GIP Trib. Modena, ord 22 giugno 2023, giud. Clò; GIP Trib. Modena, sent. 12 dicembre 2023, giud. Sermarini
1. Con l’ordinanza e la sentenza di cui si dà notizia (consultabili in allegato), il GIP presso il Tribunale di Modena ha – per la prima volta – ammesso l’esecuzione del programma di trattamento ex artt. 168 bis c.p. e 464 bis c.p.p.[1] in uno Stato estero e, successivamente, a fronte dell’esito positivo della prova, dichiarato l’estinzione del reato.
La vicenda vede coinvolta una giovane studentessa irlandese – imputata del reato previsto dall’art. 186 co. 2, lett. c), 2-bis e 2-sexies, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 – che, nell’ottobre 2021, mentre si trovava in Italia per un soggiorno Erasmus, si era posta alla guida di un monopattino a noleggio in stato d’ebrezza, per poi scontrarsi con un’autovettura in sosta.
L’apparente inconciliabilità tra la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova – avanzata in sede di indagini dalla difesa – e l’imminente ritorno in Irlanda della studentessa per completare gli studi è stata positivamente risolta consentendole di svolgere il lavoro di pubblica utilità nel proprio Paese d’origine, nell’ambito di un progetto presso l’Irish Red Cross, salvo il risarcimento del danno cagionato.
2. Per cogliere l’innovatività della pronuncia in esame occorre soffermarsi sulla fonte normativa che ne costituisce il presupposto, la Decisione Quadro 2008/947/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008, «relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive», attuata dall’ordinamento nazionale con il d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38.
La predetta Decisione Quadro, inserita in un pacchetto composito di normative potenzialmente idoneo a rafforzare la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini[2], persegue dichiaratamente lo scopo «non solo di rafforzare la possibilità del reinserimento sociale della persona condannata, consentendole di mantenere fra l’altro i legami familiari, linguistici e culturali, ma anche di migliorare il controllo del rispetto delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive allo scopo di impedire la recidiva, tenendo così in debita considerazione la protezione delle vittime e del pubblico in generale»[3].
A tal fine, essa permette il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni di condanna a pena detentiva o restrittiva della libertà personale, sospesa, differita o sostituita con sottoposizione a obblighi e prescrizioni, ovvero di sanzioni sostitutive che impongono obblighi e impartiscono prescrizioni[4].
Ciò posto, il testo della Decisione si riferisce ripetutamente a “persone condannate”, “sentenze” e “decisioni di sospensione condizionale”, non essendo dato trovare, expressis verbis, alcun cenno alla sospensione del procedimento con messa alla prova, a cui dunque la disciplina è stata applicata a titolo di interpretazione estensiva. Soccorre, sul punto, l’indirizzo seguito dalla Suprema corte di cassazione per le ipotesi di “confine”[5], non univocamente riconducibili ai provvedimenti giudiziali direttamente contemplati. Ad avviso della Corte, la locuzione “sanzione sostitutiva” deve essere intesa in senso ampio; vale a dire, in modo tale da ricomprendere qualunque sanzione diversa da una pena detentiva o da una misura restrittiva della libertà personale che impone obblighi e impartisce prescrizioni – una sorta di passe-partout – non trovandosi un appiglio letterale per un’interpretazione restrittiva. Difatti, l’art. 4 della Decisione Quadro non si riferisce “esclusivamente” alle misure indicate e, anzi, consente a ogni Stato membro, ex § 2, di individuare e comunicare altre misure che è disposto a sorvegliare. Ma vi è di più. La Corte di cassazione non limita l’applicabilità della disciplina alle sole sanzioni disposte con sentenza di condanna, ritenendo sufficiente a tal fine che la decisione sia adottata da un organo giurisdizionale penale e sia caratterizzata da un contenuto sanzionatorio. È del tutto evidente come una simile interpretazione consenta di ricondurre nell’ambito applicativo della Decisione Quadro anche la sospensione del procedimento con messa alla prova[6] – alla luce del contenuto del programma di trattamento elaborato d’intesa con l’UEPE – che, pur con qualche approssimazione, vale a coprire – sul versante giudiziale – l’area applicativa delle misure alternative alla detenzione operanti in sede di esecuzione[7].
Inoltre, come emerge dai considerando nn. 8 e 14, la Decisione Quadro si concentra non tanto sulla misura o sulla sanzione inflitta quali strumenti di resipiscenza del condannato ma, piuttosto, sull’adeguatezza dello svolgimento della misura sul territorio dello Stato estero, in cui lo stesso vive, lavora o studia abitualmente, a soddisfare le esigenze per cui la stessa è stata imposta, ossia il suo reinserimento sociale.
3. Così delineato il quadro di riferimento, si impongono alcune considerazioni.
Dichiarata la riconducibilità della sospensione del procedimento con messa alla prova alla Decisione Quadro 2008/947/GAI, con la conseguente assimilazione alle misure e sanzioni cui soggiacciono i condannati in espiazione pena, merita un’osservazione la natura del variegato contenuto del programma di prova.
Giova preliminarmente ripercorrere le risposte della Consulta alle plurime critiche mosse all’impianto normativo delineato dal legislatore, incentrate sulla frizione con la presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27 co. 2 Cost. In un primo momento la Corte ha disatteso la fondatezza delle censure e affermato che il trattamento programmato non è «una sanzione penale, eseguibile coattivamente, ma dà luogo a un’attività rimessa alla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato, il quale liberamente può farla cessare con l’unica conseguenza che il processo sospeso riprende il suo corso»[8]. Con la pronuncia costituzionale successiva[9], discostandosi parzialmente dal precedente orientamento, la Consulta, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 24 e 25 del testo unico in materia di casellario giudiziale, nella parte in cui prevedono l’iscrizione dell’ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova e della sentenza di estinzione nel certificato “generale” e in quello “penale”, ha espressamente affermato che, date le caratteristiche e le finalità della sospensione del procedimento con messa alla prova, essa deve essere considerata «parte integrante del sistema sanzionatorio penale». Giusto un anno dopo dal primo arresto, la Corte ha definitivamente smentito le sue stesse conclusioni[10]: muovendo dalla distinzione tra la messa alla prova per i minorenni e quella per gli adulti, il giudice delle leggi ha sottolineato come solo rispetto alla seconda le prescrizioni del programma, oltre a essere funzionali alla risocializzazione del soggetto, assumano al tempo stesso un innegabile contenuto sanzionatorio, ancorché anticipato rispetto all’ordinario accertamento della responsabilità dell’imputato. Nondimeno, la conformità ai canoni del sistema penale sarebbe garantita dalla volontarietà dell’imputato, che investe tanto l’ammissione al rito quanto l’esecuzione delle relative prescrizioni. Chiamata nuovamente a pronunciarsi sul tema[11], la Corte ha assunto una posizione in linea di continuità con la precedente: l’eterogeneità della funzione, rieducativa l’una, sanzionatoria l’altra, è resa evidente dalla circostanza «che la messa alla prova del minore, al contrario di quella dell’adulto, è in larga parte svincolata da un rapporto di proporzionalità rispetto al reato per cui si procede, tanto da essere consentita per tutti i reati, compresi quelli puniti in astratto con la pena dell’ergastolo» e dalla mancata subordinazione al consenso del minore, così come a quello del pubblico ministero, essendo affidata unicamente alla discrezionalità del giudice.
La decisione del giudice modenese, dunque, rafforza l’idea secondo cui il contenuto del suddetto programma avrebbe natura – quantomeno latamente – sanzionatoria. Pertanto, la concessione della messa alla prova discenderebbe da un’ordinanza interlocutoria sospensiva dell’iter processuale, che assurgerebbe a ruolo di pseudo-condanna volta ad applicare una sanzione penale in difetto di un pieno giudizio di colpevolezza[12], impiegando un innovativo paradigma “sanzionatorio” rispetto a quello tradizionale per l’imposizione del trattamento. Il trattamento in questione – specie in ragione della limitazione della libertà dell’interessato – pare possedere tutti i caratteri rispondenti ai “parametri Engel”[13], e dunque essere ascrivibile alla categoria della “sanzione penale”. Peraltro, a sostegno di tale conclusione, può richiamarsi l’art. 657 bis c.p.p., ove – in caso di revoca o di esito negativo della prova – si impone la detrazione del periodo di prova eseguito dalla pena da scontare, qualificabile dunque come una sorta di “pre-sofferto”.
Passando al controllo sullo svolgimento del trattamento, deve sottolinearsi un cambiamento rispetto a quelli che sono i soggetti ad esso tradizionalmente preposti: l’esecuzione all’estero, infatti, vede l’UEPE cedere il posto all’ufficio di Cooperazione Internazionale, tenuto a comunicare prontamente al Giudice l’eventuale verificazione di fatti che possano comportare la revoca del provvedimento ai sensi dell’art. 168 quater c.p. e a depositare la relazione conclusiva.
Un’ultima considerazione. Quanto al dato normativo, i confini dell’istituto devono essere interpretati in termini letterali, in ossequio al noto brocardo ‘in claris non fit interpretatio’. L’art. 168 bis co. 4 c.p., nella parte in cui prevede che la messa alla prova non possa essere «concessa più di una volta», deve essere inteso nel senso che, indipendentemente dal luogo di svolgimento del periodo di prova, l’imputato ha una sola occasione per vedersi concessa dall’autorità italiana l’ammissione alla probation. Dunque, lo svolgimento del periodo di messa alla prova all’estero non può costituire un escamotage per oltrepassare il suddetto limite. A voler seguire una diversa esegesi, si cadrebbe nel paradosso di ammettere tante sospensioni del procedimento con messa alla prova quanti sono gli Stati membri dell’Unione europea, potendo il riconoscimento essere richiesto non solo nel Paese in cui la persona risiede legalmente o abitualmente ma altresì, su istanza della stessa, in uno Stato membro diverso, previo consenso dell’autorità di quest’ultimo (ai sensi dell’art. 5 della Decisione Quadro e del d.lgs. 38/2016).
4. In conclusione, la decisione del Giudice modenese, mettendo in luce la possibilità di rendere flessibili, senza stravolgimenti, gli istituti processuali per il perseguimento di finalità che, spesso, rigidi formalismi rischiano di ostacolare, non può che essere accolta con favore. La sospensione del processo con messa alla prova si è dimostrata, fin dalla sua introduzione, un mezzo che soddisfa in toto le esigenze del sistema giustizia, assumendo, al contempo, carattere deflattivo – processuale e penitenziario –, premiale e punitivo. Il trend già in crescita, oggetto di rafforzamento in una duplice direzione da parte della riforma Cartabia[14], a parere di chi scrive, non potrà che essere ulteriormente potenziato dalla possibilità di svolgere il periodo di prova all’estero[15], che consente, da un lato, la pressoché massima espansione di un istituto di per sé già ampiamente applicato – destinato a offrire all’imputato un trattamento personalizzato che ne faciliti il recupero e il reinserimento nella società – e, dall’altro, di rafforzare la cooperazione legale transnazionale nell’Unione europea, aprendo la strada a una maggiore armonizzazione delle pratiche giudiziarie tra Stati.
[1] Si prescinde in questa sede da una disamina dell’istituto, per la quale, pre e post d.lgs. n. 150/2022, si rinvia a M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto. Analisi e prospettive di un modello processuale diverso, Torino 2020 e V. Bove, La messa alla prova: aggiornata con il d.lgs. n. 150 del 2022 (cd. Riforma Cartabia), Pisa, 2023.
[2] Comprensivo, oltre che della Decisione Quadro in parola, della Decisione Quadro 2009/829/GAI del Consiglio del 23 ottobre 2009, sull’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare e della Decisione Quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea.
[3] Così il considerando n. 8.
[4] Tali obblighi e prescrizioni sono elencati dall’art. 4 § 1, comprendendo, a titolo esemplificativo, l’obbligo della persona condannata di comunicare ogni cambiamento di residenza o di posto di lavoro a una determinata autorità; il divieto di frequentare determinate località, posti o zone definite dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione; l’obbligo di risarcire finanziariamente i danni causati dal reato e/o obbligo di fornire la prova dell’osservanza di tale obbligo e l’obbligo di svolgere un lavoro o una prestazione socialmente utile.
[5] Chiamata a pronunciarsi circa la possibilità di esecuzione delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova ai servizi sociali ex art. 47 o.p. e della detenzione domiciliare in altro Stato membro dell’Unione europea: cfr. Cass. pen., sez. I, n. 14799 del 18 marzo 2022; Cass. pen., sez. I, n. 20771 del 4 marzo 2022; Cass. pen., sez. I, n. 20977 del 15 giugno 2020; Cass. pen., sez. I, n. 16942 del 25 maggio 2020.
[6] Di diverso avviso, in dottrina, A. Martufi-G. Biondi, L’esecuzione delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative nell’unione europea alla luce del d.lgs. 38/2016 di attuazione della Decisione Quadro 947/2008. criteri ermeneutici, istituti applicabili e prospettive di riforma, in Leg. pen., 7 giugno 2023, p. 18. Gli Autori sostengono che la sospensione condizionale e le sanzioni sostitutive siano contenuti solamente eventuali di una sentenza di condanna che accerti la responsabilità penale, provvedimento invece assente nell’ambito della sospensione del procedimento con messa alla prova.
[7] Ci si riferisce, in particolare, alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, i cui presupposti sono assai affini a quelli che sorreggono la concessione della messa alla prova.
[8] Corte cost., 21 febbraio 2018, n. 91. Per un commento, in dottrina, C. Conti, La messa alla prova tra le due Corti: aporie o nuovi paradigmi?, in Dir. pen. proc., 2018, p. 666 ss.; V. Maffeo, Novità sistematiche in tema di messa alla prova. Per una riconsiderazione, costituzionalmente compatibile, del rapporto tra pena e processo, in Cass. pen., 2018, p. 3194 ss.; L. Parlato, La messa alla prova dopo il dictum della Consulta: indenne ma rivisitata e in attesa di nuove censure, in Dir. pen. cont., 2019, p. 89 ss.; A. Sanna, La messa alla prova non è una pena: la Corte costituzionale salva il confine tra cognizione ed esecuzione, in Cass. pen., 2019, p. 688 ss.
[9] Corte cost., 7 novembre 2018, n. 231 con nota di D. Albanese, Costituzionalmente illegittima la menzione dei provvedimenti sulla messa alla prova nei certificati del casellario richiesti dall’interessato, in Dir. pen. cont., 19 dicembre 2018.
[10] Corte cost., 20 febbraio 2019, n. 68.
[11] Corte cost., 10 giugno 2020, n. 139. In dottrina, L. Camaldo, Secondo la Consulta è legittimo che la messa alla prova del minore non possa essere disposta nella fase delle indagini preliminari, in questa Rivista, 10 febbraio 2021 e M. Miraglia, Indagini preliminari e messa alla prova: ragionevoli divergenze tra probation minorile e rito codicistico, in Giur. cost., 2020, p. 1611 ss.
[12] La legge, infatti, prevede un giudizio di colpevolezza “parziale”, incidentale e allo stato degli atti, potendo il giudice disporre la sospensione del processo solo quando non debba pronunciare una sentenza ex art. 129 c.p.p. Afferma la Corte costituzionale, «In questa struttura procedimentale tuttavia non manca, in via incidentale e allo stato degli atti (perché l’accertamento definitivo è rimesso all’eventuale prosieguo del giudizio, nel caso di esito negativo della prova), una considerazione della responsabilità dell’imputato, posto che il giudice, in base all’art. 464-quater, comma 1, cod. proc. pen., deve verificare che non ricorrono le condizioni per «pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129» cod. proc. pen., e anche a tale scopo può esaminare gli atti del fascicolo del pubblico ministero, deve valutare la richiesta dell’imputato, eventualmente disponendone la comparizione (art. 464-quater, comma 2, cod. proc. pen.), e, se lo ritiene necessario, può anche acquisire ulteriori informazioni, in applicazione dell’art. 464-bis, comma 5, cod. proc. pen.» (Corte cost., 21 febbraio 2018, n. 91, § 7).
[13] Cfr. Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi. I fattori che vengono in considerazione sono: a) la qualificazione dell’illecito nel diritto interno; b) la natura dell’infrazione; c) la severità della pena. In questo senso, M. Miraglia, La messa alla prova dell’imputato adulto: I) analisi “grammaticale” di un istituto di frontiera, in Arch. n. proc. pen., 2018, n. 6, p. 485 ss.; Ead., La messa alla prova dell’imputato adulto: analisi “logica” di un istituto di frontiera (II parte), in Arch. n. proc. pen., 2019, n. 1, p. 6 ss.
[14] Ne danno conto, fra gli alti, E. Banchi, Le modificazioni apportate alla disciplina della messa alla prova, in Leg. pen., 6 febbraio 2023, p. 7 e M. Gialuz, Per un processo più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia, in questa Rivista, 2 novembre 2022, p. 57. Da un lato, intervenendo sull’art. 550 co. 2 c.p.p., è ampliato il novero dei reati a cui il procedimento in esame può essere applicato, dall’altro, è previsto che l’iniziativa concernente l’attivazione del rito possa promanare anche dal Pubblico ministero.
[15] Ferma restando la necessità che vi sia un’effettiva possibilità per gli UEPE di adempiere in modo pieno e in tempi brevi al carico di lavoro, avendo a disposizione un’adeguata dotazione di risorse, umane e materiali.