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07 Marzo 2024


A proposito del nuovo disegno di legge in materia di sicurezza

Disegno di legge n. 1660/C, presentato alla Camera il 22 gennaio 2024, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario"



*Contributo pubblicato nel fascicolo 3/2024. 

 

1. È stato di recente presentato alla Camera dei Deputati un disegno di legge (n. 1660) – consultabile in allegato – su proposta congiunta del Ministro dell’Interno, del Ministro della Giustizia e del Ministro della Difesa, che mira a realizzare plurime e diverse modifiche, in ambiti tra loro eterogenei, dai toni, complessivamente, securitari.

Il fil rouge del progetto, che viene esplicitato più volte dagli stessi promotori della riforma, è infatti intervenire su diversi profili ritenuti particolarmente critici onde garantire una maggiore sicurezza, tanto per contenere e arginare forme di criminalità internazionali e terroristiche (Capo I), quanto in una dimensione più locale, al fine di reprimere quelle forme di criminalità maggiormente diffuse e allarmanti (Capo II dedicato alla sicurezza urbana), quanto ancora in una prospettiva di maggior tutela (e sicurezza) delle forze dell’ordine (Capo III). A completare il nuovo assetto proposto si aggiungono, poi, il Capo IV – volto a stabilire un controllo sui mutui concessi e un concreto aiuto gestionale nel riavvio delle attività economiche a favore delle vittime del reato di usura[1] – e il Capo V – dedicato a diversi interventi in materia di ordinamento penitenziario a completamento di quanto disposto dagli altri Capi del progetto (v. infra § 2.3.1.) nonché in una prospettiva di valorizzazione del lavoro[2].  

Per quanto allo stato il d.d.l. sia in corso di esame in Commissione e, dunque, si trovi agli inizi dell’iter legislativo che potrà eventualmente portare alla sua promulgazione, ci sembra interessante ripercorrere il contenuto dello stesso, considerati i plurimi interventi di stampo penalistico che il progetto si prefigge di realizzare.

 

2. Nuovi reati e nuove circostanze aggravanti.

2.1. L’art. 1 del progetto prevede, anzitutto, l’introduzione di due nuove fattispecie incriminatrici volte ad intervenire in tema di contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata.

Da una parte, con il nuovo art. 270-quinquies.3 c.p. mira a colmare il vuoto punitivo nei confronti di chi, semplicemente, si procura o detiene documentazione propedeutica al compimento di attentati e sabotaggi con finalità di terrorismo, punendo con la reclusione dai 2 ai 6 anni tali condotte[3], ritenute dai promotori del disegno di legge già di per sé allarmanti in considerazione della tipologia di reato in esame, rispetto al quale la prassi ha evidenziato la rapidità del passaggio da una dimensione concettuale ad una reale.

Dall’altra, con il nuovo comma 2 all’art. 435 c.p. si introduce un delitto contro l’incolumità pubblica volto a punire con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza con qualsiasi mezzo, materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplodenti o su qualunque altra tecnica o metodo al fine di compiere uno dei delitti non colposi contro la pubblica incolumità puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni.

Entrambe le fattispecie si caratterizzano per la presenza del dolo specifico (i.e. il fine di terrorismo e di compiere uno tra gli specifici delitti contemplati dalla norma) e di una clausola di sussidiarietà in apertura (nel primo caso, rispetto ai reati di cui agli artt. 270-bis e 270-quinquies c.p.; nel secondo caso, rispetto al reato di cui all’art. 435 comma 1 c.p.).

 

2.2. Il Legislatore, poi, mira ad intervenire a presidio della sicurezza urbana attraverso l’introduzione di due nuovi reati che criminalizzano condotte di recente oggetto di particolare attenzione da parte dei media: l’occupazione del domicilio altrui e l’ostruzione delle strade.

2.2.1. In primo luogo, si prevede l’introduzione dell’art. 634-bis c.p. (art. 8 d.d.l.) nell’intenzione di potenziare la tutela del legittimo titolare, ora offerta da un illecito civile (che obbliga l’autore alla restituzione e al risarcimento) e dal reato previsto dall’art. 633 c.p. (invasione di terreni o edifici).

La nuova fattispecie punisce con la reclusione da 2 a 7 anni, su querela della persona offesa[4], chi mediante violenza o minaccia occupi o detenga senza titolo un immobile destinato al domicilio altrui o impedisca il rientro presso il domicilio del proprietario o di colui che lo detiene legittimamente.

Allo stesso modo è punito chi si appropria di un immobile altrui con artifizi o raggiri, chi lo cede ad altri, nonché chi, fuori dai casi di concorso nel reato, si intromette o coopera o, ancora, riceve o corrisponde denaro o altra utilità per l’occupazione.

A completamento della nuova e maggiore tutela offerta al cittadino è prevista, da una parte, la non punibilità per chi collabora all’accertamento dei fatti o ottempera volontariamente all’ordine di rilascio dell’immobile e, dall’altra, una specifica procedura volta alla reintegrazione nel possesso dell’immobile oggetto di occupazione arbitraria ai sensi dell’art. 634-bis c.p., regolata da un nuovo art. 321-bis comma 3 c.p.p[5].

2.2.2. In secondo luogo, con l’art. 11 d.d.l. si propone una triplice modifica all’art. 1-bis d.lgs. 66/1948 relativo all’impedimento della libera circolazione su strada: tanto rendendo penalmente rilevante la condotta di chi impedisce la libera circolazione su strada ordinaria ostruendo la stessa con il proprio corpo, prevedendo la pena alternativa della reclusione fino a 1 mese e della multa fino a 300 € (allo stato, tale condotta integra un illecito amministrativo punito con la sanzione pecuniaria da 1.000 a 4.000 €); quanto estendendo la portata di tale reato ai casi di blocco di strada ferrata; quanto ancora, introducendo un’aggravante speciale ad effetto speciale ove tali condotte siano realizzate da più persone riunite, che comporta l’applicazione di una pena da 6 mesi a 2 anni di reclusione.

 

2.3. Anche il terzo obiettivo del progetto, ossia la tutela del personale delle forze dell’ordine, viene in parte perseguito attraverso l’introduzione di due nuove fattispecie incriminatrici (art. 415-bis c.p. e art. 14 comma 7.1. d.lgs. 286/1998) e molteplici aggravanti, sia legate ai nuovi reati, che alle fattispecie già presenti (in particolare, agli artt. 336, 337, 415 e 639 c.p.).

2.3.1. Anzitutto, l’art. 18 d.d.l. prevede un duplice intervento: da una parte l’introduzione di un’aggravante speciale ad effetto comune in relazione al reato di istigazione a disobbedire alle leggi di cui all’art. 415 c.p., quando il fatto è commesso all’interno di un istituto penitenziario o a mezzo di scritti o comunicazioni dirette a persone detenute (art. 415 comma 3 c.p.).

Dall’altra aspira ad introdurre l’art. 415-bis c.p. volto a sanzionare penalmente chi promuove, organizza o dirige (comma 1, reclusione da 2 a 8 anni) e chi partecipa (comma 2, reclusione da 1 a 5 anni) a rivolte consumate all’interno di un istituto penitenziario, purché realizzate attraverso determinate modalità[6], che già oggi rilevano per giustificare l’uso della forza da parte del personale dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 41 l. 354/1975 (o.p.).

La nuova fattispecie incriminatrice, poi, dovrebbe essere accompagnata da diverse circostanze aggravanti legate all’uso delle armi (art. 415-bis comma 3 c.p.; reclusione da 3 a 10 anni) e al verificarsi degli eventi di lesione o morte (comma 4), anche immediatamente dopo la rivolta o in conseguenza di essa (comma 5), rispetto alle quali si distingue a seconda del tipo di evento (e non del momento della verificazione dello stesso): in caso di lesioni, la pena è aumentata nella misura ordinaria (ossia fino a un terzo ex art. 64 comma 1 c.p.), in caso di morte, la cornice edittale diventa da 10 a 20 anni di reclusione.

Peraltro, per effetto del medesimo progetto di legge, in forza del diverso art. 25 d.d.l., tanto il reato di istigazione a disobbedire alle leggi di cui all’art. 415 c.p. (senza distinzione tra l’ipotesi di nuovo conio e quella precedentemente in vigore), quanto il reato di rivolta in istituto penitenziario di cui all’art. 415-bis c.p. dovrebbero essere inseriti tra i reati “ostativi” ai sensi dell’art. 4 bis o.p.

2.3.2. L’art. 19 d.d.l. inserisce, inoltre, una nuova fattispecie incriminatrice disciplinata dal comma 7.1 dell’art. 14 d.lgs. 286/1998 rivolta allo straniero o al cittadino dell’Unione europea che, destinatario di un provvedimento di allontanamento ai sensi degli artt. 20 e 20 ter d.lgs. 30/2007, con atti di violenza o minaccia o mediante atti di resistenza anche passiva, posti in essere da tre o più persone riunite, promuove, organizza o dirige una rivolta, durante il suo trattenimento in un  CPR (art. 14 d.lgs. 286/1998, t.u.imm.), in un hotspot” (art. 10-ter t.u.imm.) ovvero durante la permanenza in uno dei centri di cui agli articoli 9 e 11 d.lgs. 142/2015 o in una delle strutture di cui all’art. 1-sexies d.l. 416/1989, conv. con modif., dalla l. 39/1990.

Similmente a quanto previsto per l’ipotesi di rivolta all’interno di un istituto penitenziario, la fattispecie distingue tra le condotte dei promotori (punite con una pena da 1 a 6 anni) e dei meri partecipi (punite con la reclusione da 1 a 4 anni) e prevede ulteriori aggravi di pena ove il fatto sia commesso con l’uso di armi (la pena diventa da 2 a 8 anni di reclusione) e qualora nel corso della rivolta, immediatamente dopo o comunque in conseguenza di essa, taluno riporti lesioni personali gravi o gravissime o rimanga ucciso (la pena diventa da 10 a 20 anni di reclusione).

2.3.3. Infine, sono previste quattro nuove aggravanti: due, identiche tra loro, introdotte dall’art. 14 d.d.l. in relazione ai reati di cui agli artt. 336 e 337 c.p. per i casi in cui la violenza, la minaccia o la resistenza sono state poste in essere nei confronti degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza; esse prevedono un aumento di un terzo della pena e non sono soggette al meccanismo di bilanciamento di cui all’art. 69 c.p. (esclusa l’ipotesi in cui ricorra l’attenuante prevista dall’art. 98 c.p.).

Due ulteriori, introdotte dall’art. 16 d.d.l., relative al reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui di cui all’art. 639 c.p.; in particolare, la prima si configura quando il fatto è commesso su beni mobili e immobili adibiti all’esercizio delle funzioni pubbliche con la finalità di ledere l’onore, il prestigio o il decoro dell’istituzione cui il bene appartiene, punita con la reclusione da 6 mesi a 1 anni e 6 mesi e con la multa da 1.000 a 3.000 € (art. 639 comma 2 c.p.); la seconda è una specifica ipotesi di recidiva per la fattispecie aggravata di nuova introduzione, punita con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa fino a 12.000 € (art. 639 comma 3 c.p.).

 

3. Modifiche a disposizioni esistenti e inasprimenti sanzionatori.

Oltre alle vere e proprie novità poc’anzi ripercorse, il progetto in esame mira a modificare diverse norme esistenti, tanto ampliandone la portata, quanto aumentando le pene attualmente previste, ancora una volta allo scopo di fornire una risposta ad esigenze di maggiore sicurezza e tutela dei cittadini (§3.1) e delle forze dell’ordine (§ 3.2.)

 

3.1. Una prima modifica riguarda il reato truffa di cui all’art. 640 c.p., in una prospettiva di maggiore repressione e deterrenza del fenomeno delle truffe agli anziani[7]; l’art. 9 d.d.l., infatti, eleva l’ipotesi aggravata di cui all’art. 640 comma 2 n. 2-bis c.p. a fattispecie autonoma di reato attraverso l’introduzione di un nuovo comma 3 avente ad oggetto una condotta – l’aver approfittato di una condizione di minorata difesa – sovrapponibile alla citata aggravante, da abrogarsi per effetto del medesimo progetto.

Al contempo è prevista tanto una sanzione più severa (dai 2 ai 6 anni di reclusione e da 700 a 3.000 € di multa), rendendo così applicabile la misura della custodia cautelare in carcere (nel rispetto del disposto di cui all’art. 280 comma 2 c.p.p.), quanto un’ulteriore modifica al codice di rito per fare rientrare la nuova fattispecie incriminatrice tra quelle per le quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.

Un secondo intervento proposto riguarda, invece, il reato di accattonaggio di cui all’art. 600-octies c.p. (art. 13 d.d.l.), attraverso la modifica dell’età dei minori “utilizzati” a tal fine (che aumenterebbe, passando dai 14 anni ai 16 anni), la previsione di una nuova condotta, ossia «l’induzione all’accattonaggio» (che si aggiunge alle condotte già penalmente rilevanti di «avvalersi, permettere, organizzare o favorire» tale pratica) e l’introduzione di un’aggravante a effetto speciale per l’ipotesi in cui il fatto sia commesso con violenza o minaccia o nei confronti di persona minore degli anni 16 o comunque non imputabile.

 

3.2. A tutela delle forze dell’ordine, invece, viene in rilievo l’art. 15 d.d.l. volto ad estendere il campo di applicazione dell’art. 583-quater c.p., superando l’attuale “limite” per il quale la fattispecie in esame risulta configurabile solo qualora le lesioni si verifichino in danno di «un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive»; l’intenzione del Legislatore è, infatti, quella di rendere la disposizione operativa per tutte le lesioni cagionate a ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o polizia giudiziaria nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni, comprendendovi altresì le ipotesi di lesioni lievi e lievissime (prima escluse), in analogia con quanto previsto dal medesimo art. 583-quater per gli esercenti la professione sanitaria.

Rileva poi l’art. 21 d.d.l. che modifica i reati di cui agli artt. 5 e 6 l. 1409/1956; tali fattispecie puniscono chi non ottempera all’intimazione di fermo o commette atti di resistenza o violenza contro una unità del naviglio della Guardia di finanza, applicando le pene previste dagli artt. 1099 e 1100 cod. nav.[8], che regolano le ipotesi in cui le medesime condotte sono commesse ai danni di una nave da guerra nazionale. Il progetto mira a realizzare un duplice intervento sulle disposizioni esistenti: sia estendendo i reati di cui agli artt. 5 e 6 l. 1409/1956 al di fuori delle ipotesi di contrasto al contrabbando di tabacchi (le uniche per le quali, allo stato, trovano applicazione), per ricomprendervi tutte le attività di vigilanza che competono a tale forza di polizia, tra cui rientra anche l’attività di prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare (come esplicitato nel corpo della proposta di legge); sia ampliando la portata di tutti e quattro i reati analizzati (artt. 1099, 1100 cod. nav. e artt. 5 e 6 l. 1409/1956) al fine di rendere punibili tali condotte ove commesse dai comandanti di navi straniere.

 

4. Ulteriori modifiche di rilievo penalistico e non solo.

4.1. In una prospettiva di ulteriore favor verso le forze dell’ordine, vengono poi in rilievo gli artt. 20 e 22 d.d.l.: il primo prevede l’autorizzazione nei confronti degli agenti di pubblica sicurezza a portare senza licenza un’arma tra quelle di cui all’art. 73 comma 1 Regio decreto 635/1940 (e non solo quelle di ordinanza) quando non sono in servizio, estendendo dunque loro una disciplina già prevista per altre categorie (quali il Capo della polizia, i Prefetti, i vice-prefetti …) e, in concreto, non rendendo più punibili condotte altrimenti penalmente rilevanti ai sensi dell’art. 699 c.p.

Il secondo, invece, prevede l’estensione della causa di giustificazione per le missioni internazionali disciplinata dall’art. 19 comma 3 l. 145/2016, oltra ai casi già previsti «di uso di armi, della forza, o altri mezzi di coazione fisica», anche ai casi di uso «di apparecchiature, dispositivi, programmi, apparati, strumenti informatici o altri mezzi idonei a commettere taluno dei delitti» contro l’inviolabilità del domicilio e l’inviolabilità dei segreti, sempre che ciò avvenga in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio ovvero agli ordini legittimamente impartiti.

 

4.2. Il progetto prevede altresì tre ulteriori modifiche prettamente penalistiche, aventi ad oggetto, in particolare 1) gli artt. 146 e 147 c.p. (art. 12 d.d.l.) al fine di rendere facoltativo il rinvio della pena delle donne incinte e madri di prole fino a 1 anno (parificandole sotto questo punto di vista all’ipotesi di madre di prole di età superiore a 1 anno e inferiore a 3 anni); 2) l’introduzione di una sanzione penale (prima assente) per l’esercente l’attività di noleggio auto che non provvede a registrare i dati del richiedente il servizio nel sistema di comunicazione CaRGOS (art. 2 d.d.l.), in un’ottica di prevenzione al terrorismo; 3) la misura di prevenzione del c.d. DASPO urbano, affiancando alle ipotesi già previste, la possibilità per il Questore di disporre il divieto di accesso alle aree di infrastrutture e pertinenze del trasporto pubblico anche a soggetti denunciati o condannati (anche con sentenza non definitiva) per reati contro la persona o il patrimonio (art. 10 d.d.l.). Parallelamente, peraltro, è prevista la modifica anche dell’art. 165 comma 2 c.p. stabilendo che, in caso di condanna per reato contro la persona o il patrimonio commesso nelle aree e nelle pertinenze dei trasporti pubblici, la sospensione condizionale della pena debba essere subordinata all’osservanza del divieto, imposto dal giudice, di accedere ai luoghi menzionati (con conseguente revoca del beneficio in caso di inottemperanza).

 

4.3. Sul versante amministrativistico, invece, il progetto prevede, in primo luogo, un duplice intervento sulla disciplina relativa alla revoca della cittadinanza per particolari delitti di cui all’art. 10-bis l. 91/1992 (art. 7 d.d.l.), rendendo non applicabile tale sanzione ove il soggetto non abbia o non possa acquisire altra cittadinanza (al fine di evitare situazioni di apolidia) e al contempo estendendo a 10 anni il termine entro il quale poter esercitare la revoca della cittadinanza concessa allo straniero in presenza di condanne definitive per i medesimi reati (in un’ottica di implementazione dell’istituto e tutela della sicurezza nazionale).

In secondo luogo, l’art. 17 è volto ad inasprire le sanzioni amministrative pecuniarie (con contestuale adeguamento dei punti della patente persi) in caso di inosservanza delle impartizioni dettate dal personale che svolge servizi di polizia stradale di cui all’art. 192 d.lgs. 285/1992[9].

 

4.6. Infine, alle modifiche appena ripercorse, si aggiungono diversi interventi volti a:

  • adeguare l’ordinamento interno alla normativa europea (direttiva 2013/29/UE) modificando la definizione di articolo pirotecnico contenuta all’art. 2 comma 1 lett. a) d.lgs. 123/2015 (art. 6 d.d.l);
  • estendere le verifiche antimafia di cui all’art. 85 d.gs. 159/2011 a tutte le imprese partecipanti ad un contratto di rete (art. 3 comma 1 lett. a) d.d.l.);
  • conferire maggiore flessibilità al Prefetto nella valutazione dell’applicazione dei divieti di cui al comma 1 dell’art. 94 d.lgs. 159/2011 connessi all’applicazione definitiva di una misura di prevenzione personale, dovendo valutare se “per effetto dei predetti divieti verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla sua famiglia” e applicando in quanto compatibili le disposizioni dell’art. 94 bis (art. 3 comma 1 lett. b) d.d.l.);
  • implementare la tutela dei collaboratori e testimoni di giustizia, con particolare riguardo alla concessione e all’utilizzo dei documenti di copertura e agli immobili locati in uso ai soggetti inseriti nei piani e programmi di protezione e ai testimoni di giustizia, introducendo, al fine di garantire una domiciliazione sicura, la possibilità di utilizzare documenti e creare identità fiscali di copertura (art. 4 d.d.l.);
  • razionalizzare e organizzare meglio la gestione dei beni sequestrati e confiscati, predisponendo, tra le altre, ed in particolare, sia una diagnosi immediata circa la natura (abusiva o meno) degli immobili, onde evitare costi (inutili) per lo Stato ai fini del mantenimento degli stessi (art. 5 comma 1 lett. a) d.d.l.); sia il divieto, a seguito di confisca definitiva, di prestare attività lavorativa per l’azienda confiscata tanto per i parenti, coniugi affini o conviventi con il destinatario della confisca, quanto per coloro che sono stati condannati anche con sentenza non definitiva per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. (introducendo una risoluzione ex lege dei relativi contratti di lavoro, art. 5 comma 1 lett. f) d.d.l.); sia una modifica del momento di iscrizione nel registro delle imprese del provvedimento di sequestro (non entro il giorno successivo del deposito in cancelleria dello stesso, bensì entro il giorno successivo all’esecuzione del provvedimento da iscrivere, art. 5 comma 1 lett. h) d.d.l.);
  • potenziare l’attività degli organismi di informazione per la sicurezza e per il contrasto del terrorismo internazionale (art. 23 d.d.l.)

 

 

***

5. Nella consapevolezza che il progetto appena esaminato è ancora agli inizi dell’iter legislativo e, dunque, è suscettibile anche di profonde modiche, paiono doverose alcune brevi considerazioni.

Come si è avuto modo di vedere, il disegno di legge n. 1660/C aspira ad apportare diverse modifiche, per lo più di stampo penalistico in una prospettiva, lo si ribadisce, securitaria[10]. Quasi tutti gli interventi, infatti, comportano l’introduzione di nuove fattispecie incriminatrici, l’ampliamento di ipotesi esistenti, la definizione di nuove circostanze aggravanti e, al contempo, sono motivati nel corpo dello stesso progetto di legge dall’intenzione di porre un freno a forme di criminalità ritenute di particolare allarme sociale.

Per quanto non sia possibile in questa sede vagliare in maniera compiuta se siano fondate o meno le esigenze di sicurezza sottese al progetto in esame – tale indagine, infatti, richiederebbe ben più approfonditi studi statistico-criminologici –, ci si limita a sottolineare come spesso vi sia una discrasia tra la realtà dei fatti e la percezione del fenomeno[11]; invero, la società contemporanea, pur essendo tra le più sicure mai esistite, è caratterizzata da un costante e crescente senso di insicurezza collettivo: tanto gli sviluppi tecnologici e scientifici, quanto l’aumento di attenzione per il rischio (che continua a crescere e risulta di fatto ineliminabile) portano al paradosso per cui, ad un contesto di maggiore e crescente sicurezza effettiva[12], si contrappone un costante e sempre più forte bisogno di certezza e rassicurazione, creando così un meccanismo vizioso per cui proprio la società che garantisce sicurezza genera, allo stesso tempo, un senso di insicurezza diffuso[13].

Ciò considerato, volgendo nuovamente lo sguardo al disegno di legge in esame, dalla lettura dello stesso emerge, da una parte, come siano state inserite modifiche che, in realtà, esulano dalla finalità securitaria più volte reclamata[14]; dall’altra, come il progetto presenti alcune incongruenze e criticità[15]; dall’altra, ancora, come l’intero disegno muova dall’assunto per il quale la sicurezza (nazionale, urbana e delle forze dell’ordine) sia e debba essere tutelata punendo di più e punendo più severamente.

Ebbene, nonostante non vi siano elementi da cui desumere che, a fronte di una criminalità crescente, l’ampliamento del penalmente rilevante e l’aumento delle sanzioni possa esercitare una qualche efficacia deterrente e, anzi, autorevolissima dottrina si sia espressa apertamente in merito evidenziando l’inutilità a tal fine degli inasprimenti sanzionatori[16], non è la prima volta che il Legislatore decide di punire di più per arginare (vere o ritenute tali) situazioni emergenziali.

La prospettiva punitiva adottata anche nel progetto di legge in commento, a ben vedere, è comune ad una lunga serie di interventi normativi realizzati negli ultimi anni[17] e caratterizzati dalla strumentalizzazione di paure e ansie diffuse; una prassi che contribuisce a creare un senso di insicurezza generale e permette di ottenere in cambio il consenso dei cittadini alla realizzazione di interventi sempre più emergenziali, preventivi, repressivi e, in definitiva, riduttivi delle garanzie costituzionali. L’idea alla base delle varie novelle legislative, comune anche al progetto in esame, è sempre la stessa: la necessità di garantire alcuni diritti, ritenuti prioritari, tra cui, in particolare, la sicurezza collettiva; tuttavia, non può sfuggire come ogni politica di sicurezza costituisca “un’arma a doppio taglio” dal momento che per ogni concessione realizzata a favore di alcuni, saranno inevitabilmente previste nuove restrizioni a discapito dei diritti fondamentali di altri[18].

Cionondimeno, negli ultimi anni si è assistito ad una costante espansione del diritto penale, sempre più concepito come strumento di «igiene sociale» che «spazza via il reo»[19], una tendenza talmente diffusa che oltreoceano è stata coniata l’espressione governing through crime[20]. E d’altronde, la paura e l’insicurezza pagano, soprattutto quando si interviene attraverso il diritto penale, sia perché gli interventi sono “a costo zero” (o quasi, come nel caso di specie)[21], sia perché esso è in grado di trasmettere messaggi forti e ad alto impatto (attraverso slogan di immediata comprensione per tutti), fornendo un riscontro immediato alle insicurezze collettive, dando sfogo ai sentimenti popolari di vendetta e retribuzione (profondamente radicati nella società contemporanea e infiammati dai media) e, in definitiva, trasmettendo il messaggio rincuorante che «per fortuna qualcuno sta facendo subito qualcosa[22]».

Criticità, quelle delineate, che non afferiscono al ricorso alla pena in generale, in alcuni casi necessario e doveroso, né tantomeno ambiscono a delegittimare le scelte di intervenire per soddisfare sentimenti di insicurezza collettivi attraverso il diritto penale – posto che, entro certi limiti, si ritiene possano essere meritevoli di ascolto e soddisfazione[23]–, bensì esclusivamente a ricordare, ancora una volta, il ruolo di extrama ratio di tale (così afflittivo) strumento di cui dispone il Legislatore, nella speranza che ciò possa portare ad un uso più parsimonioso dello stesso, maggiormente in linea con quanto previsto dalla Carta costituzionale.

 

 

[1] Nello specifico il capo IV contiene solo una disposizione, l’art. 24, volta a garantire un maggiore sostegno agli operatori economici vittime del reato di usura, onde favorire il loro reinserimento nell’attività economica legale, attraverso la nomina di un esperto, c.d. tutor, con funzioni di consulenza e assistenza al fine di attenuare l’alta morosità dei mutui concessi a sostegno delle vittime dei reati di tipo mafioso, delle vittime estorsive e dell’usura ai sensi dell’art. 14 l. 108/1996 e rilanciare la loro attività economica.

[2] In particolare, quanto agli interventi volti ad agevolare le possibilità di lavoro, il progetto prevede un’accelerazione dei tempi delle decisioni volte ad autorizzare tali attività (art. 25); l’estensione delle agevolazioni per le aziende pubbliche e private che organizzano attività produttive o di servizi per impiegare anche chi è ammesso al lavoro esterno (art. 26); l’estensione della possibilità di ricorrere al contratto di apprendistato per condannati e internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e per detenuti assegnati al lavoro esterno (art. 27); la programmazione di un futuro intervento da parte del Governo sulle norme relative all’organizzazione del lavoro così come disciplinato dal regolamento recante le norme sull’ordinamento penitenziario e sulla misura privative e limitative della libertà di cui al d.P.R. 230/2000 (art. 28).

[3] In particolare, la norma punisce la condotta di procurarsi o detenere consapevolmente «materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di congegni bellici micidiali […], di armi da fuoco o di altre armi o di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali».

[4] Salvo si tratti di immobili pubblici o a destinazione pubblica, in tal caso il reato diventa procedibile d’ufficio.

[5] In particolare, sulla falsariga di quanto disposto a livello procedurale in tema di sequestro preventivo e impeditivo, la disposizione prevede, alternativamente, la possibilità che il giudice competente, su richiesta del PM, disponga con decreto motivato la reintegrazione nel possesso dell’immobile (con competenza del giudice per le indagini preliminari nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale) o che ciò avvenga su iniziativa della p.g. qualora l’abitazione risulti essere l’unica effettiva del denunciante, onde garantire maggiore tempestività dell’intervento; in questa seconda ipotesi risulta altresì necessaria la previa autorizzazione del PM in caso di rilascio coattivo (configurabile a fronte del diniego all’accesso, della resistenza, del rifiuto di eseguire l’ordine di rilascio o di assenza dell’occupante). Nell’ipotesi in cui si proceda su iniziativa della p.g., peraltro, sono previsti termini stringenti a pena di inefficacia: la p.g., infatti, similmente a quanto avviene in caso di sequestro d’urgenza di cui all’art. 321 comma 3-bis c.p.p., deve redigere un verbale delle operazioni compiute, indicando i motivi che hanno portato al provvedimento di rilascio, da trasmettere entro le 48 ore successive al PM del luogo in cui la reintegrazione del possesso è avvenuta; il PM, a sua volta, può disporne la restituzione o, ove d’accordo su quanto realizzato, chiedere al giudice la convalida e l’emissione di un decreto di reintegrazione nel possesso entro 48 ore dalla ricezione del verbale; il giudice deve pronunciarsi in merito entro 10 giorni.

[6] In particolare, la disposizione si riferisce ad atti di violenza, minaccia, tentativi di evasione, atti di resistenza (anche passiva) all’esecuzione degli ordini impartiti.

[7] In merito, il progetto di legge riporta alcuni dati statistici a dimostrazione dell’incremento delle truffe perpetrate ai danni degli anziani; in particolare da 21.480 episodi nel 2020, a 24.338 nel 2021, a 26.630 nel 2022. A tali dati, poi, si aggiungono quelli relativi all’anno scorso, raccolti sino alla data del 31 agosto 2023, da cui risulta, considerando il medesimo periodo dell’anno precedente, un aumento percentuale del + 28,9% (gli anziani vittime di tali comportamenti erano 17.008 nei primi otto mesi del 2022, diventati 21.924 nello stesso periodo del 2023); cfr. sul punto p. 12 della relazione al d.d.l.

[8] Art. 1099 cod. nav. rifiuto di obbedienza a nave da guerra: «il comandante della nave, che nei casi previsti nell'articolo 200 non obbedisce all'ordine di una nave da guerra nazionale, è punito con la reclusione fino a due anni»; art. 1100 cod. nav. resistenza o violenza contro nave da guerra: «Il comandante o l'ufficiale della nave, che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La pena per coloro che sono concorsi nel reato è ridotta da un terzo alla metà».

[9] In particolare le sanzioni aumenterebbero con le seguenti cornici: tra i 200 e i 600 € in caso di inosservanza dell’invito a fermarsi; dai 100 ai 400 € per violazione degli obblighi di cui ai commi 2, 3 e 5; da 1.500 a 6.000 € per inosservanza delle disposizioni relative ai c.d. posti di blocco (comma 4), ove non si configuri un reato (in quest’ultima ipotesi concorre altresì la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da 3 mesi a 1 anno).

[10] Già indicativo sul punto il fatto che il termine “sicurezza” nel testo del progetto di legge compaia per ben 146 volte.

[11] Cfr. sul punto R. Bianchetti, Sentimenti, risentimenti e politica criminale: un’indagine quali-quantitativa in tema di legislazione penale compulsiva, in Arch. pen. web, 1/2019; R. Bianchetti, La paura del crimine. Un’indagine criminologica in tema di mass media e politica criminale ai tempi dell’insicurezza, Giuffré, Milano, 2018; per una più rudimentale analisi in tal senso, limitata al solo istituto della legittima difesa domiciliare, sia consentito il rimando a L. Rossi, La legittima difesa domiciliare all’esame di vent’anni di giurisprudenza di legittimità, in questa Rivista, 1° marzo 2021. Sul punto, v. anche il rapporto di ricerca elaborato di concerto dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza ed Eurispes, La criminalità tra realtà e percezione, maggio 2023, consultabile online sul sito www.interno.gov.it.

[12] Si veda, sul punto, a mero titolo esemplificativo, ancorché non esaustivo (dal momento che la diminuzione delle denunce non comporta necessariamente la diminuzione dei reati), il rapporto Censis 2022 da cui risulta come dal 2012 al 2021 vi sia stata una diminuzione del 25,4% dei reati denunciati (nel 2012 pari a 2.818.834, nel 2021 pari a 2.104.114); cfr. in tal senso anche www.istat.it dove è possibile confrontare i dati in tempo reale e da cui risulta che i delitti denunciati alle forze dell’ordine sono passati da 2.771.490 nel 2006 a 2.225.777 nel 2022.

[13] Il concetto, qui semplificato, è debitamente approfondito da R. Bianchetti in La paura del crimine, cit., pp. 157-166, a cui si rinvia.

[14] Si pensi, ad esempio, al trattamento peggiorativo riservato alle donne incinte e alle madri di prole inferiore ad 1 anno attraverso la proposta modifica degli artt. 146 e 147 c.p., difficilmente “giustificabile” all’interno di un progetto sicurezza a meno di non ritenere che ogni modifica del sistema penale indirizzata all’inasprimento del trattamento sanzionatorio del reo (anche in termini di modalità di esecuzione della pena) possa essere inteso come a favore della sicurezza collettiva; così ancora si pensi alle modifiche in punto di sostegno e gestione dei mutui concessi in aiuto alle vittime dell’usura; così, pure, si considerino i diversi interventi in generale riconducibili ad un tentativo di ampliamento delle possibilità di accedere ad attività lavorative durante l’esecuzione della pena.

[15] Per quanto, lo si ribadisce, il progetto debba ancora essere sottoposto al vaglio tanto della Camera dei Deputati, quanto del Senato della Repubblica e, dunque, tali profili possano essere ampiamente modificati, si noti, a mero titolo esemplificativo, come la condotta di rivolta aggravata dal verificarsi delle lesioni all’interno di un CPR, hotspot o negli altri centri e luoghi di assistenza indicati, dovrebbe essere punita con la reclusione da 10 a 20 anni: un’irragionevole differenziazione rispetto ai casi in cui il medesimo fatto si verifica in un istituto penitenziario e, al contempo, un’irragionevole parificazione rispetto all’ipotesi in cui nei predetti luoghi e sempre in occasione di una rivolta, si verifichi (il ben più grave) evento morte.

[16] In tal senso F. Palazzo, Audizione del 19 settembre 2018, Senato della Repubblica, Commissione II Giustizia; sul punto v. anche G. Flora, Il diritto penale del contratto (di Governo), in DisCrimen, 22 novembre 2018.

[17] Si pensi ai plurimi interventi realizzati negli ultimi anni, con nomi simili (“decreto immigrazione-sicurezza”, “decreto sicurezza”), ricorrendo allo strumento del decreto-legge, quali il d.l. 130/2022, conv. con modif. in l. 173/2020 (v. G. Mentasti, Il decreto ‘immigrazione-sicurezza’ (d.l. n. 130/2020) diventa legge (l. 18 dicembre 2020, n. 173): le novità introdotte in sede di conversione, in questa Rivista, 15 gennaio 2021; G. Mentasti, L’ennesimo ‘decreto immigrazione-sicurezza’ (d.l. 21 ottobre 2020, n. 130): modifiche al codice penale e altre novità, in questa Rivista, 23 ottobre 2020), d.l. 53/2019, conv. con modif. in l. 77/2019 (v. S. Zirulia, Decreto sicurezza-bis: novità e profili critici, in Dir. pen. cont., 18 giugno 2019), d.l. 113/2018 conv. con modif. in l. 132/2018 (v. G. Mentasti, Decreto-sicurezza: i profili penalistici, in Dir. pen. cont., 25 ottobre 2018).

[18] In tal senso E. Amodio, A furor di popolo. La giustizia vendicativa gialloverde, Donzelli Editore, Roma, 2019, pp. 12-13.

[19] In tal senso G. Amati, Insorgenze populiste e produzione del penale, in DisCrimen, 3 giugno 2019, p. 17.

[20] Con tale espressione si descrive l’agere di quelle fazioni politiche che utilizzano lo strumento penalistico come primo mezzo per assicurare la governabilità dello Stato; v. sul punto E. Amodio., A furor di popolo, cit., p. 13. 

[21] È lo stesso progetto di legge a dircelo all’art. 29 d.d.l. dove è indicata “la neutralità finanziaria del provvedimento”, eccezione fatta per quanto previsto dall’art. 27 d.d.l.; sul punto v. anche D. Pulitanò, Sicurezza e diritti. Quale ruolo per il diritto penale?, in Dir. pen. e proc., 11/2019, pp. 1550-1551.

[22] In tal senso, v. A. Ceretti., R. Cornelli, Il diritto a non avere paura. Sicurezza, populismo penale e questione democratica, in Dir. pen. e proc., 11/2019, pp. 1483-1486.

[23] Sul rilievo da attribuire alle Kulturnormen e sull’importanza che il diritto penale sia, entro limiti ragionevoli, espressione del sentimento popolare e delle esigenze percepite dalla cittadinanza, v. l’analisi – che si condivide – svolta da A. Cadoppi, «Si nox furtum faxit, si im occisit, iure caesus esto». Riflessioni de lege ferenda sulla legittima difesa, in E. Dolcini, C. E. Paliero (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, II, Giuffré, Milano, 2006, pp. 1396 e ss.