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18 Luglio 2022


15 luglio 2022: la prevalenza dei sequestri e delle confische penali sulle liquidazioni giudiziali entra in vigore. Estesa (non senza ripensamenti) la disciplina della tutela dei terzi


1. Il 15 luglio 2022 è entrato completamente in vigore il d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14[1] che, com’è noto, contiene una disciplina organica della crisi e dell’insolvenza dell’impresa individuale o collettiva.

Fra i numerosi aspetti che il c.c.i.i. si prefigge di disciplinare vi è anche la peculiare situazione del terzo creditore che subisce un pregiudizio indiretto in ragione dell’applicazione di un sequestro – cui può seguire la confisca – nei confronti di beni compresi nel patrimonio del proprio debitore.

Questa eventualità è disciplinata da due diverse serie di norme che saranno oggetto di sintetica illustrazione: da un lato gli artt. 317 e ss. c.c.i.i., che stabiliscono le condizioni di prevalenza o soccombenza della misura cautelare reale rispetto alla procedura concorsuale di liquidazione giudiziale e, dall’altro, l’art. 373 c.c.i.i. che, andando a modificare l’art. 104-bis disp. att. c.p.p., regola la posizione del terzo in alcuni casi di sequestro, anche indipendentemente dalla presenza di una procedura concorsuale.

In sede introduttiva è inevitabile premettere che la ricognizione normativa che seguirà nel presente contributo non possiede un elevato grado di stabilità poiché la commissione nominata dal Ministro Cartabia per elaborare proposte di riforma dei reati fallimentari – Commissione Bricchetti – è intervenuta in maniera radicale sull’assetto degli artt. 317 ss. d.lgs. n. 14/2019 adottando una ‘filosofia di fondo’ estremamente diversa da quella desumibile dal paradigma oggi delineato dal c.c.i.i.[2].

Tuttavia, data l’inevitabile incertezza del relativo procedimento di legiferazione (se non altro in termini di durata), sembra quantomai opportuno procedere comunque all’illustrazione delle attuali novità normative.

 

2. Per quanto riguarda i criteri di prevalenza delle misure cautelari (e delle successive misure ablatorie definitive) rispetto alla gestione concorsuale della liquidazione giudiziale, la scelta del legislatore appare chiara: la tutela dei creditori concorsuali prevale su tutte le misure cautelari che non sono idonee a sfociare nella confisca (artt. 318 e 319 c.c.i.i.), mentre nel caso di sequestro adottato ai sensi dell’art. 321 comma 2 c.p.p. la gestione concorsuale soccombe, ma rimangono salvi i diritti dei creditori in buona fede (art. 317 comma 1 c.c.i.i.)[3], nei limiti previsti dai richiamati artt. 52 ss. d.lgs. 159/2011.

Prendendo le mosse proprio dall’art. 318 c.c.i.i., si può rilevare che nel nuovo assetto normativo il mero sequestro preventivo/impeditivo non è mai ritenuto opponibile alla procedura concorsuale, nemmeno nel caso di anteriorità della misura rispetto alla dichiarazione di insolvenza.

Infatti, in quest’ultima eventualità, il comma 2 dell’art. 318 c.c.i.i. stabilisce che il giudice – che ha emanato la misura – debba restituire le cose sequestrate al curatore dietro semplice richiesta, senza che la disposizione in esame assegni un margine di discrezionalità all’organo giudicante.

Inoltre, lo sfavore nei confronti di questa misura cautelare in caso di liquidazione giudiziale è pienamente testimoniato dall’art. 318 comma 1 c.c. che, addirittura, dispone il divieto di sequestro preventivo non finalizzato a confisca sui beni della procedura di liquidazione giudiziale già avviata.

La ratio che accomuna entrambe le ipotesi contemplate dall’art. 318 c.c. può essere rinvenuta nella intrinseca inutilità di una cautela finalizzata a prevenire che la libera disponibilità di un bene possa portare un reato ad ulteriori conseguenze nel caso in cui la cosa in questione venga comunque sottratta all’autore per effetto dello spossessamento che colpisce il debitore insolvente a norma dell’art. 142 c.c.i.i.[4].  Ai sensi del combinato disposto del primo e dell’ultimo comma dell’art. 318 c.c.i.i. le regole di prevalenza della gestione concorsuale sul sequestro impeditivo non si applicano ai beni esclusi dall’attivo della procedura in quanto geneticamente estranei (art. 146 c.c.i.i.) ovvero non liquidabili per disposizione di legge o per scelta di opportunità economica degli organi della procedura, oppure intrinsecamente pericolosi.

Il successivo art. 319 c.c.i.i. riguarda il sequestro conservativo che, parimenti a quanto previsto per la cautela reale impeditiva, soccombe alla liquidazione giudiziale indipendentemente dalla precedenza cronologica della misura cautelare rispetto all’apertura della procedura.

L’art. 319 c.c.i.i. replica lo schema del precedente art. 318: in pendenza di procedura non possono essere disposti sequestri conservativi sui beni ricompresi nell’attivo; viceversa, se l’avvio della procedura di liquidazione giudiziale segue il sequestro scatta il divieto di inizio o prosecuzione di azioni esecutive e cautelari individuali (art. 150 c.c.i.i.) ed i beni sono restituiti al curatore a seguito di mera richiesta del curatore. Anche in quest’ultimo caso, la norma sembra escludere che il giudice possa opporre un diniego alla richiesta di restituzione.

La norma appena richiamata appare rispondere ad una logica di tutela concorsuale dei terzi poiché, una volta intervenuta la situazione di insolvenza che legittima l’apertura della liquidazione giudiziale, le ragioni creditorie della massa prevarranno su quelle del singolo avente diritto – per quanto qualificato[5] – che aveva azionato in via cautelare penale il proprio credito, realizzando, in tal modo una forma di attuazione del principio della par condicio creditorum[6].

L’art. 317 c.c.i.i. stabilisce la prevalenza del sequestro finalizzato a confisca rispetto alle procedure concorsuali e, contestualmente, rende operativa la tutela dei terzi in buona fede nei termini previsti dal d.lgs. n. 159/2011.

Nel paragrafo 5 saranno abbozzate le linee essenziali – sostanziali e procedurali – della tutela dei terzi; in questa sede appare opportuna qualche considerazione sul campo di applicazione della disposizione in discussione.

Con una norma definitoria, il secondo comma dell’art. 317 c.c.i.i. stabilisce che i sequestri per i quali vale la regola della prevalenza (e della tutela dei terzi) enunciata dal primo comma del medesimo articolo sono quelli aventi ad oggetto cose di cui è consentita la confisca – non solo obbligatoria – disposti ex art. 321 comma 2 c.p.p.  ed attuati nelle forme dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p.

L’ampiezza della tutela dei creditori concorsuali offerta dalla disposizione in questione potrebbe essere limitata quantomeno da una possibile incertezza applicativa.

Essa riguarda l’omessa menzione nell’art. 317 c.c.i.i. dei sequestri finalizzati alla confisca disposti nell’ambito del procedimento di accertamento della responsabilità da reato degli enti.

Il mancato richiamo dei sequestri di cui agli artt. 53 e 19 d.lgs. n. 231/2001 dovrebbe comportare, secondo il normale canone dell’ubi voluit dixit, che la prevalenza della misura cautelare emessa nel procedimento de societate non sia riconosciuta per effetto dell’art. 317 c.c.i.i., così come la correlativa estensione della disciplina della tutela del terzo prevista dal codice antimafia[7]. Questo risultato appare foriero di alcune perplessità se valutato alla luce del fatto che la legge delega del c.c.i.i. prevedeva che la gestione concorsuale dovesse prevalere sulle misure cautelari ex d.lgs. n. 231 (art. 13 comma 2 l. n. 115/2017)[8], salve specifiche ragioni di tutela di interessi di carattere penale e che siffatta delega non è stata esercitata dal Governo, lasciando inalterato il regime normativo vigente (che sappiamo confidare sugli orientamenti ormai granitici della già menzionata sentenza Focarelli).

Ad ogni modo, l’assenza di una peculiare regolamentazione nel c.c.i.i. dell’ipotesi del sequestro finalizzato a confisca ex art. 19 d.lgs. n. 231/2001 comporta che il perimetro dell’eventuale tutela dei terzi dovrà essere desunto altrove; segnatamente, nell’art. 104-bis comma 1-bis disp. att. c.p.p. che, per effetto del richiamo al codice di rito ed alle relative disposizioni di attuazione operato dall’art. 34 d.lgs. n. 231/2001, potrà positivamente garantire la tutela dei terzi in buona fede anche nell’ambito del processo all’ente[9], nei termini che saranno schematizzati nel paragrafo successivo.

 

3. L’art. 373 c.c.i.i. dispone l’integrale riformulazione dei commi 1-bis e 1-quater dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p.

Per quanto riguarda le novità introdotte dall’art. 373 c.c.i.i. in tema di tutela dei terzi non è necessario distinguere le ipotesi del sequestro preventivo finalizzato alla confisca ‘generica’ (comma 1-bis dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p.) da quello finalizzato alla confisca allargata ex art. 240-bis c.p. o derivante dai reati di particolare spessore criminale indicati dall’art. 51 comma 3-bis c.p.p. (comma 1-quater dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p.).

Infatti, entrambe le ipotesi sono accumunate dal fatto richiamare le regole previste dal Titolo IV del Libro I del codice antimafia che, com’è noto, riguardano la tutela dei terzi ed i rapporti con le procedure concorsuali.

Di conseguenza, le regole di accertamento e tutela dei diritti del terzo sui beni oggetto della misura cautelare (e della confisca) previste, rispettivamente, dagli artt. 57 ss. e 52 ss. d.lgs. n. 159/2011 per le misure di prevenzione[10], costituiscono oggi il modello normativo unitario di tutti i casi in cui un terzo, dopo la sentenza di confisca di primo grado, intenda far valere delle pretese sui beni oggetto di qualsiasi forma di sequestro preventivo adottata ex art. 321 comma 2 c.p.p.[11], a condizione che detti beni richiedessero un’amministrazione dinamica.

Ciò che, invece, muta a secondo della tipologia di sequestro – ricadente nel comma 1-bis o nel comma 1-quater dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p.– è il grado di osmosi delle norme attuative del codice di rito rispetto alla disciplina della gestione dei beni staggiti prevista dal codice antimafia.

Infatti, per i sequestri preventivi finalizzati alla confisca ‘generica’, il menzionato comma 1-bis, dispone un richiamo a specifiche aree topografiche del Libro I, Titolo III del d.lgs. n. 159/2011[12]; al contrario, nel caso di confisca per sproporzione e derivante dai reati di cui all’art. 51 comma 3-bis c.p.p., il predetto comma 1-quater dispone un rinvio alle norme del «medesimo decreto legislativo in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati e di esecuzione del sequestro», ove l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati ha ruolo di supporto dell’Autorità procedente fino alla confisca emessa dalla Corte d’appello e, successivamente, di amministrazione dei beni staggiti.

La scelta di escludere un contributo dell’Agenzia nei casi di sequestri finalizzati a confisca ‘comune’, che potrebbe rispondere a ragioni di competenza istituzionale di questo ente[13], genera alcuni problemi di coordinamento, come quello dell’identificazione del soggetto cui compete l’amministrazione dopo la confisca di secondo grado che, ex art. 38 comma 3 dovrebbe essere conferita all’Agenzia il cui intervento, però, è escluso dall’art. 104-bis comma 1-bis disp. att. c.p.p.[14].

 

4. L’equilibrio delineato dal legislatore del c.c.i.i. potrebbe essere intaccato da una ipotizzabile – per quanto problematica – lettura dell’art. 104-bis comma 1-bis disp. att. c.p.p. secondo la quale la tutela del terzo ivi sancita dal secondo periodo è limitata alle pretese che possono essere soddisfatte su beni produttivi (aziende, società, quote di partecipazione al capitale) che richiedono la c.d. amministrazione dinamica[15], normalmente affidata ad un soggetto iscritto all’Albo nazionale degli amministratori giudiziari di cui all’art. 35 d.lgs. n. 159/2011.

Questa peculiare interpretazione della norma in questione si potrebbe ricavare da una lettura complessiva dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p. come articolato nella sequenza dei suoi commi iniziali.

Nel primo comma si stabilisce espressamente che l’amministrazione dinamica riguarda il caso in cui siano sequestrati beni produttivi e nel comma 1-bis primo periodo si stabilisce che «si applicano» le già menzionate disposizioni del codice antimafia in tema di nomina, compiti e obblighi dell’amministratore giudiziario.

In questo assetto, il complemento di termine dell’«applicazione» delle norme in tema di amministrazione giudiziaria – che non è specificamente individuato dalla disposizione del comma 1-bis – potrebbe legittimamente essere individuato nella fattispecie di cui al comma 1, ovvero l’amministrazione di beni produttivi, piuttosto che nella generalità dei casi di sequestro.

Sempre nello stesso comma 1-bis, il secondo periodo stabilisce che, nel caso di sequestro finalizzato a confisca, «si applicano» anche le norme del codice antimafia a tutela dei terzi e quelle che regolamentano il rapporto con le procedure concorsuali.

Anche nel secondo periodo del comma 1-bis, il legislatore non individua il complemento di termine dell’«applicazione» delle regole del d.lgs. n. 159/2011 e, del pari, una lettura sistematica della norma in discussione – topograficamente adiacente a quella del primo periodo del medesimo comma – potrebbe legittimare la conclusione che la tutela dei terzi sia limitata alle ipotesi in cui i beni sequestrati ai fini di confisca richiedano l’amministrazione dinamica.

L’ipotesi secondo cui la tutela del terzo sancita dall’art. 104-bis comma 1-bis disp. att. c.p.p. riguardi esclusivamente le pretese vantate sui beni oggetto di amministrazione dinamica, pur potendo non essere ritenuta incompatibile con la lettera della legge, si riverbererebbe sull’assetto delineato dal c.c.i.i. in materia di prevalenza delle misure cautelari e di tutela dei terzi[16]; ma, soprattutto, simile impostazione darebbe luogo a conseguenze difficilmente giustificabili.

Sul punto valgano solo due accenni: (a) sarebbe necessario testare la ragionevolezza di una scelta legislativa che, a parità di tipologia di sequestro, garantisce la tutela ai terzi in caso di amministrazione giudiziale del bene sequestrato, ma non in caso di sua custodia ex art. 259 c.p.p.; (b) si finirebbe con l’attribuire al Giudice che dispone la misura il compito completamente discrezionale di azionare la tutela dei terzi o meno, come conseguenza della scelta di nomina di un amministratore, piuttosto che di un custode; con la precisazione che, com’è noto, i canoni ricavabili dall’art. 104-bis disp. att. c.p.p. per l’individuazione dei beni «cui sia necessario assicurare l'amministrazione» sono piuttosto laschi.

 

5. Come si è visto, la fisionomia della tutela accordata al terzo in buona fede in virtù delle modifiche attuate dal c.c.i.i. è delineata dal titolo IV del libro I del d.lgs. n. 159/2011 cui rimandano sia il riformato art. 104-bis disp. att. c.p.p., sia l’art. 317 c.c.i.i.

Appare, quindi, utile illustrare per sommi capi i tratti salienti della disciplina dell’accertamento delle pretese del terzo delineata dal codice antimafia, anche al fine di porre in luce qualche aspetto critico.

Dal punto di vista della verifica del diritto del terzo, oltre al noto canone della buona fede o dell’incolpevole affidamento delineato ai sensi dell’art. 52 comma 3 d.lgs. 159/2011, il codice antimafia richiede che il diritto di credito del terzo risulti da atti aventi data certa anteriore al sequestro (art. 52 comma 1) e che detti crediti, così come i diritti reali di garanzia, siano accertati secondo uno specifico procedimento.

Ai sensi dell’art. 104-bis comma 1-ter disp. att. c.p.p., nel processo penale l’organo giurisdizionale preposto al procedimento di verifica dei diritti dei terzi – che nel codice antimafia è individuato nel Giudice delegato di cui all’art. 35 comma 1 d.lgs. 159/2011 – è rappresentato dal Giudice che ha emesso la misura reale; di conseguenza, nella maggioranza dei casi, spetterà al G.I.P l’onere di porre in essere gli adempimenti di cui agli artt. 57 ss. d.lgs. n. 159/2011.

In estrema sintesi, dopo il deposito della confisca di primo grado, il giudice deve assegnare ai creditori un termine per la proposizione della loro domanda di verifica e, in contraddittorio e con l’ausilio dell’Amministratore, disporre l’ammissione o l’esclusione del credito, formando lo stato passivo in base al quale, una volta esaurita la fase delle impugnazioni, lo Stato o l’Agenzia provvederà al pagamento dei crediti verificati.

Questo procedimento e la relativa titolarità in capo al giudice che ha emesso il sequestro si riscontrano anche in caso di liquidazione giudiziale che interessa il bene appreso.

In particolare, se l’apertura della liquidazione giudiziale è posteriore al sequestro, l’art. 63 comma 4 d.lgs. n. 159/2011 stabilisce che i beni oggetto della misura cautelare non entrano a far parte dell’attivo concorsuale e che il giudice che ha emesso la misura reale procede all’accertamento[17].

Viceversa, nel caso in cui la liquidazione giudiziale sia anteriore rispetto al sequestro, secondo l’art. 64 d.lgs. n. 159/2011 è il giudice delegato della liquidazione giudiziale a dover disporre la separazione dei beni staggiti; inoltre l’eventuale verificazione del passivo già svolta in sede concorsuale è ripetuta dal giudice che ha emesso la misura.

Dal punto di vista sostanziale, invece, l’art. 53 d.lgs. n. 159/2011 precisa che il pagamento al terzo in buona fede è eseguito dallo Stato – che ha appreso i beni confiscati – nel limite del 60% del valore di stima o di ricavo di quanto oggetto di ablazione, al netto delle spese sostenute per il procedimento di gestione dei beni sequestrati (sino alla confisca) e per il procedimento di verificazione dei diritti dei terzi in buona fede.

Questa disposizione ha effetti estremamente limitanti dell’effettività della tutela del terzo in buona fede in quanto, in ragione dell’interesse dello Stato ad incamerare parte dei proventi della confisca[18] (i.e. a non ‘lavorare’ nell’esclusivo interesse dei terzi creditori) si ‘spalmano’ i costi – magari estremamente rilevanti – della procedura sui creditori estranei alla vicenda penale che ha portato al sequestro (i creditori debbono essere in buona fede!) e si sottrae alla loro disponibilità il 40% di ciò che rimane[19]; tant’è che, in dottrina, si è ritenuto che questa deroga all’art. 2740 c.c. configuri una forma di indennizzo o un risarcimento accordato al creditore in buona fede per la perdita del bene sul quale rivalersi, piuttosto che una modalità di adempimento del debito da parte dello Stato[20].

Si potrebbe concludere che l’estensione applicativa delle norme appare tutt’altro che agevole per gli operatori, sia per i giudici, sia per gli amministratori giudiziari, ma ancor di più in concreto per i creditori; costoro vedranno riconosciuti, sussistendone i presupposti, i propri diritti, ma subiranno la riduzione del credito almeno del 40% e dovranno attendere la liquidazione da parte dello Stato o dall’Agenzia nazionale, successivamente alla vendita dei beni confiscati ed in tempi non contingentati.

Ben difficile, per quanto risulta, rintracciare nella prassi ipotesi concrete di soddisfazione del terzo in buona fede, per quanto parziale; anzi risuona nella memoria la chiosa di una sentenza ove alla doglianza del creditore ipotecario che lamentava il pregiudizio di dover attendere l’esito del procedimento penale per far valere i propri diritti si oppose il brocardo «adducere inconveniens non est [solvere] argumentum»[21].

 

 

 

 

[1] L’entrata in vigore di tutto il testo normativo, originariamente prevista per il 15 agosto 2020, è stata rimandata al 1° settembre 2021 (art. 5 comma 1 d.l. 8 aprile 2020 n. 23) e, successivamente, al 16 maggio 2022 (art. 1 comma 1 lett. a d.l. 24 agosto 2021 n. 118, che però posticipava l’entrata in vigore del Titolo II della Parte I al 31 dicembre 2023), prima di essere definitivamente fissata al 15 luglio 2022 (art. 42 comma 1 lett. a d.l. 30 aprile 2022, n. 36).

[2] In argomento v. F. Mucciarelli, Proposte di revisione ai reati fallimentari: la relazione della Commissione Bricchetti, in questa Rivista, 7 luglio 2022, nonché la Relazione della Commissione Bricchetti, ivi reperibile (p. 60 ss.)

[3] Nel medesimo senso, esprimendosi in termini di regola (la prevalenza delle misure cautelari reali sancita dall’art. 317 c.c.i.i.) ed eccezioni (l’impermeabilità della procedura rispetto al sequestro preventivo/impeditivo ed a quello conservativo ex artt. 318 e 319 c.c.i.i.) v. D. Piva, Sequestri e liquidazione giudiziale nel codice della crisi e dell’insolvenza: tra regola ed eccezioni, in Arch. pen., 1/2022, 2 ss.

[4] In questi termini, sulla scorta dell’insegnamento delle Sezioni unite con la sentenza Focarelli (Cass., Sez. Un., 9 luglio 2004, n. 29951, in C.E.D. Cass., rv. 228164, par. 4.1 della motivazione), v. M. Bontempelli, R. Paese, La tutela dei creditori di fronte al sequestro e alla confisca. Dalla giurisprudenza “Focarelli” e “Uniland” al nuovo codice della crisi d’impresa, in Dir. pen. cont., 2019, p. 135. Simile assetto ha ricevuto alcune critiche in ragione diversità che sussiste tra gli effetti del sequestro e quelli dello spossessamento; nell’ottica della maggiore latitudine operativa del sequestro rispetto alla gestione della liquidazione da parte della curatela; in relazione alla possibile restituzione del bene all’autore del reato in caso permanenza di un attivo dopo il soddisfacimento integrale dei creditori concorsuali (v. G. Mastrangelo, Le soluzioni del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza al problema della sovrapposizione dei sequestri penali con le procedure liquidatorie, in questa Rivista, 1/2020, 119 ss.).

[5] Essenzialmente lo Stato e la parte civile costituita. Inoltre, le regole dettate dall’art. 319 c.c.i.i. dovrebbero trovare piena applicazione anche in caso di accoglimento della richiesta di conversione del sequestro preventivo in sequestro conservativo ex art. 323 c.p.p. Di conseguenza, in caso di sequestro finalizzato a confisca– situazione che sarebbe governata dal principio della prevalenza della misura reale ai sensi dell’art. 317 c.c.i.i. – la successiva conversione in sequestro conservativo determinerebbe un sostanziale cambio di paradigma dando la prevalenza alla tutela dei creditori concorsuali, fra cui anche lo Stato, assistito da privilegio per le pene pecuniarie, le spese di procedura e le obbligazioni da reato.

[6] Nelle due complementari accezioni: il creditore originariamente sequestratario partecipa ai costi dell’insolvenza e i creditori concorsuali aumentano la loro soddisfazione in virtù della disponibilità del bene inizialmente sotto sequestro.

[7] Anche alla luce del fatto che nel d.lgs. n. 231/2001 non è presente una norma di richiamo alle regole del c.c.i.i. in discussione. Contra v. D. Piva, Sequestri e liquidazione giudiziale nel codice della crisi e dell’insolvenza, cit., 3 nota 10 secondo cui, pur in assenza di esplicito richiamo, la definizione del comma 2 dell’art. 317 c.c.i.i. deve essere ritenuta comprensiva anche del sequestro ex artt. 53 e 19 d.lgs. n. 231/2001 in ragione dell’identità di ratio della disciplina. L’applicazione analogica dell’art. 317 c.c.i.i. al sequestro finalizzato a confisca nel procedimento contro gli enti necessiterebbe, quantomeno, della conferma circa la non intenzionalità della mancata menzione di questa forma di sequestro/confisca nel comma secondo della menzionata disposizione.

[8] In senso critico, v. l’autorevole opinione del Consiglio di Stato del 5 dicembre 2018, avente ad oggetto lo schema di decreto legislativo del c.c.i.i. (p. 52 ss.).

[9] Nei medesimi termini v. G. Varraso, Esecuzione del sequestro preventivo, amministrazione giudiziaria dei beni e tutela dei terzi. Una riforma “senza fine” dell’art. 104 bis disp. att. c.p.p., in Dir. pen. proc., 2019, 1358.

[10] Per una sintetica illustrazione dei limiti dei diritti del terzo in buona fede, nonché della complessità della procedura di accertamento v., infra, par. 5.

[11] G. Varraso, Esecuzione del sequestro preventivo, amministrazione giudiziaria dei beni e tutela dei terzi, cit., 1358.

[12] Nomina e revoca dell’amministratore, compiti, obblighi e gestione dei beni. Il rinvio, come è stato evidenziato in dottrina opera in modo puntiforme (F. Menditto, Le misure di prevenzione e la confisca allargata (l. 17 ottobre 2017, n. 161), Milano, 2017, 128 ss.), esso non può estendersi pianamente a tutte le norme del d.lgs. n. 159/2011 che riguardano i settori appena indicati, bensì sarà oggetto di necessaria valutazione di compatibilità con il diverso paradigma dell’amministrazione di un bene sequestrato nell’ambito di un procedimento penale. L’origine genetica delle disposizioni del d.lgs. n. 159/2011, funzionale a regolamentare le misure di prevenzione, influenza naturalmente tutto il tessuto normativo in esame; pertanto, in sede di applicazione delle norme il Giudice che dirige l’amministrazione giudiziaria dovrà escludere le disposizioni che si applicano esclusivamente alle misure di prevenzione, come ad esempio l’estensione del sequestro delle quote sociali totalitarie al compendio aziendale (cfr. Cass. Sez. III, 18 settembre 2018 n. 51603), così come bisognerà tener conto che l’Agenzia nazionale non è sempre competente per l’amministrazione giudiziaria sin dall’esecuzione del sequestro a dopo la confisca di secondo grado e per la destinazione di tutti beni sequestrati (cfr. Cass. Sez. III, 04 giugno 2019 n. 40394), bensì nei limiti dei suoi compiti istituzionali previsti dall’art. 110 d.lgs. n. 159/2011. Ad es., può porsi seriamente in dubbio che l’amministratore nominato per un sequestro ex art. 321 comma 2 c.p.p. abbia l’obbligo di indicare al giudice procedente l’esistenza di altri beni ai quali estendere il sequestro, come previsto dall’art. 35 comma 6 d.lgs. n. 159/2011; quanto detto nonostante il menzionato art. 35 sia rubricato «Nomina e revoca dell’amministratore giudiziario» e, quindi, sicuramente ricompreso nel rinvio dell’art. 104-bis comma 1-bis disp. att. c.p.p.; inoltre, in ottica differente, le disposizioni previste dall’art. 41 ss. d.lgs. n. 159/2011 sulla gestione delle aziende sequestrate si applicano esclusivamente ai sequestri penali aventi ad oggetto aziende e non anche nei casi di sequestri di quote sociali (anche se totalitarie) e/o di singoli beni aziendali.

[13] Evitando, in tal modo, che l’Agenzia si debba occupare della gestione di beni che non provengono dalla criminalità organizzata o da reati di particolare gravità, anche perché l’attribuzione di ulteriori competenze all’Agenzia da parte del c.c.i.i. avrebbe richiesto una specifica disposizione nella legge delega n. 155/2017.

[14] Su questi aspetti v. G. Varraso, Esecuzione del sequestro preventivo, amministrazione giudiziaria dei beni e tutela dei terzi, cit., 1357 e la dottrina ivi citata.

[15] In questo senso si esprime v. A. Rugani, I rapporti tra misure cautelari reali e procedure concorsuali nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d. lgs. 12 gennaio 2019 n. 14), in Legisl. penale, 6 maggio 2019, 9.  Cfr. A. Keller, La partecipazione del terzo nel processo di cognizione: persistenti deficit di tutela nelle ipotesi di sequestro e confisca penale, in Arch. pen., 2/2020, 3.

[16] Ad es.: nel processo all’ente la tutela dei terzi sarebbe garantita solo nelle ipotesi in cui il sequestro adottato ai sensi dell’art. 53 d.lgs. n. 231/2001 abbia ad oggetto beni che necessitano di un’amministrazione dinamica. Inoltre, la formula normativa «la cui attuazione è disciplinata dall’art. 104-bis» disp. att. c.p.p. riferita dall’art. 317 comma 2 c.c.i.i. ai sequestri ex art. 321 comma 2 c.p.p. limiterebbe l’applicazione della norma in discussione ai sequestri finalizzati alla confisca dei soli beni che richiedono l’amministrazione dinamica; di conseguenza, il principio di prevalenza della misura reale rispetto alla procedura concorsuale e la tutela dei terzi non sarebbero operativi, ad es., nel caso di sequestro di una somma di denaro appartenente all’impresa collettiva dichiarata insolvente.

[17] Nonostante il successivo comma 5, relitto della precedente versione dell’art. 63 d.lgs. n. 159/2011, stabilisca l’esatto contrario (il giudice delegato della procedura concorsuale accerta i crediti e la buona fede dei creditori ammessi); sul punto l’unico strumento interpretativo utile a riportare coerenza nel testo normativo parrebbe l’abrogazione implicita per incompatibilità.

[18] In questi termini, v. F. Menditto, Le confische di prevenzione e penali. La tutela dei terzi, Milano, 2015, 242.

[19] Prima della modifica operata con la l. n. 147/2013, l’art. 53 d.lgs. n. 159/2011 prevedeva il limite del 70% senza previa decurtazione delle spese della procedura.

[20] V. F. Menditto, Art. 53, in G. Spangher, A. Marandola (cur.), Commentario breve al codice antimafia ed alle altre procedure di prevenzione, Padova, 2019, 308, secondo cui simile assetto realizza un ragionevole bilanciamento fra interessi dei creditori ed interesse dello Stato; in senso diverso v., ad es., A. Aiello, Brevi riflessioni sulla disciplina del codice antimafia in tema di tutela dei terzi alla luce dell’ultima proposta di riforma, in Dir. pen. cont., 20 aprile 2016, 9 ss.

[21] Cass. Sez. II, 12 febbraio 2014 n. 10471, punto 2 della parte in Diritto.