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17 Aprile 2020


Il virus nel processo penale. Tutela della salute, garanzie processuali ed efficienza dell'attività giudiziaria nei d.l. n. 18 e n. 23 del 2020


1. Il quadro delle nuove misure. – Con il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 70 del 17.3.2020, edizione straordinaria, ed entrato immediatamente in vigore[1], il Governo è tornato a disciplinare, tra le altre, la materia dello svolgimento dell’attività giudiziaria nell’attuale contesto di emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19; a tale provvedimento si è da ultimo sommato il d.l. 8 aprile 2020, n. 23[2], in vigore dal 9 aprile 2020[3]. Posta l’indiscutibile necessità di regolamentare in via d’urgenza la materia, al fine di tutelare la salute pubblica e dei singoli e contenere altresì i possibili effetti negativi dell’epidemia sul regolare corso dei procedimenti penali, il decreto in commento non manca di sollevare alcuni interrogativi: il tema di fondo, cui si dedicheranno le prossime pagine, è quello del rapporto tra diritto alla salute, inteso nella sua duplice dimensione individuale e collettiva ai sensi dell’art. 32 Cost., garanzie processuali ed efficienza dell’attività giudiziaria, valori questi aventi tutti rango costituzionale e chiamati in causa dal d.l. 18/2020.

Prima di affrontare la disamina di alcuni aspetti critici sottesi alla normativa, è bene ricordare che la disciplina è affidata all’art. 83 del provvedimento, il quale ha da un lato inteso integrare, chiarire e approfondire quanto già previsto nel d.l. 8 marzo 2020, n. 11, recante Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria[4], i cui artt. 1 e 2 vengono peraltro contestualmente abrogati, e, dall’altro, provveduto a prorogare, a partire dal 9 marzo e fino alla data del 15 aprile 2020, ulteriormente prolungata poi all’11 maggio dall’art. 36 d.l. 23/20, il differimento urgente delle udienze civili e penali, nonché la sospensione della generalità dei termini procedurali[5]. Avuto specifico riguardo alle ricadute del decreto-legge in esame sui procedimenti penali, si conferma l’adozione di due diverse fasce di misure, secondo una logica già impiegata nell’ambito del d.l. dell’8 marzo e per cui a un primo gruppo di interventi generali ed estesi uniformemente a tutto il territorio nazionale si somma la possibilità che i capi degli uffici giudiziari adottino, sia fino all’11 maggio che successivamente, le singole prescrizioni di cui all’elenco contenuto al comma 7 dell’articolo.

 

2. Rilievi critici in tema di rinvio ex officio e sospensione dei termini procedurali. – All’evidente scopo di tutela della salute pubblica e del singolo sono ispirate le regole di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 83 in materia di rinvio ex officio delle udienze e sospensione generalizzata dei termini procedurali, da cui deriva un effetto riduttivo delle occasioni di contatto e, quindi, di contagio. Tuttavia, almeno una delle misure sospensive pare sfuggire a tale logica di fondo: sospendere, infatti, i termini di durata massima della custodia cautelare in carcere non solo non risulta utile ai fini di protezione della salute pubblica, ma finisce pure per comprimere ingiustificatamente sia i diritti difensivi dell’imputato, sia la tutela della sua salute. Si pensi, a quest’ultimo proposito, all’amplificazione delle possibilità di contrarre il virus che deriva dalla permanenza nell’istituto penitenziario.

In primis, il combinato disposto degli artt. 83, co. 1, d.l. 18/20 e 36, co. 1, d.l. 23/20 impone, a partire dal 9 marzo 2020, il già citato rinvio d’ufficio a data successiva all’11 maggio delle udienze dei procedimenti penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, da intendersi questi ultimi come comprensivi sia degli uffici di merito, sia di quelli di legittimità[6]. Alla luce della lettura fornita dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione nella Relazione 34/20[7], tale rinvio sarà effettuato ex officio e fuori udienza, dandone avviso alle parti attraverso comunicazione telematica ai sensi di quanto espressamente contemplato ai commi 13 e 14 dell’art. 83[8]. Il ricorso a questo meccanismo risponde chiaramente alla ratio di riduzione degli spostamenti e delle occasioni di contatto a fini di prevenzione del contagio.

Il comma 2 dell’art. 83 d.l. 18/20 conseguentemente prescrive che, per il medesimo periodo in cui è stabilito il rinvio delle udienze, restano sospesi i termini procedurali relativi al compimento di «qualsiasi atto del procedimento», tra cui vengono richiamati, con un’elencazione da ritenersi meramente esemplificativa alla luce della littera legis[9], «i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali». Inoltre, ai sensi del comma 4, nei procedimenti i cui termini sono sospesi ex comma 2, opera altresì una sospensione del corso della prescrizione e dei termini di durata massima della custodia cautelare in carcere e delle altre misure cautelari personali (artt. 303 e 308 c.p.p.). Si osservi, incidentalmente, come un’interpretazione letterale del richiamo ai «termini di cui agli articoli 303 e 308 del codice di procedura penale» suggerisca l’estensione del regime sospensivo tanto ai termini di durata massima delle misure coercitive, quanto a quelli delle misure interdittive, posto che alla disciplina di entrambi è dedicato l’art. 308 c.p.p.[10].

Peraltro, come sopra si accennava, particolari problemi sorgono relativamente alla sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare in carcere, che sembra perseguire esclusivamente finalità legate all’efficienza giudiziaria, limitando allo stesso tempo valori di rango costituzionale superiore quali la tutela della salute dell’imputato detenuto, nonché i suoi diritti difensivi. La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare così delineata implica un prolungamento della sottoposizione alla misura, che non si giustifica né sul piano della tutela della salute pubblica, per la quale la permanenza in stato di custodia dell’imputato non comporta alcun beneficio, né in relazione alla protezione della salute individuale, che è anzi sottoposta a rischi maggiori a fronte della convivenza con la restante popolazione detenuta. A ciò si aggiunga l’ulteriore sacrificio in termini sia di libertà personale, sia di diritto di difesa, il quale risulta compresso – a fortiori nell’attuale contesto di emergenza sanitaria – quantomeno sotto il profilo delle difficoltà di entrare in contatto con il difensore dallo stato di restrizione[11].

Tornando all’analisi del dato normativo, bisogna sottolineare che la sospensione dei termini non è riferibile ai soli procedimenti oggetto di rinvio ai sensi del comma 1, ma a tutti i procedimenti pendenti in qualsiasi fase e grado, dato il più ampio ambito di applicazione del comma 2. Infatti, mentre il primo comma è espressamente dedicato al solo rinvio delle udienze, il comma successivo contiene un generale riferimento ai «termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti»[12]. A ciò si aggiunga che la sfera operativa del comma 4 risulta coincidente con quella del comma 2, per cui anche la sospensione del corso della prescrizione e dei termini di durata massima delle misure cautelari personali, così come quella per compiere gli atti del procedimento, riguarderebbe la totalità dei procedimenti pendenti in ogni fase e grado, ivi compresi quelli attualmente in fase di indagini preliminari; resterebbero esclusi dalla sospensione dei termini ex comma 4 quei procedimenti il cui corso prosegua regolarmente per effetto della richiesta dell’imputato, presentata ai sensi del comma 3, lett. b, n. 2 (su cui v. infra), poiché non avrebbe senso sospendere i termini di durata della misura cautelare nell’ambito di un procedimento non sospeso.

A ulteriore specificazione del regime di sospensione, la norma chiarisce che per le ipotesi in cui il decorso del termine prenda avvio durante il periodo di sospensione, «l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo»; qualora si tratti invece di termini computati a ritroso che ricadano «in tutto o in parte nel periodo di sospensione», il differimento dell’udienza o dell’attività da cui il termine decorre deve tenere conto del tempo necessario a consentire il rispetto del termine stesso. A tal proposito, si pensi per esempio al termine per il deposito della lista dei testimoni di cui all’art. 468 c.p.p.: il rinvio dell’udienza dibattimentale dovrà tenere in considerazione altresì i sette giorni necessari al deposito della lista stessa, sempre che essi non siano già in tutto o in parte trascorsi prima del periodo di sospensione.

 

3. Il problematico bilanciamento tra interessi costituzionali nei procedimenti non sospesi. – Alla disciplina stabilita dai commi 1 e 2 fa eccezione la previsione di cui al comma 3, lettere b e c[13], per cui restano escluse dal rinvio d’ufficio e dalla sospensione dei termini alcune categorie di procedimenti, in virtù del loro carattere di urgenza connesso a esigenze di garanzia della libertà personale o di indifferibilità della prova. Mediante la previsione di eccezioni, riaffiora senz’altro un’inevitabile attenzione nei confronti di questi ultimi valori di natura processuale, anche se è proprio negli spazi di prosecuzione dell’attività giudiziaria che si annidano i principali problemi di bilanciamento tra interessi di rango costituzionale. Come si illustrerà di qui a breve, siamo infatti di fronte a una riespansione della libertà personale e delle garanzie processuali, a scapito della tutela della salute sotto il profilo sia collettivo che individuale, con riguardo ai singoli partecipanti al procedimento. In via prioritaria, si può notare che, almeno per quanto attiene ai casi di celebrazione dei procedimenti in cui sia stata applicata la custodia cautelare in carcere, sarebbe forse stato più opportuno prevedere meccanismi di tutela della libertà personale che parimenti garantissero la protezione della salute pubblica e del singolo, quale, ad esempio, la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari[14].

Ebbene, la lett. b distingue tra ipotesi di non rinviabilità per legge e ipotesi di non rinviabilità su richiesta dei detenuti, degli imputati, dei proposti o dei loro difensori. Nella prima categoria rientrano i procedimenti di convalida dell’arresto e del fermo, i procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all’art. 304 c.p.p. – i quali non sono sospesi a norma del comma 4 dell’art. 83[15] –, nonché i procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione delle stesse. Particolarmente problematico risulta il rinvio ai termini di cui all’art. 304 c.p.p., che regola le cause di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare: esso sembra potersi intendere come limitato al comma 6, disciplinante, in ottica pro libertate, i termini di durata massima della custodia cautelare nei casi in cui la stessa abbia subito una sospensione a norma dei commi precedenti[16]. Alla luce di ciò, non ricadrebbero nel rinvio ex officio e nella sospensione dei termini procedurali di cui all’art. 83 co. 1 e 2 i procedimenti in cui sia stata applicata la custodia cautelare in carcere e in cui nel periodo compreso tra il 9 marzo e il 15 aprile 2020 scadano i termini di cui all’art. 304, comma 6, c.p.p. Inoltre, si segnala che il comma 2 dell’art. 36 del d.l. 23/20 ha escluso dalla proroga del rinvio e della sospensione dei termini procedurali i procedimenti in cui i termini di cui all’art. 304 c.p.p. – richiamo anch’esso interpretabile come riferito al solo comma 6 dell’articolo – scadono nei sei mesi successivi all’11 maggio 2020. Per effetto di tale previsione, a partire dal 16 aprile ricominceranno a decorrere tutti i termini procedurali nell’ambito dei procedimenti in cui i termini di durata massima della custodia cautelare ex art. 304 co. 6 scadano nel periodo compreso tra il 16 aprile e l’11 novembre 2020. La ratio, enunciata anche nella Relazione illustrativa al decreto-legge[17], risiede nella necessità di garantire l’efficienza giudiziaria, consentendo ai capi degli uffici di assumere le idonee misure organizzative ai fini della trattazione prioritaria dei procedimenti in questione[18].

I procedimenti la cui trattazione dipende dalla richiesta dei già citati soggetti sono, invece, quelli a carico di persone detenute, salvi i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative ai sensi dell’art. 51-ter ord. penit.[19], i procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza e, infine, i procedimenti per l’applicazione o nell’ambito dei quali siano disposte misure di prevenzione. Si noti, per inciso, il vuoto di disciplina in merito ai termini di proposizione della richiesta di celebrazione del procedimento, vuoto cui, limitatamente ai giudizi di legittimità, ha posto rimedio il decreto 36/2020 del Primo Presidente della Corte di cassazione, mediante la fissazione di un termine di tre giorni, decorrente dalla data di pubblicazione del decreto stesso sul sito della Corte. Inoltre, l’onere di avanzare la richiesta di non differimento sembra gravare interamente sulla parte, per cui non risulta a tal fine necessaria un’attivazione dell’autorità giudiziaria procedente, la quale, al contrario, appare tenuta a rinviare ex officio in mancanza della richiesta stessa[20].

La trattazione del procedimento su richiesta dei soggetti indicati dalla menzionata disposizione innesca un problema di non poco conto, legato al profilo del possibile conflitto tra tutela della salute pubblica e degli altri soggetti a vario titolo coinvolti nel procedimento da un lato, e diritto dell’imputato di optare per il non differimento dall’altro, in funzione del diritto alla speditezza. Mentre il decreto-legge, limitatamente agli specifici casi di celebrazione dell’udienza su richiesta di parte e salvo quanto si dirà più oltre circa la partecipazione a distanza, sembra accordare prevalenza al diritto dell’imputato alla trattazione del processo rispetto alla tutela della salute sotto il suo profilo collettivo, conclusioni ugualmente pacifiche non possono trarsi sul versante del rapporto tra il medesimo diritto dell’imputato e la tutela della salute degli altri soggetti implicati nella vicenda processuale. Si pensi, per esempio, ai coimputati nei giudizi cumulativi, nonché alle parti civili laddove vi sia stata costituzione. Per quanto riguarda i primi, si può immaginare che la tutela della loro salute possa essere assicurata tramite il ricorso, in caso di richiesta avanzata solo da uno o da alcuni degli imputati, alla separazione dei processi[21]. Quanto alle parti civili – e lo stesso discorso vale identicamente per le persone offese citate per l’udienza preliminare – la questione si fa più complessa, al punto che non sembra, ad avviso di chi scrive, che vi siano margini per interloquire nella richiesta di trattazione né da parte dei soggetti in questione, né da parte del giudice; perciò, in una simile circostanza il conflitto risulta componibile solo a patto di sacrificare – il che rappresenta un’operazione ben diversa dal bilanciare – il diritto alla salute delle parti civili.

Un simile scenario di frizione tra interessi si prefigura poi con riguardo alla posizione del difensore, aggravata pure dal fatto che il comma 3 riconosce a questi il medesimo potere di richiesta garantito al suo assistito: risulta difficile immaginare cosa succederebbe qualora vi fosse disaccordo tra i due circa la proposizione della richiesta e questa venisse, per ipotesi, ugualmente avanzata dall’imputato, in spregio alla legittima tutela della salute del difensore. Più semplice sarebbe la soluzione nel caso inverso di richiesta proveniente dal difensore, in cui basterebbe, ai sensi dell’art. 99 co. 2 c.p.p., l’intervento dell’imputato tramite dichiarazione contraria resa al giudice prima della celebrazione dell’udienza[22].

Alla luce di tutte queste considerazioni, ci si può spingere ad affermare che l’attribuzione alla parte di un potere di scelta in ordine al rinvio o meno dell’udienza, facendo indirettamente gravare sulla stessa il compito di operare un bilanciamento tra gli opposti valori in campo, non assicura, bensì frustra e lascia così disattesa, la proficua composizione del conflitto tra gli interessi, composizione che dovrebbe essere riservata alle valutazioni del legislatore.

L’altra e ultima deroga ai commi 1 e 2 si rinviene nella lett. c del comma 3, che impone la non rinviabilità dei procedimenti caratterizzati dall’urgenza, in relazione alla necessità di assumere prove indifferibili nelle ipotesi in cui si potrebbe ricorrere all’incidente probatorio ex art. 392 c.p.p. In tali casi, l’urgenza è dichiarata «dal giudice o dal presidente del collegio, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile». Mediante la previsione di tale eccezione, il legislatore fa prevalere sul diritto alla salute, nella sua duplice dimensione collettiva e individuale, l’efficienza giudiziaria e le garanzie processuali, sub specie di diritto alla prova ed esigenze di genuinità e conservazione della stessa.

 

4. Prosecuzione delle attività giudiziarie: il nodo della partecipazione a distanza. – Per quanto concerne lo svolgimento dell’attività giudiziaria non sospesa, oltre alla possibilità di adozione, ai sensi del co. 5, di alcune specifiche misure da parte dei capi degli uffici giudiziari (su cui v. infra, in quanto per lo più coincidenti con quelle adottabili successivamente all’11 maggio), si segnala la possibilità, sancita al comma 12 e già contemplata nel d.l. 11/2020, di ricorso alla partecipazione a distanza alle udienze da parte di persone detenute, internate o sottoposte a custodia cautelare in carcere. In particolare, ferma restando l’opzione dello svolgimento dell’udienza a porte chiuse di cui all’art. 472 co. 3 c.p.p., la norma garantisce ai soggetti indicati la partecipazione «mediante videoconferenze o collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia», applicando, nei limiti di compatibilità, le modalità descritte nell’art. 146-bis co. 3, 4 e 5 disp. att. c.p.p[23].

Anche a questo proposito si ritiene doverosa qualche precisazione: in primo luogo, dal pur poco chiaro dettato normativo si desume l’alternatività, rimessa alla discrezionalità del giudice, tra udienza a porte chiuse ex art. 472 co. 3 c.p.p. (id est: quando la pubblicità possa nuocere alla pubblica igiene) e udienza da remoto. Ciò significherebbe che nei casi di prosecuzione dell’attività giudiziaria sarebbe potenzialmente sempre ammesso il ricorso all’udienza a porte chiuse, soluzione che si porrebbe però in possibile contrasto con la necessità di tutela della salute pubblica: è vero, infatti, che in tal modo si eviterebbe l’affollamento nell’aula di udienza, ma si metterebbero comunque i partecipanti nella condizione di doversi spostare dal domicilio per raggiungere il luogo di celebrazione dell’udienza, senza contare l’evidente difficoltà, a meno di un non auspicabile sacrificio del diritto di difesa, di mantenere il distanziamento tra l’imputato e il suo difensore, ai quali deve invece essere garantito di sedere vicini a norma dell’art. 146 disp. att. c.p.p.

Poi, laddove il comma 12 afferma che «è assicurata, ove possibile, la partecipazione a distanza», esso sembra implicitamente imporre il ricorso allo svolgimento telematico dell’udienza nei casi in cui gli uffici giudiziari dispongano della strumentazione apposita. La previsione risulterebbe così orientata a garantire la più ampia protezione del diritto alla salute collettiva e dei singoli partecipanti al processo, ma parrebbe per contro trascurare la pur necessaria garanzia dei canoni costituzionali in tema di giusto processo, quali i principi di oralità e immediatezza e il diritto di difesa, a ulteriore conferma della scarsa attenzione all’esigenza di bilanciamento tra interessi confliggenti che caratterizza alcuni passaggi della normativa. Ebbene, un parziale equilibrio potrebbe raggiungersi attraverso un’esegesi costituzionalmente orientata, secondo la quale il giudice godrebbe del potere discrezionale di valutare caso per caso l’eventualità di disporre la partecipazione a distanza, limitandone l’impiego solo alle ipotesi in cui non debba svolgersi attività probatoria, ipotesi tra cui rientrano, tra le altre, le udienze fissate ai fini dell’accertamento della regolare costituzione delle parti e dell’ammissione dei mezzi di prova, ovvero per le conclusioni[24]. Ciononostante, il problema continuerebbe a porsi relativamente al diritto di difesa, per forza di cose sacrificato dallo svolgimento telematico dell’udienza. In particolare, viene in rilievo la questione dell’interlocuzione tra imputato e difensore, per cui se in teoria essa viene garantita, stante l’esplicito richiamo all’art. 146-bis co. 4 disp. att. c.p.p. presente nell’art. 83 co. 12 del decreto, potrebbe nella pratica risultare difficoltosa a causa della non contestuale presenza dei due soggetti nel medesimo luogo.

Da ultimo, bisogna notare che una rigorosa interpretazione del comma 12 sembrerebbe limitarne l’ambito applicativo alle sole ipotesi in cui all’udienza partecipino detenuti, internati e soggetti in stato di custodia cautelare, con esclusione, quindi, dei pur possibili casi di svolgimento dell’udienza in assenza dei citati soggetti. L’unica strada percorribile pare allora lo svolgimento a porte chiuse, con tutte le criticità che ne conseguono e che si sono messe in luce poc’anzi.

 

5. La prospettiva sul post 11 maggio. – Il secondo gruppo di misure, parimenti ispirato alle necessità di contenere la diffusione del contagio da Coronavirus, risulta modellato sul presupposto di lasciare ai capi degli uffici giudiziari margini di autonomia nell’organizzazione dell’attività giudiziaria pur in questa fase emergenziale. Sotto tale profilo, si prevede che i capi dei diversi uffici giudiziari possano adottare alcune ulteriori regole sia nella fase di generale sospensione delle udienze, il cui termine è ad oggi fissato all’11 maggio, sia successivamente, per un periodo che il decreto-legge in commento, integrato con la previsione di cui all’art. 36, co. 1, d.l. 23/20, fissa tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020. Tra le varie misure impiegabili, elencate al comma 7 dell’art. 83, incidono sui procedimenti penali la possibilità di: adottare «linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze» (lett. d); celebrare a porte chiuse, ai sensi dell’art. 472 co. 3 c.p.p., tutte o alcune udienze penali pubbliche (lett. e); infine, prevedere il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020, eccezion fatta per i casi di non differibilità di cui al comma 3 (lett. g)[25]. In quest’ultima ipotesi, il comma 9 dispone che, in aggiunta al corso della prescrizione e ai termini di durata massima delle misure cautelari personali di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., siano sospesi anche alcuni altri termini processuali ivi indicati, ma, parallelamente, che tale sospensione non possa comunque operare oltre il 30 giugno 2020.

In definitiva, salvo l’intervento di una nuova disciplina di rango primario che proroghi la vigenza delle norme illustrate o che ne introduca di ulteriori o diverse, dal 12 maggio al 30 giugno la gestione delle attività giudiziarie sarà rimessa alle determinazioni dei singoli capi degli uffici giudiziari, i quali, sentiti l’autorità sanitaria regionale (…) e il Consiglio dell’ordine degli avvocati», adotteranno, ai sensi del comma 6 e al fine di consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie provenienti dal Governo, le misure necessarie, tra le quali spiccano quelle contemplate al comma 7 e la possibilità, dunque, di rinvio delle udienze anche a data successiva al 30 giugno 2020. Emerge pertanto l’attribuzione di un ruolo centrale ai capi degli uffici giudiziari, il che non manca di suscitare qualche perplessità. Si pensi al menzionato potere di adottare linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, così come quello di rinviare le udienze oltre il 30 giugno: in mancanza di altre indicazioni legislative, si sposta sul capo dell’ufficio giudiziario il compito di operare il bilanciamento tra valori contrapposti, attraverso l’individuazione dei criteri di priorità in tema di celebrazione delle udienze. Salve le ipotesi di indifferibilità previste al comma 3 dell’art. 83, si aprirà per il resto uno spazio di discrezionalità in cui saranno rimesse direttamente al capo dell’ufficio le valutazioni in tema di rapporti tra il diritto alla salute, nella sua duplice declinazione ex art. 32 Cost., efficienza della giustizia penale e garanzie processuali, valutazioni che passeranno attraverso la scelta sulle categorie di procedimenti da trattare prioritariamente[26].

Complesso risulta anche lo scenario relativo alle modalità di svolgimento dei processi successivamente al 12 maggio. Allo stato, il d.l. 18/2020 consente il ritorno alle ordinarie udienze in presentia, prevedendo, al più, la possibilità, peraltro già insita nel disposto di cui all’art. 472 co. 3 c.p.p., di ricorrere alle udienze a porte chiuse (art. 83, co. 7, lett. e), nonché quella della partecipazione a distanza, limitatamente alle udienze con detenuti (condannati o in custodia cautelare) e internati. Si segnala, d’altra parte, l’eventualità che il processo telematico da ultimo citato possa subire, per effetto di un emendamento governativo alla legge di conversione del d.l. 18/2020, un’estensione ai procedimenti con imputati liberi, dando vita a quella che è stata definita una allarmante «smaterializzazione» del processo[27]. Manifeste appaiono allora, anche alla luce della disamina svolta nel presente scritto, le enormi ricadute sulle garanzie processuali di una previsione normativa di tal specie, per quanto sussistano – e continueranno certo a sussistere anche dopo l’11 maggio – esigenze di tutela del diritto alla salute primariamente meritevoli di risposta[28].

Risultano chiare, a questo punto, le criticità sottese alla normativa emergenziale di cui al d.l. 17 marzo 2020, n. 18, alcune delle quali si è cercato di analizzare nelle pagine precedenti. Certo non appare semplice il pur inevitabile, alla luce delle peculiarità della crisi in atto, ripensamento delle cadenze e delle caratteristiche proprie del procedimento penale, procedimento che, soprattutto in relazione alla fase strettamente processuale, è per sua natura dialettico e di conseguenza ancorato all’interazione e alla compresenza di più soggetti nel medesimo luogo fisico dell’aula di udienza. Del resto, proprio in questi caratteri si sostanzia l’essenza irrinunciabile del processo penale, ragion per cui l’attenuazione che ne discende dal decreto in esame risulta tanto più preoccupante alla luce della proroga operata con il d.l. 23/20, nonché nell’ottica di un possibile ulteriore prolungamento. In altre parole, se le misure adottate dal Governo sollevano in sé – e a fortiori a fronte dell’estensione sino all’11 maggio – rilevanti problemi in termini di conflitto tra i diversi valori di rango costituzionale in gioco[29], avuto particolare riguardo al sacrificio del principio del contraddittorio e dei diritti difensivi, nonché, sotto altro profilo, del diritto alla salute di alcuni singoli soggetti processuali, un’ulteriore proroga sic et simpliciter delle medesime al periodo successivo potrebbe avere effetti dirompenti finanche sulla fisionomia del procedimento penale.

 

 

[1] Per un primo commento relativo alle norme del d.l. “Cura Italia” concernenti l’attività giudiziaria penale, si v. G. Santalucia, L’impatto sulla giustizia penale dell’emergenza da COVID-19: affinamenti delle contromisure legislative, in Giustizia Insieme, 18 marzo 2020, nonché, avuto specifico riguardo alla questione penitenziaria, il contributo di E. Dolcini – G. L. Gatta, Carcere, coronavirus, decreto “cura Italia”: a mali estremi, timidi rimedi, in questa Rivista, 20 marzo 2020. Per una visione di insieme più ampia sulla gestione normativa dell’emergenza Coronavirus, si rinvia a G.L. Gatta, I diritti fondamentali alla prova del coronavirus. Perché è necessaria una legge sulla quarantena, ibidem, 2 aprile 2020. Infine, sul tema della tenuta costituzionale della normativa emergenziale prevista per la gestione dei processi penali, cfr. L. Fidelio – A. Natale, Emergenza COVID-19 e giudizio penale di merito: un catalogo (incompleto) dei problemi, in Quest. Giust., 16 aprile 2020.

[2] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 dell’8 aprile 2020.

[3] Sulle proroghe contenute nel d.l. 23/2020 si v. B. Petralia, Emergenza COVID-19, processo penale e proroga dei termini all’11 maggio 2020: note sparse sull’art. 36 del d.l. n. 23 dell’8 aprile 2020, in questa Rivista, 15 aprile 2020.

[5] La norma di riferimento è l’art. 83 del decreto-legge in commento, sui cui v. diffusamente infra.

[7] Ibidem.

[8] Il comma 13 prevede: «Le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali ai sensi del presente articolo, nonché dell’articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sono effettuate attraverso il Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia», mentre il comma 14 dispone che «le comunicazioni e le notificazioni degli avvisi e dei provvedimenti indicati al comma 13 agli imputati e alle altre parti sono eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio».

[9] In tal senso, cfr. il Dossier del Servizio studi del Senato e della Camera dei deputati, relativo al d.l. 17 marzo 2020, n. 18, Vol. II, p. 129, in questa Rivista, 31 marzo 2020.

[10] Contra v. Dossier cit., p. 131, dove si fa invece esclusivo riferimento alle misure coercitive.

[11] Per una panoramica generale sulla custodia cautelare ai tempi dell’emergenza sanitaria, si vedano i contributi di E. Marzaduri, Le sorti dei detenuti sottoposti a custodia carceraria ai tempi del coronavirus, in Legisl. pen., 24 marzo 2020; G. Spangher, Misure cautelari e diritto alla salute, in Penale – Diritto e procedura, 25 marzo 2020; nonché il Documento del Direttivo dell’Associazione tra gli Studiosi del processo penale del 30 marzo 2020, in questa Rivista, 2 aprile 2020.

[12] A conforto di tale lettura, si v. Dossier cit.: «Il decreto-legge in commento prevede la sospensione dei termini di tutti i procedimenti civili e penali e non solo di quelli “pendenti” che fossero stati oggetto di un rinvio delle udienze».

[13] Alla materia civile è invece dedicata la lettera a.

[14] Cfr. amplius E. Marzaduri, Le sorti dei detenuti sottoposti a custodia carceraria ai tempi del coronavirus, cit.; G. Spangher, Misure cautelari e diritto alla salute, cit.; nonché il Documento del Direttivo dell’Associazione tra gli Studiosi del processo penale del 30 marzo 2020, cit.

[15] Sul punto si v. la Relazione 34/20 sul d.l. in commento elaborata dall’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione, p. 4.

[16] Nello stesso senso ibidem, p. 6.

[17] Cfr. Relazione illustrativa al d.l. 23/20, rinvenibile in questa Rivista, 9 aprile 2020, p. 26.

[18] Sulle problematiche sollevate dal rinvio all’art. 304 c.p.p. si v. amplius L. Fidelio – A. Natale, Emergenza COVID-19 e giudizio penale di merito: un catalogo (incompleto) dei problemi, cit.

[19] Vale a dire le ipotesi in cui il magistrato di sorveglianza sospende in via cautelativa l’esecuzione di una misura alternativa in attesa che il tribunale collegiale si pronunci sulla revoca.

[20] Nello stesso senso, v. G. Gaeta, Relazione sulle novità processuali relative alla gestione dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, in Arch. pen., 2020, n. 1 (versione Web), p. 5.

[21] Cfr. la Relazione 34/20 sul d.l. in commento elaborata dall’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione, cit., p. 5, nonché, analogamente, L. Fidelio – A. Natale, Emergenza COVID-19 e giudizio penale di merito: un catalogo (incompleto) dei problemi, cit.

[22] Identica soluzione è prospettata pure da L. Fidelio – A. Natale, Emergenza COVID-19 e giudizio penale di merito: un catalogo (incompleto) dei problemi, cit.

[23] Sul punto si veda il decreto 44/2020 del Primo Presidente della Suprema Corte, che disciplina la partecipazione a distanza alle udienze da svolgersi dinnanzi alla Corte stessa.

[24] Cfr, amplius, I. Conti, Il processo penale al tempo del COVID-19: le udienze a distanza, in Penale – Diritto e Procedura, 18 marzo 2020. Per un’analisi complessiva del processo penale da remoto, in vista della conversione in legge del decreto 18/2020, v. O. Mazza, Distopia del processo a distanza, in Arch. pen., 2020, n. 1 (Versione Web), 4 aprile 2020, nonché G. Santalucia, La tecnica al servizio della giustizia penale – Attività giudiziaria a distanza nella conversione del decreto “cura Italia”, in Giustizia Insieme, 10 aprile 2020.

[25] Dello stesso avviso risulta la Relazione 34/20 sul d.l. in commento elaborata dall’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione, in cui la Suprema Corte accoglie una lettura estensiva del riferimento al comma 3, come comprensiva non solo delle tipologie di procedimento indicate, ma anche dei presupposti per la trattazione degli stessi: alla luce di ciò, la richiesta di celebrazione del procedimento avanzata dalla parte o dal suo difensore impedirebbe il rinvio anche successivo al 30 giugno.

[26] Per ulteriori notazioni sul punto si rinvia a L. Fidelio – A. Natale, Emergenza COVID-19 e giudizio penale di merito: un catalogo (incompleto) dei problemi, cit.

[27] Così O. Mazza, Distopia del processo a distanza, cit., p. 1.

[28] Sullo specifico tema si rinvia interamente a O. Mazza, Distopia del processo a distanza, cit.

[29] Per un approfondimento sul tema del rispetto dei diritti fondamentali nella legislazione in materia di Coronavirus, si v. G.L. Gatta, I diritti fondamentali alla prova del coronavirus. Perché è necessaria una legge sulla quarantena, cit.