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22 Maggio 2023


Una sentenza garantista sul controllo giudiziario “volontario” esclude automatismi se un parente è mafioso e offre nuovi spunti per ricostruire i presupposti applicativi

Cass., Sez. I, 23 novembre 2022 (dep. 11 aprile 2023), n. 15156, Pres Boni, Est. Magi



1. La sentenza qui allegata oltre ad avere il pregio di tratteggiare in modo efficace le coordinate sistematiche delle misure di prevenzione patrimoniale, si segnala per una duplice ragione. In primo luogo perché fornisce spunti nuovi per la ricostruzione dei presupposti applicativi del controllo giudiziario su richiesta della parte privata, trattato in maniera autonoma rispetto al controllo giudiziario di cui al primo comma dell’art. 34 bis, co. 1, d.lgs. 159/2011 (Cod. ant.). Inoltre, facendosi carico di declinare in termini più garantistici gli istituti della prevenzione antimafia, con questa pronuncia la Cassazione afferma che i legami familiari di soci o amministratori con soggetti legati alla criminalità organizzata non rendono di per sé l’impresa irredimibile e, conseguentemente, esclude  che questa circostanza possa da sola giustificare il rigetto della richiesta di applicazione della misura.

 

2. Com’è ormai noto, l’introduzione dell’istituto del controllo giudiziario nel sistema del Codice antimafia  – insieme alla riforma dell’amministrazione giudiziaria  di cui all’art. 34 Cod. ant. [1] –   è il frutto di una moderna concezione delle misure di prevenzione patrimoniali, orientata principalmente a soddisfare l’esigenza di “bonificare” le imprese dal condizionamento criminale col minor sacrificio possibile della libertà di impresa[2] . Tuttavia, questo cambio di paradigma non è stato immediatamente colto dalla giurisprudenza, specie quella di legittimità[3], che anzi nella primissima fase applicativa del nuovo istituto sembrava voler ripiegare su interpretazioni restrittive che in qualche modo finivano col limitarne l’operatività, stentando a leggere la  proiezione prospettica che invece il legislatore aveva inteso imprimere al nuovo sistema delle misure di prevenzione patrimoniali[4]. Se si eccettua  un isolato precedente del 2019[5],  è con l’intervento della Cassazione riunita che si è fatta strada l’idea secondo cui lo scopo delle misure cosiddette «diverse dalla confisca»  è rappresentato dalla sottrazione dell’impresa al condizionamento criminale e ha alla base una valutazione a carattere prognostico  intorno alle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha «di compiere fruttuosamente  il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni (nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni) che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata»[6]. E la giurisprudenza successiva ha ulteriormente specificato come la necessità che la valutazione relativa alla sussistenza o meno di un’infiltrazione connotata da occasionalità non debba essere finalizzata all’acquisizione di un «dato statico consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente»: Piuttosto che una «mera fotografia del passato» al Tribunale della prevenzione è richiesta l’«argomentata formulazione di un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, connotata da condizionamento e/o agevolazione di soggetti o associazioni criminali, mediante l'intera gamma di strumenti previsti dall’art. 34 bis»[7].

È su questo solco che si colloca la pronuncia qui in rassegna, nella quale però si scorgono anche significativi elementi di novità, specie con riferimento al significato da assegnare al requisito della occasionalità della contaminazione criminale nelle ipotesi di controllo c.d. “volontario” di cui al sesto comma dell’art. 34 bis Cod. ant.. La Cassazione muove a tal proposito dalla constatazione che il controllo delle aziende «su domanda» costituisce, nell’ambito delle misure a carattere recuperatorio, una «ulteriore sottopartizione con caratteri peculiari» i cui meccanismi di attivazione non possono tout court essere ricalcati su quelli previsti per il controllo giudiziario c.d. prescrittivo, poiché , come già era stato osservato in una precedente pronuncia le cui cadenze argomentative sono state pedissequamente riproposte nella pronuncia in rassegna, una «lettura ancillare del sesto comma dell’art. 34 bis rispetto alla previsione del primo comma mortificherebbe la ratio dell’istituto, restringendone la portata e riconducendolo ad un modello non conforme allo spirito della riforma»[8].

Così, muovendo da simili premesse, nel tratteggiare lo statuto differenziato del controllo giudiziario “volontario” i giudici della sesta sezione si smarcano dal riferimento “statico” alla nozione di contaminazione occasionale, ma affermano che una condizione di agevolazione anche «perdurante» dell’impresa a vantaggio di organizzazioni di stampo mafioso non necessariamente costituisce un ostacolo all’accoglimento della richiesta avanzata della parte privata ma diviene fattore ostativo «se ed in quanto tale condizione […] renda negativa la prognosi di ‘riallineamento’ dell’impresa a condizioni operative di legalità e competitività»[9]. Una tale impostazione ermeneutica, ritenuta dalla Corte il conseguente sviluppo degli insegnamenti delle Sezioni unite Ricchiuto, è in effetti quella più coerente con la ratio complessiva di un istituto concepito per salvaguardare la continuità aziendale. Già all’indomani della riforma, una parte della dottrina aveva infatti opportunamente ritenuto che la verifica dei “presupposti” postulata dalla legge andasse «calibrata su una valutazione che abbia il suo fulcro nella praticabilità di un programma di “bonifica” dell’azienda istante, ossia un programma volto a rendere l’ente economico sufficientemente presidiato dal rischio di infiltrazioni mafiose. […] E così, non va escluso a priori che in una situazione in cui è stata rilevata una forma di “agevolazione stabile”, l’azienda si presenti tuttavia potenzialmente in grado di liberarsi dalla commistione di interessi mafiosi»[10].

E del resto, come specificato dalla stessa sentenza qui analizzata, il controllo giudiziario non va interpretato come un «beneficio» concesso alle imprese per sottrarsi agli effetti interdittivi dei provvedimenti prefettizi, poiché esso espone gli istanti a penetranti controlli sulla gestione e di verifica dei flussi di finanziamento da parte del Tribunale che potrebbero addirittura sfociare nell’applicazione di misure più pervasive e penetranti come l’amministrazione giudiziaria[11] o, se del caso, condurre financo al sequestro e alla confisca[12]. È dunque ragionevole che la concessione del controllo giudiziario “volontario” poggi su presupposti differenti rispetto a quelli previsti dal primo comma dell’art. 34 bis e sia piuttosto ancorata esclusivamente alla prognosi di bonificabilità dell’impresa, anche in assenza di uno spossessamento gestorio. Provando a esplicitare e sviluppare il pensiero della Corte, quindi, la richiesta della parte privata andrebbe sempre accolta nei casi in cui il condizionamento criminale sulla vita dell’impresa potrà essere eliminato senza allontanare l’imprenditore dalla gestione, ma solo affiancandolo; se invece le valutazioni del Tribunale fossero nel senso di escludere la possibilità di raggiungere quest’obiettivo, l’istanza non dovrebbe trovare accoglimento  e potrebbero schiudersi le porte a misure più incisive e penetranti.

 

3. La sentenza in commento si lascia apprezzare anche per un ulteriore motivo su cui vale la pena soffermarsi. Richiamandosi ai principi garantistici e di stretta legalità la Corte esclude che la mera esistenza di rapporti di familiarità con persone legate alla criminalità organizzata determini di per sé uno stabile condizionamento dell’attività di impresa ed afferma anzi che «l’equazione tra rapporto familiare e comunanza degli interessi economici, in assenza di indicatori di conferma, ammette deroghe e finisce col risultare meramente congetturale».  A tal proposito i giudici propongono una lettura del sistema di prevenzione orientata a criteri tassativi e argomentano quindi che la sola relazione  da cui la legge fa discendere restrizioni o limitazioni per i familiari ex art. 67 co. 4, Cod. ant., è quella con i familiari conviventi[13]. In tutti gli altri casi la contiguità familiare con un soggetto collegato ad organizzazioni di tipo mafioso non può da sola essere ritenuta sintomatica di una qualche forma di condizionamento criminale. Sicché, per l’applicazione di una misura di prevenzione è sempre necessaria una «verifica in concreto della ‘influenza’ del soggetto pericoloso sull’attività economica, nell’ambito di una procedura basata su fonti cognitive specifiche».

Si tratta di una presa di posizione ancora ben lungi dal costituire un punto di vista consolidato, ma non inedita[14] e che probabilmente andrebbe valorizzata non solo nell’ambito della prevenzione giurisdizionale ma anche sul versante della prevenzione amministrativa, specie da quando il legislatore, nel 2021[15], ha arricchito lo strumentario prefettizio con istituti nuovi ispirati a una logica collaborativa e recuperatoria come le nuove misure di cui all’art. 94 bis Cod. ant., e il contraddittorio nella fase precedente l’adozione di provvedimenti interdittivi.

 

 

 

[1] L. 17 ottobre 2017, n. 161, recante ‘‘Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate’’. Per un primo commento si veda C.Visconti, Codice antimafia: luci ed ombre della riforma, in Dir. Pen. Proc., 2018, 2, 145 e segg.; S. Finocchiaro, La riforma del Codice antimafia (e non solo): uno sguardo d’insieme alle modifiche appena introdotte, in Dir. Pen. Cont., 2017, 10, 251.

[2] Cfr. G. Amarelli, La Cassazione riduce i presupposti applicativi del controllo giudiziario volontario ed i poteri cognitivi del giudice ordinario, in questa rivista, 10 marzo 2021; C.Visconti, Il controllo giudiziario “volontario”: una moderna “messa alla prova” aziendale per una tutela recuperatoria contro le infiltrazioni mafiose, in Amarelli-Sticchi Damiani (a cura di), Le interdittive antimafia e le altre misure di contrasto all’infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici, Torino, 2019, 237; A. Merlo, La bonifica aziendale come scopo delle misure patrimoniali «diverse dalla confisca: le sezioni unite si pronunciano sul controllo giudiziario «volontario», in Foro it., II, 2020, 330.

[3] Per paradossale che possa sembrare, la giurisprudenza di merito è stata invece più rapida nel leggere la portata innovativa della riforma. Cfr., ad es. Tribunale di Catanzaro, 15 ottobre 2018, n. 37 r.c.c. (est. Cappai), secondo cui il giudizio del Tribunale si pone «su un piano, che si può definire dinamico ed evolutivo», che si concretizza nella formulazione di un «giudizio prognostico sulla capacità dell’impresa di eliminare dal suo interno i fattori di insorgenza di rischio di infiltrazione mafiosa».

[4] Sul punto A. Merlo, Il controllo giudiziario «volontario»: fra irrazionalità della disposizione e irrazionalità interpretative, in Foro it., 2020,  II, 135 ss.

[5] Cass., 7 maggio 2019, n. 29487, IFIT Solar s.r.l., in Foro it., Rep. 2019, voce Misure di prevenzione, n. 109 e in Giust. pen., III, 525 ss. con osservazioni di D. Brancia, Attività di impresa. Misure di prevenzione e competenza.

[6] Cass., sez. un., 19 novembre 2019, n. 46898, Ricchiuto, in Foro it., 2020. II, 330, con nota di A. Merlo, La bonifica aziendale come scopo delle misure patrimoniali «diverse dalla confisca, cit., e in Giur. it., 2020, 676, con nota di T. Alesci, Verso uno statuto delle impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali.

[7] Sez. VI, n. 1590 del 14 ottobre 2020, Senesi S.p.a., Rv. 280341-01.

[8] Cass., Sez. II, 28 gennaio 2021 – 5 marzo 2021, n. 9122, Car Jet, in questa Rivista, 10 marzo 2021, con nota di G. Amarelli, La cassazione riduce, cit.

[9] Par. 2.2. “In diritto”, enfasi aggiunte.

[10] C.Visconti, Il controllo giudiziario “volontario”, cit., 15.

[11] Si tratta di ipotesi non estranee alla prassi. Cfr. ad es. Trib. Reggio Calabria, Sez. mis. prev., decreto 1 dicembre 2022, n. 10 R.c.g., Athena service soc. coop.: con tale provvedimento il Tribunale reggino, a fronte della richiesta dell’azienda raggiunta da interdittiva di applicare il controllo giudiziario, ha ritenuto di dover applicare la più incisiva misura dell’amministrazione giudiziaria di cui all’art. 34 Cod. ant.  sulla base della valutazione del livello di contaminazione criminale dell’azienda, considerato stabile e non occasionale e stimando pertanto che il controllo giudiziario non potesse «ritenersi strumento idoneo per consentire e proseguire la bonifica dell’impresa attenzionata dal pericolo di infiltrazioni criminali». 

[12] Cfr. anche Cass. Sez. I,  22 aprile 2021, n. 31831, nonché Sez. I, 7 maggio 2019, n. 29487, IFIT Solar s.r.l., cit., in cui si evidenzia come l’azienda che decide «di “consegnarsi” al Tribunale della prevenzione» deve anche essere «consapevole del fatto che se da un lato ciò rimuove (in accoglimento della domanda) le inibizioni alla prosecuzione dell’attività (art. 34 bis, co. 7), dall’altro si apre una fase di “gestione condivisa” con l’amministratore nominato dal Tribunale, cui spettano penetranti poteri di ricostruzione degli assetti economico-finanziari, il cui esercizio può portare alla applicazione di più gravosa misura di prevenzione».

[13] «I divieti e le decadenze (tra cui le inibizioni a svolgere determinate attività di impresa) operano anche nei confronti dei conviventi o di imprese di cui la persona sottoposta alla misura di prevenzione […] determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi».

[14] Cass., sez. II, 6 maggio 2022, n. 18265; sez. I,  22 aprile 2021, n. 31831, cit.. Nella giurisprudenza di merito cfr. Tribunale di Catanzaro, 15 ottobre 2018, decreto n. 37 r.c.c., Costruire Group,  in cui si ritiene che «l’applicazione del controllo giudiziario non potrà essere automaticamente esclusa per il solo fatto che l’imprenditore (o uno dei soci) abbia un rapporto stabile con un soggetto che rientri nelle categorie di soggetti “pericolosi” indicate dalla norma» e, nei non infrequenti casi in cui  l’impresa venga attinta da una interdittiva proprio in ragione del rapporto di parentela tra l’imprenditore (o uno dei soci) e un soggetto pericoloso rimane ferma la possibilità per l’impresa di presentare la richiesta ex 34 bis, co. 6, e «dimostrare che, pur a fronte della stabilità dei rapporti familiari, la finalità di agevolazione dell’attività del soggetto appartenente a una delle categorie “pericolose” indicate dalla norma abbia riguardato solo occasionalmente l’attività imprenditoriale».

[15] D.L. 6 novembre 2021, n. 152, recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, convertito con modificazioni dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233.