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01 Giugno 2021


Lo scudo penale Covid-19: prevista la punibilità solo per colpa grave per i fatti commessi dai professionisti sanitari durante l’emergenza epidemica


1. La previsione legislativa. – È stato messo in mano agli esercenti una professione sanitaria il tanto atteso scudo penale per i fatti commessi durante l’emergenza Covid-19.

È stato previsto nella legge di conversione del decreto legge n. 44 del 2021. Questo il testo:

«Art. 3-bis. – (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19) – 1. Durante lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell'esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave.

2. Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza».

Questo articolo 3-bis non era contenuto nel decreto legge e nella legge di conversione e segue quindi l’art. 3, previsto nel decreto legge e ora convertito in legge. L’art. 3 prevede l’esclusione della responsabilità penale per evento avverso al vaccino Covid-19, quando l’uso del vaccino è stato conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio e alle circolari ministeriali in materia[1]. Evidente lo scopo dell’art. 3: si è voluto immunizzare penalmente il personale sanitario impegnato nella campagna vaccinale. Con una metafora: si tratta di un vaccino penale per i vaccinatori Covid-19.

Nella legge di conversione il favor sanitario si esprime quindi nell’art. 3 e 3 bis. Si è parlato di scudo penale anche con riguardo all’art. 3, ma per ragioni di chiarezza comunicativa si potrebbe a questo punto opportuno limitare l’espressione scudo penale all’art. 3 bis e parlare di vaccino penale con riferimento all’art. 3, atteso appunto il suo fine d’immunizzare penalmente. Ovviamente si possono usare anche espressioni diverse, l’importante è come sempre capirsi.

Il vaccino penale è già stato oggetto di attenzione in questa Rivista[2]. Ci si può qui limitare a rilevare che il vaccino penale importa che non ci sia alcuna colpa, né lieve né grave, perché subordina la non punibilità all’osservanza delle regole cautelari in materia. Mentre lo scudo penale, prevedendo la punibilità della sola colpa grave, dovrebbe applicarsi solo se c’è colpa lieve e non in assenza di colpa, che trova invece la sua non punibilità nell’art. 43 alinea III c.p. Ad es., viene perso un paziente Covid-19, curato a domicilio da un’USCA: se la cura è stata conforme alle circolari del Ministero della Salute, non c’è bisogno di sollevare lo scudo: la condotta non è colposa.

Veniamo ora più da vicino agli intagli dello scudo.

 

2. Limiti di applicabilità. – La punibilità solo per colpa grave incontra quattro limiti: temporale, qualificativo, professionale, causale.

 

• Limite temporale

Questo limite è posto già dalla rubrica dell’art. 3 bis “durante lo stato di emergenza epidemiologica da SARS-Cov-2”. E viene precisato nel testo di legge “dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 e successive proroghe”. Quindi dal 31 gennaio 20 al 31 luglio 21, salvo ulteriori proroghe.

Lo stato di emergenza influisce sulla condotta, ostacolando o rendendo impossibile quella corretta. Non influisce sull’evento. Quindi nella previsione legislativa vanno inclusi anche i casi di lesioni o morte verificatisi dopo lo stato di emergenza, se la condotta colposa è avvenuta prima. Ad es., errata diagnosi il 18 luglio 21 e perdita del paziente dopo il 31 successivo.

 

• Limite qualificativo

È il limite derivante dalla qualificazione giuridico-penale del fatto. La lettera della legge circoscrive infatti lo scudo ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose.

Taglia fuori la frequente ipotesi di epidemia colposa (artt. 438 e 452 c.p.).

Non protegge da qualunque freccia di ipotesi dolosa, perché respinge solo le due ipotesi colpose di cui agli artt. 589 e 590 c.p.

Rimane quindi fuori dall’ambito applicativo il rifiuto di atti di ufficio per ragioni di sanità (art. 328 c.p.). Ad es., accertamenti diagnostici c.d. no Covid richiesti e negati o terapie richieste e negate durante l’emergenza epidemica a determinati pazienti, ad es., oncologici.

Rimane fuori anche il reato di morte o lesioni come conseguenza di un altro delitto (art. 586 c.p.). Ad es., dal rifiuto d’atti d’ufficio deriva la malattia o la morte del richiedente la prestazione sanitaria.

Sono esclusi anche i casi delle c.d. scelte tragiche[3], essendo dolosa la scelta per la cura di un paziente anziché di un altro, la cui morte viene accettata come conseguenza certa, data l’omessa o sospesa terapia salvavita. La non punibilità della scelta dovrà quindi essere ancora valutata in altri ambiti, quali la causa di giustificazione dello stato di necessità nell’ipotesi del soccorso a favore del terzo, con criteri di opzione che possono essere rinvenuti nelle raccomandazioni della Società Italiana Anestesia Analgesia Rianimazione Terapia Intensiva (SIAARTI, pro vita contra dolorem semper)[4] o di illuminanti comitati etici[5].

Infine: l’art. 3 bis cit. non richiama l’art. 590 sexies c.p., che pure è rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”. Ciò conferma che quest’ultimo articolo non prevede l’omicidio colposo o le lesioni personali colpose commessi dall’esercente una professione sanitaria, ma solo prevede una causa di non punibilità di questi reati, limitata all’ambito sanitario. Le fattispecie incriminatrici erano e continuano ad essere quelle di cui agli artt. 589 e 590 c.p. Se così non fosse l’art. 3 bis cit. non avrebbe senso, facendo riferimento a fattispecie non disciplinanti la responsabilità sanitaria.

 

• Limite professionale.

Il fatto deve essere stato commesso nell’esercizio di una professione sanitaria. Quando può dirsi che ciò sia avvenuto?

Può dirsi quando la prestazione ha avuto finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale. Queste sono invero le finalità che caratterizzano la professione sanitaria, espressamente menzionate dall’art. 5 co. 1 della legge 24/2017 (c.d. legge Gelli) nella prospettiva di responsabilità penale.

Particolare attenzione meritano le finalità preventive, che sono oggetto di regole anti-contagio SARS-CoV-2. Quid iuris per i dirigenti delle aziende sanitarie, qualora siano chiamati a rispondere d’inosservanze di quelle regole alle quali siano seguite morte o lesioni? O per i dirigenti delle R.S.A.? Si tratta dell’esercizio di una professione sanitaria?

È fuori discussione che si tratti di ruoli che hanno finalità preventive. Se tuttavia si ritiene che la previsione sia riferibile ai dirigenti, il riferimento dovrebbe valere solo per i dirigenti sanitari, perché abilitati all’esercizio di una professione sanitaria e con relativo titolo, ad es., medico chirurgo. Non quindi per gli altri dirigenti, di solito in possesso di laurea in giurisprudenza o economia. Non pare cioè doversi ammettere una nozione di prestazione sanitaria che sia prettamente funzionale a finalità preventive e quindi del tutto sganciata da un titolo abilitante. L’ambito sarebbe davvero eccessivo. Paradossalmente, anche il pubblico ministero eserciterebbe una professione sanitaria quando segnala, con finalità preventiva, ad un’azienda sanitaria locale che da svolte indagini è emerso che in una Comunità alloggio si trovano alcuni ospiti bisognosi di essere collocati in R.S.A. Nella stessa direzione l’intentio legis: la necessità di iscrizione ad albo professionale sanitario è stata rilevata nella relazione della legge di conversione alla Camera[6].

Con riguardo poi ai direttori sanitari, sorge una perplessità: nella previsione legislativa paiono rientrare solo le finalità preventive sul singolo paziente e non quelle generali sulla popolazione dei pazienti di un’azienda sanitaria o degli ospiti di una R.S.A. Come invero stiamo per vedere, i fattori da prendere in considerazione per valutare la gravità o no della colpa, sono riferibili al trattamento di singoli pazienti. Mentre le finalità preventive di carattere generale sono oggetto di organizzazione appunto generale e si realizzano quindi nell’esercizio dei poteri dirigenziali di amministrazione[7].

 

• Limite causale.

Il fatto deve trovare causa nella situazione di emergenza. Quale situazione di emergenza?

Ad una rapida lettura del testo, parrebbe trattarsi sic et simpliciter di quella oggetto di delibera del Consiglio dei Ministri. Tuttavia, ad una lettura più attenta, il testo distingue fra lo stato di emergenza, che è oggetto di delibera e situazione di emergenza, che è invece quella che deve dare causa al fatto. Si dovrebbe trattare di una situazione d’impellenza, di “fretta clinica”, che altera il normale processo d’azione. Questa conclusione appare in linea sia con la lettera della legge, che parla di fatti che trovano causa nella situazione di emergenza e non durante, sia con la ratio della previsione, che non avrebbe altrimenti plausibile giustificazione. È ben diversa la situazione di chi si trova in un Pronto Soccorso a dovere sostenere l’arrivo di autoambulanze in coda l’una all’altra con pazienti Covid in insufficienza respiratoria da polmonite SARS-CoV-2, rispetto al medico, che in tutta tranquillità, a casa propria, scotomizza al telefono un quadro Covid, senza neppure procedere al triage telefonico dei sintomi e dei dati anamnestici e solo prescrivendo paracetamolo ad un paziente febbrile.

 

3. Fattori che possono escludere la gravità della colpa. – Il testo di legge indica alcuni fattori che possono escludere la colpa grave. Non indica tutti i fattori, perché si esprime in questi termini: “…il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità…” e indica poi i fattori. Tra i fattori è espressione che parrebbe significare che i fattori indicati non sono tutti e che si lascia quindi aperta la via di accesso ad altri fattori. Invero, se così non fosse, non si sarebbe scritto tra i fattori, ma il giudice tiene conto di, per poi indicare i fattori. Questo almeno nella prospettiva di una tecnica legislativa accurata.

In ogni caso, non si dà una definizione della colpa grave: solo s’individuano alcuni fattori, che costituiscono null’altro che dati di valutazione, cioè il che cosa si deve valutare. Non si prevede il criterio di valutazione, cioè il come si devono valutare i dati, il che sarebbe stata la vera definizione di colpa grave.

Sono indicati tre fattori che possono escludere la colpa grave.

Limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-Cov-2 e sulle terapie appropriate. Ad es., omessa somministrazione di eparina quando ancora non si conosceva il meccanismo patogenetico del SARS-CoV-2 attivante coagulopatia. O somministrazione farmacologica off label per cura Covid-19, solo basata su un razionale e non su letteratura internazionalmente accreditata, perché ancora assente.

Scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare. Ad es., morte in un covidario, cioè in un luogo più o meno acconcio dove veniva collocato il paziente Covid dopo la visita in Pronto Soccorso e in attesa del ricovero nel reparto di destinazione, non subito disponibile perché saturo di pazienti.

• Minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza. Ad es., all’esordio dell’epidemia, non isolamento di un paziente sintomatico Covid-19 da parte di medico non infettivologo, ignorando ancora la via respiratoria di contagio, con conseguente diffusione del virus e successive malattie delle persone entrate in contatto con il paziente.

 

4. Utilità o inutilità dello scudo? – È fuori discussione che la previsione dello scudo costituisca un novum legislativo. Parrebbe però priva di utilità applicativa.

Se infatti allarghiamo l’analisi alla giurisprudenza, ci accorgiamo che già operava il principio giurisprudenziale, secondo il quale il medico risponde penalmente solo per colpa grave, in casi di speciale difficoltà o in una situazione emergenziale secondo la regola dell’art. 2236 c.c., che non è direttamente applicabile in ambito penale, ma che vi può trovare considerazione come regola di esperienza, in quanto esprime un criterio di razionalità del giudizio[8]. Quale caso giurisprudenziale può citarsi quello di un medico di un reparto di chirurgia imputato dell’omesso intervento su un quadro emorragico e che si trovava impegnato in un turno di guardia con 400 pazienti e con diverse emergenze contemporanee[9]. Sul principio è stato apposto il sigillo fumante delle Sezioni Unite[10].

Invero i casi che ricadono nella nuova previsione legislativa già ricadevano in questo principio. Vi era già protezione giurisprudenziale.

Invece lo scudo offerto dal legislatore rischia un po’ di essere non solo inutile, ma addirittura dannoso, perché limitato all’emergenza epidemica e inducente il dubbio che per i fatti commessi prima e dopo l’emergenza epidemica non vi sia limitazione di responsabilità alla colpa grave, quando il fatto trova causa in altra situazione emergenziale. Dubbio che però va immediatamente dissipato con l’affermazione che il particolare scudo penale legislativo non ha indebolito il principio giurisprudenziale, ben potendo sostenersi che solo si è prevista con legge una particolare ipotesi.

Ritenuta l’inutilità applicativa, non va ritenuta però la totale inutilità. L’onesto lavoro altrui, così come il proprio, non va mai sciupato, ma valorizzato. Ed allora: lo scudo penale legislativo può svolgere una funzione di richiamo alla valutazione delle situazioni emergenziali con gli occhi della colpa grave, già spalancati dalla giurisprudenza. Indipendentemente dalla natura dell’emergenza, epidemica o no.

Questa è una ragione per alimentare l’entusiasmo con il quale il mondo sanitario ha accolto lo scudo penale legislativo, dopo averlo tanto invocato.

Va quindi ribadito il carattere generale della punibilità dei professionisti della sanità solo per colpa grave, con riguardo ai fatti commessi in una situazione di emergenza, qualunque essa sia.

Non deve essere uno scudo d’occasione epidemica. Deve essere uno stemma gentilizio.

 

 

 

[1] Questo il testo dell’art. 3 d.l. 44/2021, ora convertito in legge: «Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione».

[7] In argomento, R. Bartoli, La responsabilità colposa medica e organizzativa al tempo del coronavirus, in questa Rivista, 10 Luglio 2020, 104 ss.

[8] Molto chiara di questo orientamento è Sez. IV, 16328/18, Montalto, est. Blaiotta, anche con ricca esemplificazione.