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27 Maggio 2020


Sospensione della prescrizione ex art. 83, co. 4 d.l. n. 18/2020: sollevata questione di legittimità costituzionale

Trib. Siena, ord. 21 maggio 2020, Est. Spina



 

1. Con due ordinanze di analogo tenore, che possono leggersi in allegato, il Tribunale di Siena ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, co. 4 d.l. n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2020, per contrasto con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole all’agente (art. 25, co. 2 Cost.), “là dove è previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari a quello per cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali”. Si tratta, con ogni probabilità, delle prime tra le questioni di legittimità costituzionale relative al diritto dell’emergenza COVID-19; questioni relative al sistema penale e che chiamano in causa istituti e principi tradizionali.

Come ho avuto modo di dire in un ampio contributo pubblicato in questa Rivista, al quale rinvio ("Lockdown" della giustizia penale, sospensione della prescrizione del reato e principio di irretroattività: un cortocircuito), la sospensione del corso prescrizione si iscrive in un generale contesto di sospensione dei termini processuali – e dell’attività giudiziaria – quale conseguenza dell’emergenza epidemiologica e della necessità di tutelare la vita e la salute degli attori della giustizia penale: magistrati, cancellieri, avvocati, indagati, imputati, periti, consulenti tecnici, testimoni, ufficiali e agenti della polizia giudiziaria, persone offese e parti civili, ecc. Non va infatti dimenticato – nella prospettiva ottimistica post ingresso nella “fase 2” – che nelle prime fasi dell'emergenza coronavirus i palazzi di giustizia sono risultati luoghi a forte di rischio di contagio e diffusione dell’epidemia. E’ il caso di quello di Milano, definito in questi giorni su Repubblica da un presidente di sezione, anch’egli colpito dal virus, "un cluster con 10 magistrati contagiati, di cui tre gravi, due persone morte", una cancelliera e un carabiniere, "e diversi avvocati contagiati".

Il legislatore dell’emergenza – come fece nel 2009 in occasione del terremoto che colpì l’Abruzzo, rendendo inagibili le aule di giustizia e gli studi degli avvocati – ha fermato il timer della prescrizione del reato in ragione del blocco dell’attività giudiziaria, limitatamente peraltro ai procedimenti la cui trattazione è stata sospesa e rinviata. La sospensione della prescrizione consegue a una inattività giudiziaria che, lungi dall’esprimere il disinteresse dello Stato per l’accertamento dei fatti e, se del caso, delle responsabilità, è semplicemente forzata.

E’ un provvedimento ragionevole che tuttavia, riguardando fatti antecedentemente commessi, e risultando sfavorevole all’agente, è di problematica compatibilità con l’art. 25, co. 2 Cost. Ciò in quanto – ne danno conto le ordinanze annotate – la tesi prevalente nella giurisprudenza italiana, accolta dalla Corte costituzionale in più occasioni (da ultimo, nell’ambito della nota vicenda Taricco), attribuisce alla prescrizione del reato natura di istituto sostanziale, come tale attratto nella sfera dell’art. 25, co. 2 Cost. La frizione frontale tra la ragionevolezza della sospensione del corso della prescrizione, da un lato, e la giurisprudenza costituzionale sulla natura sostanziale della prescrizione, affermata proprio in rapporto all’estensione della garanzia dell’art. 25, co. 2 Cost., determina un cortocircuito e un risultato, a me pare, irragionevole.

Nel caso di specie, a venire in rilievo sono reati edilizi che si sarebbero prescritti, rispettivamente, lo scorso 20 aprile e 16 maggio e la cui prescrizione è impedita, appunto, dalla sospensione del relativo corso, disposta dall’art. 83, co. 4 d.l. n. 18/2020. Non può fare a meno di notarsi, a onore del vero, che si tratta di reati commessi nel 2015, con termine di prescrizione quinquiennale decorso interamente prima della conclusione del giudizio di primo grado (ennesimo sconfortante segno della lentezza del processo penale italiano): solo l’applicazione della citata disposizione – di qui la rilevanza della questione – impedisce sul fil di lana la declaratoria di estinzione del reato, destinata d’altra parte a un mero posticipo nei successivi, verosimili, gradi del giudizio. Sempre peraltro che si ritenga, alla luce del citato orientamento della giurisprudenza costituzionale, che la riforma Bonafede – che dal 1° gennaio di quest’anno blocca il corso della prescrizione dopo il primo grado – non possa avere effetto retroattivo (nulla dispone in proposito la legge stessa, diversamente da quanto, in rapporto agli effetti in malam partem, avevano in precedenza fatto le due precedenti riforme dell’istituto: la “ex Cirielli”, nel 2005, e la “Orlando”, nel 2017). Con la conseguenza che, se il giudice di primo grado dovesse ritenere compatibile con l’art. 25, co. 2 Cost. la disposta sospensione del corso della prescrizione, consegnerebbe al giudice dell’eventuale (e verosimilissima) impugnazione il problema dell’applicazione retroattiva della riforma Bonafede che, irrilevante, nel giudizio a quo, potrebbe diventare rilevante nei successivi gradi del giudizio: l’estinzione del reato potrebbe infatti essere evitata solo applicando retroattivamente quella riforma.

 

2. Il Tribunale di Siena ritiene la questione non manifestamente infondata dopo avere escluso la percorribilità della via dell’interpretazione conforme a Costituzione. Si legge tra l’altro, nelle ordinanze di rimessione, che non può invocarsi, come norma già vigente al tempo del fatto, l’art. 159, co.1 c.p., nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione “in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge”. Secondo il Tribunale di Siena, valorizzare tale disposizione significherebbe proporre una “interpretatio abrogans” dell’art. 83, co. 4 d.l. n. 18/2020, rispetto alla prevista sospensione del corso della prescrizione. Senonché, a ben vedere, la disciplina dell'art. 83 d.l. n. 18/2020 avrebbe, nel suo complesso, l'effetto di rendere operante la previsione dell’art. 159, co. 1 c.p., cioè di costituire un’ipotesi legale di sospensione del corso della prescrizione. La formulazione legislativa non è d'altra parte cristallina, perchè si parla di sospensione dei termini (art. 83, co. 2) e di rinvio delle udienze (art. 83, co. 1); la sospensione dei procedimenti non è disposta espressamente ma sembra conseguirne, agli effetti dell'art. 159, co. 1 c.p., e l'art. 83, co. 4 d.l. n. 18/2020 lo stabilisce o - questo è il punto - lo ribadisce.

Se si dovesse ritenere che la previsione legale della sospensione del procedimento, richiamata dall’art. 159 c.p. attraverso un rinvio da considerarsi mobile, è, senza vulnus per l’art. 25, co. 2 Cost., anche quella introdotta dopo la commissione del fatto – in ragione delle più diverse evenienze che, come una emergenza sanitaria, possono forzatamente impedire l’attività giudiziaria –, si potrebbe trovare, forse, una ingegnosa via d’uscita a un problema altrimenti estremamente complesso. Si potrebbe argomentare nel senso che la legge vigente al tempo del fatto (l’art. 159 c.p.) già prevedeva la possibilità di una sospensione del corso della prescrizione nell’eventualità in cui una disposizione di legge, come l’art. 83, co. 4 d.l. n. 18/2020, disponesse la sospensione del procedimento. La prevedibilità dell'evenienza sfavorevole - cioè la sospensione del procedimento con effetto sospensivo del corso della prescrizione - sarebbe assicurata attraverso la previsione legale dell'art. 159, co. 1 c.p., in modo non dissimile da quanto avviene per le altre cause di sospensione nominate (come ad es. l'impedimento del difensore, il deferimento ad altro giudice, una rogatoria all'estero, ecc.). Ciò che l'individuo può provedere al momento del fatto, in altri termini, è che l'eventuale sospensione del procedimento comporterà la sospensione del corso della prescrizione.

E’ un’ipotesi che andrebbe approfondita e che qui mi limito a segnalare, traendo spunto dalle ordinanze del Tribunale di Siena, fermo restando, a mio avviso, che esistono argomenti, che ho sviluppato nel citato contributo pubblicato su questa Rivista, per sostenere la tesi della compatibilità con l’art. 25, co. 2 Cost. di una sospensione retroattiva del corso della prescrizione, nel contesto di una tesi, autorevolmente sostenuta in dottrina e nella giurisprudenza straniera e sovranazionale, che ritiene compatibile con il principio di irretroattività modifiche del regime della prescrizione del reato che intervengano, come nel caso di specie, prima dello spirare del relativo termine.

 

3. La Corte costituzionale, dunque, sarà chiamata presto ad affrontare un problema che, nel diritto dell’emergenza COVID-19, si colora di una complessità ancora maggiore considerando come previsioni retroattive riguardino anche la sospensione del termine per la presentazione della querela e del termine di durata massima della custodia cautelare. Si tratta di problemi diversi, che potrebbero trovare una coerente soluzione, come ho prospettato altrove, distinguendo a seconda che i rispettivi termini siano decorsi o meno (v., oltre al più volte citato contributo, quanto alla querela, il mio commento al d.l. n. 34/2020, che ne ha disposto retroattivamente la sospensione dei termini).