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17 Aprile 2025


Riforma del codice della strada (l. n. 177/2024) e "guida dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti" punibile a prescindere dallo stato di alterazione psico-fisica del conducente: sollevata questione di legittimità costituzionale

Trib. Pordenone, ord. 8 aprile 2025, g.i.p. Granata



*Contributo pubblicato nel fascicolo 4/2025. 

 

1. Con l’ordinanza che può leggersi in allegato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica con la memoria, che pure pubblichiamo, ha sollevato un'interessante questione di legittimità costituzionale della ‘nuova’ formulazione della contravvenzione di “Guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti” (art. 187 Codice della Strada), in relazione agli artt. 3, 25, co. 2 e 27, co. 3 Cost. In particolare, il G.i.p. dubita della conformità a Costituzione dell’art. 1, co. 1 lett. b) n. 1 e 2, l. 25 novembre 2024, n. 177 (“Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada”), nella parte in cui ha soppresso le parole “in stato di alterazione psico-fisica” dall’art. 187 C.d.S.

A seguito di tale intervento legislativo, infatti, la contravvenzione in esame non prevede più il requisito della “alterazione psico-fisica” e si sostanzia quindi in una fattispecie fondata sul mero riscontro di una situazione di positività a sostanze stupefacenti o psicotrope del soggetto che si trova alla guida: in altri termini, per applicare le sanzioni ivi previste non assume più alcun rilievo la circostanza che la sostanza assunta abbia alterato le capacità psico-motorie del guidatore al momento in cui questi si pone alla guida.

A seguito della recente riforma del codcie della strada, i commi 1 e 1-bis dell'art. 187 C.d.S. recitano infatti come segue: 1) «chiunque guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l'arresto da sei mesi ad un anno»; 1-bis) «se il conducente dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 1 sono raddoppiate (..)».

 

2. Partiamo tuttavia, come di consueto, dall’illustrazione dei fatti che hanno dato origine al giudizio. In data 24 dicembre 2024, una signora alla guida del proprio veicolo cagionava un incidente stradale impattando contro un’altra auto. Durante il ricovero presso l’ospedale di Pordenone, la donna riferiva di aver assunto tre gocce di ansiolitico EN (principio attivo delorazepam), nonché di assumere con regolarità il farmaco Tachidol (principio attivo codeina) per trattare una patologia cronica. A seguito delle analisi tossicologiche effettuate su campione di urine, l’esito degli accertamenti evidenziava una positività agli oppiaci per 516 ug/l. Le analisi su campione ematico davano invece esito negativo.

Va chiarito, in primis, che le analisi sulle urine permettono di rilevare tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope fino a diversi giorni o settimane dalla loro assunzione, mentre gli esami ematici consentono di rilevarne la presenza solo entro un arco temporale di 24/72 ore. L’attuale disciplina del Codice della Strada non differenzia le diverse tipologie di accertamento utilizzabili per rilevare tracce di positività: il co. 3 dell’art. 187 C.d.S. stabilisce infatti che qualora non sia possibile effettuare il prelievo di campioni di fluido del cavo orale, ovvero nel caso in cui il conducente rifiuti di sottoporsi a tale prelievo, gli agenti di polizia stradale accompagnano il guidatore presso una struttura sanitaria per il prelievo di campioni di liquidi biologici ai fini dell'effettuazione degli esami necessari ad accertare la presenza di sostanze stupefacenti o psicotrope, senza tuttavia distinguere tra prelievi delle urine e del sangue.

Nel caso di specie emergeva dunque con certezza l’accertamento di una pregressa assunzione di sostanze oppiacee, avvenuta tuttavia in un momento precedente alle 24/72 ore rispetto all’incidente stradale. Il pubblico ministero non poteva allora far altro che costatare l'integrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 187, co. 1-bis C.d.S., compreso quello dello status soggettivo: trattandosi infatti di contravvenzione punita anche a titolo di colpa, risultava altresì integrato tale elemento, non richiedendosi l’accertamento della piena rappresentazione e volontà di commettere il fatto, ma bastando la prova della realizzazione di una condotta negligente o imprudente.

Il P.M., nel richiedere l’emissione del decreto penale di condanna, ha tuttavia sostenuto che la nuova disciplina dell’art. 187 C.d.S. si espone a plurime censure di costituzionalità. Questi ha quindi rivolto al G.i.p. la richiesta di rimettere la questione al vaglio della Consulta, con le argomentazioni esposte nella memoria allegata, di seguito sinteticamente compendiate e integralmente valorizzate nell’ordinanza di rimessione del Giudice.

 

3. Prima di motivare in ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza della questione, l’ordinanza di rimessione ha chiarito le coordinate del cambiamento normativo introdotto con la l. n. 177/2024. La formulazione previgente dell’art. 187 C.d.S. richiedeva che venisse dimostrato, non solo che il guidatore avesse assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, ma anche che lo stesso si trovasse in uno “stato di alterazione” tale da compromettere la capacità di guida. A questo proposito, la giurisprudenza di legittimità era costante nel confermare che ai fini dell'integrazione del reato fosse necessario, sia un accertamento tecnico-biologico circa l’assunzione delle sostanze, sia che altre circostanze provassero la situazione di alterazione psico-fisica. Il punto è questo: le tracce degli stupefacenti permangono infatti nel corpo per molto tempo, sicché la positività degli esami non è di per sé segno che l’assuntore sia al momento del fatto in stato di alterazione[1]. Non solo, la formulazione precedente dell’art. 187 C.d.S. imponeva inoltre di dimostrare il collegamento causale tra la pregressa assunzione di sostanze e lo stato di alterazione: non era infatti sufficiente che l’agente si fosse posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe, ma era necessario che questi avesse guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione[2].

L’art. 187 C.d.S. era quindi congegnato in modo da selezionare le sole condotte idonee a ledere il bene giuridico della sicurezza stradale e della salvaguardia della incolumità fisica degli utenti della strada, sul presupposto che «solo l’alterazione psico-fisica indotta da una pregressa assunzione di sostanze fosse idonea, secondo l’id quod plerumque accidit, a modificare le normali condizioni di guida del conducente, concretizzando una situazione di pericolo per la sicurezza stradale». La formulazione attuale dell’art. 187 C.d.S. si limita invece a sanzionare la condotta di chi si mette alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, subordinando la punibilità al mero riscontro della positività degli esami che, come si è detto, può sussistere anche a notevole distanza dall’assunzione (addirittura dopo settimane, nel caso degli esami delle urine).

 

4. Venendo ora a presupposti della rilevanza e non manifesta infondatezza, nessun dubbio sussiste con riguardo alla ricorrenza del primo. Da un lato, pacifica è la possibilità per il G.i.p. di sollevare la questione di legittimità costituzionale in sede di valutazione di una richiesta di emissione di decreto penale di condanna: detto giudice è infatti chiamato ad applicare nel caso di specie l’art. 187 C.d.S. così come modificato dalla l. n. 177/2024; dall’altro lato, l’ordinanza di rimessione ha precisato come non sia praticabile una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, che consenta di superare i vizi di costituzionalità riscontrati. L’unico modo di sanare i problemi originati dalla legge di riforma del C.d.S. sarebbe infatti quello di riproporre in via interpretativa il requisito dello “stato di alterazione”, che il legislatore ha voluto chiaramente eliminare: una operazione che si sostanzierebbe in una abrogazione de facto della riforma. Nella memoria del pubblico ministero si è precisato inoltre che, pur trovando applicazione nel caso di specie l’art. 187, co. 1-bis C.d.S. – che punisce la causazione di un incidente stradale dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti – il quesito di costituzionalità coinvolge inevitabilmente anche la nuova formulazione del co. 1 del medesimo articolo, che invece incrimina “chiunque guida” dopo aver assunto tali sostanze. Il co. 1-bis rappresenta infatti una circostanza aggravante del co. 1, «sicché le due disposizioni vivono e cadono insieme».

 

5. Le memoria del p.m. ha altresì sottolineato come la questione di costituzionalità in esame non ponga problemi in punto di ammissibilità. Il quesito coinvolge una norma – l’art. 1, co. 1 lett. b) n. 1 e 2 della l. n. 177/2024 – che ha ampliato l’ambito applicativo dell’art. 187 C.d.S., tanto che una eventuale pronuncia di accoglimento produrrebbe solo effetti in bonam partem. Tornerebbe infatti a vivere la precedente formulazione della contravvenzione, caratterizzata da un perimetro più ristretto.

 

6. Lo sforzo argomentativo più importante, come è naturale che sia, è impiegato per motivare la non manifesta infondatezza del petitum. In particolare, il pubblico ministero e il G.i.p. dubitano della legittimità costituzionale della normativa in esame in relazione agli artt. 3, 25, co. 2 e 27, co. 3 Costituzione.

Con riguardo all’art. 3 Cost., viene messo in evidenza il contrasto della disciplina oggetto di censura sia in relazione ai principi di ragionevolezza e proporzionalità, sia con riferimento al principio di uguaglianza.

Quanto ai primi due – ragionevolezza e proporzionalità – si ricorda come la giurisprudenza della Consulta abbia di recente iniziato a riconoscere autonomia a tali concetti, qualificando la proporzionalità come un criterio autonomo rispetto a quello di ragionevolezza[3]. Quest’ultimo, che può trovare ingresso nei giudizi di legittimità costituzionale anche quando sia disgiunto da un “tertium comparationis”, è inteso quale «limite esterno alla discrezionalità legislativa»; un canone tramite cui sindacare le modalità con le quali il legislatore ha effettuato il bilanciamento tra interessi costituzionalmente tutelati e dunque a mezzo di cui valutare «la coerenza, la non arbitrarietà, la proporzionalità, la congruità, l’adeguatezza e l’equilibrio del mezzo utilizzato rispetto al fine perseguito»[4]. In particolare la memoria del pubblico ministero ha ricostruito poi in senso analogo la portata del giudizio di proporzionalità, utilizzato, nella recente giurisprudenza della Corte costituzionale, al fine di valutare se la norma oggetto di censura «sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti» e «tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi»[5].

Dopo aver chiarito il contenuto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità secondo le cadenze appena illustrate, il G.i.p. – sulla scorta di quanto sostenuto nella memoria del p.m. – ha quindi concluso che l’attuale formulazione dell’art. 187 C.d.S., introdotta dalla l. n. 177/2024, sia palesemente irragionevole, nonché sproporzionata rispetto agli scopi perseguiti. Se questi ultimi vanno individuati nella tutela della sicurezza stradale e nella salvaguardia della incolumità fisica dei suoi utenti, l’intervento normativo appare allora essere del tutto irragionevole e sproporzionato per eccesso, andando a stigmatizzare una vasta gamma di situazioni del tutto neutre rispetto al bene giuridico tutelato. L’eliminazione del requisito dell’alterazione psico-fisica ha infatti trasformato la contravvenzione in un reato di pericolo astratto, basata sulla fallace logica di assoluta maggiore pericolosità alla guida del soggetto che ha assunto sostanze stupefacenti o psicotrope. Si tratta tuttavia, come sottolineava la memoria del p.m., di «una presunzione apodittica, che non tiene conto della distanza temporale del fatto, delle modalità e delle ragioni della assunzione, nonché della sua incidenza concreta rispetto alla guida», e che ha l’effetto di operare «una irragionevole equiparazione tra condotte meritevoli di sanzione (poiché realmente idonee a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma, come la guida in effettiva alterazione psico-motoria), rispetto ad altre del tutto neutre rispetto alla finalità di tutela della fattispecie contravvenzionale (quale l’assunzione di sostanza stupefacente o psicotropa diversi giorni prima al momento della guida), ovvero ancora socialmente accettate o accettabili (come l’assunzione di oppiaci a scopo terapeutico)».

 

7. Il contrasto con il parametro dell’art. 3 della Costituzione viene poi argomentato anche sub specie di lesione del principio di uguaglianza. In particolare, la memoria del pubblico ministero e l’ordinanza del G.i.p. hanno sostenuto che la mancanza di qualsiasi indagine sulla incidenza dell’assunzione di sostanze rispetto alla guida determina un doppio livello di disuguaglianza:

  1. una disuguaglianza “esterna”, perché la contravvenzione tratta diversamente il mero assuntore di sostanze stupefacenti rispetto a qualsiasi altro soggetto, anche se non sono presenti elementi che possano far ritenere che la guida del primo concretizzi un pericolo maggiore rispetto a quella del secondo;
  2. una disuguaglianza “interna”, in ragione del fatto che l’assoluta irrilevanza del requisito dello “stato di alterazione” determina l’applicazione della sanzione, tanto a chi si pone alla guida in effettivo stato di alterazione, quanto a chi sia invece fisicamente idoneo a guidare un autoveicolo.

Una lesione del principio di uguaglianza che emerge viepiù dal confronto tra la nuova disciplina dell’art. 187 C.d.S. e quella della costellazione di illeciti penali deputati a criminalizzare le condotte di guida da parte di soggetti che hanno assunto sostanze lato sensu alteranti. Sia l’art. 186 C.d.S. (Guida sotto l'influenza dell'alcool), sia gli artt. 589-bis, co. 2 (Omicidio stradale o nautico) e 590-bis, co. 2 (Lesioni personali stradali o nautiche gravi o gravissime) c.p. prevedono infatti elementi ulteriori rispetto al dato della pregressa assunzione: nel caso dell’art. 186 C.d.S. la presenza di un tasso alcolemico superiore allo 0,8 g/l., nelle ipotesi di omicidio e lesioni colpose stradali il riscontro di uno “stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope”.

 

8. L’ordinanza di rimessione si è soffermata quindi sul possibile contrasto della nuova formulazione dell’art. 187 C.d.S. con l’art. 25, co. 2 Cost., in relazione sia al principio di tassatività e determinatezza, sia al principio di offensività.

Quanto al primo dei due profili, la violazione dei principi di tassatività e determinatezza, il pubblico ministero e il G.i.p. hanno  entrambi sottolineato che l’attuale formulazione dell’art. 187 C.d.S. non consente né di selezionare adeguatamente le condotte penalmente rilevanti, né di fornire una chiara indicazione ai consociati circa l’esatta linea di confine tra l’area dell’illiceità penale e quella della liceità. A questo proposito, i provvedimenti in esame ricordano che la Consulta ha già avuto modo di valutare la legittimità costituzionale della disciplina oggetto di scrutinio per contrasto con il principio di determinatezza, in ragione della mancata previsione di una “soglia limite di rilevanza penale”, contemplata invece nell’art. 186 C.d.S. (Guida sotto l'influenza dell'alcool). Nella sentenza n. 277 del 2004, la Corte aveva tuttavia ritenuto che la necessità di accertare gli elementi dello “stato di alterazione” e dell’assunzione di sostanze rendesse la fattispecie sufficientemente determinata e dunque costituzionalmente legittima. Una affermazione, quest’ultima, che non può però essere ribadita, alla luce della formulazione attuale della norma che, dopo l’eliminazione del requisito dello “stato di alterazione”, si espone ora a profili di contrasto con i citati principi di tassatività e determinatezza.

 

9. L’ordinanza di rimessione si sofferma poi sul profilo della violazione del principio di offensività. Già il pubblico ministero aveva sostenuto che la contravvenzione di cui all’art. 187 C.d.S. rappresenta un reato di pericolo e che a seguito della soppressione del requisito della “alterazione psico-fisica” sia passato dall’essere un reato di pericolo “concreto”, a collocarsi nel novero dei reati di pericolo “presunto”. Il legislatore ha la possibilità di realizzare forme di tutela anticipata di beni giuridici, fino al punto di ricorrere a quest’ultimo modello di incriminazione. Questa discrezionalità non è tuttavia assoluta e trova senz’altro un limite proprio nel principio di necessaria offensività della fattispecie penale, in virtù del quale occorrerà sempre che «la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all’id quod plerumque accidit».

Alla luce di queste premesse, il G.i.p. ha quindi convenuto che la contravvenzione in esame sia radicalmente inidonea a selezionare le condotte realmente lesive dei beni giuridici tutelati (ovvero, l’incolumità stradale e la sicurezza dei suoi utenti): la totale indiscriminata equiparazione di situazioni profondamente eterogenee si sostanzia infatti in una valutazione legislativa del tutto irrazionale e arbitraria e non corrispondente all’id quod plerumque accidit[6]. Né è possibile sopperire al problema attraverso una esegesi della disposizione che utilizzi il canone interpretativo dell’offensività in concreto. In primis, perché la formulazione letterale della disposizione – «chiunque guida dopo aver assunto .. è punito» – non consente di dare rilievo ad altri elementi; quindi, perché l’unico elemento valorizzabile al fine di una lettura conforme al principio di offensività sarebbe proprio lo “stato di alterazione”, requisito tuttavia che il legislatore ha voluto sopprimere. Né è infine possibile ricondurre la norma al rispetto del principio di offensività attraverso una lettura che valorizzi il motivo dell’assunzione della sostanza.

L’elisione del requisito dello “stato di alterazione” ha dato vita a una fattispecie che non risponde alla logica del maggior danno o pericolo per il bene giudico, ma a quella del “diritto penale d’autore”[7]: il trattamento sanzionatorio è apprestato, infatti, quale conseguenza dell’assunzione di sostanze stupefacenti e quindi di una mera qualità personale del soggetto. Risulta pertanto palese l’intento della norma di punire non tanto la guida pericolosa in sé, quanto piuttosto la positività a sostanze stupefacenti o psicotrope, in evidente contrasto con l’art. 25, co. 2 della Costituzione.

 

10. Il giudice a quo ha sostenuto infine la non manifesta infondatezza della questione in relazione all’art. 27, co. 3 Cost. In particolare, la mera incriminazione di uno status soggettivo frusta in toto l’esigenza rieducativa: la pena che consegue nel caso di specie non può pertanto essere in alcun modo avvertita come “giusta” dal reo e di conseguenza gettare le basi per un percorso rieducativo.

Nella memoria del p.m. si è sottolineato inoltre come la contravvenzione di cui all’art. 187 C.d.S. possa porsi in contrasto con specifiche forme di rieducazione, come nei casi in cui un soggetto intraprenda percorsi riabilitativi per la disintossicazione da sostanze stupefacenti. In tali specifiche situazioni, può accadere che un soggetto affetto da dipendenza da sostanze stupefacenti sostituisca la sostanza drogante con la somministrazione di farmaci sostitutivi che, tuttavia, comportano in molti casi una positività rilevante ai fini dell’art. 187 C.d.S. In questo modo, «l’effetto non è solo quello di apprestare sanzioni per condotte inoffensive, ma anche quello di stigmatizzare condotte espressive di percorsi di rieducazione e risocializzazione del reo». Un profilo in più, quest’ultimo, per sostenere la non manifesta infondatezza della questione anche in relazione al contrasto con l’art. 27, co. 3 Costituzione.

Alla luce di quanto illustrato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone ha quindi sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, co. 1 lett. b), n. 1 e 2 l. 25 novembre 2024, n. 177, nella parte in cui sopprime le parole “in stato di alterazione psico-fisica” dall’art. 187 C.d.S., per violazione degli artt. 3, 25, co. 2 e 27, co. 3 Costituzione.

 

 

 

 

[1] Cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. IV, 13 febbraio 2024, n. 8296, in DeJure; Cass. pen., Sez. IV, 25 gennaio 2023, n. 5890, in DeJure; Cass. pen., sez. IV, 6 ottobre 2021, n. 8417, in DeJure.

[2] Cfr. Cass. pen., Sez. IV, 17 gennaio 2020, n. 15078, in DeJure.

[3] Sull’autonomia di questi due concetti, la memoria del p.m. richiama le sentenze della Corte costituzionale n. 184 del 2023, n. 14 del 2023, n. 5 del 2023, n. 97 del 2020 e n. 20 del 2019.

[4] Con specifico riguardo al principio di proporzionalità, la memoria del p.m. cita le sentenze della Corte costituzionale n. 108 del 1994, n. 46 del 1993, n. 467 del 1991 e n. 1130 del 1988.

[5] Cfr. Corte cost., n. 1 del 2014.

[6] Tra le sentenze citate nella memoria del p.m. si v. Corte cost. 211 del 2022, n. 278 del 2019, n. 141 del 2019, n. 109 del 2016, n. 225 del 2008 e n. 333 del 1991.

[7] Con riguardo all’illegittimità di trattamenti penali più severi fondati su qualità personali, la memoria del p.m. cita le seguenti sentenze della Corte costituzionale: Corte cost. n. 116 del 2024, n. 249 del 2019, n. 263 del 2000, n. 370 del 1996, n. 360 del 1995, n. 14 del 1971, n. 110 del 1968.