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15 Gennaio 2021


Il decreto ‘immigrazione-sicurezza’ (d.l. n. 130/2020) diventa legge (l. 18 dicembre 2020, n. 173): le novità introdotte in sede di conversione


Per il testo del d.l. 130/2020 coordinato con la l. conv. 173/2020, clicca qui.

 

1. Dopo il via libera da parte di Camera e Senato, il d.l. 21 ottobre 2020, n. 130 è stato convertito, con alcune modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 173.

Giunge dunque a compimento il travagliato processo di sostanziale revisione dei precedenti decreti sicurezza emanati durante il Governo Conte I (il d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 e il d.l. 14 giugno 2019, n. 53), da tempo oggetto di numerose critiche, alla luce di svariate difficoltà applicative e di coordinamento con l’intera disciplina in materia di immigrazione e non solo, nonché del mancato rispetto dei principi costituzionali e internazionali, come evidenziato persino dal Presidente della Repubblica[1] e dalla Corte costituzionale[2]. Questa Rivista ha già dato conto, a suo tempo, delle novità introdotte dal decreto-legge, sicché in questa sede ci limiteremo a segnalare le modifiche introdotte in sede di conversione.

Già ad un primo sguardo è possibile affermare che le originarie intenzioni del Governo, indirizzate al superamento dei c.d. “Decreti Salvini”, sono state pressoché interamente confermate, salvo alcuni (marginali) interventi a completamento della nuova disciplina che ci accingiamo a segnalare. In particolare, sono stati oggetto di modifiche ed integrazioni gli artt. 1 (Permesso di soggiorno e controlli di frontiera), 2 (Procedure per il riconoscimento della protezione internazionale), 3 (Trattenimento amministrativo e modifiche al d.lgs. 142/2015), 4 (Accoglienza dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione internazionale), 5 (Integrazione) e 13 (Garante dei diritti delle persone private della libertà personale).

Sempre in limine alla trattazione delle modifiche, giova osservare che, come già era accaduto per i precedenti decreti, l’iter di approvazione ha visto il Governo porre per due volte la questione di fiducia: il 30 novembre 2020, quando la Camera ha approvato senza emendamenti il disegno di legge di conversione presentato dalla Commissione permanente della Camera nei giorni precedenti; nonché, successivamente, il 18 dicembre 2020, quando lo stesso testo è stato sottoposto al vaglio del Senato che, al termine di una movimentata seduta parlamentare (iniziata il giorno precedente e sospesa a causa della eccessiva concitazione[3]), con 153 voti a favore, 2 contrari e 4 astenuti[4], lo ha approvato.

 

2. Le modifiche al codice penale (artt. 131 bis, 391 bis, 391 ter, 588 c.p.).

Con riferimento al codice penale non si segnalano interventi sostanziali: in sede di conversione sono state integralmente confermate le modifiche apportate dal decreto all’art. 131 bis co. 2 e all’art. 391 bis (agevolazione delle comunicazioni dei detenuti sottoposti al regime di 41 bis), l’introduzione del nuovo art. 391 ter (accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti), nonché le modifiche edittali al reato di rissa ex art. 588 c.p. Tali disposizioni di carattere penale – sia le nuove norme incriminatrici che quelle aggravatrici di preesistenti fattispecie – sono in vigore dal 22 ottobre 2020: la loro formulazione non è stata intaccata dalla legge di conversione che si è limitata ad apportare modifiche di mero drafting legislativo.

 

3. Le modifiche in tema di immigrazione.

Più cospicue sono, invece, le modifiche in materia di immigrazione, vero cuore del provvedimento, che sin dalla sua prima formulazione era volto ad emendare i già ricordati interventi del 2018 e del 2019.  Le nuove disposizioni in materia di immigrazione, afferma il Ministro Lamorgese, «accolgono le indicazioni sui precedenti decreti formulate a suo tempo dalla Presidenza della Repubblica e tengono conto delle recenti sentenze della Corte costituzionale. Il provvedimento rimodula i delicati meccanismi dell’accoglienza e dell’integrazione, coniugando le garanzie per i richiedenti asilo e gli immigrati anche con un maggiore rigore contro i reati di devastazione nei centri di permanenza per i rimpatri.  Il tutto con un’attenzione doverosa rivolta al rispetto degli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese».

 

3.1. La sorte del divieto di transito e sosta delle navi.

Come noto, il decreto-sicurezza bis del 2019 aveva previsto in capo al Ministro dell’Interno il potere di emanare, per motivi di sicurezza pubblica o attinenti alla prevenzione dell’immigrazione irregolare, divieti di ingresso, transito e sosta di navi nel mare territoriale (art. 11 co. 1 ter t.u.imm.), la cui inosservanza era punita con pesanti sanzioni amministrative – da 150.000 a 1.000.000 euro – oltre alla confisca delle navi (art. 12 co. 6 bis, 6 ter e 6 quater t.u.imm.). Altrettanto noti erano gli obiettivi della normativa: assestare un nuovo colpo alle ONG impegnate in attività di soccorso nel Mediterraneo, spesso accusate di incentivare le partenze irregolari con la loro presenza (il cd. pull factor) se non di concorrere con gli scafisti nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina[5].

Orbene, il d.l. n. 130/2020 – come più dettagliatamente approfondito qui – ha abrogato sia il comma 1 ter dell’art. 11 t.u.imm. (che assegnava al Ministro dell’interno il potere di limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale) sia i commi 6 bis, 6 ter e 6 quater dell’art. 12 t.u.imm. (che prevedevano le pesanti sanzioni amministrative in caso di violazione dei divieti disposti ai sensi dell’art. 11 co. 1 ter). Parallelamente alla loro formale abrogazione, i divieti di transito e sosta sono stati riversati nell’art. 1 co. 2 del d.l. 130/2020 che, fermo restando quanto previsto dall’art. 83 del Codice della navigazione, assegna al Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nonché previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, la facoltà di limitare o vietare, “per motivi di ordine o sicurezza pubblica”, il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale.

Oltre ad avere confermato l’eliminazione delle severe sanzioni amministrative – la cui palese sproporzione aveva preoccupato anche il Presidente della Repubblica[6] –, la legge di conversione ha altresì lasciato immutata (salvo alcuni dettagli sui quali v. infra) la loro sostituzione con la reclusione sino a due anni (così come prevista dall’art. 1102 del codice della navigazione) e la multa da euro 10.000 ad euro 50.000. Si assiste così a un intervento di criminalizzazione (in senso stretto) della condotta di inosservanza di atti discrezionali emanati dall’autorità governativa, fattispecie autonoma rispetto al reato ex art. 1102 cod. nav. cui viene fatto un richiamo unicamente quoad poenam per ciò che concerne la pena detentiva (la pena pecuniaria, invece, viene fissata ex novo[7]). Il nuovo delitto, pur inquadrandosi nel diritto penale della navigazione al pari dell’art. 1102 cod. nav., è posto a tutela degli ordini dell’autorità di pubblica sicurezza competente a emanare i divieti di transito e sosta (a differenza dell’art. 1102 che presidia il regolare, ordinato e lecito svolgimento dei traffici per via d’acqua[8] limitando e vietando il transito a navi mercantili nel mare territoriale). La nuova fattispecie – la cui condotta sanzionata coincide con la disobbedienza agli ordini amministrativi – protegge l’interesse dello Stato al controllo delle frontiere marittime per il tramite dei decreti governativi appositamente emanati ogni volta, in definitiva contribuendo alla ordinata gestione dei flussi migratori nelle acque territoriali[9].  Destinatari della nuova fattispecie sono i comandanti delle navi, eventualmente in concorso con gli ufficiali, i membri dell’equipaggio, il responsabile della missione, l’armatore o il proprietario della nave. Si tratta di un reato di pericolo e di mera condotta, consistente, come visto, nella disobbedienza agli ordini imposti dai provvedimenti governativi. Ne consegue, da un lato, che per il perfezionamento del reato non è necessario che si verifichino concrete turbative dell’ordine e della sicurezza pubblica, né tantomeno che avvenga lo sbarco dei migranti sul suolo italiano. Dall’altro, che è sempre l’atto amministrativo a definire ab externo la condotta materiale del reato: pertanto, la determinatezza dell’atto si riverbera su quella del precetto penale, rendendo indispensabile che il primo «si fondi sempre su esistenti, specifiche e individualizzanti situazioni di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica»[10].

Tornando al provvedimento in commento, deve sottolinearsi che la legge di conversione ha apportato alcune modifiche alla nuova regolamentazione del transito e della sosta delle navi nel mare territoriale (nessun riferimento continua a essere fatto all’ “ingresso” anche se tale condotta sembrerebbe concettualmente implicita in quelle di “sosta” e “transito”, dal momento che il naviglio non può né sostare né transitare senza prima fare ingresso nelle acque territoriali[11]).  In primo luogo, dall’art. 1 co. 2 del decreto è stato eliminato l’espresso riferimento all’art. 19 par. 2 lett. g della Convenzione di Montego Bay del 1982, che contempla il carico o lo scarico di persone in violazione delle leggi di immigrazione vigenti nello Stato costiero quale presupposto per la limitazione o il divieto del transito o della sosta di navi nel mare territoriale. L’unico presupposto legittimante il potere di interdizione ministeriale è dunque oggi rappresentato dai “motivi di ordine e sicurezza pubblica”, accompagnato da una generica previsione di conformità alle previsioni della Convenzione di Montego Bay. In secondo luogo, pur confermata l’espressa esclusione dell’applicabilità dei divieti in caso di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo nonché allo Stato di bandiera, è stato eliso il richiamo allo “statuto dei rifugiati” e aggiunto il riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alle norme nazionali, internazionali ed europee in materia di diritto di asilo. Infine, con l’introduzione in sede di conversione del nuovo art. 1 bis che modifica l’art. 12 co. 8 e 8 quinquies t.u.imm., è stata estesa agli enti del Terzo settore che ne facciano richiesta la possibilità di custodia dei beni sequestrati nel corso di operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina. Tali enti, che possono perseguire fini sociali o culturali, dovranno provvedere a proprie spese allo smaltimento delle imbarcazioni eventualmente loro affidate, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente. 

 

3.2. Sondando ancora i profili di interesse penalistico delle modifiche in tema di immigrazione non può non essere nominato lo speciale trattamento riservato dal decreto – e pienamente confermato in sede di conversione – ai delitti commessi all’interno dei CPR.  Trova, infatti, sponda parlamentare quella finalità dissuasiva perseguita dall’art. 6 del decreto che, con l’aggiunta del comma 7 bis all’art. 14 t.u.imm., ha previsto una più rapida disciplina processuale per i delitti, commessi con violenza alle persone o alle cose[12], compiuti in occasione o a causa del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri (un CPR o un hotspot) o durante la permanenza nelle strutture di primo soccorso e accoglienza (CPA e CAS). In questi casi, quando non è possibile procedere immediatamente all’arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, trova ora applicazione la cd. flagranza differita che estende alle 48 ore successive ai fatti la possibilità di arresto[13] del sospetto, individuato anche sulla base di documentazione video-fotografica.  

Oltre all’estensione della flagranza differita, la legge di conversione ha altresì confermato la previsione – per i delitti indicati all’art. 14 co. 7 bis – del rito speciale del giudizio direttissimo, salvo che indagini più approfondite si rendano necessarie (nuovo art. 14 co. 7 ter). Risulta evidente, in definitiva, la volontà del legislatore di non rallentare i procedimenti espulsivi cui il migrante trattenuto in un CPR è sicuramente sottoposto e che, ancora una volta, si dimostrano il vero obiettivo finale di ogni procedimento – penale o amministrativo – che interessa il migrante.

 

3.3. Nessuna novità di rilievo interessa, invece, la disciplina – collocata al confine tra diritto penale e diritto amministrativo –  del trattenimento amministrativo degli stranieri, per la quale vengono confermate le modifiche introdotte dal decreto in tema di informazione su diritti e facoltà (art. 10 ter co. 3 t.u.imm.), di trattenimento in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza o nei locali idonei presso l’ufficio di frontiera (art. 13 co. 5 bis t.u.imm.), di priorità di trattenimento per determinati soggetti, di termini massimi (art. 14 co. 5 t.u.imm.), di condizioni di vita e detenzione nei CPR e di procedura di reclamo in merito alle condizioni di trattenimento dinnanzi al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà. 

 

3.4. Con riguardo, invece, al trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo – disciplinato dal d.lgs. 142/2015 – la legge di conversione, innanzitutto, conferma le tre nuove ipotesi di trattenimento[14] e il nuovo termine di durata massima (90 giorni, prorogabili di 30). Merita però segnalare che l’art. 3 della legge di conversione aggiunge all’art. 9 del d.lgs. 142/2015 il comma 4 ter che ora prevede l’applicazione di apposite linee guida emanate dal Ministero della salute al fine di valutare la sussistenza di esigenze particolari e di specifiche situazioni di vulnerabilità tali da determinare il trasferimento prioritario del richiedente o l’adozione di idonee misure di accoglienza (ex art. 10 d.lgs 142/2015) da applicare nei centri e nelle strutture in cui avviene il trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo (ossia i centri previsti dagli artt. 9 e 11). Proprio in questi luoghi, inoltre, per espressa previsione dell’art. 4 della legge di conversione, si prevede ora che debbano essere assicurati adeguati standard igienico-sanitari, abitativi e di sicurezza nonché idonee misure di prevenzione, controllo e vigilanza relative alla partecipazione o alla propaganda attiva a favore di organizzazioni terroristiche internazionali.

 

4. Più strettamente di diritto dell’immigrazione sono, invece, le modifiche di seguito illustrate.

4.1. Disposizioni in materia di permesso di soggiorno (art. 1 co. 1).

Ferme restando le novità già introdotte dal decreto in tema di permessi di soggiorno, in sede di conversione all’art. 5 t.u.imm. viene aggiunto il nuovo comma 1 bis il quale ora prevede che, nei casi di cui al nuovo art. 38 bis, anch’esso introdotto in sede di conversione e recante disposizioni in materia di soggiorni di breve durata per gli studenti delle filiazioni in Italia di università e istituti superiori di insegnamento a livello universitario stranieri[15], i medesimi studenti entrati in Italia nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 4 e in possesso del visto per motivi di studio rilasciato per l’intera durata del corso di studio e della relativa dichiarazione di presenza, hanno diritto di soggiorno nel territorio italiano. Al comma 6 del medesimo articolo, invece, resta saldo il reinserimento della menzione del rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano, in precedenza eliminato dal d.l. 113/2018.

Con riferimento all’art. 6 t.u.imm., all’elenco dei permessi di soggiorno convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, viene aggiunto (lett. h bis) il permesso di soggiorno per cure mediche, menzionato all’art. 19 co. 2, lett. d bis del testo unico.

 

4.2. Rispetto degli obblighi internazionali in tema di divieti di espulsione e di respingimento.

Con riguardo alle disposizioni in materia di categorie vulnerabili contenute nell’art. 19 co. 1 t.u.imm, la legge di conversione estende il divieto di espulsione o respingimento anche nei confronti dello straniero che, nello Stato di destinazione, rischi di essere perseguitato a causa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere (art. 1 co. 1 lett. e, n. 01). Inoltre, al comma 1.1., accanto al richiamo agli obblighi costituzionali o internazionali di cui all’art. 5 co. 6, viene aggiunta un’ulteriore eccezione al divieto di allontanamento in violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare del migrante: oltre che nei già previsti casi sicurezza nazionale ed ordine pubblico, il soggetto potrà essere allontanato qualora tale provvedimento risponda ad esigenze di protezione della salute nel rispetto della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 1 co. 1 lett. e, n. 1).

Ancora, all’art. 19 co. 2 – casi in cui l’espulsione è vietata – alle condizioni di salute di particolare gravità si sostituiscono gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie’ la cui sussistenza determina il rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche, valido per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, rinnovabile sino al persistere delle condizioni di salute sopra citate e, ora, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

In tema di protezione internazionale, l’art. 2 della legge di conversione conferma le innovazioni in tema di procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale, ulteriormente precisando il contenuto degli artt. 28, 28 bis e 29 bis del d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 e in tema di esame prioritario e procedura accelerata.

 

4.3. Iscrizione anagrafica e cittadinanza.

Le importanti disposizioni relative al diritto di iscrizione anagrafica dei richiedenti protezione internazionale (art. 5 bis d.lgs. 142/2015) – che avevano peraltro dato seguito alla sentenza della Corte costituzionale del 9 luglio 2020, n. 186[16] – trovano pieno accoglimento all’esito del vaglio parlamentare.

L’art. 3 co. 2 della legge di conversione, però, interviene nuovamente sul contenuto dell’art. 5 bis prevedendo al comma 3 un peculiare motivo di cancellazione anagrafica con effetto immediato in caso di comunicazione, da parte del responsabile della convivenza anagrafica, della revoca delle misure di accoglienza o dell’allontanamento non giustificato del richiedente protezione internazionale, ospitato nei centri di cui agli artt. 9 e 11 del d.lgs. 142/2015, nonché nelle strutture del sistema di accoglienza e integrazione.

Di estrema importanza per le ricadute in termini pratici è, invece, è il dimezzamento dei termini per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione portato da 48 a 24 mesi, prorogabili al massimo fino a 36 mesi (art. 4, co. 4 ss).

4.4. Sistema di accoglienza ed integrazione. Supera il vaglio parlamentare anche il nuovo “Sistema di accoglienza e integrazione” (ri)esteso ai richiedenti protezione internazionale e rivolto anche a coloro che ne siano già titolari per i quali, la legge di conversione, specifica ulteriormente il contenuto dei ‘percorsi di integrazione’ volti ad un’effettiva inclusione sociale: formazione linguistica,  conoscenza dei diritti e dei doveri fondamentali sanciti nella Costituzione, orientamento ai servizi pubblici essenziali e all’inserimento lavorativo.

5. Modifiche in tema di DASPO urbano e altre novità.

Non si segnalano, infine, modifiche in tema di DASPO urbano (art. 11) né con riguardo alle misure di prevenzione e contrasto al traffico di stupefacenti via internet (art. 12): tutte le novità introdotte dal d.l. 130/2020 sono state accolte in sede di conversione.

 

 

[1] v. osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica in sede, dapprima, di emanazione del d.l. 113/2018 e poi di promulgazione della l. 77/2019, di conversione in legge del d.l. 53/2019).

[2] v. infra C. cost. 9 luglio 2020, n. 186; in precedenza anche C. cost. 112/2019 in tema di illeciti amministrativi punitivi e di necessario rispetto del principio di proporzionalità della sanzione.

[3] Riporta il Corriere della sera del 18 dicembre 2020: «L’approvazione è stata a dir poco concitata, tra striscioni, cartelli, fischietti, urla, spintoni. La seduta venerdì pomeriggio è stata sospesa dopo che i senatori della Lega hanno esposto uno striscione in cui era riprodotto il programma elettorale dei 5 stelle sulle politiche dell’immigrazione con tanto di logo, per sottolineare il cambiamento di posizione del Movimento. A quel punto sono scoppiate proteste e fischi, urla e cori. Il senatore questore dell’Udc, Antonio De Poli, è stato strattonato in aula durante il parapiglia ed è finito in infermeria insieme ad un commesso. Le proteste sono iniziate al termine delle dichiarazioni di voto».

[4] Il centrodestra non ha partecipato al voto; hanno espresso voto contrario senn. Berutti e Quagliariello di Idea-Cambiamo, del gruppo Misto; si sono invece astenuti i senn. Bonino di +Europa, Richetti del gruppo misto e due senatori autonomisti, Durnwalder e Steger.

[6] In sede di promulgazione della l. 8 agosto 2019, n. 77 (di conversione del d.l. 14 giugno 2019, n. 53), il Presidente della Repubblica aveva evidenziato: «Per effetto di un emendamento, nel caso di violazione del divieto di ingresso nelle acque territoriali - per motivi di ordine e sicurezza pubblica o per violazione alle norme sull’immigrazione - la sanzione amministrativa pecuniaria applicabile è stata aumentata di 15 volte nel minimo e di 20 volte nel massimo, determinato in un milione di euro, mentre la sanzione amministrativa della confisca obbligatoria della nave non risulta più subordinata alla reiterazione della condotta. Osservo che, con riferimento alla violazione delle norme sulla immigrazione non è stato introdotto alcun criterio che distingua quanto alla tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere, alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate. Non appare ragionevole – ai fini della sicurezza dei nostri cittadini e della certezza del diritto – fare a meno di queste indicazioni e affidare alla discrezionalità di un atto amministrativo la valutazione di un comportamento che conduce a sanzioni di tale gravità. Devo inoltre sottolineare che la Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 112 del 2019, ha ribadito la necessaria proporzionalità tra sanzioni e comportamenti». 

[7] V. Relazione Ufficio massimario, op cit. p. 7

[8] Così A. Lefebvre D’Ovidio – G. Pescatore – L. Tullio, Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2019, p. 829

[9] In questo senso anche la Relazione su novità normativa, a cura dell’Ufficio del massimario e del ruolo della Corte Suprema di Cassazione del 22 dicembre 2020, p. 8

[10] In termini: Relazione, Ufficio del massimario, op. cit., p. 10

[11] V. Relazione, Ufficio del massimario, op. cit., p. 5

[12] Per la nozione di «delitti commessi con violenza alla persona» si dovrà seguire l’orientamento prevalente della Cassazione che vi ricomprende non solo i reati in astratto connotati dall’elemento della violenza ma «tutti quei delitti, consumati o tentati, che, in concreto, si sono manifestati con atti di violenza in danno della persona offesa» così Relazione, Ufficio massimario op. cit., richiamando a sostegno Cass. Sez. V, n. 43103, del 12.06.2017, Urso, Rv. 271009-01; Cass. Sez. II, n. 30302 del 24.06.2016, Opera, Rv. 267718-01.

[13] Una prima definizione di ‘flagranza differita’ si è avuta ad opera dell’art. 8 co. 1 ter, l. 14 dicembre 1989, n. 401 che, a determinate condizioni, ha previsto la possibilità arresto ‘ritardato’ dei tifosi violenti. Più recentemente, invece: art. 10 co. 6 quater, d.l. 14/2017, conv. con modif., in l. 48/2017.

[14] Il d.l. 130/2020, all’art. 3 ha aggiunto al d.lgs. 142/2015 tre nuove ipotesi di trattenimento dei richiedenti asilo, qualora tale soggetto: versi nelle condizioni di cui agli articoli 12, comma 1, lettere b) e c), e 16 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 (ossia il caso in cui ricorra una causa di diniego dello status di rifugiato e di esclusione dallo status di protezione sussidiaria); oppure (nuova lett. a bis) si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 29 bis, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (ipotesi di domanda reiterata  in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento); oppure ancora (lett. c) in caso di condanna anche non definitiva per i reati rilevanti ai fini delle cause di diniego dello stato di rifugiato (articoli 12, co. 1, lett. c) e di esclusione dallo status di protezione sussidiaria (art. 16, comma 1, lettera d-bis) del d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251.

[15] L’art. 38 bis (inserito dall’art. 1 co. 1 lett. i-bis del decreto converito) inserisce una nuova disposizione in materia di soggiorni di breve durata per gli studenti delle filiazioni in Italia di università e istituti superiori di insegnamento a livello universitario stranieri), cui dovranno applicarsi le disposizioni della l. 28 maggio 2007, n. 68 qualora il soggiorno in Italia dei predetti studenti non sia superiore a 150 giorni.

[16] Con riferimento all’art. 4 co. 1 bis d.lgs. 142/2015 introdotto dal d.l. 113/2018 la Corte, con sentenza del 9 luglio 2020, n. 186, ne ha dichiarato l’incostituzionalità per violazione dell’art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: in primo luogo, per intrinseca irrazionalità dal momento che la norma, impedendo l’iscrizione anagrafica, finisce con il limitare le capacità di controllo e monitoraggio dell’autorità pubblica sulla popolazione effettivamente residente (in particolare i richiedenti asilo regolarmente soggiornanti), non agevolando così il perseguimento delle finalità di controllo del territorio dichiarate dal decreto sicurezza. In secondo luogo, per irragionevole disparità di trattamento, perché rende ingiustificatamente più difficile ai richiedenti asilo l’accesso ai servizi, così violando la pari dignità sociale dello straniero garantita dall’art. 3 Cost.