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17 Febbraio 2025


Difesa dell’economia nazionale vs contrasto alla corruzione internazionale: l’executive order di Trump

Pausing Foreign Corrupt Practices Act Enforcement to Further American Economic and National Security. EXECUTIVE ORDER, February 10, 2025



*Contributo pubblicato nel fascicolo 2/2025. 

 

1. Tra i diversi executive order che il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha emanato in questo primo periodo della sua amministrazione, si segnala anche un importante provvedimento in tema di corruzione internazionale, che sul piano della politica criminale segna un netto arretramento dei presidi di contrasto a questo fenomeno, motivato dalla volontà di proteggere gli interessi commerciali delle aziende americane nel mercato globale.

In particolare, con l’ordine esecutivo dello scorso 10 febbraio (il testo è consultabile sul sito della White House cliccando qui) il Presidente Trump ha ordinato al Procuratore Generale (“Attorney General”) di rivedere le linee guida e le prassi che regolano le indagini in materia di corruzione internazionale, con l’obiettivo di ridurre drasticamente l’applicazione del Foreign Corrupt Practices Act (FCPA). Il FCPA è stata la prima legge organica volta a prevenire e reprimere il fenomeno della corruzione internazionale, in particolare attraverso la previsione di sanzioni penali per le società americane che realizzano condotte di corruzione con pubblici agenti stranieri. Tale normativa, adottata sin dal 1977, ha inoltre rappresentato il modello ispiratore della Convenzione OCSE del 1997 sulla “Lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali”, primo strumento internazionale di contrasto a tale fenomeno, che grande influenza ha avuto su molti ordinamenti, compreso il nostro.

 

2. Nell’incipit del provvedimento si espongono nel dettaglio le ragioni che hanno determinato il Presidente Trump all’adozione di tale misura. Dalla sua promulgazione nel 1977, il Foreign Corrupt Practices Act (FCPA), secondo Trump, è stato sistematicamente, e in misura sempre crescente, esteso oltre i limiti ritenuti appropriati, danneggiando così gli interessi degli Stati Uniti. In particolare, per come è attualmente attuato il FCPA ostacola gli obiettivi di politica estera del Paese, indebolendo così le prerogative del Presidente. L'autorità del Presidente in materia di politica estera è infatti indissolubilmente legata alla competitività economica globale delle aziende americane. La sicurezza nazionale americana, in altri termini, dipende in gran parte dalla possibilità che gli Stati Uniti e le sue aziende ottengano vantaggi commerciali strategici. Ne discende, sempre secondo l’impostazione dell’executive order, che un'applicazione eccessiva e imprevedibile del FCPA nei confronti di cittadini e imprese americane, per condotte che in altri Stati sono considerate lecite e di routine, non solo comporta uno spreco di risorse giudiziarie limitate – che potrebbero essere destinate a preservare le libertà e i diritti che l’ordinamento garantisce – ma danneggia in modo sensibile la competitività economica degli Stati Uniti e, di conseguenza, la sicurezza nazionale. La politica della nuova amministrazione, si legge nel provvedimento, sarà allora indirizzata a preservare le prerogative presidenziali in materia di politica estera, garantendo la sicurezza nazionale ed economica degli Stati Uniti anche attraverso l’eliminazione delle barriere che limitano eccessivamente il commercio statunitense all'estero.

 

3. Alla luce delle premesse appena illustrate, il provvedimento presidenziale stabilisce che, per un periodo di centottanta giorni, il Procuratore Generale degli USA dovrà in particolare:

i) evitare l’avvio di qualsiasi nuova indagine per i reati di cui al Foreign Corrupt Practices Act, a meno che lo stesso Procuratore Generale non ritenga necessario fare una specifica eccezione;

ii) riesaminare nel dettaglio le indagini già in corso e intraprendere le azioni necessarie per ricondurre entro limiti appropriati l’applicazione del Foreign Corrupt Practices Act, nell’ottica di preservare le prerogative presidenziali in materia di politica estera;

iii) emanare linee guida aggiornate che possano tutelare le prerogative del Presidente in materia di politica estera, dando priorità agli interessi americani e alla competitività economica delle aziende americane nel confronto con gli attori economici degli Stati stranieri.

Il Procuratore Generale, se lo riterrà opportuno, potrà estendere tale periodo per ulteriori centottanta giorni. L’executive order dispone inoltre che tutte le indagini per reati di cui al Foreign Corrupt Practices Act, eventualmente avviate o proseguite dopo l’emanazione delle nuove linee guida, dovranno essere specificatamente autorizzate dal Procuratore Generale e saranno disciplinate dalle nuove linee guida nel frattempo elaborate dallo stesso Procuratore Generale.

Dopo l'emanazione delle nuove linee guida, il Procuratore Generale avrà comunque la possibilità di disporre ulteriori azioni, anche allo scopo di correggere le modalità con le quali venivano condotte le indagini in precedenza. Infine, se si renderà necessario un intervento presidenziale, il Procuratore Generale raccomanderà le azioni da intraprendersi al Presidente.

 

***

4. Il provvedimento del Presidente Trump si segnala senz’altro per rappresentare un importante passo indietro nel contrato alla corruzione internazionale, di cui proprio gli Stati Uniti si sono fatti a suo tempo primi promotori, sia attraverso l’entrata in vigore nel 1977 del FCPA, sia contribuendo all’adozione in seno all’OCSE della Convenzione sulla “Lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali”. Considerata inoltre l’importanza di un Paese come gli Stati Uniti, di non poco momento saranno senz’altro le conseguenze di politica internazionale e l’impatto che questa scelta politico-criminale avrà sull’economia: ci riferiamo, in prima battuta, agli enormi vantaggi competitivi di cui godranno le aziende americane, a discapito degli attori economici di altri Paesi che invece sono sottoposti a una legislazione severa in questa materia.

Per quanto possa destare scalpore agli occhi di un lettore e di un giurista italiano, va tuttavia sottolineato che l’executive order in esame è senz’altro un atto che rientra nelle prerogative presidenziali e che rappresenta il diretto portato di un sistema in cui chi esercita l’accusa nel processo penale dipende dall’Esecutivo. Gli United States Attorneys, ossia i funzionari della pubblica accusa federale, sono infatti nominati dal Presidente degli Stati Uniti, con la conferma del Senato. La carica dura quattro anni, ma il Presidente li può rimuovere in qualsiasi momento (cfr. 28 U.S. Code § 541). Lo stesso vale ovviamente per l’Attorney General, che è inoltre a capo del Dipartimento di Giustizia (cfr. 28 U.S. Code § 503). Nondimeno, l’esercizio di tale potere di indirizzo non deve mai porsi in contrasto con il dovere di dare esecuzione alla legge, c.d. Take Care Clause, che la Costituzione pone in capo proprio al Presidente (U.S. Const. Art. II, s. 3).

Da questo rapporto di dipendenza discende, quale immediata conseguenza, che il Presidente orienta le modalità di svolgimento dell’azione penale, secondo direttrici inevitabilmente legate alla visione politico culturale di chi ha vinto le elezioni. Azioni analoghe a quelle del Presidente Trump, seppur in materie diverse e per quanto meno dirompenti, sono state d’altra parte intraprese anche dalle precedenti amministrazioni, come è naturale che sia. Il provvedimento del Presidente va dunque giudicato, ed eventualmente criticato, con esclusivo riferimento al merito di quanto dispone, non invece in relazione alla sua legittimità/ragion d’essere formale.

Certo, un tale stato delle cose è quanto di più lontano dall’architettura costituzionale di casa nostra, costruita, quantomeno fino ad ora, sull’indipendenza della magistratura nel suo complesso e sulla obbligatorietà dell’azione penale. Nel guardare con le lenti dell’osservatore europeo ai provvedimenti discutibili o comunque critici dell’incipiente amministrazione Trump, bisogna tuttavia tener presente che di un altro ordinamento stiamo parlando, con un’altra struttura dello Stato, un’altra idea di sovranità, altri principi costituzionali e strumenti di check and balances, che, come ha ricordato Federico Rampini sul Corriere della Sera, segnano la democrazia americana dalle origini (v. F. Rampini, Trump, quanti ordini esecutivi sono in vigore? Negli Stati Uniti resistono i contropoteri, in Corriere.it, 12.2.2025)