Cass, Sez. V, sent. 6 settembre 2023 (dep. 27 ottobre 2023), n. 43638, Pres. Pezzullo, rel. Scordamaglia
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di cassazione ha avuto modo di pronunciarsi, tra l’altro, sull’ampiezza della propria cognizione nel caso di rinvio pregiudiziale per la individuazione del giudice competente ratione loci, disciplinato dal nuovo art. 24-bis c.p.p.
A tale riguardo, la pronuncia ha statuito che, ai fini della propria decisione, la Corte di legittimità deve attenersi ai soli atti che l’organo rimettente ha reputato necessario trasmettere, pur non essendo vincolata, sotto il profilo oggettivo, al principio della domanda, dal momento che, in subiecta materia, la Cassazione non opera quale giudice dell’impugnazione.
I profili nevralgici, in punto di fatto, che hanno caratterizzato la vicenda in esame possono essere riassunti in pochi rilievi.
Nell’ambito di una complessa vicenda che ha visto coinvolta anche una nota società calcistica, la Procura della Repubblica di Torino contestava ai numerosi imputati una pluralità di reati. Nel novero di questi ultimi, specifico rilievo assumeva il delitto di “manipolazione di mercato commessa mediante operazioni informatiche”, il quale, caratterizzato dalla maggiore gravità, era destinato ad influire sulla competenza per territorio per tutti i reati, secondo quanto stabilito dall’art. 16 c.p.p., in forza del quale la connessione attribuisce la cognizione al giudice competente per il reato più grave.
Senonché, sulla individuazione in concreto del locus commissi delicti nel caso in esame si registravano opinioni discordanti.
Stando all’impostazione accusatoria, la condotta contestata si sarebbe sostanziata nella diffusione di comunicati attestanti dati mendaci relativi al bilancio di esercizio attraverso l’immissione degli stessi comunicati nel “sistema di diffusione delle informazioni regolamentate” (cd. “S.D.I.R.”) che ne avrebbe consentito la conoscenza da parte di tutti i soggetti in grado di accedere, mediante apposito applicativo, al sistema informatico di stoccaggio e diffusione dei dati. Con la conseguenza che, nella prospettiva privilegiata, la competenza per territorio si sarebbe radicata nel Tribunale di Torino, poiché proprio nella città piemontese o in altro luogo ricompreso nel relativo circondario sarebbero stati inseriti i dati mendaci.
Ben diversa la soluzione patrocinata dalla difesa che, facendo leva sul rilievo secondo cui l’immissione dei dati mendaci sarebbe ascrivibile al più complesso procedimento di stoccaggio e successiva fruibilità a terzi degli stessi, individuava come luogo di commissione del reato la città di Milano[1] (in quanto sede del mercato dei titoli azionari) o, in subordine, Roma (sede del data server impiegato per l’erogazione del servizio di stoccaggio delle informazioni).
Rilevata la particolare complessità della quaestio relativa alla individuazione del giudice territorialmente competente[2], riflesso degli oscillamenti giurisprudenziali riscontrabili sul punto[3], il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Torino provvedeva ad investire, su istanza di parte, la Corte di cassazione, avvalendosi a tal fine dell’inedito rimedio disciplinato dal nuovo art. 24 bis c.p.p., innestato nel codice di rito dall’art. 4, comma 1, D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150[4].
All’esito del rinvio pregiudiziale[5], la Suprema Corte individuava il giudice competente attraverso la regola suppletiva di cui all’art. 9, comma 1, c.p.p. Nello specifico, stante l’impossibilità di determinare la competenza per territorio in relazione al luogo nel quale il reato si è consumato[6] – come previsto dall’art. 8, comma 1 c.p.p. – il giudice di legittimità ha determinato il foro territorialmente competente in quello di Roma[7], essendo l’«ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione».
2. Al di là di un giudizio critico sui criteri alla stregua dei quali la sentenza in esame ha ritenuto di orientare la scelta del giudice territorialmente competente, appaiono rilevanti, anche nella prospettiva dell’actio finium regundormum della cognizione della Corte di Cassazione, alcune preliminari considerazioni in ordine alla destinazione funzionale ed alla collocazione sistematica del “nuovo” rinvio pregiudiziale.
Chiamato a dare attuazione alla direttiva contenuta nell’art. 1, comma 13, lett. n) della Legge delega n. 134/2021[8], l’istituto di nuovo conio risulta animato, da un lato, dall’esigenza di dare concreta ed effettiva attuazione alla garanzia costituzionale della precostituzione e della naturalità del giudice; dall’altro lato, dalla necessità di definire le «condizioni di sistema»[9] per garantire la ragionevole durata, destinata a rappresentare «un connotato identitario della giustizia del processo»[10].
Proprio a quest’ultimo riguardo, è agevole constatare che, attraverso l’istituto del rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis c.p.p., il legislatore ha inteso realizzare un’operazione di preventiva “bonifica” dell’iter procedimentale da possibili errori sulla competenza territoriale, i quali, se tardivamente rilevati, potrebbero ingenerare rischiose regressioni[11], «con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo»[12].
Molteplici gli indicatori normativi idonei a disvelare la ratio di speditezza procedimentale dell’istituto di nuovo conio. Il primo dato a tal fine rilevante è rappresentato senz’altro dalle stringenti cadenze temporali – ricalcate su quelle già previste dall’art. 21, comma 2, c.p.p.[13] – entro le quali è possibile rimettere alla Suprema Corte la questione concernente la competenza territoriale: prima della conclusione dell’udienza preliminare, oppure, qualora questa manchi, entro il termine previsto dall’art. 491, comma 1 c.p.p.
Non trascurabile è, poi, la previsione di specifici effetti preclusivi[14], in capo alle parti processuali[15], derivanti dalla proposizione dell’eccezione d’incompetenza territoriale senza contestuale rimessione della decisione alla Corte di cassazione. Stabilisce, infatti, l’art. 24-bis, comma 6, c.p.p. che «la parte che ha eccepito l’incompetenza per territorio senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può riproporre l’eccezione nel corso del procedimento».
Altrettanto rilevante, nell’ottica di garantire l’obiettivo di efficienza della procedura, è, infine, l’opera di filtro affidata al giudice rimettente, evidentemente funzionale ad evitare un utilizzo inflazionato dell’istituto. In altre parole, la previsione di una mera facoltà della rimessione della questione della competenza territoriale mira a responsabilizzare il giudice, il quale è chiamato ad esprimere le proprie valutazioni nella parte motiva dell’ordinanza di rimessione. Ciò, al fine di evitare, per un verso, un impiego eccessivamente disinibito del nuovo istituto, con correlativo aumento del carico di lavoro della Suprema Corte, e, per altro verso, possibili abusi a fini “ostruzionistici” dell’istituto da parte della difesa.
Segnatamente, dal dato letterale dell’art. 24-bis, comma 1, c.p.p. – il quale prevede che «la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa […] alla Corte di cassazione» – si ricava che il giudice procedente, investito da una eccezione d’incompetenza, è chiamato a scegliere tra due alternative: pronunciarsi su quest’ultima ovvero rimettere la questione alla Suprema Corte. Di qui la necessità, al fine di comprendere l’esatta fisionomia dell’istituto, di individuare con precisione il parametro per la selezione delle richieste di parte “meritevoli” di rimessione.
Sulla falsariga di quanto già rilevato in precedenti occasioni dalla medesima Suprema Corte[16], nella ricostruzione offerta dalla sentenza in commento, la ratio dell’istituto di recente conio è rinvenuta nell’esigenza di «evitare che l’eccezione di incompetenza territoriale tempestivamente sollevata venga respinta, ma resti come un “vizio occulto” del processo, con la possibilità che essa, accolta nei gradi successivi, determini la caducazione dell’attività procedimentale svolta medio tempore e la necessità di ricominciare l’iter processuale»[17].
Tuttavia, la pronuncia in esame si discosta da quei dicta quanto all’esatta identificazione del parametro per la rimessione della questione di competenza al giudice delle leggi. Nelle prime decisioni sul nuovo istituto[18], la rimessione alla Corte di cassazione della questione concernente la competenza territoriale si riteneva consentita soltanto nel caso in cui il giudice a quo si ritenga competente e non, invece, quando si ritenga incompetente[19]. Tale ricostruzione, con ogni evidenza, restringe però eccessivamente il perimetro applicativo dell’istituto. Difatti, la lettera dell’art. 24-bis c.p.p. chiarisce che l’istituto può essere attivato anche motu proprio dal giudice. E consentire al solo giudice che non si ritiene incompetente di avvalersi del rinvio pregiudiziale significa, di fatto, circoscrivere l’impiego di tale istituto ai soli casi di conflitti positivi di competenza[20], ipotesi che non trova alcun riscontro a livello codicistico.
Pare, dunque, condivisibile il rilievo formulato dai giudici di legittimità nella pronuncia che si annota, secondo cui è necessario un preliminare giudizio prognostico, da parte del giudice a quo, circa la congruità e la fondatezza della quaestio, alla stregua del canone di «ragionevole presunzione di fondatezza»[21], il cui esito positivo apre la strada alla rimessione della quaestio. Nel caso di specie, proprio la diversità di indirizzi quanto all’individuazione del locus commissi delicti è stata correttamente ritenuta idonea ad integrare una ipotesi di questione “grave”[22], poiché potenzialmente in grado di generare una «attività processuale articolata e di non breve momento»[23].
3. Alla ricostruzione in termini “efficientistici” dell’istituto in esame operata nella sentenza annotata si accompagna la pretesa assenza, in sede di rinvio pregiudiziale, di un autonomo potere istruttorio in capo alla Suprema Corte analogo a quello contemplato, per la soluzione dei conflitti di competenza, dall’art. 32, comma 1, c.p.p. Come noto, la disposizione de qua espressamente riconosce alla Corte di cassazione il potere di «assumere le informazioni» ed «acquisire gli atti e i documenti» necessari ai fini della decisione. Tali poteri istruttori delineano l’assenza di un qualsivoglia vincolo cognitivo in capo al giudice di legittimità nella soluzione del conflitto, potendo lo stesso spingersi, proprio in ragione di siffatta autonomia istruttoria, a compiere una vera e propria «valutazione di merito dell’addebito»[24].
L’operatività dell’art. 24-bis c.p.p. sembra, invece, attestarsi su logiche diametralmente opposte. Non viene, difatti, espressamente assegnato alcun potere istruttorio ai giudici di legittimità. Al contrario, si prevede unicamente l’obbligo, per il giudice a quo, di «rimettere» gli atti necessari alla risoluzione della questione. Aspetto, quest’ultimo, che si pone in continuità con le esigenze di speditezza e celerità che verrebbero nei fatti pregiudicate, secondo la ricostruzione prospettata dalla pronuncia in esame, qualora si riconoscesse al giudice rimettente «l’esercizio di un eventuale potere di integrazione della provvista informativa disponibile»[25]. Difatti, la previsione di attività integrative probatorie officiose, se da un lato permette di sopperire a possibili carenze istruttorie, dall’altro, in ragione dell’ulteriore apprezzamento valutativo richiesto, comporta senz’altro un vulnus alla speditezza del procedimento.
Di qui, l’assunto secondo cui, investita da un rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis c.p.p., la Corte di cassazione, pur non operando quale giudice dell’impugnazione[26] e, pertanto, «non dovendosi attenere, sotto il profilo oggettivo, all’osservanza dei limiti connaturati al principio della domanda», sarebbe «vincolata, quanto all’ampiezza della sua cognizione, agli atti che il giudice rimettente ha ritenuto necessario trasmetterle»[27].
Tale conclusione appare poco convincente, giacché consente al giudice a quo di apporre una vera e propria ipoteca sulla cognizione del giudice di legittimità. Quest’ultimo, invero, disporrebbe, in sede incidentale, di una cognizione direttamente proporzionale all’ampiezza delle conoscenze offerte in sede di rinvio. In altre parole, sarebbe il giudice a quo, con la sua attività di selezione documentale, a contrassegnare il perimetro della cognizione del giudice di legittimità. Un’applicazione analogica dell’art. 32, comma 1, c.p.p. permetterebbe, invece, alla Suprema Corte di porre rimedio a ipotesi di errata o insufficiente selezione del materiale istruttorio.
4. Gli approdi cui perviene la Suprema Corte nella pronuncia in commento, se per un verso risultano senz’altro condivisibili, per altro verso si prestano a qualche problematica riflessione.
Sotto un primo punto di vista, appare condivisibile l’esegesi prospettata dal giudice di legittimità, nella misura in cui ribadisce l’esigenza di porre «in sicurezza»[28] l’intero iter processuale scongiurando «effetti regressivi troppo tardivamente prodotti»[29], mediante una precoce “cristallizzazione”[30] della competenza ratione loci. Esigenze a cui sopperisce il nuovo rinvio pregiudiziale.
Tuttavia, evocare, come la pronuncia in esame fa, “vincoli cognitivi” o “condizionamenti” decisionali in capo al Giudice di legittimità ingenera rilevanti perplessità.
In particolare, fondamentale è domandarsi se le rimarcate esigenze di speditezza, cui è improntato il procedimento incidentale dell’art. 24-bis c.p.p., siano idonee a precludere qualsiasi potere di integrazione della provvista probatoria da parte del giudice del rinvio. Detto in altre parole, occorre chiedersi se la carenza di un autonomo potere istruttorio in capo al giudice ad quem possa rappresentare nei fatti il prezzo da pagare per assecondare i bisogni di celerità fatti propri dal nuovo rinvio pregiudiziale.
Nel rispondere negativamente al quesito, va inevitabilmente rilevato come non possa ritenersi in alcun modo sacrificabile un’attività di integrazione del compendio informativo che, pur idonea a produrre un vulnus alla celerità procedimentale, sarebbe senz’altro in grado di arricchire una provvista probatoria di per sé limitata[31]. Lo stesso giudice a quo, difatti, vede condizionato il suo agire valutativo, dovendosi irrimediabilmente rapportare alla prognosi di fondatezza della quaestio che lo “obbliga” a trasmettere all’attenzione della Suprema Corte le sole questioni dotate di una certa gravità. Da tali complessivi rilievi è possibile intuire come sia tangibile il pericolo di impedire il vaglio scrupoloso di una questione, ovvero quella relativa all’individuazione del foro competente ratione loci, che pure meriterebbe centrale attenzione in ragione della vincolatività riconosciuta «alle pronunce incidentali in materia di competenza per territorio»[32].
A completare il quadro poc’anzi prospettato si pone l’ulteriore condizionamento a cui va incontro il nuovo rinvio pregiudiziale. Ai vincoli della “certa gravità della questione” e della presunzione di una sua “ragionevole fondatezza” – gravanti sul giudice rimettente– si aggiunge, infatti, il condizionamento cognitivo della Suprema Corte rispetto agli atti che il giudice a quo ha ritenuto necessario trasmettere.
Il rischio concreto è che un restringimento delle maglie di ammissibilità del nuovo rinvio pregiudiziale, unitamente al condizionamento cognitivo cui deve rapportarsi la Cassazione in sede di rinvio, consentano, all’ «ormai responsabilizzato» giudice del rinvio, di «definire in solitudine»[33] le questioni di competenza territoriale ex art. 24-bis c.p.p.
[1] Concorda in tal senso il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, cfr. § 2 dei “Ritenuto in fatto” della sentenza in commento, in cui si rileva che «la competenza territoriale, in relazione al processo che occupa, sia individuata in Milano in quanto luogo dal quale la comunicazione è stata diffusa al mercato, divenendo accessibile ad una cerchia indeterminata di soggetti e, quindi, assumendo quella necessaria connotazione di concreto pericolo per gli investitori che il più grave reato per il quale si procede intende sanzionare».
[2] Cfr. § 1.1 dei “ritenuto in fatto” della sentenza in commento.
[3] La diversità di ricostruzioni quanto al locus commissi delicti del reato contestato caratterizza anche la giurisprudenza di legittimità. In un primo momento è stato affermato che il reato di manipolazione del mercato tramite mezzi informatici si consuma nel momento in cui la comunicazione mendace «esce dalla sfera dell’autore della condotta» (Cfr. Cass. Pen. Sez. V, n. 28932 del 04/05/2011, Rv. 253755-01 (cd. “caso Parmalat”)., con la logica conseguenza che territorialmente competente è il giudice del luogo in cui si è consumata la prima diffusione della notizia. Successivamente, la stessa Cassazione sottolinea, dopo aver qualificato tale reato come di mera condotta e di pericolo ed aver identificato il momento di consumazione del delitto con quello «in cui si manifesta l’idoneità dell’azione a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari», come «è nel mercato che si consuma il reato e, quindi, nel luogo in cui ha sede la società di gestione del mercato stesso (Borsa italiana s.p.a.)» (Cfr. Cass. Pen., Sez. V, n. 49362 del 07/12/2012, Rv. 254063-01 (cd. “caso Banca Antonveneta”).
[4] Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 recante Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonchè in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, in G.U. 17 ottobre 2022, n.243. Per maggiori approfondimenti si rinvia a: G. L. Gatta, Rinvio della riforma Cartabia: una scelta discutibile e di dubbia legittimità costituzionale. E l’Europa?, in questa Rivista, 31 ottobre 2022; M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia (profili processuali), in questa Rivista, 2 novembre 2022; S. Quattrocolo, Perché il differimento dell’entrata in vigore del d. lgs. 150/2022 è una sconfitta per la giustizia penale, in www.lalegislazionepenale.eu, 2 novembre 2022; M. Cassano, C. Conti, Due opposte letture della riforma Cartabia: mero efficientismo o ritorno al sistema?, in Diritto penale e processo, 10/2023, pp. 1257-1268.
[5]Circa l’improprio utilizzo del termine “rinvio pregiudiziale” si veda M. Pittiruti, Un «rinvio pregiudiziale» per un processo penale efficiente. Luci e ombre dell’art. 24-bis c.p.p., in questa Rivista, fasc. 5/2023, pp.7-8.
[6] Stante l’impossibile determinazione del luogo in cui la comunicazione “mendace” è di fatto divenuta conoscibile a terzi – circostanza che denota il momento di “prima diffusione” necessario ad indentificare il luogo in cui questa è avvenuta.
[7] Cfr. § 7.2 dei “considerato in diritto” della sentenza cin commento in cui si rileva che «occorre fare applicazione, ai fini della determinazione della competenza territoriale, della regola suppletiva di cui all’art. 9, comma 1 c.p.p. […] dunque al luogo, ossia Roma, in cui è ubicato il “data server”, nel quale il comunicato stampa, emesso dalla Juventus FC Spa in data 20 settembre, è giunto in pari data alle ore 18.49,13 per essere “stoccato” e reso effettivamente “accessibile al pubblico” attraverso la connessione da remoto […] ivi essendosi consolidata la concreta idoneità lesiva delle informazioni in esso contenute rispetto alla regolarità delle negoziazioni del titolo interessato sul mercato immobiliare».
[8] Ai sensi del quale, tra i principi e criteri direttivi per la modifica del codice di rito, stava la previsione secondo cui «il giudice chiamato a decidere una questione concernente la competenza per territorio possa, anche su istanza di parte, rimettere la decisione alla Corte di cassazione, che provvede in camera di consiglio; […] qualora non proponga l’istanza di rimessione della decisione alla Corte di cassazione, la parte che ha eccepito l’incompetenza per territorio non possa riproporre la questione nel corso del procedimento; […] la Corte di cassazione, nel caso in cui dichiari l’incompetenza del giudice, ordini la trasmissione degli atti al giudice competente»
[9] In tal senso M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia (profili processuali), cit. p. 4.
[10] Corte cost. sent. 24 marzo 2022, n. 74, §5.1. Per approfondimenti si segnala A. M. Capitta, Richiesta di riabilitazione e valutazione sull’esito dell’affidamento in prova: la Corte Costituzionale conferma il rito “de plano”- Corte Cost., n. 74 del 2022, in Arch. pen. web 2022, n.1.
[11] Sulla regressione nel processo penale si rinvia a livello monografico a R. Del Coco, La regressione degli atti nel processo penale, Giappichelli, Torino, 2020.
[12] Così la Relazione finale e proposte di emendamenti al D.d.l. A.C. 2435, a firma della Commissione di studio per elaborare proposte di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonché in materia di prescrizione del reato, attraverso la formulazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, recante Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello. (D.M. 16 marzo 2021 – Pres. Dott. Giorgio Lattanzi, Vice Pres. Dott. Ernesto Lupo e prof. Gian Luigi Gatta), p.40.
[13] Circa la simmetria della disposizione in esame con l’art. 21, comma 2 c.p.p. cfr. F. N. Ricotta, I nuovi controlli sulla competenza per territorio, in La Riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, Pisa, 2022, p. 646.
[14] Per approfondimenti relativi al principio di preclusione si faccia riferimento a L. Marafioti, R. Del Coco (a cura di), Il principio di preclusione nel processo penale (Atti del convegno. Teramo, 16 giugno 2011), Giappichelli, 2012.
[15] In tal senso F. N. Ricotta, I nuovi controlli sulla competenza per territorio, in La Riforma Cartabia, a cura di G. Spangher, Pisa 2022, p. 649, secondo cui una simile preclusione non interesserebbe il giudice il quale «rimane nelle condizioni di verificare la propria competenza ratione loci e, se del caso, rinviare incidentalmente alla Corte di cassazione laddove lo ritenga necessario, anche in assenza della richiesta di parte».
[16] Cass. Sez. I, 3 maggio 2023 (dep. 23 maggio 2023), n. 22326; Cass. Sez. I, 12 aprile 2023 (dep. 15 maggio 2023) n. 20612.
[17] Il riferimento è, nello specifico, a Cass., sez. I 12 aprile 2023 (dep. 15 maggio 2023), n. 20612.
[18] Cfr. Cass. Sez. I, 3 maggio 2023 (dep. 23 maggio 2023), n. 22326; Cass. Sez. I, 12 aprile 2023 (dep. 15 maggio 2023) n. 20612.
[19] Il riferimento è al § 2.3 dei “considerato in diritto” di Cass., sez. I 12 aprile 2023 (dep. 15 maggio 2023), n. 20612.
[20] Si esprime in questi termini G. Casartelli, Il rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis c.p.p. per la decisione in ordine alla competenza territoriale introdotto dalla riforma Cartabia: note minime sui primi orientamenti della Corte di cassazione, in questa Rivista, 25 settembre 2023.
[21] Cfr. Cass. Sez. I, 3 maggio 2023 (dep. 23 maggio 2023), n. 22326; Cass. Sez. I, 12 aprile 2023 (dep. 15 maggio 2023) n. 20612. Per maggiore approfondimento in relazione alle sentenze citate v. G. Casartelli, Il rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis c.p.p. per la decisione in ordine alla competenza territoriale introdotto dalla riforma Cartabia: note minime sui primi orientamenti della Corte di cassazione, cit.
[22] Cfr. Punto 1.3 dei “Considerato in diritto” della sentenza in commento.
[23] Cfr. § 5 delle “conclusioni” dell’ordinanza di rimessione del Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Torino del 10 maggio 2023.
[24] In tal senso G. M. Baccari, sub. Art. 32, in Codice di procedura penale commentato, I, a cura di A. Giarda, G. Spangher, Wolters Kluwer, 2023, p. 730, il quale prosegue rilevando come «si è affermato in giurisprudenza che la Cassazione ha un potere-dovere di vagliare le ricostruzioni dei giudici in conflitto in ordine alla configurazione del fatto, sia dal punto di vista oggettivo che soggettivo, giacché, in caso contrario, qualora la qualificazione operata non fosse corretta, non sarebbe possibile addivenire ad una risoluzione del conflitto stesso».
[25] Cfr. § 1.1 dei “Considerato in diritto” della sentenza in commento.
[26] Tale inquadramento in termini di “giudice del fatto” è altresì rimarcato da Cass. Sez. VI, 15 settembre 2023 (dep. 05 ottobre 2023), n. 40715, secondo cui «la Corte di cassazione, nell’esercizio del suo potere cognitivo, non è vincolata a un criterio riconducibile al principio della domanda, ma diviene giudice chiamato a definire tale competenza in relazione all’intero processo, sicché il materiale conoscitivo messole a disposizione e l’illustrazione delle questioni di diritto devono essere quanto più possibile completi, sì da consentirle di riconoscere, al di là del perimetro tracciato dalle eccezioni di parte o dal provvedimento di rimessione, eventuali ulteriori ipotesi di incompetenza per territorio determinate dalla connessione, in relazione ad altre imputazioni o ad altri imputati, diversi da quelli indicati». A titolo esemplificativo si veda Relazione su novità. La riforma Cartabia, n. 2/2023, p. 194, a cura dell’Ufficio del Massimario – Servizio penale Corte di Cassazione, in questa Rivista, 10 gennaio 2023, secondo cui «ai fini della determinazione della competenza, infatti, la Corte di cassazione non opera come giudice dell’impugnazione, ma come giudice del fatto e non è vincolata alle indicazioni espresse in sede di devoluzione della questione, non è vincolata alle indicazioni sulla competenza devolutele o alle argomentazioni in diritto dei giudici in conflitto, ben potendo tener conto di quanto emerge dagli atti e delle diverse ragioni esposte dalle parti».
[27] Cfr. § 1.1 dei “Considerato in diritto” della sentenza in commento.
[28]M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia (profili processuali), cit. p.82.
[29] F. Cassibba, sub. Art. 24-bis, in Codice di procedura penale commentato, I, a cura di A. Giarda – G. Spangher, Wolters Kluwer, 2023, p. 676.
[30] In questi termini si esprime F. Cassibba, sub. Art. 24-bis, in Codice di procedura penale commentato, cit. pag. 676.
[31] Concorde M. Pittiruti, Un «rinvio pregiudiziale» per un processo penale efficiente. Luci e ombre dell’art. 24-bis c.p.p. cit. p. 14 il quale rileva che « non pare seriamente revocabile in dubbio che tali poteri spettino ugualmente ai giudici della Suprema Corte pure nell’ipotesi di rinvio pregiudiziale, qualora il materiale fornito dal giudice rimettente si riveli insufficiente» rilevando comunque come resti preclusa alla Suprema Corte qualsiasi valutazione, anche prognostica, quanto alla fondatezza o meno dell’imputazione formulata dal pubblico ministero « poiché tale apprezzamento è riservato al giudice della cognizione, il quale resta libero, altresì, di mutare la qualificazione giuridica del fatto, ai sensi dell’art. 521, comma 1, c.p.p» cfr. Cass., Sez. Un., 23 giugno 2016, confl. comp. in proc. Zimarmani, in C.E.D. Cass., rv. 269586.
[32] In tal senso Relazione su novità normativa. La riforma Cartabia, cit. p. 188.
[33] Ibidem.