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18 Ottobre 2023


Ancora uno ‘stop’ al trattenimento del richiedente protezione da un Paese di origine sicura: limiti e criticità della procedura accelerata di frontiera

Tribunale di Catania, Sez. immigrazione, ord. 8 ottobre 2023, giud. Cupri



1. Segnaliamo e pubblichiamo in allegato il provvedimento del Tribunale di Catania, Sezione Immigrazione, con cui il giudice – disapplicando l’art. 28 bis, comma b-bis, d.lgs. 25/2008 – ha ritenuto di non convalidare il provvedimento di trattenimento emesso dal Questore della Provincia di Ragusa nei confronti di un cittadino tunisino richiedente asilo, disponendone l’immediato rilascio dal Centro di Pozzallo.

Come noto, la presente decisione si inserisce nel solco tracciato dal precedente provvedimento del medesimo Tribunale, già segnalato in questa Rivista; benché ne vengano qui sostanzialmente riprese le principali argomentazioni, la decisione in commento si segnala per alcuni nuovi profili meritevoli di attenzione.

 

2. Il ragionamento del Giudice muove dalla constatazione della delicatezza del momento del vaglio del trattenimento di un cittadino straniero richiedente protezione internazionale. Si tratta, infatti, di una misura coercitiva, cioè una misura di privazione della libertà personale, «legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge».

Due, in particolare, sono le argomentazioni spese dal giudice a sostegno della decisione di non convalidare il trattenimento.

 

2.1. In primo luogo, il giudice catanese riprende il tema già sviluppato dalla precedente ordinanza del Tribunale di Catania secondo cui il trattenimento deve considerarsi misura eccezionale e limitativa della libertà personale ex art. 13 della Costituzione.

Sul punto si rammenta che il richiamo alla giurisprudenza europea (Corte di Giustizia dell’unione Europea, Grande Sezione, sentenza 8 novembre 2022 – cause riunite C-704/20 e C-39/21) impone alle autorità giudiziarie degli Stati membri chiamate a giudicare della legittimità del trattenimento di un migrante o di un richiedente protezione internazionale di verificare «il rispetto dei presupposti di legittimità derivanti dal diritto dell’unione»; nonché di disapplicare la normativa interna eventualmente incompatibile con quella dell’unione (v. Corte cost. sent. n. 389/1989).

In materia, proprio il contenuto dell’art. 8 della direttiva 2013/33/UE – secondo cui gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo fatto di essere un richiedente protezione ai sensi della direttiva 2013/32/UE – rende possibile il trattenimento possibile solo «ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso (..) Salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive». Come già osservato[1], tale ipotesi risulta ora disciplinata in Italia dall’art. 6 bis del d.lgs. 142/2015, così come introdotto dal d.l. 20/2023, convertito con modificazioni nella l. 50/2023 che, al comma 2, prevede che il trattenimento possa essere disposto qualora il richiedente «non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, ovvero non presti idonea garanzia finanziaria».

Anche nel caso in esame – un richiedente asilo non in possesso del passaporto, né di un documento equipollente, né in grado di prestatore la ‘garanzia finanziaria’ secondo le disposizioni del decreto interministeriale del 14 settembre 2023 – il Tribunale di Catania ha ritenuto che tale garanzia finanziaria non potesse configurarsi come misura alternativa al trattenimento ma integrasse, piuttosto, un «requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE per il solo fatto che chiede protezione internazionale».

In altri termini, ritenuto che la norma nazionale fosse elusiva della disposizione europea (in quanto l’art. 6 bis introduce una garanzia finanziaria che non rientra tra misure alternative al trattenimento[2]), è venuta meno la legittimità del trattenimento poiché, come già ricordato, esso può avere luogo «soltanto ove necessario, sulla base di una valutazione caso per caso, salvo che non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive (Corte di Giustizia UE Grande Sezione – 14-5-2020, n. 924)».

 

2.2. La seconda argomentazione del Tribunale di Catania, incentrata sul ‘dove’ debba svolgersi la procedura di frontiera descritta dall’art. 28 bis del d.lgs. 25/2008 (come novellato dalla l. 50/2023, in sede di conversione del d.l. 20/2003, c.d. Cutro), introduce alcuni elementi di novità rispetto al precedente provvedimento già richiamato.

Sul punto il Tribunale richiama l’art. 43 della direttiva 2013/32[3], secondo cui gli Stati membri possono prevedere procedure per decidere circa l’ammissibilità (e in alcuni casi anche il merito) di una domanda a patto che dette procedure si svolgano «alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro»; consentendosi agli Stati «nel caso in cui gli arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi o di apolidi che presentano domande di protezione internazionale alla frontiera o in una zona di transito rendano all’atto pratico impossibile applicare ivi le disposizioni del paragrafo 1» di potere applicare dette procedure «anche nei luoghi (..) Nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito».

A tale conclusione si giunge anche dalla lettura del considerando 38 della direttiva 2013/32 laddove si precisa che le domande presentate in frontiera o nelle zone di transito debbano essere trattate «sul posto in circostanze ben definite».

Nella specie risulta che il richiedente asilo è entrato via mare approdando a Lampedusa «che è zona di frontiera ai sensi dell’art. 2 del D.M. 5 agosto 2019[4] perché rientrante nella provincia di Agrigento e a Lampedusa ha manifestato la volontà di chiedere protezione (..). Ne consegue che (..) Va considerato richiedente ai sensi della direttiva 2013/32 sin dal suo ingresso alla frontiera di Lampedusa ove la sua domanda doveva essere esaminata». La circostanza che lo straniero abbia sottoscritto il modello C3[5] nella zona di transito di Ragusa non inficia il fatto che «la qualifica di richiedente era stata dallo stesso assunta già in precedenza a Lampedusa».

Per il Giudice la previsione dell’art. 10 ter comma 1 bis del d.lgs. 286/98[6] – che consente il trasferimento a fini identificativi degli stranieri ospitati presso i punti di crisi in strutture analoghe sul territorio nazionale «non pare estensibile alle procedure di frontiera».

Il provvedimento del Questore motiva l’applicazione della procedura di frontiera a Pozzallo sulla base della considerazione che l’elevato numero di dette richieste «rende difficoltosa la trattazione della domanda del richiedente nel luogo di arrivo». Ma l’unica deroga possibile ai sensi della richiamata normativa europea è per le ipotesi di impossibilità di applicare la procedura direttamente alla frontiera di arrivo e non di mera difficoltà, pertanto «ciò comporta il venire meno del titolo di trattenimento disposto dal Questore di Ragusa costituito proprio dallo svolgimento della procedura accelerata di frontiera».

 

3. Segnaliamo, infine, che nel frattempo, è stato pubblicato il decreto del Tribunale di Firenze, Sez. Immigrazione, del 20 settembre 2023, che affronta criticamente il tema della qualificazione della Tunisia come “Paese sicuro”. In una visione d’insieme, gli approdi di questi recenti provvedimenti mostrano la precaria tenuta del complessivo impianto normativo circa le procedure accelerate di frontiera e in particolare, di quelle rivolte ai cittadini tunisini.

 

 

 

[2] Cfr. art. 14 del d.lgs. 286/98 che disciplina propriamente ‘misure alternative in luogo del trattenimento’ degli stranieri irregolari. L’art. 6-bis introduce una garanzia finanziaria che non rientra tra misure alternative al trattenimento anche a stare al dato letterale del comma 4 di detto articolo 6-bis, il quale rinvia all’art. 6 comma 5 d.lgs. 142/2015 (in quanto compatibile), che a sua volta dispone l’applicabilità in quanto compatibile proprio dell’art. 14 d.lgs. 286/98 “comprese le misure alternative di cui al comma 1-bis del medesimo articolo 14, fra le quali non rientra la prestazione della garanzia finanziaria”. Tali misure ex art. 14, c. 1 bis, d.lgs. 286/98 sono: a) consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della partenza; b) obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove possa essere agevolmente rintracciato; c) obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente”.

[3] Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione).

[4] Decreto Ministero Interno 5 agosto 2019, recante “Individuazione delle zone di frontiera o di transito ai fini dell'attuazione della procedura accelerata di esame della richiesta di protezione internazionale”.

[5] Modello compilato e sottoscritto dal richiedente protezione internazionale.

[6] v. art. 10 ter t.u.imm. (Disposizioni per l’identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare).