiciliari il braccialetto elettronico sia opportunamente pensato dal legislatore come strumento facoltativo, poiché esso si coniuga ad un regime cautelare già fortemente limitativo, e pertanto l’attuale ordinamento processuale rifugge dalla sua considerazione in termini di elemento strutturale della misura cautelare custodiale. Diversamente accade per le misure cautelari ex artt. 282 bis e 282 ter c.p.p., per le quali il legislatore potrebbe assumere il controllo tecnico quale nuovo elemento costitutivo della misura, per elevarne l’intensità dissuasiva alla luce delle peculiari caratteristiche dei presidi in esame, comunque fondati sul rilievo del contesto spaziale e generalmente applicati con funzioni di tutela di soggetti particolarmente fragili.
D’altra parte, sembrerebbe che il richiamo che gli artt. 282 bis e 282 ter c.p.p. rivolgono all’art. 275 bis c.p.p. sia esclusivamente limitato alle «particolari modalità di controllo» e non alle condizioni della loro applicabilità né agli spazi valutativi riservati all’autorità giudiziaria. Il dibattito resta aperto.