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10 Maggio 2024


Troppi i dubbi sulle garanzie dell’interrogatorio cautelare anticipato


1. Introduzione. Il D.d.l. (S. n. 808) presentato dal Guardasigilli Carlo Nordio e dal Ministro della Difesa Guido Crosetto, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare” approvato dal Senato e attualmente in discussione alla Camera (A.C. 1718), contiene diverse disposizioni e si presta a varie letture. Fra le proposte particolare attenzione merita, fra quelle riguardanti le misure cautelari, l’interrogatorio di garanzia anticipato (rispetto all’applicazione della misura) in particolari casi. Invero, il contraddittorio c.d. “anticipato” per l'applicazione della cautela non è questione nuova, ma è stato tema già affrontato, fin dall'entrata in vigore del codice di procedura penale e lì scartato, ma al quale anche la successiva dottrina ha ciclicamente posto attenzione[1]. La scelta operata dal Ministro Nordio parrebbe, ora come allora, riposare sulla necessità di tutelare appieno la presunzione di innocenza della persona e il suo diritto di difesa e, nel contempo, evitare che il giudice ( e, in caso della misura della custodia cautelare, di futura competenza collegiale il Presidente del Collegio o il giudice delegato) adotti la misura inaudita altera parte, consentire l’emanazione di ordinanze dotate di una migliore fondatezza, riducendo i troppi casi di “ingiusta detenzione”[2]. Peraltro, si attuerebbe, anche per tale via, la riduzione del numero gravoso di persone in stato di restrizione in attesa di giudizio, da un lato, e dall’altro, si conferirebbe, alle misure giudiziarie contra libertatem, la dovuta finalità residuale, configurando – in parte – le restrizioni ante iudicim come extrema ratio, in ossequio ai fondamentali principi della presunzione d’innocenza, sanciti dalla Costituzione italiana (art. 27 comma 2) e dal Diritto internazionale pattizio inteso alla salvaguardia dei diritti umani (artt. 6 § 2 CEDU e 14 § 2 PIDCP).

 

2. L’ interrogatorio di garanzia anticipato (rispetto all’applicazione della misura). Com’è noto, attualmente il sistema regge sull’interrogatorio postumo[3], da condursi immediatamente dopo l’esecuzione della misura, a pena di perdita di efficacia dell’atto, ma soprattutto il controllo della sua legalità e fondatezza è assicurata dall’impugnazione innanzi al tribunale del riesame[4] chiamato a decidere in udienza entro termini molto brevi[5]. Invero, si afferma che quello attualmente vigente sarebbe un surrogato del contraddittorio, assicurato dalla sequenza “richiesta — applicazione — interrogatorio — eventuale riesame”, secondo un iter, si noti, avallato dalla stessa Consulta[6] che lo ritiene del tutto idoneo ad assicurare l’effetto a sorpresa e quelle esigenze cautelari che la misura intende salvaguardare, senza – peraltro – limitare in alcun modo il diritto di difesa che verrebbe, poi, ampiamente recuperato. Tuttavia, l’interrogatorio di garanzia, pur esteso nell’ambito oggettivo, ha nel corso dei decenni successivi alla sua introduzione manifestato qualche deficienza e minima utilità per il soggetto destinatario della misura cautelare, tanto che attenta dottrina plaude all’innovazione ministeriale[7]. Nonostante la previsione vigente stabilisca la sua prioritaria conduzione da parte del giudice e la presenza necessaria della difesa, da tempo si lamenta la sua inadeguatezza per la posizione di debolezza (anche psicologica)[8] dell’indagato/imputato, già destinatario del provvedimento restrittivo, nonché del limitato intervallo temporale concesso alla difesa per apprestare (eventualmente) un’utile strategia e nella inidoneità degli atti rimessi all’attenzione del giudice da parte del p.m., prima e della difesa, poi, a porre il giudice nella prospettiva di ribaltare o quantomeno modificare quanto posto a fondamento dell’ordinanza cautelare, sia sotto il profilo dei gravi indizi di colpevolezza, sia sotto il profilo delle esigenze cautelari, sia, infine, con riferimento alla scelta della misura. Nel disegno del legislatore, la finalità dell’interrogatorio preventivo è quella di fornire al GIP (o all’organo collegiale) investito della richiesta di applicazione di una misura cautelare, un quadro conoscitivo completo, comprensivo anche degli elementi difensivi prospettati dall’indagato, dei quali obbligatoriamente occorre tener conto ai fini della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, pena la nullità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare. Nell’ottica indicata, l’introduzione dell’interrogatorio preventivo segna un ulteriore avanzamento nel percorso, già intrapreso dalle più recenti riforme del codice di rito, volto ad ampliare le garanzie difensive dell’indagato nella fase delle indagini preliminari. Fallito il tentativo dell’impegno del p.m. a produrre gli elementi favorevoli alla persona, nonostante il monito di cui agli artt. 358 e 291 c.p.p., le indicate problematiche potrebbero, così, trovare rimedio nella previsione dell’interrogatorio preventivo, già peraltro, assicurato nel caso in cui la misura richiesta, nel corso delle indagini preliminari, sia quella della sospensione dall’esercizio di un pubblico servizio o ufficio, per uno dei reati contro la P.A. [9], nel caso in cui la cautela sia richiesta a seguito di arresto o fermo ex art. 391 c.p.p. [10] e, infine, nel caso in cui la misura veda come destinatario l’ente ai sensi dell’art. 49 d. lgs. n. 231 del 2001. Ebbene, tutte le previsioni (per ora) “atipiche” riposano, invero, su ragioni differenti: se nel primo caso s’intende evitare una lesione al prestigio della P.A. [11] e in quello condotto nella sede pre-cautelare si converge sulla superfluità di quello posteriore ex art. 294 c.p.p., entro i limiti delineati, poi, dalla giurisprudenza e sulla necessità di assicurare appieno la difesa innanzi al giudice della convalida, nel caso di quello da espletarsi a favore dell’ente soccorre la necessità di salvaguardare l’attività lavorativa e produttiva assicurata dalla persona giuridica, ragioni, quindi differenti e ben lontane da quelle che la proposta intende(rebbe) assicurare.

 

3. I presupposti. Invero, a dispetto di quello che si potrebbe ritenere, la proposta ministeriale non è ampia, ma al contrario, il nuovo comma 1-quater dell’art. 291 prevede che all’interrogatorio non si procede se le esigenze cautelari sono rappresentate dal pericolo di inquinamento delle prove o dal pericolo di fuga, per le quali lo scopo di evitare che l'imputato possa vanificarle si direbbe in re ipsa, rendendo necessario un provvedimento a sorpresa[12]. Dunque, la sussistenza di tali esigenze esclude l’interrogatorio anticipato, l’istituto è, dunque, residuale in quanto, rispetto ai pericula libertatis tipizzati, sarà applicabile esclusivamente laddove sussista l’esigenza cautelare di cui alla lett. c) dell’art. 274, comma 1 c.p.p. (seconda parte): è pacifico che la sussistenza di almeno una delle altre esigenze di cui all’art. 274, lett.) a) e b) c.p.p. esclude l’applicabilità della norma in esame. La norma non pare operare per le misure interdittive: la relazione illustrativa al d.d.l. chiarisce che si è ritenuto di estendere a misure diverse da quelle interdittive il principio del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia assunto a sorpresa, poiché, in tal modo, «da un lato si evita l’effetto dirompente sulla vita delle persone di un intervento cautelare adottato senza possibilità di difesa preventiva, dall’altro si mette il giudice nelle condizioni di poter avere un’interlocuzione (e anche un contatto diretto) con l’indagato prima dell’adozione della misura».

Ora, se è pacifico, che, in astratto, la ratio delle eccezioni de quibus appare condivisibile, la dottrina non manca di rilevare l’“astrattezza” del paramento e avanza la necessità di estendere l’istituto a tutti i criteri di cui all’art. 274 c.p.p., ferma restando una valutazione fattuale e concreta della loro ricorrenza. In altri termini, si prospetta la necessità che si tenga effettivamente conto di un giudizio attuale e specifico che il p.m. dovrebbe sottoporre al giudice[13] se intende ottenere l’applicazione della misura inaudita altera parte. La soluzione merita condivisione, posto che si è prospettato che per porre nel nulla il nuovo meccanismo probabilmente i magistrati inquirenti utilizzeranno il ricorso stereotipato alla formula del pericolo di fuga e dell’inquinamento probatorio, come spesso avviene proprio rispetto a quanto prevede l’art. 289 c.p.p. Tale pericolo sarebbe posto nell’angolo se, come è auspicabile, nel testo del nuovo comma 1-quater dell’art. 291 c.p.p., introdotto dal d.d.l., la locuzione «salvo che sussista taluna delle esigenze (…)» si riportasse con l’espressione – obiettivamente meno equivoca – «salvo che (il giudice) ritenga sussistente taluna delle esigenze (…)», così da rendere chiara l’impossibilità di far dipendere il diniego dell’interrogatorio anticipato dalla mera voluntas dell’organo inquirente[14]. Incerto è, peraltro, l’ambito di apprezzabilità spettante al decidente ovvero, se come dovrebbe, esso si estenda già in tale fase all’autonoma valutazione di tutte le condizioni rilevanti per l’applicabilità delle misure[15].

Ma, un ulteriore limite è rappresentato dal fatto che esso non opererà quando il reato per cui si procede è incluso nei consueti elenchi di quelli considerati più gravi, di cui agli artt. 407 comma 2 c.p.p. e 362 comma 1-ter c.p.p., ovvero, più genericamente, quando si tratta di delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale. Correttamente si censura l’eccessiva elasticità di tale ultimo rinvio, che potrebbe dar luogo ad incontrollabili sperequazioni sul piano difensivo, e l’improprietà, del rinvio, nel primo caso, a categorie normativamente strutturate per ben altri fini (invio della notizia di reato, segretazione delle iscrizioni e computo dei termini di indagini), ma è vero che, anche per tale via, la novella, se approvata, coinvolgerebbe, dunque, delle ipotesi tutto sommato marginali ovvero reati di minore gravità[16], sollevando una questione di irragionevolezza rispetto a quelli più gravi[17]. V’è da chiedersi cosa accade nel caso in cui per eludere la conoscenza anticipata del procedimento in corso e l’obbligo di procedere all’interrogatorio il p.m. proceda per un reato che ne esclude l’applicazione – e anche qui si potrebbe pensare al potere “correttivo” del giudice – ma che si rilevi, contestualmente o successivamente, estraneo alle indicate deroghe. La legge, inoltre, pare riferirsi, in maniera effimera, l’applicazione di una sola misura cautelare nei soli procedimenti monosoggettivi, dimenticando di regolamentare il caso di più reati, diversamente gravi, o del procedimento cumulativo[18]. In altri termini, come rilevato proprio nel Parere del Consiglio Superiore della Magistratura, la legge non si occupa dei procedimenti plurisoggettivi che presentano elementi di marcata diversità rispetto a quelli monosoggettivi né del diverso iter da osservare con riferimento ai vari indagati per l’applicazione delle misure cautelari, vulnus che solleva, com’è intuibile, questioni non secondarie[19].

Infine, la residualità dell’istituto, in via di approvazione, è riscontrabile anche sul piano temporale, valendo esclusivamente per le cautele applicate solo nelle indagini preliminari e non successivamente. Diversamente, la futura legge esordendo con la clausola di salvezza relativa a quanto disposto dall’art. 289, comma 2, secondo periodo, c.p.p., lascia intatta la (più ampia) portata applicativa dell’interrogatorio anticipato nell’ipotesi in cui venga richiesta dal p.m., nel corso delle indagini preliminari l’applicazione della misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio. Con riferimento a quest’ultima, infatti, l’interrogatorio dovrà essere disposto in anticipo rispetto alla decisione del g.i.p. (salvo che la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio sia disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero) anche laddove le esigenze indicate alla richiesta del P.M. siano quelle contemplate alle lett.) a) e b) dell’art. 274, comma 1 c.p.p. (anche se in concreto appare difficilmente ipotizzabile l’applicazione di una misura interdittiva per prevenire un pericolo di fuga), ma se, come pare, il portato della previsione di prossima approvazione appare più ampia e garantita sembrerebbe che, per quanto non stabilito all’art. 289 comma 2 c.p.p., trovare applicazione anche nell’ipotesi in esame.

Le menzionate “eccezioni”, per la loro ampiezza – agendo sui presupposti e tempi – finiscono, dunque, per invertire l’ordine regola-eccezione[20], tanto da collocare l’interrogatorio preventivo nell’ambito degli istituti che troveranno una scarsa applicazione. Così, se da un lato, ciò ridimensiona fortemente la portata innovativa della novella, dall’altro lato, riduce eccessivamente le menzionate aspettative, tanto da sollevare la questione circa la sua effettiva portata garantista.

 

4. Gli ulteriori dubbi sugli aspetti procedurali. Fra gli aspetti più problematici della disciplina si annovera, da sempre, la forma attraverso la quale ottenere la presenza del soggetto da interrogare: è questo un vulnus grave della futura disciplina che spesso, nel passato, ha condotto gli studiosi all’abbandono dell’istituto, in quanto ogni regime deve risultare compatibile con quanto stabilisce l’art. 13 Cost. il quale pretende che ogni limitazione della libertà debba trovare fondamento in un titolo legittimo dell’autorità giudiziaria (o provvisorio della polizia giudiziaria). Sul punto, riprendendo proposte passate e mutuate, forse, dall’analogo meccanismo francese, si ritiene fattibile, in assenza di un titolo che legittimi la possibilità di comprimere “momentaneamente” la libertà personale e che nel regime ordinario è rappresentato proprio dall’ordinanza cautelare, di procedere attraverso il fermo della persona (indubbiamente più problematico) o, come pare preferibile, l’accompagnamento coatto, per il tempo strettamente necessario, trattandosi di un’ attività svolta dal giudice. Sarà, infatti, quest’ultimo ad inviare l’invito a presentarsi il quale deve contenere fra l’altro la sommaria descrizione dei fatti, comprensiva della data e luogo di commissione dei reati (comma 1-septies lett. c)) e l’avviso di deposito della richiesta e degli atti presentati con la stessa, nonché della facoltà di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli atti depositati, «ivi compresi i verbali delle comunicazioni e delle conversazioni intercettate, con diritto alla trasposizione delle relative registrazioni su supporto idoneo alla riproduzione dei dati »  (comma 1-octies). Si è detto che dalla formulazione riguardante il “fatto” parrebbe che nell’invito non vada riportato quanto indicato dal p.m. nella domanda ex art. 291 c.p.p, ma, sia richiesto al giudice un “grado di specificazione maggiore della condotta” che potrebbe condurre, non solo ad un aggravio delle attività del giudice nel caso di procedimenti plurimi, con fatti commessi in un lungo arco temporale, ma anche ad una valutazione opinabile di grande rilevanza atteso che la violazione delle prescrizioni imposte dal comma 1-septies dell’art. 291 c.p.p., in tema di contenuti dell’invito a rendere interrogatorio, è causa di nullità dello stesso e “a cascata” dell’ordinanza cautelare, con la conseguenza che anche questioni relative alla completezza delle informazioni contenute nell’invito possono essere dedotte nei giudizi di impugnazione ed ivi essere rivalutate. Se ciò è vero, va osservato che l’impegno alla definizione spaziale e temporale si colloca in linea con quanto prescritto dopo il d.lgs. n. 150 del 2023 (cd. riforma Cartabia) dall’art. 335, comma 1 c.p.p.

Ma, al di là di tale aspetto, la conoscenza del fatto per cui si procede e degli atti che supportano la richiesta è un passaggio esiziale, posto che la polizia e il p.m. dovranno dosare attentamente quali atti disvelare, considerato che le indagini sono ancora in corso e, quindi, sarebbero disvelate[21], da un lato, e dall’altro lato, al fatto che la conoscenza della pendenza della misura potrebbe far aumentare il suo pericolo – a quel punto – di fuga. Ora, se il p.m. ha prodotto una documentazione minima degli atti è chiaro che l’interrogatorio anticipato potrà svolgere la sua corretta funzione, ma è anche vero che la persona potrebbe non essere in grado di esplicare del tutto quel diritto di difesa che oggi l’art. 294 c.p.p. gli consente di condurre con maggiore ampiezza.

Il legislatore inserisce, poi, nell’invito l’(onnipresente) avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, ma non ha introdotto l’avvertimento più essenziale, vale a dire quello che informa l’indagato delle conseguenze connesse alla mancata comparizione all’interrogatorio: se l’indagato non si presenta, infatti, senza addurre alcuna giustificazione e il giudice ritiene le ricerche esaurienti egli potrà procedere oltre e assumere la decisione inaudita altera parte.

La disciplina contempla la possibilità di far valere un legittimo impedimento. Il legislatore, tuttavia, non si premura di precisare se a far valere l’impedimento possa essere solo l’indagato o anche il suo difensore[22], né chiarisce fino a quando possa protrarsi tale impedimento e, quindi, la stasi del procedimento cautelare.

Peraltro, un vulnus non irrilevante investe anche il limite temporale di tale conoscenza, consentita entro il termine dilatorio di cinque giorni, termine che può essere abbreviato – come si pensa avverrà nella maggior parte delle ipotesi dato il “contesto cautelare” – per ragioni d’urgenza: il comma 1-sexies dell’art. 291 si limita a prescrivere che sia lasciato soltanto «il tempo necessario per comparire». È quello un termine indeterminato nel minimo, posto che il generico riferimento al «tempo necessario per comparire» è alquanto “elastico” ed è rimesso di fatto, al prudente apprezzamento del giudice.

Se, dunque, appare auspicabile la previsione di un più preciso riferimento temporale minimo (quantomeno in grado di evitare inviti ad horas), ove così non fosse si dovrebbe opportunamente parametrare il termine concesso alla consistenza degli atti depositati nella cancelleria del giudice ai sensi dell’art. 291, comma 1 c.p.p.

Si è detto che, al fine di consentire alla difesa un esame completo degli atti depositati, sarebbe anzi opportuna la previsione della facoltà di richiedere un differimento dell’interrogatorio, purché, ovviamente, tale dilazione non comporti un grave pregiudizio per le esigenze cautelari emergenti nel caso di specie: invero, se quella possibilità può giustificarsi nell’attuale sistema nel quale la misura è già in corso d’esecuzione, è, invece, alquanto problematica la sua concessione quando il soggetto ha avuto conoscenza della pendenza della domanda e alto è il rischio che il soggetto si dia alla fuga o non ottemperi, in generale, al successivo atto. È vero, tuttavia, che il potere del giudice di abbreviare il termine potrebbe vanificare, in pratica, l’intervento del difensore, fluidificando definitivamente l’obiettivo che la riforma si ripropone.

In merito all’esercizio del diritto di difesa, va detto che il d.d.l. opta per una soluzione di compromesso: non si prevede, infatti, un’udienza in contraddittorio fra accusa e difesa, ma soltanto l’interrogatorio della persona sottoposta a indagini.

Non mancano, peraltro, ulteriori aspetti critici. In primo luogo, l’esercizio del diritto di difesa è assicurato dalla nomina del difensore di fiducia, ma sarebbe auspicabile prevedere la presenza obbligatoria del difensore, anche se a garanzia dell’indagato, è prevista la videoregistrazione dell’atto; in secondo luogo, si è evidenziato da parte della dottrina come un tale istituto potrebbe condurre all’ eliminazione del diritto al silenzio, cioè, il diritto di non rispondere da parte del soggetto: il contraddittorio anticipato richiedendo di sentire la persona prima dell’applicazione della misura – soprattutto, custodiale – richiederebbe, da un lato, che il soggetto interloquisca in materia, evidenziando le sue determinazioni difensive, dall’altro solleva il rischio di una propensione collaborativa e confessoria tesa ad evitare una misura già programmata[23]. È, invece, pacifico che il difensore e indagato possano, comunque, poter produrre memorie scritte.

Peraltro, il testo avanzato dal Governo, diversamente da quanto ha, ad esempio, recentemente stabilito, l’art. 7 della l. n. 168 del 2023 in tema di violenza contro le donne e domestica, non prevede alcun termine per l’emissione dell'ordinanza. Fermo restando quanto stabilisce l’art. 121, comma 2 c.p.p., si può trattare di un frangente, più o meno breve, secondo la solerzia del giudicante, nel quale l’indagato dovrebbe rimanere in stato di libertà[24], con tutte le intuibili conseguenze.

Il giudice provvede, comunque, sulla richiesta del pubblico ministero quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non compare senza addurre un legittimo impedimento, oppure quando la persona sottoposta alle indagini preliminari non è stata rintracciata e il giudice ritiene le ricerche esaurienti, anche con riferimento ai luoghi di cui all’art. 159, comma 1 c.p.p. Anche in tal caso si rimette alla discrezionalità del giudice ogni giudizio circa la completezza o meno delle ricerche. Queste, indica la dottrina[25], dovranno essere senz’altro esaustive, ma non sembra necessario accertare anche la volontarietà dell’assenza, vale a dire che la persona si sia volontariamente sottratta all’interrogatorio di garanzia anticipato. Quando, si registri tale situazione, deve ritenersi accertata la sussistenza di un concreto pericolo di fuga, se non di una fuga già compiuta: una eventualità, questa, che dovrebbe escludere, per motivi sopravvenuti, l’obbligo di anticipare l’interrogatorio.

Di quanto emerso nel corso dell’atto il giudice dovrà tenere conto nelle motivazioni dell’ordinanza applicativa della misura: si prevede, infatti, attraverso una modifica dell’art. 292, comma 2-ter c.p.p., che l’ordinanza sia nulla non solo qualora (come già previsto fino ad ora) non contenga la valutazione degli elementi a carico e a favore dell’imputato, di cui all’art. 358, nonché all’art. 327-bis, ma anche laddove non contenga, nel caso di cui all’art. 291, comma 1-quater (e cioè quando debba essere disposto l’interrogatorio anticipato) «una specifica valutazione degli elementi esposti dalla persona sottoposta alle indagini nel corso dell’interrogatorio».

Ne discende, dunque, che mentre la disciplina vigente prevede, ai sensi dell’art. 302 c.p.p., che, da un lato, l’omesso o l’invalido interrogatorio determina l’inefficacia dell’ordinanza, da cui discende la rimessione in libertà della persona, e, dall’altro lato, la “nuova” sequenza imposta ai fini della (ri)adozione della misura, questa volta sì a pena di nullità, in piena sintonia con quanto preteso dall’art. 13 Cost., quella in parte approvata configura, correttamente, la nullità dell’attività.

La normativa stabilisce che la nullità sarebbe integrata nel caso in cui l’ordinanza non è preceduta dall’interrogatorio nei casi previsti dall’art. 291, comma 1-quater, nonché per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies» ovvero per violazione delle disposizioni che disciplinano il contenuto dell’invito a comparire, per cui ogni sua violazione dovrebbe integrare una causa di nullità dell’interrogatorio e conseguentemente dell’ ordinanza (v., art. 292, comma 3-bis come introdotto dal testo in commento). Ebbene, come si comprende anche sul versante delle sanzioni si ravvisano profili profondamente diversi: in quella che verrà, benché limitata – come si è detto –  a livello statistico, si ravvisa un vulnus, posto che la persona, interrogata o meno, soffrirebbe la misura (eventualmente illegittima) per un tempo “incerto” prima di veder accolta la (possibile) questione circa la ricorrenza o meno della nullità che potrà essere devoluta all’organo competente. Diversamente, dalla specifica inclusione delle dichiarazioni rese dall’indagato, ai sensi dell’art. 291, comma 1-quater, c.p.p., tra gli atti da trasmettere al Tribunale del riesame nei termini previsti, parrebbe desumersi che si sia inteso sanzionare, questa volta sì, con l’inefficacia della misura l’omissione di tale adempimento (art. 309, comma 5, c.p.p.).

Si fa notare[26], poi, come anche l’inosservanza del termine concesso per la comparizione all’interrogatorio o la sua ingiusta compressione, in quanto previsioni che assicurano la partecipazione dell’indagato, integrano una nullità deducibile ai sensi dell’art. 178 comma 1, lett. c), c.p.p. Si tratterebbe, in tal caso, di una nullità intermedia da formularsi prima dell’inizio dell’interrogatorio[27].

Infine, nulla è specificato quanto alla successiva utilizzabilità degli atti: al riguardo non può non considerarsi la relativa incertezza sull’utilizzabilità delle eventuali dichiarazioni dell’indagato, alla luce di quanto previsto dall’art. 503 c.p.p. ove si dispone che sono utilizzate per le contestazioni le dichiarazioni assunte a norma degli articoli 294, 294 comma 3, 391 e 422 c.p.p. Pur mancando la presenza obbligatoria della difesa, ma considerando comunque la presenza del difensore in contraddittorio, non può certamente escludersi la loro utilizzabilità, anche se dovrebbe essere la legge a chiarire tale aspetto di grande rilievo processuale.

Quanto premesso va raccordato, poi, con l’art. 2 comma 1, lett. l), del d.d.l. che prevede l’inserimento nell’art. 328 comma 1-quinquies c.p.p., a norma del quale il giudice per le indagini preliminari decide in composizione collegiale, l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. Molteplici appaiono le critiche sollevate[28] anche in ordine a questa proposta. Essa è reputata «una norma discutibile, se si considera la filosofia di fondo dell’attuale codice di procedura penale, che consente al giudice monocratico la decisione sulla responsabilità penale per reati puniti con una pena massima non superiore ai dieci anni di reclusione e nel caso di rito abbreviato o di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. anche per reati puniti con pene maggiori. Il progetto riformatore ritiene che una cura maggiore deve essere rivolta al giudizio cautelare custodiale rispetto a quello di cognizione». La critica si arricchisce delle forti implicazioni che la scelta opera rispetto al tema della incompatibilità dei giudicanti che si determinerebbe. Se in merito alle disfunzioni organizzative si avanza l’idea di giudice della libertà collegiale a composizione mista, vale a dire composto in parte da magistrati e in parte da semplici (pur adeguatamente qualificati) cittadini, in ossequio all’indicazione fornita dall’ art.102 comma 3 Cost. è palese che, se ciò non sarà attuato, la questione si proporrà nelle piccole sedi, tanto che si paventa la necessità di attingere ai magistrati civili[29]. Ma ulteriori sono i riflessi che essa determina sul versante dei successivi (eventuali) meccanismi di controllo[30] e inevitabile è l’influenza che quel vaglio potrà comportare sul successivo iter procedimentale (udienza preliminare e dibattimento). Ad ogni modo, l’impostazione non cambia qualora all’interrogatorio si proceda dopo l’applicazione della misura cautelare, come si evince dall’interpolazione dell’art. 294, comma 4-bis, ad opera dell’art. 2 comma 1, lett. f), n. 2, del d.d.l.

 

5. Considerazioni conclusive. Valutando il d.d.l. e stigmatizzando la scelta governativa per le molte perplessità logico-sistematiche che essa solleva e la sua incapacità ad assicurare appieno le tutele e gli scopi che, meritoriamente, si prefigge di realizzare, sarebbe, stato, forse più agevolmente pensare all’idea di istituire un “giudice della libertà”, diverso da quello che procede, a cui assegnare la competenza funzionale in materia, nelle diverse fasi del procedimento e processo. La soluzione supererebbe la questione – indubbiamente suscettibile di censura costituzionale- dei diversi modelli procedurali, che la proposta ancora da approvare solleva, assicurando, nel contempo, quell’omogeneità e continuità con la soluzione costituzionale, che ha esteso a tutte le misure coercitive l’applicazione dell’interrogatorio di garanzia, inizialmente previsto solo per le misure custodiali. La proposta dottrinale consentirebbe, poi, il superamento delle difficoltà legate alla cognizione “parziale” degli atti, scelta legata, inevitabilmente, all’assetto attuale del sistema cautelare e, ancor più, assicurerebbe quella terzietà del giudice che l’attuale sistema non garantisce posto che, anche solo dalla lettura della motivazione dell’ordinanza contenuta nel fascicolo del dibattimento il giudice del processo potrebbe essere fortemente influenzato. Si tratterebbe, in questo caso, di attuare più semplicemente quel perfezionamento della linea evolutiva già intrapresa dal legislatore negli ultimi tempi (si pensi al controllo sulle intercettazioni, sul rispetto dei tempi delle indagini, sull’imputazione in sede di udienza preliminare) nel corso dei quali le funzioni del g.i.p. e del g.u.p. si sono, via via, fatte più pervasive, affinché si strutturi quell’ organo di controllo e di garanzia capace di tutelare i diritti del soggetto che subisce il processo.

Altra prospettiva coltivabile sarebbe, alla luce dei molteplici deficit riscontrati nella cd. proposta Nordio, quella di prevedere un procedimento in camera di consiglio in cui sia assicurata la necessaria partecipazione della persona sottoposta alle indagini o imputata (posto che, seppur autorevolmente confermato, non aggrada il limite dell’impegno all’interrogatorio nelle sole indagini preliminari) [31] e del suo difensore e, del p.m. in presenza o meno ( ricalcando il modello previsto dall’art. 390, comma 3-bis c.p.p.), con la previsione del diritto dell’imputato a presentare delle prove, che appaiano decisive per il rigetto o attenuazione della richiesta di misura cautelare formulata dal pubblico ministero. Ad un tale assetto dovrebbe, poi, accompagnarsi la revisione dei tempi e della disciplina relativi alle impugnazioni de libertate, in ragione dell’avvenuta attuazione del previo contraddittorio nel contesto del procedimento applicativo. Come si è cercato di analizzare, dunque, la proposta pare fluidificare fortemente all’atto pratico le tutele che s’intenderebbero assicurare, per cui forse, essa andrebbe abbandonata, per meditare più realistiche riforme, tese a confezionare effettive forme di garanzia in linea con quanto stabiliscono gli artt. 13, 24 e 27 Cost.

 

 

 

[1] V., AA. VV., Gip e libertà personale. Verso un contraddittorio anticipato?, a cura di, G. Riccio, Napoli, 1997.

[2] V., Relazione al Parlamento ex L. 16 aprile 2015, n. 47. Misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione: dati anno 2023, in www. Ministero della Giustizia.

[3] V., volendo, A. Marandola, L’interrogatorio di garanzia. Dal contraddittorio posticipato all’anticipazione delle tutele difensive, Padova, Cedam, 2006, passim.

[4] Cfr., da ultimo, Cass. Sez. Un., 12 aprile 2024, n. 15403 sulla questione circa il potere del giudice dell’appello cautelare di utilizzare o meno per la decisione elementi diversi da quelli conosciuti dal giudice che ha adottato il provvedimento impugnato, in applicazione del principio devolutivo, hanno ammesso quella possibilità  precisando che, stante la provvisorietà dei provvedimenti cautelari, la funzione di garanzia della presunzione di non colpevolezza (art. 27, secondo comma, Cost.), “verrebbe irrimediabilmente compromessa dalla previsione di meccanismi di fissità e non revocabilità delle cautele qualora, nel corso della loro esecuzione, dovessero mutare le condizioni che ne hanno legittimato l'adozione”. Al riguardo, L. Giuliani, Autodifesa e difesa tecnica nei procedimenti de libertate, Padova, 2012; e, più di recente, P. Maggio, Le impugnazioni delle misure cautelari personali, Milano, 2018; P. Spagnolo, Il tribunale della libertà. Tra normativa nazionale e normativa internazionale, Milano. 2008.

[5] E. Valentini, La domanda cautelare nel sistema delle cautele personali, Padova, p. 300, nt. 33.

[6] V. Corte cost., 8 marzo 1996, n. 63.

[7] V., in particolare, C. Valentini, Com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire: note sparse sul futuribile interrogatorio ante cautela, in Arch. pen. web, 12 settembre 2023, p. 3-4, che la modifica normativa costituirebbe « una vera misura di civiltà », anche perché si consentirebbe all’indagato di partecipare all’interrogatorio da libero e, quindi, con un differente approccio psicologico.

[8] Cfr., per tutti, K. La Regina, L’udienza di convalida dell’arresto in flagranza o del fermo, Padova, 2011,

[9] La previsione venne introdotta dalla legge 16 luglio 1997, n. 234: v., M. Ferraioli, L’interrogatorio dell’indagato prima della sospensione da un pubblico ufficio o servizio, in Aa. Vv., La modifica dell’abuso di ufficio e le nuove norme sul diritto di difesa. Commento alla legge 16 luglio 1997, n. 234, a cura di A.A. Dalia-M. Ferraioli, Milano, 1997, p. 217 ss.

[10] La previsione venne introdotta dalla legge 16 luglio 1997, n. 234: v., M. Ferraioli, L’interrogatorio dell’indagato prima della sospensione da un pubblico ufficio o servizio, in Aa. Vv., La modifica dell’abuso di ufficio e le nuove norme sul diritto di difesa. Commento alla legge 16 luglio 1997, n. 234, a cura di A.A. Dalia-M. Ferraioli, Milano, 1997, p. 217 ss.

[11] La previsione è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, che ha escluso, però, il paventato contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., osservando che «la ratio della disposizione censurata sembra essere rinvenibile nell’esigenza di verificare anticipatamente che la misura della sospensione dall’ufficio o dal servizio non rechi, senza effettiva necessità, pregiudizio alla continuità della pubblica funzione o del servizio pubblico » (così C. cost., 22 giugno 2000, n. 229, in Giur. cost., 2000, p. 1794). La disposizione di cui all’art. 289, comma 2, c.p.p. è stata, poi, integrata dalla l. 16 aprile 2015, n. 47 che ha stabilito che quando «la sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio è disposta dal giudice in luogo di una misura coercitiva richiesta dal pubblico ministero, l’interrogatorio ha luogo nei termini di cui al comma 1-bis dell’articolo 294»:v., al riguardo,P. Bronzo, Le modifiche alle misure cautelari interdittive, in Aa.Vv., La riforma delle misure cautelari personali, a cura di L. Giuliani, Torino, 2015, p. 15, ha rimarcato l’opportunità di anteporre l’interrogatorio di garanzia all’applicazione della misura: « anticipare le verifiche che il giudice opera (dopo l’esecuzione della misura) riduce il rischio che l’illegittimità dell’intervento restrittivo emerga solo a misura già applicata, quando il danno alla funzione e al prestigio dell’amministrazione si è già, almeno in parte, consumato ».

[12] In tal senso: v., oltre a G. Illuminati, Le modifiche al processo penale nel d.d.l. Nordio: una prima lettura, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2023, p. 890; F. Porcu, Le modifiche al codice di rito nel d.d.l. Nordio: un primo commento alla riforma in fieri, in www.Penale Diritto e procedura, 2 agosto 2023, p. 5; G. Spangher, Pacchetto Nordio: timidi ma significativi segnali di cambio di prospettiva, ivi, 27 giugno 2023, p. 4.

[13] Così, G. Colaiacovo – G. Della Monica, L’anticipazione dell’interrogatorio di garanzia, in Penale Diritto e Procedura, 12 aprile 2024, p. 3; adde, P. Bronzo, Brevi note sul “disegno di legge Nordio”, cit., p. 5.

[14] Testualmente, G. Colaiacovo – G. Della Monica, op. cit., p. 3.

[15] Così, Parere del C.S.M.sul disegno di legge AS n. 808 recante Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario (ddl c.d. Nordio), in www.CSM.it, 21 febbraio 2024, p. 27

[16] Così, G. Illuminati, Le modifiche al processo penale nel d.d.l. Nordio: una prima lettura, cit., p. 891; nonché, G. Colaiacovo-G. Della Monica, op. cit., p. 3.

[17] V., P. Bronzo, Brevi note sul “disegno di legge Nordio”, in questa Rivista, 12 aprile 2024, p. 5.

[18] Al riguardo v., Parere del C.S.M. op. cit., pp. 27-28

[19] V., Parere del C.S.M., cit,, p. 27 : «si consideri l’ipotesi in cui, in un procedimento plurisoggettivo – come di norma accade – siano richieste misure cautelari per una pluralità di indagati, ma per esigenze cautelari diverse, configurandosi solo nei confronti di alcuni di essi quelle di cui all’art. 274, lett. a) e b), ovvero quelle di cui all’art. 274, lett. c), c.p.p., con esclusivo riferimento al caso in cui la prognosi di pericolosità – e non la sussistenza di gravi indizi – riguardi i delitti indicati all’art. 407, co. 2, lett. a), o all’art. 362, co. 1-ter, c.p.p., o i gravi delitti commessi con l’uso di armi o con altri mezzi di violenza personale. In questo caso, la misura può essere disposta nei confronti dei predetti indagati senza preventivamente interrogarli; l’interrogatorio preventivo rimane, invece, obbligatorio per gli altri. Ebbene, il diverso iter da osservare con riferimento ai vari indagati per l’applicazione delle misure cautelari implica questioni che le disposizioni in commento non risolvono, risultando, in particolare, incerto come conciliare l’intervento cautelare “a sorpresa” con quello garantito dal “contraddittorio”. Diversamente, nel caso in cui risultino nei procedimenti con più indagati risultino esigenze cautelari differenti», v, P. Bronzo, op. cit., per il quale un tale aspetto dovrebbe rientrare nel normale governo spettante al P.M. in materia.

[20] F. Porcu, Le modifiche al codice di rito nel d.d.l. Nordio: un primo commento alla riforma in fieri, cit., p. 6.

[21] V., in tal senso Parere del C.S.M., op. cit., 27, in cui si sottolinea che il diritto di difesa deve essere bilanciato con gli interessi, di pari rilevanza, che informano il procedimento penale e che, nella fase delle indagini preliminari, sono costituiti dalla necessità di preservare l’effettività sia delle attività (inquirenti) di contrasto al crimine e di accertamento dei reati, sia degli interventi a tutela della sicurezza collettiva, attraverso il sistema delle misure cautelari. Segnatamente “ il bilanciamento di tali interessi, nella fase delle indagini preliminari – ove di norma si colloca l’intervento cautelare – non è di facile realizzazione, e ciò in ragione della segretezza che la caratterizza e che è inevitabilmente destinata a cessare quando le garanzie difensive implicano la discovery degli atti di indagine. Di ciò offre riprova proprio l’intervento in esame. Ed invero, l’interrogatorio preventivo, ponendo l’indagato a conoscenza della pendenza nei suoi confronti di una richiesta cautelare, potrebbe rendere meno efficaci quelle attività a sorpresa, come le perquisizioni e i sequestri, normalmente svolte in concomitanza con l’esecuzione delle misure cautelari e, in particolare, della misura della custodia cautelare in carcere (art. 352, comma 2, c.p.p.), che sovente consentono l’acquisizione di materiale utile alle indagini”.

[22] Per l’osservazione, v. G. Colaiacovo – G. Della Monica, L’anticipazione dell’interrogatorio di garanzia, cit., p. 4.

[23] G. Spangher, Il d.d.l. Nordio in materia cautelare: ombre e dubbi, in www.giustiziainsieme.it, 6 settembre 2023, p. 9.

[24] V., G. Illuminati, Le modifiche al processo penale nel d.d.l. Nordio: una prima lettura, cit., p. 892.

[25] Ancora, G. Illuminati, op. e loc. ult. cit.; v. anche, P. BRONZO, op. cit., pp. 4-5.

[26] Amplius, G. Colaiacovo – G. Della Monica, L’anticipazione dell’interrogatorio di garanzia, cit, p. 5.

[27] V., ancora, G. Colaiacovo – G. Della Monica, op. cit., p. 5.

[28] C. De Robbio, Collegialità del giudice della misura cautelare e separazione delle carriere: due tasselli di uno stesso mosaico, in Giust. Insieme, 19 maggio 2023.

[29] V., E. Carbone, Intervento, Convegno dal titolo “Il ruolo del p.m. nel recupero d’efficacia ed efficienza dell’azione giudiziaria nel settore penale”, Salerno, 19 aprile 2024.

[30] V., quanto all’ampio spazio difensivo che essi consentono, retro, nt. 2.

[31] V., diversamente, C. Cost., 31 ottobre 2008, ord. 359/2008; C. Cost. 10 luglio 2008, n. 267 del 2008; in senso critico, fra gli altri, E. Valentini, op. cit., p. 32, nt. 47. V., anche, Cass. Sez. Un., 22 gennaio 2009, La Mari, in C.E.D. Cass., n. 243028: «le esigenze cautelari poste a fondamento dell’ordinanza impositiva emessa dopo la condanna non possono essere che quelle emerse dai fatti e dalle circostanze accertati nel corso del dibattimento, cosicché il successivo interrogatorio di garanzia costituirebbe una duplicazione della medesima garanzia rappresentata dal pieno e previo contraddittorio della istruttoria dibattimentale».