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19 Gennaio 2021


Osservatorio Corte EDU: dicembre 2020

Selezione di pronunce rilevanti per il sistema penale



A cura di Francesco Zacchè e Stefano Zirulia

Il monitoraggio delle pronunce è stato curato, questo mese, da Marco Mossa Verre (artt.10 e 11 Cedu, art. 3 Prot. Add. Cedu) e Stefania Basilico (artt. 5, 6 e 8 Cedu).

In dicembre abbiamo selezionato pronunce relative a: revoca dell’immunità parlamentare e applicazione di misura cautelare detentiva impeditiva dello svolgimento del mandato (artt. 5 e 10, art. 3 Prot. Add.); natura giuridica della sanzione disciplinare (art. 6); sequestro e perquisizione del telefono contenente le conversazioni con il difensore (art. 8); condanna di un giornalista per ricettazione a seguito della pubblicazione di un identikit coperto dal segreto istruttorio (art. 10); obblighi positivi e negativi nella gestione dell’ordine pubblico durante una manifestazione LGBTI (art. 11, 14).

 

 

ART. 5 CEDU

C. eur. dir. uomo, grande camera, sent. 22 dicembre 2020, Selahattin Demirtas. c. Turchia n. 2

Diritto alla libertà e alla sicurezza - legittimità della privazione della libertà personale - assenza di un sospetto ragionevole di commissione del reato - restrizioni alla libertà di espressione - violazione

Diritto alla libertà e alla sicurezza - diritto a una decisione sulla legittimità della privazione della libertà personale entro un breve termine - non violazione

Previa revoca dell’immunità parlamentare, alcuni politici curdi esponenti del partito di opposizione sono posti in custodia cautelare perché, sulla base delle loro dichiarazioni politiche, ritenuti appartenere ad un’organizzazione terroristica che, nel 2016, aveva tentato un colpo di Stato. Tra questi, il ricorrente adisce la C. eur. dir. uomo affermando che la misura cautelare detentiva è stata applicata e prorogata nei suoi confronti in assenza di un ragionevole sospetto di commissione di un reato (§ 283 e § 341), oltreché per finalità di natura politica e, quindi, in contrasto con l’art. 18 Cedu (§ 399). I Giudici di Strasburgo, premesso che la lotta al terrorismo mai esime le autorità dall’accertare l’esistenza di siffatto sospetto (§ 323), accoglie il ricorso del ricorrente sub art. 5 commi 1 e 3 Cedu, anche in combinato disposto con l’art. 18 Cedu, rilevando in particolare l’inevidenza di informazioni e fatti idonei a fondare un sospetto legittimante l’applicazione e la proroga della carcerazione preventiva. Tali, a parere della Corte, non sono le dichiarazioni politiche rese dal ricorrente, dalle quali invero si evince l’effettiva volontà di non istigare all’uso delle armi. Di contro, la C. eur. dir. uomo non ravvisa nella specie la violazione dell’art. 5 comma 4 Cedu, trovando la durata del giudizio volto ad accertare l’illegittimità della detenzione (circa tredici mesi) giustificata dalla complessità del caso (§ 368-370). (Stefania Basilico).

 

 

ART. 6 CEDU

C. eur. dir. uomo, grande camera, sent. 22 dicemrbe 2020, Gestur Jonsson e Ragnar Halldor Hall c. Islanda

Equità processuale - accusa penale - rinuncia al mandato da parte dei ricorrenti avvocati - mancata comparizione in udienza senza autorizzazione giudiziaria - sanzione pecuniaria - il fatto non è qualificato come reato nel diritto interno - sanzione non penale - inammissibile

I ricorrenti sono due avvocati che, pur non avendo ottenuto l’autorizzazione giudiziale a rinunciare al mandato, non compaiono in udienza. Per tale comportamento, ritenuto oltraggioso e foriero di un ingiustificato ritardo nello svolgimento del processo, sono ciascuno condannati al pagamento di una sanzione pecuniaria pari ad euro 6.200,00. Lamentando la violazione dell’art. 6 Cedu per esser stati condannati in contumacia (§ 61), adiscono la C. eur. dir. uomo la quale, evocati i criteri formali e sostanziali cui far riferimento (§ 75), dichiara il ricorso inammissibile (§ 98). Rilevato anzitutto che la condotta ascritta ai ricorrenti non è configurata come illecito penale dal diritto interno (§ 84) ma che non è chiaro se, nella sostanza, la stessa possa considerarsi di rilievo meramente disciplinare (§ 91), i Giudici di Strasburgo si soffermano sulla natura della sanzione pecuniaria applicata (§ 92-97). Nel dettaglio, affermano che, nonostante l’assenza normativa di un massimo edittale, la sanzione in questione non ha natura penale per tre motivi: a) il comportamento dei ricorrenti non risulta sanzionabile con la reclusione; b) in caso di mancato pagamento, la sanzione non risulta convertibile in una sanzione detentiva; c) della stessa non v’è traccia nel casellario giudiziale. (Stefania Basilico).

Riferimenti bibliografici: R. Bertolesi, La necessità di differenziare pene e misure di sicurezza: il caso della custodia detentiva di sicurezza nell’ordinamento tedesco, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2/2019, p. 1047; E. Zuffada, La corte europea giudica compatibile con la convenzione la confisca del profitto del reato anche in assenza di condanna, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 1/2020, p. 380.

 

 

ART. 8 CEDU

C. eur. dir. uomo, sez. V, sent. 17 dicembre 2020, Saber c. Norvegia

Diritto al rispetto della vita privata – sequestro e perquisizione del telefono del ricorrente contenente la corrispondenza con il difensore – interferenza non conforme alla legge – violazione

Il ricorrente è un cittadino norvegese coinvolto in due distinti procedimenti: nel primo, riveste il ruolo di persona offesa, nel secondo, quello di imputato. Nel corso del primo procedimento, la polizia sequestra il cellulare del ricorrente contenente la corrispondenza di quest’ultimo con gli avvocati che lo difendono nel secondo giudizio ed essa stessa procede a selezionare le comunicazioni non coperte da segreto professionale, escludendo le altre (§ 27). Il ricorrente adisce la C. eur. dir. uomo sostenendo l’arbitrarietà dell’ingerenza della polizia e quindi la violazione dell’art. 8 Cedu sotto il profilo della riservatezza delle comunicazioni con i propri difensori (§ 41). Pacifica tra le parti l’esistenza di una rilevante interferenza ai sensi della disposizione citata, i Giudici di Strasburgo accertano la mancanza di chiarezza da parte della legge nazionale circa i casi ed i modi in cui le Forze dell’ordine possano sequestrare e perquisire uno smartphone (§ 55). Da qui, considerata l’estrema importanza di assicurare specifiche garanzie procedurali a protezione del segreto professionale e in più generale del rapporto avvocato - cliente (§ 51), l’accertamento nella specie della violazione dell’art. 8 Cedu per non conformità alla legge (§ 57-58). (Stefania Basilico).

Riferimenti bibliografici: M. Pisati, Full collection of data e diritto di difesa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2019, p. 2239; F. Ertola, Mass surveillance e diritto alla privacy, in Riv. it. dir. proc. pen., 2019, p. 653; V. Vasta, Indagini bancarie sul conto corrente del difensore e diritto alla privatezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 2017, p. 1204.

 

 

Art. 10 CEDU

 

C. eur. dir. uomo, sez. 5, 17 dicembre 2020, Sellami c. Francia

Libertà di espressione – condanna di un giornalista per ricettazione – pubblicazione di un identikit coperto dal segreto istruttorio – informazione inesatta e presentata con approccio sensazionalistico – interferenza nelle indagini – non violazione

Il ricorrente, giornalista presso un noto quotidiano francese, dopo aver ottenuto e pubblicato un identikit coperto dal segreto istruttorio, raffigurante il presunto autore di alcune aggressioni a sfondo sessuale, veniva condannato per il reato di ricettazione. La pubblicazione del ritratto aveva provocato lo scatenarsi di numerose segnalazioni alle autorità da parte dei cittadini e gli inquirenti si erano perciò trovati costretti a diffondere pubblicamente un identikit aggiornato (quello pubblicato era già stato superato da ulteriori sviluppi investigativi). Secondo i Giudici di Strasburgo, la condanna ha determinato un’interferenza nell’esercizio della libertà di espressione prevista dalla legge e motivata da uno scopo legittimo, da identificarsi nell’interesse ad assicurare il corretto svolgimento delle indagini; applicando al caso di specie i criteri elaborati in altre occasioni in materia di “giornalismo responsabile”, la Corte non ha individuato motivi sufficienti per discostarsi dalla soluzione offerta dai giudici nazionali al bilanciamento degli interessi confliggenti. Si è in particolare osservato che: l’acquisizione dell’identikit è avvenuta con modalità illecite, implicando la commissione del delitto di ricettazione (§ 51); sul piano dell’affidabilità e del tenore dei contenuti, l’identikit non corrispondeva più al ritratto della persona ricercata e averlo affiancato ad un articolo che ipotizzava la riferibilità di una serie di aggressioni ad un solo autore costituiva una scelta editoriale di taglio sensazionalistico (§§ 53-54); data l’inesattezza delle informazioni e l’approccio sensazionalistico, l’articolo non risultava aver contribuito ad un dibattito pubblico di interesse generale (§ 58); la pubblicazione ha interferito con le indagini, essendo stato confuso dal pubblico come un appello ai testimoni e avendo imposto alle autorità la diffusione di un altro ritratto (§ 61); la sanzione inflitta, di soli euro 3000, non ha costituito un’ingerenza sproporzionata e non rischia di ingenerare effetti dissuasivi sull’esercizio della libertà di espressione (§ 64). (Marco Mossa Verre)

Riferimenti bibliografici: M. Crippa, La pubblicazione di dichiarazioni diffamatorie altrui: la Corte Edu condanna l'Italia per la violazione del diritto di cronaca in relazione all'omicidio Tobagi, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, p. 1164 ss.; P. Zoerle, La pubblicazione di immagini dell’imputato tra libertà di cronaca giudiziaria, diritto alla riservatezza e presunzione di innocenza, in Riv. it. dir. proc. pen., 2018, p. 343 ss.

 

C. eur. dir. uomo, Grande Camera, 22 dicembre 2020, Selahattin Demirtaş c. Turchia n. 2

Libertà di espressione – emendamento costituzionale di revoca dell’immunità parlamentare – detenzione di parlamentare fondata su un’insufficiente base giuridica – violazione

Per la sintesi della vicenda v. supra, sub art. 5 Cedu. Il ricorrente lamenta altresì l’imprevedibilità della revoca dell’immunità parlamentare e, dunque, il “difetto di qualità” delle previsioni legislative che hanno costituito la base giuridica delle limitazioni alla libertà di espressione (nel caso di specie consistenti nella contestazione del reato di associazione terroristica e nella applicazione di una misura detentiva cautelare). La Grande Camera, ribandendo la necessità di garantire massima libertà di espressione ai membri del Parlamento, accoglie pienamente la doglianza del ricorrente. Secondo la Corte, infatti, i giudici nazionali non hanno verificato se la parziale garanzia di immunità parlamentare che era ancora in vigore dopo l’emendamento costituzionale – era stata esclusa la garanzia della “inviolabilità”, ma non quella della “irresponsabilità” per le opinioni espresse – fosse comunque idonea a tenere il ricorrente indenne da conseguenze in sede penale per le sue affermazioni (§ 262). Inoltre, anche prescindendo dai risultati di questa valutazione omessa dai giudici nazionali, la Grande Camera ritiene che la rimozione della garanzia di inviolabilità fosse non prevedibile dal ricorrente (§ 268): l’impiego di un emendamento costituzionale ad hoc per bersagliare una parte dei membri del Parlamento ha infatti costituito un episodio privo di precedenti nella tradizione costituzionale turca (§ 269). Infine, le accuse di aver formato e diretto un’associazione terroristica si sono fondate solo sulle dichiarazioni critiche espresse dal ricorrente contro l’operato governativo (§ 278): la misura detentiva è stata legittimata per mezzo di un’interpretazione eccessivamente ampia del reato di associazione terroristica e di uno standard probatorio “molto debole” (§§ 278-280), tali da non garantire un’adeguata protezione dei cittadini contro eventuali interferenze arbitrarie delle autorità nell’esercizio della libertà di espressione (§ 280). (Marco Mossa Verre)

 

 

Art. 11 CEDU

C. eur. dir. uomo, sez. 3, 1 dicembre 2020, Berkman c. Russia

Libertà di riunione – divieto di discriminazione (art. 14 Cedu) – obbligo positivo di assicurare lo svolgimento di proteste pacifiche di una minoranza – inerzia della polizia – violazione

Libertà di riunione – divieto di restrizioni ingiustificate – arresto illegittimo del manifestante – violazione

Alcuni attivisti, intenzionati a prendere parte ad una manifestazione di sensibilizzazione promossa dalla comunità LGBTI a San Pietroburgo (Coming out day), venivano intercettati in prossimità del luogo dell’evento da gruppi di contro-manifestanti, che li accerchiavano e li bersagliavano con insulti omofobi e spintoni. La polizia dapprima restava inerte, poi, quando la tensione fra i due gruppi era ormai sfociata in azioni violente, interveniva arrestando attivisti e contro-manifestanti. La ricorrente, una delle attiviste arrestate, lamenta di aver subito una violazione del diritto alla libertà e alla sicurezza (art. 5 Cedu), della libertà di manifestare pacificamente (art. 11 Cedu) e del divieto di discriminazione (art. 14 Cedu), denunciando tanto l’arbitrarietà dell’arresto che le ha impedito di partecipare all’evento, quanto l’iniziale inerzia delle forze di polizia, che la ricorrente ritiene espressiva di una politica discriminatoria verso le minoranze LGBTI. I Giudici di Strasburgo accolgono il ricorso, evidenziando come le forze dell’ordine, pur avvertite della manifestazione, non avessero adottato sufficienti misure preventive per gestire le prevedibili interferenze dei contro-manifestanti (§ 53) e come il giorno dell’evento fossero intervenute soltanto quando ciò si era reso necessario per proteggere l’ordine pubblico, non anche per facilitare lo svolgimento del corteo (§§ 51-54). Il dovere dello Stato russo di proteggere la libertà di riunione, che avrebbe imposto alle autorità di allentare le tensioni prima che degenerassero nella violenza (§ 52), era da considerarsi particolarmente stringente alla luce del fatto che i manifestanti appartenevano ad una minoranza oggetto di diffusa ostilità (§ 55): l’inerzia della polizia ha fatto sì che la ricorrente e altri attivisti siano rimasti vittime di quegli stessi attacchi discriminatori contro i quali intendevano manifestare (§§ 56-57). Emerge, dunque, una violazione degli obblighi positivi derivanti dall’art. 11, in sé considerato e in connessione con l’art. 14. Inoltre, l’arresto si è fondato sull’utilizzo illegittimo di una previsione ordinamentale che consente una forma di detenzione amministrativa temporanea, nei casi in cui non sia concretamente possibile contestare una violazione amministrativa sul luogo del fatto, situazione la cui ricorrenza non è stata dimostrata nel caso di specie (§§ 37-38 e 60-61): sono stati perciò violati anche gli obblighi negativi di cui all’art. 11 e all’art. 5 Cedu. (Marco Mossa Verre)

Riferimenti bibliografici: P. Bernardoni, Libertà di riunione ed affiliazione ad un’associazione illegale: per la Corte di Strasburgo il limite è la prevedibilità della condanna, in Riv. it. dir. proc. pen., 2018, p. 359 ss.

 

 

Art. 3 Prot. Add. CEDU

C. eur. dir. uomo, Grande Camera, 22 dicembre 2020, Selahattin Demirtaş c. Turchia n. 2

Diritto a libere elezioni – membro di opposizione del Parlamento sottoposto a una misura detentiva ingiustificata – interdipendenza fra libertà d’espressione e diritto alle libere elezioni – violazione

Per la sintesi della vicenda v. supra, sub art. 5 Cedu. Il ricorrente lamenta anche di essere stato sottoposto ad una misura detentiva per scopi politici e di essere stato privato, in violazione dell’art. 3 Prot. 1 Cedu, della sua possibilità di partecipare all’attività parlamentare. La C. eur. dir. uomo accoglie anche questa doglianza e, sottolineando l’interdipendenza fra il diritto alle libere elezioni e la libertà di espressione (sia dei singoli parlamentari, sia dei cittadini rappresentati), afferma che una misura detentiva incompatibile con l’art. 10 Cedu (v. supra, sub art. 10 Cedu), quando applicata a un membro del Parlamento, comporta anche una violazione dell’art. 3 Prot. 1 Cedu (§ 392). Inoltre, secondo la Grande Camera, nell’applicazione di una misura detentiva a un parlamentare, l’autorità giudiziaria nazionale è chiamata ad assicurarsi che i reati di cui è accusato non siano direttamente connessi allo svolgimento della sua attività politica (§ 395) e che non siano disponibili misure diverse e meno restrittive comunque adeguate a proteggere gli interessi perseguiti dall’ordinamento (§ 393). Nel caso di specie, i giudici nazionali non avevano valutato se le affermazioni del ricorrente fossero protette dall’immunità parlamentare ancora in vigore (§ 394) e non avevano considerato che a pronunciarle era stato un membro del Parlamento, leader dell’opposizione, il cui svolgimento dei doveri di parlamentare richiede la massima protezione (§ 395); non era nemmeno stata dimostrata l’insufficienza di misure meno restrittive (§ 396). L’impossibilità di partecipare all’attività parlamentare nelle more dell’esecuzione della misura detentiva ha perciò costituito un’ingiustificata restrizione del diritto del ricorrente di esercitare il proprio mandato parlamentare, nonché della libertà di espressione del popolo turco (§ 397). (Marco Mossa Verre)