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22 Dicembre 2022


Il “regime ostativo” ex art. 4-bis ord. pen. dopo la conversione del d.l. 162/2022: il testo risultante dalla versione approvata dal Senato il 13 dicembre 2022


1. Il 13 dicembre 2022 il Senato ha approvato in prima lettura – con diversi emendamenti – il disegno di legge A.S. n. 274 di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, che, tra gli altri oggetti, reca “Misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia”. Considerata la ristrettezza dei tempi per l’esame del testo da parte della Camera, è plausibile che questa non effettuerà ulteriori modifiche, dovendo l’iter della conversione necessariamente concludersi entro il 30 dicembre prossimo.

Ci è pertanto sembrato utile offrire ai lettori un quadro sinottico che ricostruisca come la materia della concessione dei benefici penitenziari ai condannati per reati “ostativi” risulterebbe conformata se gli emendamenti al decreto-legge approvati dal Senato fossero integralmente confermati, evidenziandone i principali profili di novità sia rispetto alla disciplina precedente all’intervento governativo, sia rispetto alle previsioni del d.l. in vigore dal 31 ottobre scorso. Per questo motivo, riportiamo qui di seguito il testo dell’art. 4-bis ord. pen. alla luce delle numerose modifiche previste dal disegno di legge in corso di approvazione, segnalando in grassetto tutti gli interventi complessivamente apprestati dalla riforma e, con il corsivo, quanto risultante dagli emendamenti ora sottoposti all’esame parlamentare.

Nella tabella in allegato, invece, vengono messe a confronto le tre diverse versioni della norma, ossia il testo pre-riforma, quello attualmente vigente a seguito dell’emanazione del decreto-legge e quello che conseguirebbe alla conversione in legge di quest’ultimo.

 

2. Prendiamo dunque in considerazione il testo dell’art. 4-bis ord. pen. che, in base a quanto previsto dal disegno di legge A.S. n. 274, farebbe seguito alla conversione del d.l. 162/2022:

 

4 bis.Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti. – 1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell’articolo 58 ter della presente legge [o a norma dell’articolo 323 bis, secondo comma, del codice penale]: delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli [314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis,] 416 bis e 416 ter del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600 bis, primo comma, 600 ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609 octies e 630 del codice penale, all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, all’articolo 291 quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16 nonies e 17 bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni. La disposizione del primo periodo si applica altresì in caso di esecuzione di pene inflitte anche per delitti diversi da quelli ivi indicati, in relazione ai quali il giudice della cognizione o dell’esecuzione ha accertato che sono stati commessi per eseguire od occultare uno dei reati di cui al medesimo primo periodo ovvero per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l’impunità di detti reati.

1 bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58 ter, ai detenuti e agli internati per delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, per i delitti di cui agli articoli 416 bis e 416 ter del codice penale, per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, per i delitti di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e per i delitti di cui all’articolo 291 quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, purché gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresì la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa.

1 bis.1. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58 ter [della presente legge o dell’articolo 323 bis del codice penale], ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli [314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis,] 600, 600 bis, primo comma, 600 ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609 octies e 630 del codice penale, purché gli stessi dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice di sorveglianza accerta altresì la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa.

1-bis.1.1. Con il provvedimento di concessione dei benefìci di cui al comma 1 possono essere stabilite prescrizioni volte a impedire il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o che impediscano ai condannati di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati o al ripristino di rapporti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. A tal fine il giudice può disporre che il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato.

1 bis.2. Ai detenuti e agli internati, oltre che per taluno dei delitti di cui al comma 1 bis.1, anche per il delitto di cui all’articolo 416 del codice penale finalizzato alla commissione dei delitti ivi indicati si applicano le disposizioni del comma 1 bis.

1 ter. (…) [nessuna modifica].

1 quater. (…) [nessuna modifica].

1 quinquies. (…) [nessuna modifica].

2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore dell’istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto. Nei casi di cui ai commi 1 bis e 1 bis.1, il giudice [, prima di decidere sull’istanza,] acquisisce, anche al fine di verificare la fondatezza degli elementi offerti dall’istante, dettagliate informazioni in merito al perdurare dell’operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale nel quale il reato è stato consumato, al profilo criminale del detenuto o dell’internato e alla sua posizione all’interno dell’associazione, alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute a suo carico e, ove significative, alle infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione. Il giudice chiede altresì il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti indicati all’articolo 51, commi 3 bis e 3 quater, del codice di procedura penale, del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, acquisisce informazioni dalla direzione dell’istituto ove l’istante è detenuto o internato e dispone, nei confronti del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone adesso collegate, accertamenti in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore di vita, alle attività economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali. I pareri, le informazioni e gli esiti degli accertamenti di cui al [quarto] quinto periodo sono trasmessi entro sessanta giorni dalla richiesta. Il termine può essere prorogato di ulteriori trenta giorni in ragione della complessità degli accertamenti. Decorso il termine, il giudice decide anche in assenza dei pareri, delle informazioni e degli esiti degli accertamenti richiesti. Quando dall’istruttoria svolta emergono indizi dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, è onere del condannato fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria. In ogni caso, nel provvedimento con cui decide sull’istanza di concessione dei benefici il giudice indica specificamente le ragioni dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza medesima, tenuto conto dei pareri acquisiti ai sensi del [quarto] quinto periodo. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall’articolo 41 bis solamente dopo che il provvedimento applicativo di tale regime speciale sia stato revocato o non prorogato.

2 bis. Nei casi di cui al comma 1 ter il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.

2-bis.1. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 2-bis non si applicano quando è richiesta la modifica del provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno e non sono decorsi più di tre mesi dalla data in cui il provvedimento medesimo è divenuto esecutivo a norma dell’articolo 21, comma 4. Allo stesso modo si procede quando è richiesta la concessione di un permesso premio da parte di un condannato già ammesso a fruirne e non sono decorsi più di tre mesi dal provvedimento di concessione del primo permesso premio.

2 ter. Alle udienze del tribunale di sorveglianza che abbiano ad oggetto la concessione dei benefici di cui al comma 1 ai condannati per i reati di cui all’articolo 51, commi 3 bis e 3 quater, del codice di procedura penale, le funzioni di pubblico ministero possono essere svolte dal pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado. In tal caso, se ha sede in un distretto diverso, il pubblico ministero può partecipare all’udienza mediante collegamento a distanza.

3.  Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.

[3 bis. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o il procuratore distrettuale comunica, d’iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3].

 

Come d’immediata evidenza, la disposizione è sottoposta a opera dell’art. 1 d.l. 162/2022 a un robusto restyling, che complessivamente vede l’aggiunta di ben sei nuovi commi (1-bis, 1-bis.1, 1-bis.1.1, 1-bis.2, 2-bis.1, 2-ter), l’abrogazione di un comma (il 3-bis) e significativi interventi nei commi 1 e 2. Le novità, comunque, interessano esclusivamente i reati ostativi detti “di prima fascia” (art. 4-bis comma 1), mentre la disciplina dei reati ostativi “di seconda e terza fascia” (commi da 1-ter a 1-quinquies) non subisce modifiche.

 

3. Entrando maggiormente nel dettaglio, i profili su cui interverrebbe la legge di conversione nel ri-delineare il volto del c.d. regime ostativo possono essere così sintetizzati:

a) La ri-delimitazione della categoria dei reati ostativi “di prima fascia”: il decreto-legge attualmente in vigore, riproducendo solo in parte quanto oggetto della proposta di legge approvata dalla Camera nella precedente Legislatura, ha inciso sul campo di applicazione dell’art. 4-bis comma 1 ord. pen., estendendolo espressamente a tutti i reati, pur diversi da quelli specificamente elencati, che siano comunque caratterizzati dalla presenza di un nesso teleologico con un reato ostativo (ossia siano commessi «per eseguire od occultare» un simile delitto o «per conseguire o assicurare al condannato o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l'impunità di detti reati»: formula che riproduce il testo dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 c.p., la quale però non è direttamente richiamata).

Il disegno di legge torna sul catalogo dei reati ostativi, operando però nel senso opposto: la volontà del legislatore, infatti, è attualmente diretta a espungere dall’elenco normativo i delitti contro la pubblica amministrazione che vi sono stati introdotti meno di quattro anni fa dalla legge “Spazzacorrotti”; a tale modifica conseguirebbe il venir meno del richiamo all’art. 323-bis c.p. quale modalità di collaborazione alternativa a quella di cui all’art. 58-ter ord. pen.

b) Le specifiche prescrizioni adottabili dal giudice in sede di concessione dei benefici penitenziari al non collaborante: il punto focale della riforma, come ormai noto, risiede nell’integrale sostituzione del comma 1-bis (che disciplinava la concessione dei benefici penitenziari ai soggetti la cui collaborazione fosse impossibile, inesigibile o irrilevante) e nella successiva aggiunta di alcuni commi. Il risultato è la configurazione di nuovo regime di concessione dei benefici penitenziari ai detenuti non collaboranti, distinto a seconda che il reato oggetto di condanna appartenga ai delitti di criminalità organizzata (per cui si richiede l’allegazione di «elementi specifici, diversi  e ulteriori  rispetto  alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi») o agli altri reati di “prima fascia” (per cui si richiede l’allegazione solo di elementi «che consentano di escludere l'attualità di collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato  commesso», senza alcun riferimento al pericolo di ripristino). La presunzione di pericolosità del detenuto non collaborante, da cui dipende la preclusione all’accesso ai benefici penitenziari, viene in tal modo trasformata da assoluta in relativa, ammettendo la possibilità di prova contraria sulla base di requisiti sostanziali e procedurali stringenti, in conformità a quanto richiesto dalla Corte costituzionale a partire dalla sentenza n. 253 del 2019.

A quanto già previsto dai commi 1-bis, 1-bis.1 e 1-ter, introdotti dal decreto-legge, la legge di conversione aggiungerebbe un’ulteriore previsione – contenuta in un nuovo comma 1-bis.1.1 – che consentirebbe al giudice di adottare «prescrizioni volte a impedire il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o che impediscano ai condannati di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati o al ripristino di rapporti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva», comprensive del divieto di soggiorno in uno o più comuni o dell’obbligo di soggiorno in un comune determinato.

c) Il rafforzamento dei vincoli informativi del giudice in sede di concessione del beneficio: sotto un profilo più strettamente procedurale, con riferimento al processo informativo che deve seguire in giudice per valutare la concedibilità dei benefici nei casi di cui sopra, il decreto-legge abroga il comma 3-bis e integra sostanzialmente il comma 2. La disposizione rafforza il ruolo delle Procure, interpellate dal giudice attraverso una richiesta di parere (rivolta al p.m. presso il giudice che ha emesso la condanna di primo grado o, in caso di reati di criminalità organizzata, al Procuratore distrettuale e al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo), ma prevede anche l’interpello del direttore dell’istituto penitenziario ove il condannato è recluso e la possibilità per il giudice della sorveglianza di disporre accertamenti autonomi.

A tal proposito, il disegno di legge di conversione ritiene necessario specificare che le informazioni che il giudice è tenuto ad assumere («anche al fine di verificare la fondatezza degli elementi offerti dall’istante») devono essere “dettagliate” e devono attenere i) al perdurare dell’operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale nel quale il reato è stato consumato, ii) al profilo criminale del detenuto o dell’internato e alla sua posizione all’interno dell’associazione, iii) alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute a suo carico e iv), alle infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione, ove significative.

Tale complessa procedura informativa, a mente del nuovo comma 2-bis.1, verrebbe dispensata nei soli casi in cui sia richiesta una modifica del provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno entro tre mesi dalla data in cui questo è divenuto esecutivo ovvero sia richiesta la concessione di un permesso premio da parte di un condannato già ammesso a fruirne e non siano decorsi più di tre mesi dalla concessione del primo permesso premio.

d) La possibilità di partecipazione a distanza del Procuratore distrettuale: sempre sotto il profilo processuale, la legge di conversione consentirebbe espressamente la partecipazione a distanza del Procuratore distrettuale che, come previsto dal nuovo comma 2-ter – già inserito dal decreto – svolga le funzioni di p.m. davanti al Tribunale di sorveglianza nei casi in cui l’istanza di concessione dei benefici penitenziari provenga da un soggetto condannato per reati di cui all’art. 51 cc. 3-bis e 3-quater c.p.p.

e) La rimozione della deroga alla competenza del magistrato di sorveglianza in relazione alla concessione di permessi premio e lavoro all’esterno: il disegno di legge di conversione prevede, infine, la soppressione delle lettere b) e c) dell’art. 1 c. 1 del decreto-legge. Tale modifica importerebbe la rimozione della regola, attualmente prevista negli artt. 21 c. 4 e 30-ter cc. 1 e 7 ord. pen., che attribuisce al Tribunale di sorveglianza in unico grado la competenza a decidere sulle istanze di ammissione al lavoro all’esterno e di permessi premio dei condannati per reati ostativi di associazione mafiosa, terrorismo o eversione; le misure in questione, conseguentemente, potrebbero essere disposte dal magistrato di sorveglianza come previsto dalla disciplina generale.

 

3. Il disegno di legge A.S. n. 274 non tocca, invece, l’art. 2 del d.l. 162/2022, il quale, modificando l’art. 2 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, conv. con modif. in l. 12 luglio 1991, n. 203, estende la nuova disciplina prevista per la concessione dei benefici penitenziari anche all’istituto della liberazione condizionale.

Quest’ultima misura, allo stato, può essere concessa anche ai condannati per reati ostativi che non collaborino alla giustizia sulla base delle medesime condizioni previste dall’art. 4-bis ord. pen., ma solo dopo che questi abbiano scontato almeno due terzi della pena inflitta o, in caso di ergastolo, almeno trent’anni; in tal caso, inoltre, l’estinzione della pena opera dopo dieci anni di libertà vigilata (il doppio di quanto previsto dall’art. 177 c.p.).

 

4. Da ultimo, la legge di conversione inciderebbe anche sulla normativa transitoria prevista dall’art. 3 del decreto-legge.

Nessuna novità si registra rispetto al primo comma di tale articolo, che – ragionevolmente – dispone l’irretroattività dell’estensione della disciplina di cui all’art. 4-bis c. 1 ord. pen. ai delitti, diversi da quelli espressamente elencati, caratterizzati da un nesso teleologico rispetto ad altri reati ostativi. Vale tuttavia la pena di sottolineare che, pur se non espressamente stabilito, qualora la legge di conversione fosse definitivamente approvata nella versione appena esaminata la modifica normativa dovrebbe al contrario trovare applicazione retroattiva nei confronti degli autori dei delitti contro la p.a. inseriti nel catalogo dei reati ostativi a opera della l. 3/2019, che ora verrebbero espunti: in tal senso, infatti, depone lo stesso principio tempus regit actum applicabile alle norme dell’ordinamento penitenziario, oltre che il principio di retroattività della legge penale favorevole (che, sulla scia di quanto ritenuto da Corte cost. 32/2020, dovrebbe reputarsi applicabile alle norme suscettibili di determinare una “trasformazione della natura sostanziale della pena”).

Il secondo comma, invece, prescrive che ai soggetti che si trovano in una condizione di collaborazione impossibile, inesigibile o irrilevante, qualora condannati per fatti antecedenti all’entrata in vigore della novella normativa, non si applichi la disciplina più sfavorevole prevista dal decreto-legge in punto di oneri di prova e allegazione e di limiti temporali all’accesso alla liberazione condizionale.

Nell’originario disposto del decreto-legge, l’applicabilità del più favorevole regime probatorio configurato dal comma 1-bis prima della riforma viene espressamente riferita soltanto alle richieste di accesso alle misure alternative alla detenzione e alla liberazione condizionale; tale limitazione pare spiegarsi alla luce di quanto affermato dalla stessa C. cost. 32/2020, che ha ammesso che la disciplina del lavoro all’esterno e dei permessi premio possa essere regolata sulla base della legge in vigore al momento dell’esecuzione della pena, anche se sfavorevole rispetto a quella vigente al momento del fatto. Tale scelta restrittiva dovrebbe però essere oggetto di revisione in sede di conversione in legge, così consentendo a tutti i condannati per fatti antecedenti all’entrata in vigore della riforma la cui collaborazione non sia oggettivamente possibile, esigibile o rilevante di essere ammessi a godere di tutti i benefici penitenziari di cui all’art. 4-bis comma 1 ord. pen., oltre che della liberazione condizionale, «purché siano acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversivi».