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17 Dicembre 2020


Revoca dell’affidamento in prova e preclusione triennale alla concessione di misure alternative: un nuovo attacco al “doppio binario penitenziario”

Mag. sorv. Spoleto, ord. 5 novembre 2020, giud. Gianfilippi



1. Il magistrato di sorveglianza di Spoleto ha sollevato una questione di legittimità costituzionale che prospetta il contrasto dell’art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, ord. penit. con gli artt. 3 e 27 Cost.

La porzione di norma sottoposta a scrutinio esclude che l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio, l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà possano essere concessi al condannato nei confronti del quale sia stata disposta la revoca della concessione dell’affidamento in prova, ai sensi dell’art. 47, comma 11, 47-ter, comma 6 e 51, comma primo ord. penit. L’obiettivo di queste previsioni, che appartengono a un più ampio apparato di automatismi allocati dal legislatore nell’art. 58-quater, è quello di colpire alcune categorie di condannati che con la loro condotta hanno dato prova di scarsa affidabilità, come, appunto, coloro che si rendono responsabili di condotte di evasione o infrangono le prescrizioni relative a un precedente affidamento in prova[1]. Si tratta, dunque, di una sanzione e al tempo stesso di un deterrente finalizzati a responsabilizzare il soggetto, incentivandolo a perseverare nel percorso risocializzante intrapreso[2]. La preclusione, tuttavia, presenta caratteri di notevole rigidità poiché è fondata su una presunzione assoluta ed invincibile e opera per tre anni dal momento in cui è disposta la revoca.

La disposizione, che è già stata interessata da numerose declaratorie di illegittimità costituzionale[3], è, quindi, riconducibile al coacervo di automatismi e preclusioni che compongono il cosiddetto “doppio binario penitenziario”, sistema che si sovrappone, negli snodi strategici dell’esecuzione, a quello ordinario e delinea, per talune categorie di condannati, discipline esecutive più severe, se non proprio draconiane[4].

Improbabile, quindi, che la previsione potesse ripararsi dal fuoco di fila che ha bersagliato questo sistema, la cui tenuta, soprattutto nel periodo più recente, è stata indebolita da un incalzante susseguirsi di ordinanze di rimessione e di pronunce di accoglimento della Corte costituzionale che hanno consolidato la convinzione secondo la quale una impostazione tanto rigida e irreversibile dell’esecuzione penale, determinata da esigenze di carattere repressivo, comprime eccessivamente e, soprattutto, irragionevolmente la funzione rieducativa della pena[5].

L’ordinanza in rassegna, pertanto, segue una tendenza che potrebbe determinare anche un collasso definitivo di questa sovrastruttura, qualora fosse accolta la più significativa delle questioni, sollevata dalla Suprema Corte in relazione alla disposizione chiave del sistema, contenuta nell’art. 4-bis[6].

 

2. Il caso di specie, per i motivi dai quali è scaturita l’applicazione della preclusione, presenta alcune peculiarità che mettono a nudo le problematiche che possono sorgere dalla assoluta mancanza di elasticità del congegno.

Il condannato, ammesso all’affidamento in prova per scontare tre anni di reclusione, a distanza di pochissimi giorni – diciannove, per l’esattezza – dal fine pena, era colpito da un provvedimento di revoca poiché si era allontanato non soltanto dal domicilio individuato per l’esecuzione della misura, ma anche dal territorio nazionale. Tale condotta, infatti, era stata valutata alla stregua di un sintomo inequivocabile di volontaria interruzione del percorso intrapreso, nonostante il condannato nel periodo precedente e per circa oltre due anni e mezzo avesse tenuto un comportamento esemplare.

Raggiunto successivamente da un nuovo ordine di esecuzione, emesso per la brevissima pena residua e per altre condanne riportate in diversi procedimenti, si rivolgeva al magistrato di sorveglianza, ai sensi dell’art. 47, comma 4, ord. penit., chiedendo la concessione in via provvisoria dell’affidamento in prova.

L’istanza evidenziava il pregiudizio irreparabile che discendeva, sia dal punto di vista lavorativo, che familiare, dall’impossibilità di accedere nuovamente alla misura alternativa e sottolineava, perciò, come la preclusione operante a seguito della precedente revoca, impedendo al magistrato di valutare il merito della richiesta, violasse l’art. 27 Cost. D’altro canto, il condannato si giustificava deducendo che il comportamento stigmatizzato era stato determinato da un suo errore circa il computo del fine pena e dalla conseguente convinzione di aver espiato l’intera condanna e di poter quindi fare ritorno in Romania, sua nazione di origine.

Una situazione non connotata da infrazioni di particolare gravità, sia dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo, ma dinanzi alla quale, tuttavia, non era possibile alcuna valutazione ulteriore rispetto alla presa d’atto dell’impossibilità di concedere la misura alternativa richiesta, non essendo decorso il periodo di “purgazione”.

Così, ancorché non fosse espressamente invocata dall’istante, il magistrato di sorveglianza, ravvisando un contrasto dell’art. 58-quater con gli artt. 3 e 27 Cost, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale investendo del quesito il giudice delle leggi.

 

3. L’ordinanza rimarca, preliminarmente, che il dato normativo non si presta a differenti letture: l’ostacolo che i primi tre commi dell’art. 58-quater collocano sul percorso penitenziario di coloro che siano stati marchiati da un provvedimento di revoca è insuperabile in via interpretativa.

Da questo punto di vista, peraltro, il magistrato di sorveglianza ritiene di non poter aderire alla richiesta del condannato di discostarsi dal consolidato orientamento di legittimità che impone di ritenere operante il divieto di accedere a misure alternative e benefici penitenziari anche in procedimenti esecutivi diversi da quello nel quale è stato adottato il provvedimento di revoca[7].

Ciò posto, il percorso argomentativo si snoda attraverso il richiamo ad alcuni precedenti della Corte costituzionale che, come accennato, spesso si è pronunciata sulla previsione de qua.

Innanzitutto, l’ordinanza ricorda che, in realtà, una prima decisione si era occupata di una questione pressoché identica, ancorché proposta in termini differenti, e in quell’occasione la Corte costituzionale aveva emesso una declaratoria di inammissibilità, individuando la giustificazione dell’effetto preclusivo nella valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza sul comportamento tenuto dal condannato e, quindi, sulla sussistenza dei presupposti che giustificano la revoca[8]. Senonché, sostiene il rimettente, il tema controverso non attiene a tale giudizio, ma concerne la fissità degli effetti che discendono dalla decisione del Tribunale di sorveglianza e la conseguente eliminazione, nel momento successivo, del vaglio giudiziario sull’individualizzazione del trattamento. È in questa dimensione, quindi, che si ravvisa una grave compromissione della finalità rieducativa.

Del resto, in una precedente pronuncia, il giudice delle leggi aveva posto l’accento proprio su tale profilo, dichiarando l’illegittimità della norma nella parte in cui attingeva anche i condannati minorenni[9]. Secondo il rimettente, tale sentenza, ancorché pronunciata in ambito minorile, enuncerebbe principi estensibili anche all’esecuzione nei confronti degli adulti, soprattutto nella parte in cui esclude la conformità a Costituzione di un meccanismo che impedisca all’autorità giudiziaria di fondare le proprie decisioni su valutazioni flessibili ed individualizzate circa la idoneità e la opportunità delle diverse misure per perseguire i fini di risocializzazione che debbono presiedere all’esecuzione penale minorile”.

Un principio analogo, poi, era stato enunciato allorquando la Corte costituzionale, intervenendo sulla porzione di norma che attinge il responsabile di condotte rilevanti ai sensi dell’art. 385 c.p., aveva esplicitamente escluso che le esigenze di prevenzione sociale potessero prevalere sulle istanze rieducative. In quell’occasione, la Corte aveva affermato che lart. 58-quater deve essere interpretato nel senso di consentire al giudice un vaglio di merito sull’istanza, in modo tale da evitare la lesione di diritti fondamentali della persona, il trattamento uguale di situazioni diverse, la vanificazione della funzione rieducativa della pena e la compromissione degli interessi della famiglia e dei figli minorenni, costituzionalmente protetti[10]. Tuttavia, laffermazione di tale principio non è stata seguita da una declaratoria di illegittimità costituzionale, unica soluzione che, a fronte del dato letterale, avrebbe permesso di abbattere lostacolo frapposto dal provvedimento di revoca. La pronuncia di inammissibilità adottata, dunque, non ha risolto il problema poiché, nonostante si fossero registrate timide aperture della Suprema Corte rispetto alla lettura propugnata dalla Corte costituzionale[11], ha consentito di sopravvivere ad interpretazioni più rigorose[12].

Recentemente, comunque, l’istituto è stato nuovamente analizzato e il giudizio di costituzionalità, questa volta, si è concluso con una pronuncia che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 58-quater nella parte in cui impedisce di concedere la detenzione domiciliare speciale e ordinaria al condannato per il delitto di evasione che sia madre o padre di prole in tenera età[13]. Anche da questa sentenza, il magistrato remittente trae argomenti utili per sostenere la censura, soprattutto laddove evidenzia che l’automatismo de quo rischia di sacrificare oltremodo l’interesse del bambino a vivere un rapporto quotidiano con almeno uno dei genitori e che, in ogni caso, le esigenze di tutela della società possono trovare adeguata tutela nel vaglio compiuto dal Tribunale di sorveglianza sui presupposti per la concessione della misura.

Dunque, al lume del percorso compiuto dalla giurisprudenza costituzionale, il magistrato rimettente espone come, anche nel caso sottoposto al suo scrutinio, l’operare di preclusioni ed automatismi comprometta ingiustamente i diritti fondamentali del condannato.

Posto che le presunzioni di pericolosità sono ammissibili in via eccezionale e a condizione che non risultino né arbitrarie, né irrazionali, né, tantomeno, lesive di diritti costituzionali, l’ordinanza sostiene che l’irragionevolezza dell’art. 58-quater deriva da una pluralità di indici.

In primo luogo, impedisce di graduare le conseguenze della condotta che ha posto fine alla misura alternativa concessa e di rimeditare successivamente la gravità del comportamento tenuto dal condannato. Quest’ultimo, del resto, ben potrebbe aver compiuto ulteriori progressi in ottica rieducativa, rimuovendo le cause dalle quali è scaturito il comportamento stigmatizzato.

In secondo luogo, anche la delimitazione triennale della preclusione appare priva di giustificazioni e, in talune situazioni, potrebbe anche precludere la concessione di benefici penitenziari per tutta la durata dell’esecuzione, qualora la pena da espiare sia pari o inferiore a tre anni.

Inoltre, l’irragionevolezza della disciplina discende dalla scelta di regolare allo stesso modo la concessione di misure alternative alla detenzione e di benefici penitenziari diversi tra loro, con evidente compromissione anche della progressione trattamentale.

D’altro canto, si rivela oltremodo problematica l’influenza di una variabile difficilissima da gestire: la concreta operatività della preclusione, infatti, risente dell’imprevedibilità della sopravvenienza di nuovi titoli esecutivi che, per ragioni del tutto estranee alla volontà del condannato, possono giungere tanto nel momento in cui non può essergli concesso nulla, che in un periodo successivo.

Tutte queste circostanze, insieme alla sterilizzazione del fattore temporale, che nel contesto dell’esecuzione assume un rilievo fondamentale per gli effetti positivi che può riverberare sulla personalità del condannato, radicano la convinzione che la norma contrasta irrimediabilmente con i principi costituzionali che governano l’ordinamento penitenziario.

Del resto, come nota il magistrato rimettente prima di concludere, la rimozione dei primi tre commi dell’art. 58-quater era stata oggetto di una specifica delega al legislatore ed era contemplata anche da uno schema di decreto legislativo che, tuttavia, non è stato recepito, in parte qua, nei provvedimenti di riforma adottati nel 2018[14]. Un argomento che il rimettente ritiene opportuno valorizzare, richiamando altre decisioni della Corte costituzionale che pure hanno tenuto in considerazione le prospettive di riforma, ancorché incompiute[15].

 

4. La previsione censurata, indubbiamente, non si presta a differenti letture, che permettano di interpretarla in modo tale da escludere i profili di contrasto con la Carta fondamentale tratteggiati dal magistrato rimettente.

Allo stesso tempo, non può neppure dubitarsi della severità della previsione che, al fine di mandare un messaggio inequivocabile in termini di deterrenza, supera in severità anche il vituperato art. 4-bis[16], sacrificando così le istanze rieducative.

Il conflitto con l’art. 27 Cost., pertanto, è palese, anche se non tutte le argomentazioni addotte hanno la stessa forza.

Innanzitutto, non manca chi ritiene che, ad eccezione del divieto contenuto nell’ultimo comma, la radicalità della scelta compiuta dal legislatore con l’art. 58-quater, ha un suo, sia pur discutibile, fondamento[17].

A ben vedere, poi, le sentenze citate a sostegno della censura sono state assunte in declinazioni affatto peculiari dell’istituto e così richiedono un maggiore sforzo argomentativo per essere calate nel contesto generale e contribuire al conseguimento del risultato auspicato dal remittente.

In effetti, l’esclusione dell’applicabilità della norma all’esecuzione nei confronti di condannati minorenni e le ragioni che hanno giustificato una simile decisione non si prestano ad una pedissequa trasposizione nel sistema penitenziario destinato agli adulti. La dimensione esecutiva minorile, infatti, ha una soglia di tolleranza nettamente inferiore per quanto concerne automatismi e preclusioni, come testimonia l’immediata espunzione dell’art. 4-bis, avvenuta a ridosso dell’introduzione della legge sull’ordinamento penitenziario minorile[18].

Allo stesso modo, la decisione relativa alla detenzione domiciliare riguarda una particolare categoria di condannati – i genitori di bambini in tenera età – ed è stata motivata sul preminente interesse del fanciullo, tanto che il parametro costituzionale evocato è l’art. 31 e non l’art. 27. È difficile, quindi, che tale statuizione possa influenzare in maniera risolutiva anche la decisione sulla questione appena sollevata[19].

Ancora non può trascurarsi che la funzione rieducativa non è del tutto obliterata, rimanendo attiva la valvola di sicurezza della liberazione anticipata, che in più occasioni è stata valorizzata quale presidio ultimo dell’art. 27 Cost. per escludere l’illegittimità costituzionale del “doppio binario penitenziario”[20].

In conclusione, il nucleo essenziale della questione si riduce al contrasto tra l’impostazione che ritiene la norma compatibile con l’assetto costituzionale in ragione del fatto che la preclusione non deriva da un automatismo, ma è giustificata dal vaglio compiuto in precedenza dal Tribunale di sorveglianza circa i presupposti per la revoca[21], e l’altro indirizzo che, invece, esclude la liceità di tali congegni attribuendo valore preminente al vaglio giurisdizionale e alla valutazione caso per caso dell’incidenza della precedente infrazione sulla possibilità di concedere nuovamente una misura alternativa[22].

 

 

[1] Sulla previsione e le finalità perseguite, Della Casa, voce Misure alternative alla detenzione, in Enc. dir., Annali, vol. III, Giuffrè, 2010, p. 829 e ss. Più di recente, Pavarin, Diritto penitenziario: breve viaggio nel labirinto delle preclusioni. Il filo di Arianna, in Dir. pen. e proc., 2020, p. 1489, e Carnevale, Le misure alternative alla detenzione e la liberazione anticipata, in Della Casa - Giostra, Manuale di diritto penitenziario, Giappichelli, 2020, p. 219 e ss.

[2] Così, Cesaris, Un ulteriore passo verso l’eliminazione dei divieti aprioristici di concessione di benefici penitenziari, in Giur. cost., 2010, p. 2250.  

[3] Le più significative, anche perchè puntellano la motivazione dell’ordinanza in rassegna, sono C. cost., 1 dicembre 1999, n. 436, in Cass. pen., 2000, p. 2557, con nota di Cesari, Flessibilità della pena e condannati minorenni: l’illegittimità costituzionale dell’art. 58-quater ord. pen. (che ha escluso lapplicabilità della previsione ai condannati minorenni) e C. cost., 18 luglio 2019, n. 187, in Giur. cost., 2019, p. 2135 (che ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui esclude la concessione della detenzione domiciliare ai condannati genitori di prole in tenerà età). Identica importanza, ai fini della puntuale delimitazione del perimetro costituzionale entro il quale hanno cittadinanza automatismi e preclusioni, rivestono le sentenze che hanno cancellato il quarto comma della norma in parola, dedicato ai condannati per i delitti di cui agli artt. 289-bis e 630 c.p. che abbiano cagionato la morte del sequestrato (C. cost., 11 luglio 2018, n. 149, in Giur. cost., 2018, p. 1632, con nota di Pugiotto, Il “blocco di costituzionalità” nel sindacato della pena in fase esecutiva, e di Fiorentin, La Consulta svela le contraddizioni del “doppio binario penitenziario”e delle preclusioni incompatibili con il principio di rieducazione del condannato; C. cost., 8 novembre 2019, n. 229, in questa Rivista, con nota di S. Bernardi, Dalla Consulta un’ulteriore affermazione dei principi di flessibilità e progressività nell’esecuzione della pena detentiva: definitivamente smantellata la disciplina dell'art. 58-quater, co. 4 ord. penit.).

[4] Sul punto, F. Siracusano, Il «doppio binario» penitenziario, in Mezzetti - Lupària Donati, La legislazione antimafia, Zanichelli, 2020, p. 1043 e ss.

[5] Ex plurimis, Corte cost., 4 dicembre 2019, n. 253, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, p. 259, con nota di Dodaro, Lonere di collaborazione con la giustizia per laccesso ai permessi premio ex art. 4-bis, comma 1, ord. penit. di fronte alla Corte costituzionale.

[6] Cass., sez. I, 3 giugno 2020, n. 18518, in questa Rivista, 19 giugno 2020.

[7] Così, da ultimo, Cass., sez. I, 13 maggio 2020, n. 14860, in C.E.D. Cass., n. 279123 - 01. Come ricorda il magistrato rimettente, la norma è formulata con riferimento soggettivo al condannato e non con riguardo oggettivo a ciascun singolo procedimento in cui intervenga la revoca. Una diversa interpretazione si tradurrebbe in un inammissibile vantaggio per sia interessato da plurime condanne e non avrebbe ragionevole giustificazione a fronte di benefici che presuppongono pene o residui di pena non eccedenti i tre anni, risolvendosi in simili casi solo in un diniego definitivo di accesso alla misura.

[8] C. cost., 9 marzo 2004, n. 87, in Cass. pen., 2004, 2334, secondo la quale, appunto, la preclusione triennale in esame consegue ad una revoca delle misure alternative che non è “automatica”, bensì basata su di una valutazione in concreto e per caso delle situazioni in cui il comportamento del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni, risulti incompatibile con la prosecuzione dell’affidamento in prova.

[9] C. cost., 1 dicembre 1999, n.436, cit.

[10] C. cost., 28 maggio 2010, n. 189, in Giur. cost., 2010, p. 2242, con nota di Cesaris, Un ulteriore passo, cit.

[11] Cass., sez. I, 6 maggio 2009, n. 22368, in C.E.D. Cass., n. 244130.

[12] Sul punto, per una serrata critica, Cesaris, Un ulteriore passo, cit., p. 2253 e ss. Del resto, osserva Pavarin, Diritto penitenziario, cit., p. 1489, nt. 25, adottando il ragionamento della Corte, tutte le preclusioni previste dalla legge potrebbero essere fatte “saltare” dall’interprete.

[13] C. cost., 18 luglio 2019, n. 187, cit.

[14] Una differente proposta contemplava una abbreviazione della durata del divieto a due anni e limitava la sua operatività al solo titolo in esecuzione (Gianfilippi, Eliminazione o razionalizzazione delle ostatività previste nell’art. 58-quater ord. penit., in Giostra - Bronzo, Proposte per l’attuazione della delega penitenziaria, Sapienza Università editrice, 2017, p. 186).

[15] C. cost., 20 febbraio 2019, n. 99, in Giur. cost., 2019, p. 1088, con nota di F. Siracusano, Il “reo folle” davanti al giudice delle leggi: La Corte costituzionale supplisce all’ostinata inerzia del legislatore, e C. cost., 6 dicembre 2019, n. 263, in Cass. pen., 2020, p. 1468, con nota di Mantovani, Lesecuzione penale minorile abbandona definitivamente il doppio modello decisorio caratteristico del doppio binario trattamentale”. Anche nei confronti dei detenuti per i reati di prima fascia” non collaboranti laccesso ai benefici penitenziari deve essere valutato caso per caso.

[16] Come sottolinea Della Casa, voce Misure alternative alla detenzione, cit., p. 829, l’art. 4-bis, a differenza dell’art. 58-quater, ammette una sorta di “prova contraria”.

[17] Ancora Della Casa, voce Misure alternative alla detenzione, cit., p. 829.

[18] La decisione del legislatore delegato di inserire il richiamo all’art. 4-bis nell’art. 2, comma 3, d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, era stata aspramente criticata (ex plurimis, Larizza, Obiettivi educativi e strumenti per l’inclusione sociale del minorenne. Uno sguardo d’insieme al d.lgs. n. 121 del 2018, in Caraceni - Coppetta, L’esecuzione delle pene nei confronti minorenni, Giappichelli, 2019, p. 83) ed è stata prontamente eliminata dalla Corte costituzionale (C. cost., 6 dicembre 2019, n. 263, cit.).

[19] Bronzo, Nessun automatismo nella detenzione domiciliare per la cura dei figli minori, in Riv. it. dir. proc. pen., 2019, p. 1732, il quale dubita sulla vis expansiva della sentenza poiché, mentre la preclusione della detenzione domiciliare completamente delle cure genitoriali, che esigono una continuità ed un ambiente del tutto incompatibili con il carcere, le norme ostative alle (altre) misure extracarcerarie (anche a tutte) sebbene impoveriscano l’offerta rieducativa, privandola di preziose occasioni di recupero, non sacrificano del tutto la risocializzazione richiesta alle pena dall’art. 27 Cost., consentendo ogni trattamento rieducativo intramurario.

[20] Ex plurimis, Fiorentin, L’osservazione e il trattamento, in Della Casa - Giostra, Manuale, cit., p. 34.

[21] C. cost., 9 marzo 2004, n. 87, cit.

[22] C. cost., 28 maggio 2010, n. 189, cit.