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16 Novembre 2020


Inefficacia retroattiva delle norme sull’oblazione speciale prevista per i reati ambientali: la Consulta giudica costituzionalmente compatibile l’art. 318-octies del T.U. ambiente

Corte cost., sent. 13 novembre 2020 (c.c. 21 ottobre 2020), n. 238, Pres. Morelli, Red. Amoroso



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1. Con riguardo ai reati contravvenzionali previsti dal Codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006) – e sul modello già sperimentato in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (d.lgs. n. 758 del 1994) – il legislatore ha introdotto qualche anno fa una procedura volta a favorire una pronta condotta riparatoria ad opera del soggetto responsabile, incentivandola con la previsione che, a seguito d’una puntuale applicazione della procedura medesima, si determini l’estinzione del reato contestato.

In particolare, con l’art. 1, comma 9, della legge n. 68 del 2015, è stato inserito nel citato Testo unico una parte VI-bis, comprendente gli articoli da 318-bis a 318-octies, e dedicata alla «Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale».

Questa speciale normativa, secondo quanto stabilito all’art. 318-bis, si applica soltanto alle fattispecie contravvenzionali previste dal Testo unico e soltanto a condizione che non abbiano «cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette».

Sussistendo tale condizione, l’organo di vigilanza che svolge le funzioni di polizia giudiziaria, «allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata», impartisce al contravventore «un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata» e fissa un termine per la regolarizzazione «non superiore al tempo tecnicamente necessario». Con la prescrizione «l’organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose» (art. 318-ter). La notizia di reato viene ugualmente comunicata al pubblico ministero competente, ma il procedimento penale resta sospeso (art. 318-sexies) fino a quando non sia data notizia (da comunicare entro sessanta giorni) circa l’inadempimento o l’adempimento delle prescrizioni. In caso negativo, dopo la relativa comunicazione il processo penale riprende il suo corso, e segue le regole pertinenti. In caso positivo, il contravventore è ammesso alla cd. oblazione amministrativa ambientale, cioè «a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa» (comma 2).

A norma dell’art. 318-septies, «la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’articolo 318-quater, comma 2». Consegue in tal caso, evidentemente, l’archiviazione del procedimento penale.

Come detto, la legge introduttiva della disciplina risale al 2015, ed ha disposto, tramite il censurato art. 318-octies del Testo unico, che la disciplina stessa non si applicasse «ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore» della novella.

 

2. Se si guarda alla parte VI-bis del Codice dell’ambiente come ad una regolazione di diritto sostanziale delle conseguenze sanzionatorie delle contravvenzioni ambientali, subito si coglie una portata derogatoria dell’art. 318-octies rispetto al principio di tendenziale retroattività della norma favorevole sopravvenuta. Valutando invece la normativa nella sua dimensione procedimentale, la norma censurata assume la coloritura d’una normale applicazione del principio tempus regit actum.

Il Tribunale di Marsala, considerando prevalente la prima funzione della novella, ha sollevato questione di legittimità per l’asserita violazione dell’art. 3 Cost., non apparendo ragionevole la discriminazione tra autori delle contravvenzioni de quibus in base alla circostanza, del tutto estrinseca, che fosse stato o non avviato un procedimento penale.

Va ricordata in proposito la giurisprudenza secondo cui – per la fisionomia assunta in base all’art. 7 della Convenzione edu – il principio di legalità comprende tanto il divieto di applicazione retroattiva della norma sfavorevole, tanto un comando di applicazione retroattiva della legge favorevole, cui può derogarsi solo quando è positivamente riscontrata, secondo uno “scrutinio stretto”, la ragionevolezza dell’argine eventualmente frapposto dal legislatore alla propagazione (retroattiva) degli effetti di una lex mitior.

In particolare è ormai stabile l’individuazione di parametri diversi allorquando si debba valutare una disciplina transitoria in materia penale: l’art. 25, secondo comma, Cost., che pone per il legislatore un divieto assoluto di dettare norme produttive di effetti sfavorevoli nella regolazione di fattispecie antecedenti alla legge innovativa; l’art. 3 Cost., quando la retroazione concerne norma favorevoli, con la precisazione che le eventuali limitazioni siano dettate secondo un criterio idoneo a giustificare positivamente e razionalmente la discriminazione  così prodotta.

Nella sentenza di cui si dà notizia sono citati, brevemente ed efficacemente, tutti i principali arresti registrati, a questo proposito, nella giurisprudenza costituzionale.

 

3. La Corte ha accettato – comprensibilmente – il presupposto di pertinenza (anche solo parziale) della novella al diritto penale sostanziale.

La soluzione di infondatezza della questione esaminata non poteva che fondarsi, dunque, su un giudizio positivo di ragionevolezza della preclusione posta in danno di persone già assoggettate ad un procedimento pendente nel momento dell’introduzione del nuovo meccanismo estintivo.

Il fulcro del ragionamento risiede nella considerazione che la riforma del 2015 ha innestato la modifica sostanziale del trattamento punitivo su una «complessiva disciplina procedimentale, cadenzata diacronicamente nel momento in cui l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria impartiscono al contravventore le prescrizioni di ripristino dell’integrità ambientale; poi in quello della verifica e del controllo dell’adempimento; e, infine, in quello dell’ammissione alla speciale oblazione amministrativa ambientale e del pagamento della somma così determinata».

In particolare, l’opportunità di accesso al peculiare meccanismo estintivo è giustificata dalla precoce (rispetto all’accertamento penale), completa e “spontanea” eliminazione della situazione antigiuridica posta in essere dal responsabile. In assenza di tali caratteristiche non vi sarebbe ragione di sottrarre la fattispecie al regime ordinario di accertamento e punizione. Il quale regime comunque, e per inciso, comprende anche l’opportunità (a condizioni meno vantaggiose) di ricorrere alla oblazione cd. facoltativa, come regolata dall’art. 162-bis del codice penale. Ed allora, secondo la Corte, la disposizione di maggior favore presuppone l’applicabilità di disposizioni procedimentali «strutturalmente e logicamente condizionate al fatto che l’azione penale non sia stata già esercitata e che si versi invece nella fase delle indagini preliminari, non essendo ipotizzabile una regressione in tale fase».

Una logica analoga, del resto, aveva già condotto in passato a respingere questioni poste riguardo alla disciplina transitoria dettata per l’applicazione delle norme – già citate – per l’estinzione delle contravvenzioni in materia di tutela del lavoro (ordinanze n. 460 del 1999, n. 415 e n. 121 del 1998): «[…] la nuova disciplina dell’estinzione del reato […]  è costruita in guisa tale da operare solo all’interno della fase delle indagini preliminari, essendo finalizzata – in caso di adempimento alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza e di pagamento in via amministrativa di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa – alla richiesta di archiviazione per estinzione del reato da parte del pubblico ministero […]) e, quindi, ad evitare l’esercizio dell’azione penale».

Affermazioni riprese e confermate nella nuova sentenza: “Il meccanismo delineato […] si colloca necessariamente nella fase delle indagini preliminari”. Solo a monte dell’azione si determina il bilanciamento tra funzionalità deflativa dell’istituto e interesse alla più sollecita riattivazione del meccanismo di protezione ambientale centrato sulla fattispecie violata.

 

4. L’insistito riferimento all’atto di esercizio dell’azione come “sbarramento ragionevole” ha condotto la Corte ad accettare, in nome della interpretazione costituzionalmente orientata, l’assunto che la preclusione operasse solo per giudizi nei quali, alla data in entrata in vigore della novella, fosse già stata esercitata l’azione penale. Una soluzione quasi contro-letterale (difficile ipotizzare che un “procedimento” non penda fino a quando il pubblico ministero non abbia compiuto una delle opzioni indicate all’art. 305 c.p.p.), e però stimata utile a collocare lo sbarramento per la propagazione retroattiva del novum nel modo più confacente ad un bilanciamento ragionevole. Di fatto, l’operazione è valsa ad includere nel novero dei reati suscettibili di oblazione speciale anche fatti antecedenti e già contestati, sebbene perseguiti, per l’appunto, in procedimenti ancora pendenti in fase di indagine preliminare.

 

5. Insomma, l’oblazione amministrativa ambientale continuerà ad applicarsi solo nel caso di procedimenti penali avviati dopo il 9 maggio 2015, con la precisazione che, nell’ambito operativo della disciplina, devono considerarsi compresi anche fatti contestati precedentemente, purché alla data indicata non fosse stata ancora promossa l’azione penale.