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16 Novembre 2023


L’accesso alla giustizia penale per le vittime di reato con status migratorio irregolare


1. Il report disponibile in allegato presenta i risultati di uno studio socio-giuridico dedicato all’accesso alla giustizia libero e sicuro per le vittime di reato con status migratorio irregolare, con particolare attenzione alla fase di denuncia del reato, condotto dall’unità di ricerca dell’Università degli Studi di Milano, diretta dal Prof. Marco Maria Scoletta (P.I.) e composta dalle Dott.sse Sara Bianca Taverriti e Francesca Vitarelli.

Di recente è stato osservato come i migranti con status irregolare sperimentino una condizione di particolare vulnerabilità che ostacola l’esercizio del loro diritto di difesa in qualità di vittime. Infatti, nell’approcciare le forze di polizia per la denuncia del reato subito, tali soggetti finiscono per rivelare il proprio status migratorio, esponendosi così al rischio di essere espulsi o sottoposti a procedimento penale. Conseguentemente, si registra una netta riluttanza alla denuncia per gli stranieri irregolari che genera ulteriore emarginazione per questa categoria, un incremento della loro vittimizzazione dovuta al fatto che gli autori del reato possono approfittare del silenzio della persona offesa, e – in ultima istanza – l'impossibilità di contrastare efficacemente molti episodi delittuosi presenti sul territorio. La prospettiva d’indagine si focalizza dunque su uno degli effetti collaterali prodotti dalla c.d. Crimmigration, ossia la vittimizzazione dei soggetti irregolari, che si potrebbe specularmente definire Victimigration.

La ricerca si inserisce nell’ambito del progetto VisaRocVictims with Irregular migration Status' sAfe Reporting Of Crimes[1], co-finanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’Università di Barcellona in cui sono consorziati enti di ricerca, ONG e pubbliche amministrazioni dislocate in quattro città (Barcellona, Gand, Milano e Utrecht), che si propone di esplorare i profili di tensione tra la protezione delle vittime dell'UE e le politiche di immigrazione, tematica evidenziata recentemente anche nella Strategia dell'UE sui diritti delle vittime (2020-2025)[2].

 

2. Il progetto prende le mosse da una precedente ricerca comparatistica coordinata dal Centre on Migration Policies and Society dell’Università di Oxford[3], che ha esplorato lo stato dell’arte delle legislazioni nazionali in Belgio[4], Italia[5], Paesi Bassi[6], Spagna[7] e Stati Uniti[8] e ha valutato la replicabilità dei cosiddetti firewalls (meccanismi che prevengono l’enforcement della legislazione in materia di immigrazione laddove la persona interagisca con le forze dell’ordine per denunciare un reato di cui è vittima) e di altri strumenti di tutela impiegati nelle Sanctuary Cities statunitensi. Approfondendo quanto già emerso, VISA RoC mira a individuare le buone pratiche a livello nazionale e locale che possono facilitare l’accesso alla giustizia per i migranti irregolari contrastando i fattori che disincentivano la denuncia.

Nelle fasi successive del progetto, anche grazie alla collaborazione di enti pubblici e ONG (per l’Italia, il Comune di Milano e Cooperativa Lotta contro l’emarginazione sociale), sono previste attività di divulgazione dei risultati della ricerca, iniziative comunicative (rivolte principalmente ai migranti e alle associazioni impegnate nella loro assistenza) e sessioni di formazione degli operatori di polizia, nell’ottica di migliorare l’accesso alla giustizia per gli stranieri irregolari.

 

3. Il report ha ad oggetto la legislazione italiana e, in particolare, le buone prassi maturate nel Comune di Milano. È stato redatto all’esito di uno studio che ha visto affiancata alla ricerca giuridica tradizionale, anche un’analisi qualitativa condotta “sul campo”, raccogliendo le testimonianze dirette e indirette di persone con status migratorio irregolare e intervistando operatori sociali, e operatori di polizia locale e volontari coinvolti a vario titolo nell’assistenza di migranti vittime di reato.

Nella sezione 1 vengono chiariti gli obiettivi, la metodologia e la struttura della ricerca; la sezione 2 analizza il quadro normativo nazionale riguardante i migranti irregolari e le possibilità di accesso alla giustizia; la sezione 3 approfondisce alcune buone pratiche adottate nel comune di Milano, implementate per offrire sostegno ad alcune categorie di vittime particolarmente vulnerabili (i.e. persone vittime di tratta, donne vittime di violenza di genere) seguendo un approccio multi-agency; la sezione 4 raccoglie le testimonianze (dirette e indirette) vissute da migranti irregolari vittime di reato; la sezione 5 formula alcune proposte per istituire percorsi di denuncia più accessibili e sicuri in Italia.

Rinviando alla lettura integrale per un maggiore approfondimento, vale la pena ricapitolare alcuni degli snodi essenziali che la ricerca ha evidenziato.

In primo luogo, la ricerca conferma che in Italia i migranti irregolari che si rivolgano alle forze di polizia o a qualunque pubblica autorità per denunciare un reato corrono effettivamente il rischio di subire un procedimento penale o una procedura amministrativa di espulsione. Questo dipende in larga parte dal fatto che le procedure di identificazione funzionali alla denuncia portano all’inevitabile disclosure della condizione di irregolarità, che – a sua volta – attiva l’obbligo di denuncia del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio. Nell’ordinamento italiano, l’obbligo di denuncia non conosce eccezioni paragonabili a quelle previste con riguardo all’obbligo di referto gravante sugli operatori medico-sanitari, previste dall’ordinamento per garantire un sereno accesso alle cure anche agli autori di reato (art. 365, c. 2 c.p.) e agli stranieri irregolari (art. 35, c. 5, T.U.I.). Gli unici istituti che forniscono una tutela in queste situazioni sono il riconoscimento della protezione internazionale e il rilascio di permessi di soggiorno speciali, che regolarizzano la presenza della/o straniera/o sul territorio favorendone l’integrazione sociale. Tuttavia, questi strumenti sono previsti soltanto per alcune categorie di soggetti. Oltre alla protezione internazionale che può essere riconosciuta solo in presenza di particolari requisiti, i permessi speciali rivolti a vittime/testimoni di reati sono: il permesso di soggiorno speciale per motivi di protezione sociale (art. 18 T.U.I.); il permesso di soggiorno speciale per vittime di violenza domestica (art. 18-bis T.U.I.); il permesso di soggiorno speciale per particolare sfruttamento lavorativo (art. 22, c. 12-quater T.U.I.); il permesso di soggiorno speciale per motivi investigativi (Art. 2 del d.l. 27 luglio 2005, n. 144) e il permesso di soggiorno per motivi di giustizia (art. Art. 5, c. 2, TUIMM e art. 11, c. 1, lett. c-bis), D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394). Nel contesto italiano, quindi, gli ostacoli più significativi, dal punto di vista normativo, derivano dal fatto che i permessi di soggiorno speciali non coprono l’intero spettro dei reati subiti dagli stranieri irregolari e dalla mancanza di un’esenzione dall’obbligo di denuncia per i pubblici ufficiali preposti alla ricezione delle denunce.

 

4. La ricerca sul campo ha poi evidenziato ulteriori limiti che – nella prassi – impediscono l’ingresso in percorsi di denuncia sicura anche per coloro che avrebbero diritto ad un permesso speciale. I fattori emergenti spaziano dalla difficoltà delle vittime a concepirsi come tali e a svincolarsi dalla rete criminale, alla ritrosia nel relazionarsi con le autorità per la mancanza di fiducia nelle stesse. A ciò si aggiunge l’incompleta formazione degli operatori che ostacola la corretta attuazione dei protocolli esistenti funzionali all’attivazione di percorsi denuncia sicura e l’esigenza di sviluppare nuovi protocolli per fronteggiare il fenomeno – sempre in trasformazione – dello sfruttamento. Le testimonianze (dirette e indirette) dei migranti irregolari hanno poi evidenziato ulteriori fattori di ostacolo alla denuncia, come il timore di ripercussioni negative, la predilezione per la “tutela” offerta dalla propria rete di riferimento e la difficoltà di ingresso nei percorsi di protezione sociale.

In conclusione, anche in considerazione del forte accentramento delle competenze in materia di immigrazione e di prevenzione e contrasto della criminalità vigente in Italia, il report enfatizza la necessità di riforma del quadro giuridico rilevante per la tematica, da perseguire attraverso l’estensione dei permessi di soggiorno per vittime di reato, ovvero con l’istituzione di una deroga all’obbligo di denunciare i migranti per la loro condizione di irregolarità, nel momento in cui accedano al sistema penale per cercare protezione in qualità di vittime.

A livello locale, si suggerisce il potenziamento delle prassi locali che favoriscono la denuncia sicura per le vittime di reato irregolari, consolidando l’approccio multi-agency attraverso la costruzione di solide reti locali formalizzate attraverso protocolli; si rilancia l’idea di istituire hub locali in cui raccogliere le denunce coinvolgendo anche la comunità degli avvocati e si valuta la possibilità di introdurre uno sportello informativo e di assistenza all’interno dell’Università; infine, si propone l’istituzione di una prassi che suggerisca agli operatori di non richiedere l’esibizione di un valido titolo di soggiorno laddove ciò non sia strettamente necessario.

5. In ultimo, si dirige l’attenzione verso gli orizzonti di tutela conseguibili a livello sovranazionale attraverso gli strumenti di armonizzazione previsti dall’Unione Europea e grazie al potenziale contributo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

A livello UE, risulta particolarmente significativa la Proposta di modifica della direttiva 2012/29/UE[9] che prevede l’inserimento dell’art. 5-a, che introduce nuove norme in materia di Reporting of crime tese a favorire la denuncia da parte delle vittime, tra cui spicca la possibilità di presentare denuncia servendosi di tecnologie dell'informazione e della comunicazione facilmente accessibili e di agevole utilizzo (c. 1), ma soprattutto la norma di cui al c. 5, in cui si prevede che «Gli Stati membri provvedono affinché alle autorità competenti che entrano in contatto con una vittima che denuncia un reato sia vietato trasferire alle autorità competenti per la migrazione dati personali relativi allo status di soggiorno della vittima, almeno fino al completamento della prima valutazione individuale di cui all'articolo 22».

Le aspettative riposte verso la ‘Grande Europa’ riguardano invece la potenziale estensione della tutela offerta dal diritto al silenzio alle vittime di reato con status migratorio irregolare: considerando che i fattori che scoraggiano la denuncia finiscono – de facto – per escludere questi soggetti dall’accesso equo ed effettivo alla giustizia, si osserva come questo comporti una violazione del diritto di difesa (sub diritto a non autoincriminarsi), ma anche degli obblighi positivi di tutela sanciti dalla CEDU, che impongono allo Stato di adottare i presidi necessari per la tutela dei diritti degli individui senza discriminazioni[10].

 

[1] Per aggiornamenti sul progetto, è possibile consultare il sito dedicato https://www.safereporting.eu/.

[2] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Strategia dell'UE sui diritti delle vittime (2020-2025) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0258&from=IT.

[3] “Safe Reporting of Crime for Victims and Witnesses with Irregular Migration Status in the USA and Europe (2018-2019)” https://www.compas.ox.ac.uk/project/safe-reporting-of-crime-for-victims-and-witnesses-with-irregular-migration-status-in-the-usa-and-europe/.

[4] A. Van Den Durpel, Safe reporting of crime for migrants with irregular status in Belgium, 2019, COMPAS: Oxford, https://www.compas.ox.ac.uk/wp-content/uploads/SR19-Belgium-country-report.pdf.

[5] S.B. Taverriti, Safe reporting of crime for victims and witnesses with irregular migration status in Italy, 2019, COMPAS: Oxford, https://www.compas.ox.ac.uk/wp-content/uploads/SR19-Italy-country-report.pdf.

[6] R.Timmerman, A. Leerkes, & R. Staring, Safe reporting of crime for migrants with irregular status in the Netherlands, 2019, COMPAS: Oxford https://www.compas.ox.ac.uk/wp-content/uploads/SR19-Netherlands-country-report.pdf

[7] M. González Beilfuss, Safe reporting of crime for migrants with irregular status in Spain, 2019, COMPAS: Oxford, https://www.compas.ox.ac.uk/wp-content/uploads/SR19-Spain-country-report.pdf.

[8] N. Delvino, Safe reporting of crime for victims and witnesses with irregular migration status in the United States, 2019, COMPAS: Oxford, https://www.compas.ox.ac.uk/wp-content/uploads/SR19-US-country-report-1.pdf.

[9] Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio recante modifica della Direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52023PC0424

[10] Amplius, sul punto, S.B. Taverriti, Gimme Shelter”: The Right to Silence for Silenced Migrant Victims, in Dir. pen. cont. - Riv. Trim., 1/2023, p. 227-245