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05 Agosto 2024


Video rap al mausoleo: vilipendio delle tombe? La pronuncia della Cassazione

Cass., sez. III, sent. n. 24271 del 9 maggio 2024, dep. 19 giugno 2024, Pres. Ramacci, est. Corbetta



1. Con la sentenza in esame[1], la Corte di cassazione rigetta il ricorso presentato avverso la pronuncia della Corte di appello di Trieste, con cui veniva confermata la sentenza, emessa dal Tribunale di Gorizia, di condanna per il delitto di vilipendio delle tombe di cui all’art 408 c.p., realizzato in concorso ex art. 110 c.p.

La pronuncia della Corte di cassazione offre al lettore un inquadramento degli elementi che compongono la fattispecie incriminatrice descritta dall’art. 408 c.p. Tale norma, in particolare, punisce chi «in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette vilipendio di tombe, sepolcri o urne, o di cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri»[2].

 

2. La vicenda di specie si svolgeva presso il Sacrario militare di Redipuglia[3]. Qui, in particolare, veniva registrato un video musicale, successivamente caricato sulla piattaforma “Youtube”, che rappresentava gli imputati mentre ballavano e cantavano un singolo sui gradoni contenenti i resti dei militari caduti nel corso della Prima guerra mondiale[4]. Gli autori, precisa la Corte di cassazione in sede di narrazione del fatto, agivano in difetto di autorizzazione[5].

Con tale condotta, evidenziano i giudici di legittimità, costoro «vilipendevano le tombe e il luogo che è destinato a mantenere viva ed onorata la memoria dei militari caduti»[6].

 

3. Nella sentenza in commento, i giudici di legittimità compiono una, dettagliata, ricostruzione del delitto di vilipendio delle tombe, giungendo a ritenere esente da censure la sussunzione, entro i confini dello stesso, della vicenda in esame.

 

4. La Corte premette all’analisi della richiamata fattispecie una panoramica del contesto in cui la stessa si colloca[7]. Questa, in particolare, viene disciplinata nel titolo del codice penale dedicato ai “delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti” e, più precisamente, nel capo rubricato “Dei delitti contro la pietà dei defunti[8], ove sono descritte le fattispecie incriminatrici di cui agli artt. 407 - 413 c.p[9].

In questo passaggio della sentenza, la Corte si dedica, quindi, alla ricostruzione dell’oggetto di tutela delle richiamate norme. Segnatamente, chiariscono i giudici di legittimità, lo stesso coincide con la “pietà dei defunti”, quel “sentimento, individuale e collettivo, il quale si manifesta nel rispetto tributato ai defunti ed alle cose destinate al loro culto nei cimiteri e nei luoghi di sepoltura”[10].

Guardando poi, specificatamente, all’art. 408 c.p., la Corte individua il bene giuridico tutelato in «quel profilo della pietà dei defunti, che si declina attraverso il rispetto della sacralità del luogo di sepoltura e delle cose mortuarie destinate al ricordo dei defunti»[11].

 

5. Quanto alla condotta di vilipendio, la Cassazione[12], posto che il legislatore non presenta una definizione della nozione utilizzata, riprende l’interpretazione offerta dalla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sull’art. 290 c.p. (vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate)[13]. In particolare, i giudici di legittimità, ricordando l’operazione esegetica compiuta dalla Consulta, intendono la condotta esaminata nel senso di “tenere a vile”[14].

Per quanto riguarda poi, segnatamente, il delitto di vilipendio delle tombe di cui all’art. 408 c.p., la Corte aderisce ad una nozione ampia del concetto di vilipendio, la quale ricomprende non soltanto la materiale alterazione degli oggetti considerati dal testo normativo (tombe, sepolcri, ecc.), bensì anche il compimento di atti o espressioni che «esprimano disprezzo o profanazione verso le cose poste nei luoghi di sepoltura indicate dalla norma»[15]. A riprova di ciò, secondo la Corte, militerebbe la formulazione della fattispecie, nella quale i beni indicati costituiscono non già ciò su cui deve ricadere materialmente la condotta, bensì l’oggetto dell’offesa[16].

Fatta questa premessa, il rischio di una dilatazione eccessiva dell’area di intervento penale viene fronteggiato con la necessità di garantire, nella sussunzione delle condotte entro i confini, così generici, della nozione di vilipendio, il principio di offensività in concreto[17]. Quest’ultimo, come noto, impone all’interprete di considerare penalmente rilevanti solo le condotte che abbiano effettivamente offeso il bene giuridico tutelato dalla fattispecie[18]. Ne consegue, pertanto, che potranno essere ricondotti nel delitto di cui all’art. 408 c.p. soltanto quei comportamenti che «anche se non diretti immediatamente contro le res contemplate dalla norma, producano, in concreto, la lesione del rispetto del luogo di sepoltura e delle cose mortuarie, e, quindi, del senso di pietà ispirato dal ricordo del defunto che necessariamente ad esso consegue»[19].

In sede di valutazione della condotta concretamente serbata dai due imputati, la Corte ritiene che la stessa sia stata correttamente sussunta nell’area del vilipendio, in quanto «chiaramente e inequivocabilmente espressiva di un sentimento di disprezzo di quel luogo di sepoltura, concretamente lesivo del senso di pietà ispirato dal ricordo delle migliaia di soldati caduti in guerra, le cui spoglie ivi riposano», anche tenuto conto del carattere commemorativo del luogo in cui la stessa è stata tenuta[20]

 

6. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, i giudici di legittimità evidenziano come, ai fini dell’integrazione del delitto di vilipendio delle tombe, non sia richiesto che l’autore abbia agito con il precipuo scopo di arrecare un’offesa al ricordo del defunto[21]. La fattispecie in esame, infatti, è costruita a titolo di dolo generico, e, dunque, è sufficiente accertare «la coscienza e volontà del vilipendio stesso insieme con la consapevolezza del particolare carattere del luogo richiesto dalla norma, quale cimitero o altro luogo di sepoltura, essendo pertanto irrilevante il movente dell'azione, né essendo necessaria l'intenzione di offendere la memoria di un determinato defunto»[22].

Alla luce di tanto, la Cassazione ritiene corretta, anche sul versante soggettivo, la sussunzione della vicenda nella fattispecie in esame[23]. In particolare, precisano i giudici di legittimità, deve, da un lato, escludersi che la finalità degli agenti di realizzazione di contenuti artistici possa impedire la qualificazione del fatto come vilipendio delle tombe ex art 408 c.p.[24]. Dall’altra parte, secondo la Corte, deve considerarsi corretta la valutazione del giudice del merito nella parte in cui ha ritenuto che l’univocità degli elementi che caratterizzano il luogo ove il fatto è stato commesso non permettesse di supporre l’assenza di contezza, da parte degli imputati, circa la natura dello stesso[25].

***

7. Si può, a questo punto, dedicare alla pronuncia in esame qualche, seppur breve, considerazione conclusiva. La sentenza in commento aderisce ad una concezione ampia della nozione di vilipendio, alla quale viene ricondotto qualunque comportamento che determini un’offesa “del senso di pietà ispirato dal ricordo del defunto”, anche se in assenza di una materiale manipolazione dei beni[26].  Si ribadisce, inoltre, la natura del delitto in esame quale reato a dolo generico, con la conseguenza che non è richiesto al giudice di accertare la presenza, nella condotta dell’autore, del fine di offendere il ricordo del defunto[27].

 

8. Da ultimo, merita qualche cenno la censura che è stata mossa, in dottrina, ai delitti contro la pietà dei defunti. Si è già detto infatti, che tale capo del Codice penale, come risulta dalla rubrica dello stesso, è posto a tutela della “pietas” verso i defunti, intesa, riprendendo nuovamente le parole della sentenza in commento, come «sentimento, individuale e collettivo, il quale si manifesta nel rispetto tributato ai defunti ed alle cose destinate al loro culto nei cimiteri e nei luoghi di sepoltura»[28]. Tuttavia, si è escluso che un sentimento, quale è, appunto, la pietà dei defunti, possa essere considerato come bene giuridico e, pertanto, costituire oggetto di tutela penale, «non intaccando la sua semplice violazione quelle condizioni minime della vita in comune la cui salvaguardia legittima l’uso dello strumento penalistico»[29].

 

 

 

[1] Cass., sez. III pen., sent. n. 24271 del 09 maggio 2024, dep. il 19 giugno 2024.

[2] In argomento, in dottrina, ex multis, V. Manzini, Delitti contro il sentimento religioso e la pietà dei defunti, delitti contro l'ordine pubblico, delitti contro la pubblica incolumità, delitti contro la fede pubblica, in Trattato di diritto penale italiano, VI, V ed., Torino, 1983, 88 ss.; R. Nitti, Art. 408, in AA.VV., Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, diretto da G. Lattanzi – E. Lupo, II, Milano, 2022, 314 ss.; G. Ripamonti, Art. 408, in AA.VV., Codice penale commentato, diretto da E. Dolcini - G.L. Gatta, fondato da E. Dolcini - G. Marinucci, II, V ed., Milano, 2021, 2010 ss.; R. Bianchini, Vilipendio delle tombe, in Enciclopedia Forense, VII, 1962, 970 s.; a V. Mormando, I delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti, in G. Marinucci – E. Dolcini (diretto da), Trattato di diritto penale. Parte speciale, vol. V, Padova, 2005, 277 ss.; F. Pantaleo Gabrieli, Delitti contro il sentimento religioso e la pietà verso i defunti, Milano, 1961, 401 ss.

[3] § 1 del Ritenuto in fatto della sentenza in commento.

[4] Ibidem

[5] Ibidem

[6] Ibidem.

[7] § 3 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[8] Sui delitti contro la pietà dei defunti, A. Rossi Vannini, Pietà dei defunti (Delitti contro), in Dig. Disc. Pen., IX, Torino, 1995, 569 ss.; F. Chiarotti, Defunti (delitti contro la pietà dei), in Enc. Dir., XI, Milano, 1962, 896 ss.; F. Pantaleo Gabrieli, op. cit., 355 ss.; G. Fiandaca, Pietà dei defunti (delitti contro la), in Enc. Giur., XXVI, 1991; A. Santoro, Sentimento religioso e pietà dei defunti (delitti contro il), in Novissimo Digesto It., XVI, 1969, 1235 ss.

[9] La Corte, nella sentenza in commento, si sofferma altresì sulla distinzione dell’oggetto su cui cadono le condotte prese in considerazione dal capo dedicato ai delitti contro la pietà dei defunti. In particolare, se i delitti di violazione di sepolcro (art. 407 c.p.), vilipendio delle tombe (art. 408 c.p.), turbamento di un funerale o servizio funebre (art. 409 c.p.) si rivolgono al “culto dei defunti ed al sentimento di pietà che esso suscita”, nei delitti di vilipendio di cadavere (art. 410 c.p.), distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere (art. 411 c.p.), occultamento di cadavere (art. 412 c.p.), uso illegittimo di cadavere (413 c.p.) si vede un’offesa “delle spoglie mortali e, quindi, del medesimo sentimento che le stesse evocano” (§ 3 del Considerato in diritto della sentenza in commento); conf. Cass., sez. III pen., 30 settembre 2021, n.43093, § 2 del Considerato in diritto. Sul punto, anche V. Mormando, op. cit., 331 s.; A. Nappi, I delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti, in F. Bricola – V. Zagrebelsky (diretto da), Giurisprudenza sistematica di diritto penale. Codice penale. Parte speciale, I, Torino, 1984, 437.

[10] § 3 del Considerato in diritto della sentenza in commento. Cfr. anche V. Manzini, op. cit., 71. La collocazione delle fattispecie in esame nel capo dei “delitti contro la pietà dei defunti”, il quale è tenuto distinto da quello dedicato ai “delitti contro le confessioni religiose” consente di escludere la rilevanza della fede religiosa nell’individuazione dell’oggetto di tutela (§ 3 del Considerato in diritto della sentenza in commento). V. anche N. Campisi, op. cit., 57 s.; V. Manzini, op. cit., 71 s.; F. Pantaleo Gabrieli, op. cit., 402. Sui rapporti tra queste due sfere di delitti, cfr. V. Mormando, op. cit., pp. 330 s.

[11] § 3 del Considerato in diritto della sentenza in commento; V. Manzini, op. cit., 89, riconduce l’oggetto di tutela della fattispecie in esame al “pubblico interesse di garantire il rispetto dei luoghi e delle cose che richiamano il sentimento di pietà verso i defunti”.

[12] § 4 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[13] Corte cost., sent. n. 20 del 24 gennaio 1974, dep. il 30 gennaio 1974.

[14] § 4 del Considerato in diritto della sentenza in commento. “Se, dunque, il vilipendio deve essere inteso nel suo significato letterale, le fattispecie che lo prevedono come elemento costitutivo del fatto sono delineate come reati a forma libera, stante la molteplicità di condotte attraverso cui può manifestarsi il sentimento di disprezzo, scherno o dileggio, cambiando unicamente, a seconda delle diverse disposizioni incriminatrici, l'oggetto su cui deve incidere la condotta di vilipendio” (§ 4 del Considerato in diritto della sentenza in commento). Sul punto, F. Pantaleo Gabrieli, op. cit., 420. Sul concetto di vilipendio, diffusamente, N. Campisi, I reati di vilipendio, Padova, 1968, 5 ss.; M. Mazzanti, Vilipendio: nozione autonoma ed unitaria, in Giust. pen., 1958, II, 998 ss.

[15] § 5 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[16] La norma, infatti, richiede il “vilipendio ‘di’, e non ‘su’, tombe, sepolcri o urne, cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri” (§ 5 del Considerato in diritto della sentenza in commento); conf. Cass., sez. III pen., 30 settembre 2021, n.43093, § 2 del Considerato in diritto. In dottrina, cfr. A. Santoro, op. cit., 1238; Manzini, op. cit., 94 s.; G. Fiandaca, op. cit., 2.

[17]  § 6 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[18]  Ibidem. La sentenza annotata (ibidem) richiama, tra la giurisprudenza costituzionale in tema di offensività, Corte cost., sent. n. 139 del 10 maggio 2023, dep. il 10 luglio 2023; Corte cost., sent. n. 211 del 12 settembre 2022, dep. il 17 ottobre 2022; Corte cost., sent. n. 278 del 6 novembre 2019, dep. il 20 dicembre 2019; Corte cost., sent. n. 141 del 06 marzo 2019, dep. il 07 giugno 2019; Corte cost., sent. n. 109 del 9 marzo 2016, dep. il 20 maggio 2016; Corte cost., sent. n. 225 del 11 giugno 2008, dep. il 20 giugno 2008; Corte cost., sent. n. 265 del 23 giugno 2005, dep. 7 il luglio 2005; Corte cost., sent. n. 263 del 6 luglio 2000, dep. il 11 luglio 2000; Corte cost., sent. n. 360 del 13 luglio 1995, dep. il 24 luglio 1995.

[19] § 6 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[20] § 7 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[21] § 9.1 del Considerato in diritto della sentenza in commento. La Corte richiama (ibidem), sul punto, Cass., sez. III pen., 30 settembre 2021, n.43093.

[22] § 9.1 del Considerato in diritto della sentenza in commento; conf. Cass., sez. III pen., 29 marzo 1985, in Cass. pen., 1986, 1559, richiamata dalla pronuncia annotata (§ 9.1 del Considerato in diritto della sentenza in commento). in dottrina V. Manzini, op. cit., 96 s.; F. Pantaleo Gabrieli, op. cit., 423. A. Madeo, Reati contro il sentimento religioso e la pietà dei defunti, in F. Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte speciale, I, XVII ed. integrata e aggiornata a cura di A. Rossi, Milano, 2022, 878. Precisa la Corte come, certamente, il movente che ha caratterizzato la condotta dell’agente potrà essere considerato dal giudice ai sensi dell’art. 133, co. 2, n. 1 c.p. (§ 9.1 del Considerato in diritto della sentenza in commento). Sull’elemento soggettivo nei reati di vilipendio, v. N. Campisi, op. cit., 63 ss.

[23] § 9.2 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[24] Ibidem.

[25] Ibidem.

[26] § 6 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[27] § 9.1 del Considerato in diritto della sentenza in commento.

[28] § 3 del Considerato in diritto della sentenza in commento

[29] G. Fiandaca - E. Musco, Diritto penale. Parte speciale, I, VI ed., Bologna, 2021, 481 s.; Cfr. anche G. Fiandaca, op. cit., 4 s. Sulla richiamata critica, V. Mormando, op. cit., 332 s.