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  Scheda  
05 Aprile 2023


D.l. 30 marzo 2023, n. 34: una nuova causa di non punibilità per i reati di omesso versamento e indebita compensazione


N.d.r.: segnaliamo, sullo stesso tema oggetto della presente una scheda, un'intervista di Liana Milella al Prof. Gian Luigi Gatta pubblicata oggi su Repubblica ("Un'istigazione a provare ad evadere e aspettare i processi", pag. 20). In allegato i testi, a confronto, della nuova disposizione introdotta nel 'decreto bollette' e di quella già prevista - e tuttora prevista - dall'art. 13 d.lgs. n. 74/2000.

 

1. Con il D.l. 34/2023, c.d. decreto Bollette, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 marzo 2023, il Governo ha introdotto plurime disposizioni in materia di sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, salute e adempimenti fiscali.

Sul fronte penale, accanto alla disposizione di cui all’art. 16 che interviene sull’art. 583-quater c.p. in tema di lesioni cagionate al personale sanitario[1], il decreto prevede, all’art. 23, una speciale causa di non punibilità per i reati di omesso versamento di ritenute, omesso versamento IVA e indebita compensazione (artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), “quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”, vale a dire le norme relative alla c.d. tregua fiscale di cui alla legge di bilancio 2023, e purché “le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello”.

Introdotta al fine di massimizzare gli effetti della manovra, la disciplina consente l’esito di non punibilità anche a vantaggio di coloro che siano stati ammessi ad una rateizzazione del quantum dovuto.

 

2. Dal punto di vista procedurale, la norma introduce regole ben precise, che addossano sull’interessato specifici oneri informativi: è anzitutto previsto che il contribuente comunichi immediatamente all’autorità giudiziaria l’integrale versamento delle somme o, qualora sia convenuto il pagamento rateale, il versamento della prima rata, informando al contempo l’Agenzia delle entrate dell’avvenuta comunicazione e riferendo gli estremi del procedimento penale a proprio carico (comma 2).

A partire da tale momento, è prevista una sospensione del processo e l’esito della vicenda giudiziaria rimane condizionato alla corretta definizione della procedura e all’integrale versamento delle somme, che l’Agenzia delle entrate è chiamata a comunicare all’autorità procedente (comma 3). L’art. 23 precisa però che resta ferma, durante il periodo di sospensione predetto, la possibilità di assunzione di prove nei casi previsti per l’espletamento dell’incidente probatorio, ai sensi dell’art. 392 c.p.p. (comma 4).

 

3. La norma prevede, dunque, un meccanismo premiale condizionato, da una parte, al rispetto delle condizioni previste dai commi 2, 3 e 4, oltre che delle specifiche procedure previste dalla legge di bilancio nella parte richiamata dallo stesso art. 23, D.l. 34/2003, e, dall’altra, al pagamento integrale delle somme dovute. Da quest’ultimo punto di vista, il neo-introdotto scudo si presenta per certi versi analogo all’istituto ex art. 13, D.lgs. 74/2000, cui in effetti l’art. 23 del decreto Bollette viene ad affiancarsi, senza sovrapporvisi del tutto.

Estesa dal 2015 anche ai reati di omesso versamento e indebita compensazione[2], invero, la disposizione di cui all’art. 13, D.lgs. 74/2000, prevede l’esito della non punibilità nelle sole ipotesi di pagamento del debito tributario, comprensivo di interessi e sanzioni amministrative, prima dell’apertura del dibattimento, ferma la possibilità di una proroga massima di sei mesi in ipotesi di rateizzazione del debito[3]. Dal punto di vista temporale, dunque, appare evidente il maggior respiro concesso dal D.l. 34/2023 a coloro cui siano contestati i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, D.lgs. 74/2000, per cui l’adesione alla tregua fiscale e il conseguente esito di non punibilità saranno possibili ben oltre il termine previsto ex art. 13, D.lgs. 74/2000, e, in particolare, fino alla pronuncia di appello, beneficiando peraltro, in ipotesi di pagamento dilazionato, dell’effetto di sospensione del processo sin dalla comunicazione del versamento della prima rata.

In relazione a tale periodo, sembra peraltro necessario interrogarsi maggiormente sugli eventuali riflessi della sospensione del processo sulla disciplina della prescrizione e dell’improcedibilità per superamento dei termini di fase. A differenza di quanto previsto dell’art. 13, comma 3, D.lgs. 74/2000 in relazione all’eventuale termine concesso dal giudice al contribuente per provvedere al pagamento, l’art. 23, D.l. 34/2023, non prende posizione in merito all’eventuale effetto sospensivo della prescrizione. Si potrebbe ritenere che tale conseguenza scatti automaticamente, in virtù del disposto normativo di cui all’art. 159, comma 1, c.p.[4], a sua volta richiamato dall’art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; nondimeno, una riflessione più attenta sul punto appare imposta dalla considerazione degli effetti che una lunga sospensione del processo, quale quella legata ad un piano di pagamento dilazionato negli anni, potrebbe produrre sui relativi giudizi, specie in ipotesi di successiva decadenza dalla rateizzazione.

 

4. In attesa della discussione parlamentare relativa al disegno di legge di conversione, e rimandando ad altra sede un commento più approfondito sul merito dell’intervento, sembra da ultimo possibile esprimere qualche perplessità in ordine alla sistematicità e necessità dello stesso. Oltre a considerazioni legate allo iato ravvisabile tra le varie parti del decreto, in particolare, qualche criticità sembra rilevabile proprio in relazione alle disposizioni in materia penale. Alle misure urgenti volte a potenziare il sostegno economico a famiglie e imprese in relazione al rincaro dei costi dell’energia e del gas (artt. 1-7), si affiancano le disposizioni in tema di salute (artt. 8-16) e quelle in materia fiscale (artt. 17-23) tra cui spiccano, da una parte, la modifica della disciplina ex art. 583-quater c.p., e, dall’altra, la causa di non punibilità per i reati ex artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, D.lgs. 74/2000: rispetto ad entrambe, a ben vedere, sembrerebbe possibile dubitare della sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza che giustificano il ricorso allo strumento del decreto legge, inducendo così ad interrogarsi sul quomodo dell’intervento oltre – e prima – che sui contenuti dello stesso.

 

 

 

[1] Introdotto dall'art. 7, D.l. 8 febbraio 2007, n. 8, convertito in legge, con modificazioni, con L. 4 aprile 2007, n. 41, il reato era già stato oggetto di un inasprimento di disciplina, con la l. 113/2020: si veda B. Fragasso, Aggressioni ai danni del personale sanitario: di fronte all'allarme sociale, la legge 113/2020 inasprisce le pene, in Sist. Pen., 2 febbraio 2021. L’art. 16, D.l. 34/2023 elimina il riferimento alla natura grave o gravissima delle lesioni cagionate al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell’esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell’esercizio o a causa di tali attività. Ferma la pena della reclusione da quattro a dieci anni per le lesioni gravi, da otto a sedici anni per le lesioni gravissime, il novellato comma 2 prevede oggi la pena da due a cinque anni per tutti gli altri casi.

[2] D.lgs. 24 settembre 2015, n. 158: per tutti A. Perini – C. Santoriello, La riforma dei reati tributari, Milano, 2016.

[3] Si veda l’art. 13, comma 3, D.lgs. 74/2000, a mente del quale «qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell’applicabilità dell'articolo 13-bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione».

[4] Ai sensi del quale la prescrizione è sospesa “in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale […] è imposta da una particolare disposizione di legge”.