Cass., Sez. IV, 19 dicembre 2023 (dep. 29 gennaio 2024), n. 3399, Pres. Di Salvo, Rel. Pezzella
*Contributo destinato alla pubblicazione nel fascicolo 6/2025.
1. Con la sentenza in commento, la Quarta Sezione Penale della Corte di cassazione ha affrontato un interessante caso nel quale viene in rilievo il problema della configurabilità della legittima difesa in rapporto ai reati colposi[1]: un problema che non si pone con frequenza in giurisprudenza. Di norma, infatti, a venire in rilievo è la reazione difensiva realizzata dall’aggredito volontariamente, non già colposamente, come accade, invece, nella vicenda in esame.
Il caso nasce da una “spedizione punitiva” messa in atto dai tifosi di una squadra di calcio lucana (il Rionero in Vulture) nei confronti dei tifosi di un’altra squadra di calcio, pure militante nelle serie minori (il Melfi). I tifosi del Rionero si appostavano, celati dietro felpe scure con cappuccio e armati con spranghe, bastoni, mazze, fumogeni e altri oggetti pericolosi, nei pressi della stazione ferroviaria di Vaglio di Basilicata, vicina allo svincolo di Tolve e, dunque, lungo il tragitto che conduce allo stadio ove si sarebbe svolta la partita. All’arrivo dell’autocolonna dei tifosi del Melfi, gli antagonisti ingaggiavano un’azione violenta, accerchiando le auto degli avversari e sferrando colpi di bastone in direzione delle stesse. Al fine di sottrarsi all’aggressione in atto, uno dei conducenti deviava la traiettoria verso la corsia opposta, invertendo il senso di marcia a una velocità superiore a quella consentita. Tale manovra determinava l’investimento di due persone appartenenti al gruppo degli aggressori. In conseguenza dell’impatto con la sede stradale, uno dei due individui moriva quasi sul colpo – nonostante il tempestivo intervento del 118 –, mentre l’altro riportava delle lesioni gravi.
Il conducente aggredito, invece, proseguiva la corsa, per poi fermarsi una decina di metri più avanti dallo scontro, dove veniva intercettato dalle forze dell’ordine. Per i fatti descritti, veniva chiamato a rispondere non di omicidio doloso (risultando esclusa la volontarietà dell’investimento), ma di omicidio e lesioni stradali aggravati, essendo la colpa consistita in imprudenza e mancata diligenza, nonché nella violazione di alcune disposizioni del codice della strada, in materia di limiti di velocità e posizione dei veicoli sulla carreggiata (artt. 142 e 143 cod. strada).
Nei giudizi di primo e di secondo grado, la valutazione dei giudici di merito era conforme nel ritenere la sussistenza degli estremi della legittima difesa nella vicenda contestata, mentre differiva in ordine alla valutazione concernente l’eccesso colposo. Il giudice di primo grado sosteneva che, pur essendo astrattamente configurabili i presupposti della legittima difesa, l’imputato avesse colposamente superato i limiti derivanti dall’art. 52 c.p. Il superamento di detti limiti veniva ravvisato nella violazione delle regole in tema di circolazione stradale e nell’erronea valutazione del grado del pericolo e dell’offensività dei mezzi di salvezza disponibili. A parere del giudice di prime cure, infatti, per sfuggire all’azione violenta, sarebbe stato sufficiente indietreggiare in retromarcia o, al più, deviare sulla corsia opposta a una velocità inferiore rispetto a quella praticata. Diversamente, la Corte d’Appello riteneva applicabile la legittima difesa – senza alcun eccesso nella causa di giustificazione – sulla base dell’assunto secondo cui non sarebbe stata esigibile dall’agente una condotta alternativa a quella posta in essere.
Il contrasto appena evidenziato veniva, quindi, portato all’attenzione della Corte di cassazione, che confermava la decisione del giudice di secondo grado, escludendo così l’eccesso colposo di legittima difesa e ritenendo senz’altro scriminato il fatto.
2. La sentenza annotata, con un’articolata motivazione, si sofferma sul tema centrale del giudizio, relativo ai criteri di valutazione dell’eccesso colposo di legittima difesa, dalla cui configurabilità dipendeva la possibilità di ritenere l’autore del fatto responsabile di omicidio e di lesioni personali stradali. In tale ambito, i problemi applicativi più significativi hanno quasi sempre riguardato la difficoltà di distinguere le ipotesi di eccesso colposo nella causa di giustificazione da quelle di eccesso doloso e incolpevole. La pronuncia qui compendiata consente proprio di fare il punto su tale delicata questione, su cui la Quarta Sezione indugia a lungo, anche attraverso una puntuale ricognizione delle modalità di accertamento dell’eccesso di legittima difesa. A ben vedere, però, nella vicenda in esame, ciò si innesta su un tema ulteriormente controverso e interessante, concernente l’applicabilità della legittima difesa a un reato colposo. Un tema che, invero, resta sullo sfondo della sentenza.
Pertanto, prima di illustrare le conclusioni a cui giunge la Cassazione con riferimento al thema decidendum, riteniamo di dover affrontare la questione preliminare relativa all’applicabilità della legittima difesa ai reati colposi. Procederemo, dunque, seguendo quest’ordine.
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3. Come si è accennato, la configurabilità della legittima difesa in rapporto ai reati colposi è controversa, in dottrina e giurisprudenza, poiché la scriminante di cui all’art. 52 c.p. sembra presupporre una reazione difensiva dolosa.
3.1. Chi nega la compatibilità tra legittima difesa e reato colposo ritiene proprio che la legittima difesa presupponga la volontà di ledere l’aggressore, strutturalmente assente nei reati colposi[2]. In senso contrario, chi ritiene la legittima difesa compatibile con una reazione difensiva colposa, valorizza il dettato dell’art. 59, co. 1, c.p., dal quale trae una regola opposta a quella che postula l’intenzionalità della difesa. Piuttosto – si osserva – il coefficiente psicologico con cui l’evento lesivo è cagionato risulta irrilevante rispetto agli scopi per cui la legittima difesa è prevista dall’ordinamento[3]. Il fatto che l’evento lesivo non sia voluto, ma riconducibile alla violazione di una regola cautelare, non implica la sua incompatibilità strutturale con i presupposti della causa di giustificazione[4]. Pertanto, ai fini della legittima difesa, è sufficiente che la reazione difensiva corrisponda agli estremi descritti dalla norma scriminante.
Del resto, il problema dell’applicabilità della legittima difesa a un reato colposo è un falso problema, dal momento che la causa di giustificazione facoltizza un’azione prima ancora che la si qualifichi come dolosa o colposa. Soltanto un fatto umano antigiuridico può essere colpevole[5]. In altre parole, deve ritenersi superflua qualsiasi valutazione circa l’elemento soggettivo che sorregge una condotta realizzata in presenza dei presupposti ed entro i limiti desumibili dalla causa di giustificazione[6]. Se il fatto è stato realizzato per la necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta, allora è obiettivamente lecito e non ha senso indagare la colpevolezza del suo autore. Se, invece, la reazione difensiva eccede i limiti della necessità o della proporzione – allora e solo allora – il fatto è illecito e si dovrà valutare la colpa del suo autore, secondo le regole che operano per l’eccesso colposo[7].
3.2. Il quadro si complica però per chi ritiene che il giudizio di illiceità si collochi a valle di un giudizio di tipicità che, nel caso dei reati colposi, presuppone che l’evento non voluto sia stato cagionato da una condotta colposa, ovverosia realizzata in violazione di una regola cautelare, la cui osservanza era esigibile nel caso di specie[8]. A voler seguire questa impostazione, si determina un’interferenza tra la struttura tipica del fatto colposo e gli estremi della causa di giustificazione, in quanto gli elementi che valgono ad integrare la situazione scriminata appaiono altresì costitutivi del giudizio di colpa[9]. Tuttavia, quando questi elementi sono valorizzati ai fini del giudizio di tipicità colposa, si finisce per escludere, sul piano della tipicità, la rimproverabilità colposa di condotte che potrebbero risultare al contempo scriminate. Difatti, nel contesto della legittima difesa, è evidente che un’azione negligente, imprudente o imperita non potrà mai rispettare il limite della necessità desumibile dalla causa di giustificazione[10]. Il giudizio di colpa implica una divergenza tra il modello di condotta imposto da regole di diligenza, prudenza o perizia e questa divaricazione tra ciò che l’agente modello avrebbe fatto e ciò che si verifica nel caso di specie contrasta con l’idea che una reazione difensiva possa dirsi necessaria soltanto quando il pericolo al quale risponde non avrebbe potuto essere neutralizzato in altro modo. Una condotta necessaria, dunque, non potrà mai qualificarsi come colposa, poiché il carattere colposo di un’azione disvela l’esistenza di una corrispondente condotta alternativa lecita che fa venir meno la necessarietà. Ne consegue che in tutti i casi in cui la condotta sia stata realizzata in presenza dei presupposti ed entro i limiti imposti dalla necessità (e dalla proporzione), si perverrà a un giudizio negativo di tipicità colposa, di fatto aggirando il giudizio relativo all’operatività della causa di giustificazione.
3.3. Sebbene l’esito di questa impostazione non differisca rispetto a quello a cui si perverrebbe analizzando prioritariamente il piano dell’antigiuridicità – in entrambi i casi, infatti, si nega la responsabilità penale dell’agente –, tale soluzione non convince, in quanto non consente di arrivare ad affermare la liceità del fatto alla stregua dell’intero ordinamento giuridico, impedendo alla causa di giustificazione di spiegare la sua efficacia universale. Si ritiene, quindi, preferibile la prima lettura proposta.
3.4. Venendo, ora, al caso di specie, occorre rilevare che la Corte – ancorché implicitamente – considera applicabile la legittima difesa ai reati colposi e conclude, infatti, nel senso di ritenere scriminato il fatto (colposo) da cui traeva origine il giudizio. In particolare, la Quarta Sezione argomenta sulla liceità della condotta attraverso un’anticipazione del ricorso ai principi che regolano l’accertamento della dimensione soggettiva della reazione difensiva. Seguendo l’impostazione preferibile proposta in dottrina, tuttavia, tali principi dovrebbero costituire oggetto di valutazione soltanto in caso di reazione eccessiva, mentre la Corte – in questo caso – li valorizza per escludere il travalicamento dei limiti della scriminante e ritenerla, quindi, obiettivamente integrata. Appare, perciò, confuso il rapporto tra i diversi livelli di giudizio cui si fa tradizionalmente ricorso, nell’ambito della sistematica del reato, per pervenire all’affermazione della responsabilità penale e questo è un elemento ricorrente nella giurisprudenza disponibile in materia[11].
Per ritenere il fatto scriminato, infatti, la Corte fa leva sull’inesigibilità di ogni condotta alternativa a fronte del contesto patologico in cui si è svolta l’azione. Il complesso delle circostanze fattuali, unitamente alla situazione emotiva in cui versava l’agente, hanno reso la manovra posta in essere l’unica concretamente possibile, ancorché effettuata in violazione di due regole cautelari dal contenuto rigido (invasione della corsia opposta di marcia e superamento dei limiti di velocità). In tal senso, il giudizio di accertamento della contrarietà del fatto all’ordinamento giuridico nel suo complesso viene disancorato da una dimensione oggettiva e si colora, invece, di una dimensione soggettiva, che passa dall’esame delle percezioni e degli stati emotivi dell’agente, contrariamente a quanto affermato dalla tradizionale dottrina in tema di applicabilità della legittima difesa ai reati colposi. Si anticipa, dunque, una valutazione che sarebbe propria della dimensione soggettiva dell’eccesso nella causa di giustificazione, per attribuirgli rilevanza già sul piano dell’obiettiva liceità del fatto. Per di più, si disancora il principio di esigibilità dal piano che tradizionalmente gli viene ritenuto più congeniale, quello della colpevolezza. Nella vicenda in esame, tale principio viene, invece, ricollegato alla ratio stessa dell’antigiuridicità e vale a escludere la contrarietà del fatto all’ordinamento giuridico, sebbene sia normalmente qualificato come causa di esclusione della colpevolezza[12]. Così facendo, sullo sfondo della decisione, sembra affacciarsi l’esigenza di slegare la liceità della condotta dall’osservanza di un dato dovere giuridico, laddove ciò appaia illogico e irragionevole.
4. La pronuncia in esame merita, quindi, di essere segnalata proprio perché applica la legittima difesa a un reato colposo, pur a fronte di un impianto argomentativo non del tutto lineare. Invero, essa non contiene statuizioni di principio sul punto, ma di fatto assume l’applicabilità dell’art. 52 c.p., per poi soffermarsi in modo particolare sui contorni dell’istituto dell’eccesso nella causa di giustificazione, nei termini di cui ora si dirà, nel tentativo di ricostruire la seconda tematica oggetto d’analisi, rispettando l’ordine di trattazione indicato in apertura.
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5. In relazione alla vicenda controversa, la Cassazione è chiamata essenzialmente a decidere se ci si trovi o meno in presenza di una reazione difensiva eccessiva. Sul tema, la ricostruzione offerta appare in linea con la giurisprudenza esistente in materia.
Procediamo a tracciare le coordinate del tema esaminato, ricordando che il dettato codicistico reca la disciplina dell’eccesso nella causa di giustificazione all’art. 55 c.p., che riguarda i soli casi in cui l’agente travalichi per colpa i limiti di giustificazione della sua azione, vale a dire i limiti che la norma scriminante pone in chiave limitativa della sua efficacia. La sua condotta è, dunque, coperta da una causa di giustificazione reale soltanto fino a un certo punto del suo svolgimento, mentre in un secondo momento temporale sconfina nella mera putatività di un elemento scriminante, di cui lo stesso agente eccede per colpa i limiti[13]. Il carattere colposo del superamento dei limiti della scriminante fonda la rimproverabilità del soggetto agente per il fatto commesso – che è, dunque, un fatto illecito, strutturalmente colposo[14] – segnando al contempo l’applicabilità delle disposizioni che lo incriminano come tale, se previste.
5.1. Secondo la ricostruzione offerta dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalente – cui, in effetti, aderisce anche la Quarta Sezione della Corte di cassazione con la sentenza in esame –, le forme di manifestazione dell’eccesso colposo nella causa di giustificazione sono sostanzialmente due e si differenziano tra loro a seconda del tipo di errore in cui sia incorso l’agente[15]. In alcuni casi, il superamento dei limiti di giustificazione è dovuto a un’erronea valutazione della situazione scriminante da parte dell’agente, che si convince in modo errato della necessità di tenere un comportamento di portata maggiore rispetto a quella scriminata (si parla di c.d. eccesso nel fine o di errore motivo). In altri casi, invece, l’eccesso si giustifica in ragione di un errore esecutivo ed è dovuto al fatto che il soggetto agente non riesce a contenere la propria condotta entro i limiti di giustificazione, per un errore, appunto, modale (si parla di c.d. eccesso nei mezzi o errore inabilità).
Se per alcuni la prima ipotesi si avvicina a quella della scriminante putativa di cui all’art. 59, co. 4, c.p., costituendone una vera e propria specificazione (in un caso, l’errore cade sull’esistenza della situazione scriminante, nell’altro, soltanto sui suoi limiti)[16], per altri sarebbe la sola a essere ricompresa nell’ambito di operatività dell’art. 55 c.p., dovendo l’altra ipotesi di eccesso nei mezzi essere risolta in base ai normali principi della responsabilità colposa[17]. Sembra essere questo il caso della vicenda fattuale controversa, che, tuttavia, nasce già come ipotesi colposa.
5.2. In questo contesto, l’eccesso colposo di legittima difesa ricorre quando, in presenza di una reale situazione di pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui, la reazione difensiva travalichi colposamente – per un errore-motivo o per un errore-inabilità – i limiti imposti dalla necessità o dalla proporzione.
6. Nella ricostruzione fornita dalla Quarta Sezione alla luce delle coordinate fin qui delineate, il giudizio di accertamento delle ipotesi di eccesso nella legittima difesa si compone di un duplice oggetto, che acquista una dimensione oggettiva e una soggettiva. Il giudice è chiamato ad accertare, in via preliminare, l’inadeguatezza della reazione difensiva, in termini di sproporzione rispetto all’azione offensiva e di eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’agente (dimensione “oggettiva”), per poi valutare se il superamento dei limiti di giustificazione sia avvenuto consapevolmente o involontariamente (dimensione “soggettiva”).
6.1. L’accertamento dell’inadeguatezza della reazione difensiva postula la formulazione di un giudizio ex ante, analogamente a quanto vale per la valutazione dei presupposti della legittima difesa, reale o putativa[18]. In particolare, il giudice si pone al tempo di commissione del fatto, per poter raffrontare i mezzi usati dall’agente nel reagire all’aggressione, con gli altri mezzi eventualmente a sua disposizione. Allo stesso modo, il giudice è chiamato a operare un giudizio di valore ex ante tra i beni giuridici in conflitto, di cui valuta omogeneità o eterogeneità, avendo cura di negare la proporzione dell’azione rispetto alla difesa laddove si faccia questione di un conflitto tra beni eterogenei, collocati su un diverso piano della scala gerarchica dei valori costituzionali penalmente tutelati[19]. Oltre a ciò, l’accertamento relativo all’eccesso colposo di legittima difesa richiede un giudizio dal carattere relativo, che consenta di volgere lo sguardo alle specifiche e peculiari circostanze che connotano il caso di specie. Il giudice di merito è chiamato, perciò, a indagare le modalità esecutive della reazione difensiva, nonché tutti gli elementi fattuali che la caratterizzano, tanto quelli antecedenti, quanto quelli successivi all’azione, al fine ultimo di valutarne l’eventuale incidenza sull’errore nel fine o nei mezzi dal quale sia derivato il superamento dei limiti desumibili dalla norma scriminante[20].
6.2. Per quanto riguarda, invece, la seconda fase del giudizio, avente ad oggetto la c.d. dimensione “soggettiva” dell’eccesso, la Cassazione evidenzia come il suo apprezzamento sia essenziale per distinguere le ipotesi di eccesso colposo da quelle di eccesso incolpevole o volontario e conseguentemente per definire la disciplina applicabile.
Se risulta che l’agente ha consapevolmente e volontariamente tenuto una condotta eccedente le modalità e gli scopi per i quali l’ordinamento consente la difesa, nulla quaestio. Il fatto deriva da una scelta consapevole, perciò estranea all’ambito di operatività di qualsiasi scriminante, ed è, quindi, fonte di responsabilità dolosa.
Se, invece, si accerta che l’eccesso è dovuto a un errore modale o di giudizio, rispetto al quale è possibile muovere all’agente un rimprovero per colpa, in termini di negligenza, imprudenza o imperizia, l’agente non andrà esente da responsabilità, ma il fatto a lui addebitato sarà riqualificato come reato colposo, se la legge lo prevede come tale[21]. In caso di errore esecutivo, il superamento dei limiti di difesa è effettivamente involontario, ancorché evitabile – e in ciò si giustifica la sua rimproverabilità –, sicché non si discute della natura colposa della responsabilità dell’agente. Diversamente, nel caso di errore di giudizio, quando cioè l’eccesso deriva da una erronea valutazione dell’agente, residua un elemento di volontarietà dell’azione (che, in effetti, consegue a una decisione volontaria dell’agente, ancorché dettata da un errore di valutazione). Si parla, quindi, di una responsabilità per c.d. colpa impropria: l’agente risponde a titolo di colpa, ma per un fatto comunque voluto, come, del resto, accade nelle ipotesi di errore di fatto determinato da colpa (art. 47 c.p.) e di erronea supposizione di una causa di giustificazione (art. 59, co. 4, c.p.)[22].
Quando poi l’errore di valutazione è scusabile, ovvero quando l’errore modale non è prevedibile o altrimenti evitabile, l’eccesso è incolpevole e l’agente non è punibile per difetto di colpevolezza[23].
7. Se queste sono le regole per la selezione delle ipotesi di eccesso colposo di legittima difesa, in tale ambito, a giudizio della Corte, resta sempre fermo il principio espresso dall’antico brocardo adgreditus non habet staderam in manu, che deve necessariamente orientare la lettura del comportamento dell’aggredito. Pertanto, laddove tale comportamento sia consistito nella violazione di regole cautelari, la valutazione circa il loro mancato rispetto non va compiuta rigidamente. Ciò al fine di scongiurare affermazioni di responsabilità di posizione, sconfinanti in forme di responsabilità oggettiva. Piuttosto, tale valutazione deve risentire della situazione patologica in cui si realizza l’azione difensiva alla stregua del principio di esigibilità, il cui spazio di operatività risulta, come già osservato, dilatato.
8. Facendo applicazione di questi principi, la Quarta Sezione della Cassazione conferma la decisione della Corte territoriale, escludendo in radice la configurabilità di un’ipotesi di eccesso nella causa di giustificazione.
Il giudice di prime cure aveva ancorato il riconoscimento dell’eccesso colposo di legittima difesa alla violazione di alcune regole cautelari poste dal codice della strada in materia di limiti di velocità e posizione dei veicoli sulla carreggiata (artt. 142 e 143 cod. strada), come se la loro osservanza avesse potuto consentire al soggetto agente di moderare l’entità della propria reazione difensiva, allineandola alle reali esigenze della vicenda in cui si era trovato coinvolto. Al contrario, la Corte di cassazione sembra sostenere – in ciò avallando la pronuncia della Corte territoriale – che non è possibile ravvisare, nel caso di specie, alcun errore modale o di giudizio, tanto nella valutazione dell’entità del pericolo, quanto nell’esecuzione della manovra posta in essere per sottrarsi all’aggressione. Sebbene la reazione difensiva sia consistita nella violazione di due regole cautelari, essa non è il frutto di un errore tale da determinare il superamento colposo dei limiti della causa di giustificazione. E nemmeno dipende da una scelta consapevole e volontaria. È vero che la violazione delle regole cautelari evidenzia l’esistenza di un commodus discessus, ma ciò non pregiudica la necessità della reazione, dal momento che le condotte alternative lecite o meno gravi risultavano comunque inesigibili alla luce della situazione patologica in cui si è svolta l’azione.
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9. In conclusione, possiamo osservare che la pronuncia qui compendiata si apprezza perché rappresenta uno dei pochi esempi di applicazione della legittima difesa a un reato colposo, offrendo, al contempo, una sintesi delle questioni maggiormente problematiche in tema di eccesso colposo nella legittima difesa. Merita di essere osservato, poi, il rilievo che la sentenza in esame assegna allo stato psicologico dell’aggredito e alla concitazione del momento, per argomentare sull’obiettiva liceità del fatto commesso.
La paura e il timore che seguono a un’aggressione sono stati spesso indicati quali fattori da valorizzare in sede di applicazione della legittima difesa, specie nell’ottica di selezionare le ipotesi di eccesso incolpevole nella causa di giustificazione. In particolare, si è discusso dell’opportunità di non oggettivizzare il giudizio di colpevolezza dell’eccesso di legittima difesa, valorizzando, invece, gli stati emotivi dell’agente sul piano della c.d. misura soggettiva della colpa. Da questo punto di vista, il modello è rappresentato dall’ordinamento tedesco, che prevede una causa di esclusione della colpevolezza per chi ecceda i limiti di una scriminante a causa di uno stato di turbamento o di paura. In questa direzione, si muoveva l’intervento di riforma varato nel 2019, con cui il legislatore ha espressamente attribuito un’efficacia scusante allo stato di turbamento emotivo dell’aggredito che abbia travalicato i limiti della legittima difesa domiciliare[24].
L’intenzione era quella di indirizzare la discrezionalità giudiziaria verso l’attribuzione di valore agli stati emotivi dell’aggredito. Tuttavia, la novella è stata accolta con sfavore per motivi diversi, tra cui l’irragionevole limitazione della nuova previsione alle sole ipotesi di eccesso nella legittima difesa domiciliare[25].
La Quarta Sezione sembra, ora, assegnare una nuova valenza agli stati emotivi anche fuori da questa ipotesi, quasi a conferma della superfluità della previsione normativa di nuova introduzione. Non solo, però, la sentenza in commento attribuisce un rilievo allo stato di turbamento dell’aggredito in un’ipotesi di legittima difesa comune, ma lo fa anche in relazione a un fatto in cui non si ravvisa nemmeno un eccesso nella causa di giustificazione, ovverosia un profilo di rimproverabilità a titolo di colpa eventualmente rilevante già ex art. 55, co. 1, c.p. Piuttosto, la Quarta Sezione attribuisce un rilievo alla paura e al timore dell’aggredito sul piano dell’antigiuridicità, come se lo stato emotivo fosse uno dei parametri a cui ancorare il giudizio che dovrebbe condurre alla verifica di sussistenza dei requisiti della legittima difesa, specie della sua necessità.
[1] Per un quadro del problema, cfr. F. Viganò, Sub Art. 52 c.p., in Codice Penale Commentato, a cura di E. Dolcini, G.L. Gatta, Wolters Kluwer, 2021, vol. I, p. 925.
[2] Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale, attribuibile a Cass. pen., Sez. IV, 12 ottobre 1970, n. 1669, Guarneri. Nello stesso senso, v. Cass. 10 luglio 1959, GP, 1960, II, 133; Cass. 19 gennaio 1956, GP, 1957, II, 122, citate da T. Padovani, Difesa legittima, in Dig. disc. pen., Wolters Kluwer, 1989, III, p. 514. Per una più ampia trattazione del tema dell’applicabilità delle cause di giustificazione ai fatti colposi, cfr. S. Fiore, Cause di giustificazione e fatti colposi, Cedam, 1996.
[3] T. Padovani, Difesa legittima, in Dig. disc. pen., cit., p. 514, cui rinvia anche F. Viganò, Sub Art. 52 c.p., in Codice Penale Commentato, cit., p. 925.
[4] Ibidem. Analogamente, S. Fiore, Scriminanti e reato colposo, in Enc. dir., Giuffrè, 2021, II, p. 1141. Sul punto, cfr. anche, V. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Utet, 1987, vol. II, p. 350; G. Delitala, Legittima difesa e delitto colposo, in Riv. it. dir. pen., 1940, p. 542, che, peraltro, osserva proprio come nei delitti colposi l’azione sia comunque volontaria, ancorché il suo risultato non lo sia, così confermando l’applicabilità della scriminante ai delitti colposi. Nella letteratura più recente, v. G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte generale, Zanichelli, 2024, p. 600.
[5] G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale, XIII ed., 2024, p. 241.
[6] F. Viganò, Sub Art. 52 c.p., in Codice Penale Commentato, cit., p. 925.
[7] Sul punto, T. Padovani, Difesa legittima, in Dig. disc. pen., cit., p. 515; F. Viganò, Sub Art. 52 c.p., in Codice Penale Commentato, cit., p. 925.
[8] S. Fiore, Scriminanti e reato colposo, in Enc. dir., Giuffrè, 2021, II, p. 1139-1140.
[9] Ibidem, p. 1142.
[10] G. Delitala, Diritto penale. Raccolta degli scritti, Giuffrè, 1976, p. 462.
[11] S. Fiore, Scriminanti e reato colposo, in Enc. dir., cit., pp. 1139-1140.
[12] Per tutti, G. Fornasari, Il principio di inesigibilità nel diritto penale, Cedam, 1990.
[13] Cass. pen., Sez. I, 24 settembre 1991, Riolo, in Giust. Pen., 1992, II, c. 264. Si badi che ciò non deve indurre a sovrapporre le ipotesi di eccesso nella causa di giustificazione a quelle di erronea supposizione della presenza di una scriminante di cui all’art. 59, co. 4, c.p. Difatti, in caso di eccesso, l’errore cade soltanto sui limiti di giustificazione, mentre nel caso di erronea supposizione, l’errore cade sui presupposti di esistenza della causa di giustificazione stessa, che l’agente ritiene sussistenti sebbene manchino nel caso di specie. Nondimeno, la circostanza che l’agente versi in errore circa la sussistenza dei presupposti di esistenza della scriminante non esclude in radice la configurabilità di un’ipotesi di eccesso colposo, che può, dunque, ravvisarsi anche in presenza di una causa di giustificazione c.d. putativa. Gli errori sui limiti di giustificazione e sui presupposti di esistenza della scriminante possono, dunque, sommarsi. Sul punto, cfr., da ultimo, Cass. pen., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 24084, con nota di M. Mossa Verre, L’errore sulla legittima difesa e l’eccesso colposo: osservazioni a margine di un ‘caso da manuale’, in Dir. pen. cont., 2020, 4.
[14] Se in passato di discuteva della natura giuridica della responsabilità della fattispecie contemplata all’art. 55 c.p. (vi era, in particolare, chi sosteneva che si trattasse di una fattispecie dolosa, trattata come colposa soltanto ai fini sanzionatori, cfr. sul punto, F. Consulich, Sub Art. 55 c.p., in Commentario breve al codice penale, a cura di G. Forti, S. Riondato, S. Seminara, Wolters Kluwer, 2024, p. 322), oggi la dottrina è pressoché concorde nel ritenere che abbia natura colposa il fatto commesso da chi travalichi i limiti di una causa di giustificazione. Sul punto, cfr. G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte generale, cit., p. 279; F. Mantovani, G. Flora, Diritto penale, Cedam, XII ed., 2024, p. 282; G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale, cit., p. 323; D. Pulitanò, Diritto penale, Giappichelli, X ed., 2023, p. 302; F. Viganò, Sub Art. 55 c.p., in Codice Penale Commentato, cit., p. 1038. Nella giurisprudenza più recente, v. Cass. pen., Sez. V, 9 aprile 2018, n. 15713; Cass. pen., Sez. IV, 15 novembre 2017, n. 52120, con nota di B. Rossi, Il delitto commesso per eccesso colposo ha una natura sostanzialmente colposa, in Cass. pen., 2018, p. 1233. Si veda anche V. Masarone, Riflessioni sulla natura giuridica della responsabilità penale per eccesso colposo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2004, pp. 1056 ss.
[15] G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale. Parte generale, cit., p. 278; F. Mantovani, G. Flora, Diritto penale, cit., p. 283; G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale, cit., p. 323; T. Padovani, Diritto penale, Giuffrè, XIII ed., 2023, p. 227; F. Palazzo, R. Bartoli, Corso di diritto penale. Parte generale, Giappichelli, IX ed., 2023, p. 347; D. Pulitanò, Diritto penale, cit. p. 302. In giurisprudenza, di recente, cfr. Cass. pen., Sez. IV, 26 settembre 2017, n. 48281, Balilla.
[16] F. Viganò, Sub Art. 55 c.p., in Codice Penale Commentato, cit., p. 1042.
[17] Sul punto, si vedano, per tutti, P. Siracusano, Eccesso colposo, in Dig. disc. pen., Utet, 1990, p. 185; M. Romano, Sub Art. 55 c.p., in Commentario sistematico del codice penale, Giuffrè, 2004, vol. 1, p. 580. A parere di C.F. Grosso, Eccesso colposo, in Enc. giur., Giuffrè, XII, 1989, 2, queste ipotesi dovrebbero essere regolate secondo la disciplina dell’aberratio delicti di cui all’art. 83 c.p. Alcuni sostengono poi la natura pleonastica della disposizione, proprio in ragione della generale applicabilità alle ipotesi di eccesso nella causa di giustificazione dei normali principi in tema di responsabilità colposa, cfr., per tutti, M. Spina, La Cassazione considera (già) inutile quel che la politica promette di eliminare. Il paradosso dell’eccesso colposo di legittima difesa (art. 55 c.p.), in Dir. pen. cont., 2018, 7, p. 30.
[18] Non è infrequente che la giurisprudenza affidi la verifica di sussistenza dei presupposti oggettivi di una causa di giustificazione ad un giudizio ex ante. Al riguardo, il dato della legittima difesa è emblematico. Sul punto, cfr. Cass. pen., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 24084, Perrone; C. App. Taranto, 2 maggio 2017, n. 82; Cass. pen., Sez. IV, 3 maggio 2016, n. 33591; Cass. pen., Sez. V, 4 novembre 2009, n. 3507, S.G.C.; Cass. pen., Sez. I, 25 ottobre 2005, n. 45425, Bollardi S.C. In dottrina, si registrano orientamenti divergenti. Per alcuni, il giudizio di accertamento dovrebbe essere parametrato alle circostanze conoscibili al momento dell’azione, integrate dalle eventuali conoscenze ulteriori dell’agente. La dottrina prevalente, tuttavia, si esprime in senso diverso. Per G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale, cit., pp. 345-346, il pericolo va accertato attraverso una prognosi postuma in concreto, che tenga conto di tutte le circostanze esistenti in quel momento, anche se accertate e accertabili solo ex post (cfr. anche G. Marinucci, Agire lecito in base a un giudizio ex ante, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2011, p. 394). Analogamente, F. Mantovani, G. Flora, Diritto penale, cit., p. 256; T. Padovani, Diritto penale, cit., p. 208; F. Palazzo, R. Bartoli, Corso di diritto penale. Parte generale, cit., p. 376; F. Viganò, Sub Art. 55 c.p., in Codice Penale Commentato, cit., p. 912 e p. 1041; contra, v. F. Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè, XVI ed., 2003, p. 306. Si veda anche F. Macrì, Effettività e limiti costituzionali della legittima difesa: dal far west al fair risk, Giappichelli, 2020, p. 134, secondo cui anche la giurisprudenza applicherebbe de facto un parametro ex post.
[19] L’apprezzamento del requisito della proporzione tra offesa e difesa esige, quindi, un rapporto di corrispondenza valutativa fra due termini, formulato con giudizio cronologicamente riferito al momento della reazione difensiva e avendo riguardo ai mezzi usati dall’aggredito e a quelli a sua disposizione, nonché ai beni giuridici in conflitto, secondo un approccio qualitativo e necessariamente relativistico. Sul punto, cfr. Cass. pen., Sez. V, 24 settembre 2020, n. 32414, Di Pietro; Cass. pen., Sez. V, 20 ottobre 2017, n. 53313; Cass. pen., Sez. I, 26 novembre 2009, n. 47117; Cass. pen., Sez. I, 20 giugno 1997, n. 6979, Sergi.
[20] Cass. pen., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 24084; Cass. pen., Sez. IV, 3 maggio 2016, n. 33591; Cass. pen., Sez. I, 5 marzo 2013, n. 13370; Cass. pen., Sez. V, 4 novembre 2009, n. 3507.
[21] Cass. pen., Sez. IV, 13 febbraio 2019, n. 9463; Cass. pen., Sez. III, 27 aprile 2018, n. 30910.
[22] C. App. Roma, Sez. I, 18 settembre 2019, n. 9955; Cass. pen., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 24084; Cass. pen., Sez. V, 8 luglio 2010, n. 26190; Cass. pen., Sez. IV, 16 gennaio 2009, n. 1786; in senso parzialmente difforme, Cass. pen., Sez. IV, 15 novembre 2017, n. 52120. In dottrina, parla di una responsabilità per colpa impropria L. Risicato, Cooperazione in eccesso colposo: concorso “improprio” o compartecipazione in colpa “impropria”, in Dir. pen. proc., 2009, p. 581 e p. 587, secondo cui nelle ipotesi di colpa impropria il rimprovero retroagisce alla soglia dell’inesatta valutazione della situazione di pericolo o dei mezzi da usare per fronteggiarla. Ciò rende volontario l’evento lesivo, ma non il reato, e si giustifica, quindi, l’affermazione della natura colposa del fatto commesso. Sul punto, si veda anche M. Romano, Sub Art. 43, in Commentario sistematico del codice penale, cit., pp. 107 ss.
[23] G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale. Parte Generale, cit., p. 324.
[24] Sul tema, A. Roiati, Il grave turbamento emotivo e l’inesigibilità per contesto e per tipo di autore, in Arch. pen., 2020, 1.
[25] Cfr. ex multis, D. Pulitanò, Legittima difesa: fra retorica e problemi reati, in Dir. pen. cont., 2017, 4; F. Cingari, Per una riforma della disciplina dell’eccesso di legittima difesa, in Arch. pen., 2018, 3, pp. 10 ss.; F. Consulich, La riforma della legittima difesa, in Dir. pen. cont., 2019, 3; G.L. Gatta, La nuova legittima difesa nel domicilio: un primo commento, in Dir. pen. cont., 1° aprile 2019.